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4. Pubblicazioni e Convegni sui temi della ricerca

2.2. Programmi di educazione alimentare per la scuola

attuali e trasversali contesti, tra i quali anche quello dell’educazione alimentare. In particolar modo, il regolamento sull’autonomia scolastica (D.P.R. n.275 08.03.1999) ha portato a inquadrare diversamente la scuola italiana in relazione alla complessità sociale e territoriale in cui agisce.

Con l’opzione dell’autonomia scolastica, la scuola ha ottenuto più strumenti per mettersi in contatto con il territorio e con gli ambiti sociali e produttivi locali.

Fautrice di cultura e di relazioni, l’istituzione scolastica può offrire alle famiglie mezzi utili per comunicare e cominciare un processo di reale cambiamento dei comportamenti alimentari.

In tal senso, la parola “partecipazione” assume un valore rilevante: infatti, se è vero che la scuola è chiamata a una specifica assunzione di responsabilità con l’introduzione dell’educazione alimentare nel curriculum, è altrettanto vero che l’educazione alimentare va vista come una chiave universale in grado di stimolare la crescita di ogni attore sociale. Per questo motivo sarebbe utile dar vita a ampie sinergie, capaci di coinvolgere tutti i soggetti della vita sociale, e finalizzate alla promozione del benessere come indispensabile elemento di crescita comune. Le istituzioni socio-sanitarie, gli enti Locali, l’industria alimentare, il mondo agricolo, della distribuzione, della vendita e della comunicazione, e, soprattutto, le famiglie, i cittadini in quanto tali e in quanto consumatori dovrebbero strutturare le relazioni con la scuola, orientate a un’idea condivisa di promozione del benessere personale, sociale e ambientale da realizzarsi in particolare attraverso l’educazione alimentare sviluppata nella scuola stessa (Linee Guida per l’Educazione Alimentare a Scuola, 2011).

Obiettivi Contributi discuplinari

Figura 1.

Gli obiettivi e i contributi disciplinari dell’educazione alimentare. Esemplificazione in ordine alle attività di convivenza civile nella Scuola Primaria. Tratto da: Indicazioni Nazionali per i Piani Personalizzati delle Attività Educative nelle Scuole dell’infanzia (2002), p. 82. FONTE: http://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dm100_02a.pdf Da più parti, nella dichiarazione dei diritti del fanciullo, emerge la riflessione relativa alla necessità di uno sviluppo armonico del bambino con se stesso e con il mondo che lo circonda. Il supporto delle istituzioni preposte alla formazione e all’educazione diventa in tal senso prezioso per favorire lo sviluppo e l’autonomia del bambino.

Sulla base di queste riflessioni, gli interventi educativi, rivolti ai bambini, potrebbero realizzarsi in sinergia con le professionalità e le persone che lavorano nel mondo dell’infanzia, la famiglia e la scuola, insieme a chi, a vario titolo, si occupa di salute, alimentazione, attività motoria e comunicazione.

Genitori e insegnanti possono rappresentare un modello di apprendimento per abitudini alimentari corrette e uno stile di vita attivo; interventi realizzati nel contesto-scuola con l’insieme di valori comuni possono aiutare a migliorare le abitudini e gli stili di vita. Tale “impalcatura” può essere realizzata già nella scuola dell’infanzia per ciò che riguarda l’educazione alla salute, per mezzo di una giusta

programmazione che faccia uso degli strumenti educativi più adatti a bambini e ragazzi: “attività ludiche, percorsi didattici, drammatizzazioni con giochi di ruolo, sperimentazioni in laboratorio che, in tale accezione, diventano strumenti che favoriscono il vivere attivamente il momento educativo, facendolo divenire parte integrante del proprio bagaglio esperienziale e culturale” (Istituto superiore della Sanità. 2008, p.11).

In letteratura (Trento et al., 2012), viene osservato come più del 60% dei bambini è in sovrappeso già prima della pubertà e continuerà a esserlo, verosimilmente, anche in età adulta. Questo stato aumenta il rischio di sviluppare, nel tempo, malattie legate all’obesità, come ad esempio il diabete, l’ipertensione e le alterazioni del metabolismo.

L’aumento del sovrappeso e dell’obesità nell’infanzia e nell’adolescenza è dato, oltre che da fattori genetici, dalla trasformazione dello stile di vita: nell’attuale società la popolazione, sempre più sedentaria, tende a consumare cibi ad alto tasso energetico, ricchi di zuccheri o con un’eccessiva quantità di sale. Tali atteggiamenti possono essere favoriti dalle particolarità fisiche e organizzative dei prioritari contesti di vita del singolo e della comunità.

Studi recenti hanno riportato alcuni risultati incoraggianti per ciò che concerne la prevenzione dell’obesità nei bambini per mezzo di programmi organizzati e svolti all’interno delle scuole.

Tali programmi hanno previsto l’utilizzo del gioco come strumento facilitante e capace di coinvolgere il bambino in attività finalizzate al miglioramento delle abitudini alimentari. Per mezzo del gioco, il bambino comincia a comprendere il funzionamento degli oggetti e attraverso primi caratteri rappresentativi rivela il gioco funzionale.

Giocare è un’esperienza culturale che può essere verosimilmente localizzata nell’ambito potenziale tra la madre e il bambino.

L’attività del gioco può migliorare la creatività e ravviva le capacità cognitive, insegna a essere tenace e a mantenere la consapevolezza delle proprie capacità, il bambino scopre un mondo interiore ed esteriore, cominciando ad accettare le legittime esigenze di queste due realtà.

Di fatto per Winnicott (1971), è attraverso il gioco che si può potenziare l’immaginazione ed è proprio la percezione creativa che può favorire una condizione di sanità. Ciò è consentito, però, solo se viene sviluppata un’influenza ambientale sufficientemente buona, che garantisca al bambino di crescere nello spazio potenziale per superare la perdita dell’onnipotenza.

E’ in base di queste considerazioni che, per affrontare la complessità della questione relativa all’obesità infantile, Trento e altri ricercatori (2012) avvalorano un approccio olistico multifattoriale, in grado di tenere conto del contesto in cui si trova a vivere il bambino. L’approccio olistico appare come strategia di educazione alla salute che è finalizzata al perseguimento di un progetto educativo destinato a favorire e migliorare la salute dell’individuo in età evolutiva, per mezzo dell’impegno verso conoscenze corrette e predisposizioni positive nei riguardi di comportamenti e atteggiamenti che ne possono definire lo stato di salute. Con la parola “olistico” si definisce un approccio che vede la salute nella sua dimensione allargata - totale, psicologica, relazionale - e che in quanto tale la sostiene nei suoi aspetti di contenuto. Infatti, il modello olistico individua alcune aree tematiche prioritarie, alle quali devono essere connessi obiettivi educativi corrispondenti alle aree del “sapere”. Per tutte queste aree tematiche vengono, però, individuate anche competenze concrete: cose che il bambino deve acquisire affinché l’aspetto dell’autoefficacia sia migliorato con sistemi precoci e intensivi.

Inoltre, attraverso proposte di coinvolgimento attivo, è possibile facilitare l’acquisizione di abitudini alimentari salutari, mettendo in luce positiva alimenti quali frutta, verdura, legumi, pane, pesce, latte e derivati, tenendo conto delle scelte e delle preferenze individuali e favorendo l’attività motoria. La finalità è quella di aiutare i bambini a conoscere il cibo, a giocare con il cibo condividendo con gli educatori un percorso di crescita e scoperta. Tra le possibili tipologie di giochi, ritroviamo:

 i giochi in libertà che hanno la caratteristica d’immediatezza e favoriscono l’instaurarsi di rapporti sociali.

 i giochi simbolici e le storie, attraverso cui i bambini vengono sensibilizzati al linguaggio e anche alla sua novità. L’immagine che caratterizza il singolo

gioco favorisce il coinvolgimento emotivo, a condizione che si tratti di buone illustrazioni colorate, insieme a qualche elemento linguistico, come semplici onomatopee o linee cinetiche capaci di avvincere e coinvolgere profondamente i bambini. Le storie contenute nei libri hanno la caratteristica di essere legate a elementi riconoscibili da parte del bambino: abitudini familiari in vari momenti della giornata. Il cibo diventava un luogo fantastico dove potersi avventurare, ma con gradualità e in un contesto sempre rassicurante.

 i giochi con le regole che permettono di interagire con il gruppo, apprezzare la presenza dei propri compagni e sviluppare le capacità di collaborazione. Nel gioco è possibile migliorare gli schemi motori e posturali favorendo il senso della socievolezza. Il gioco diventa il luogo dove scoprire se stessi e gli altri (Winnicott, 1971).

La riorganizzazione dei tempi e degli spazi permette una maggiore flessibilità organizzativa all’interno della scuola in termini di suddivisione dei carichi di lavoro, considerazione dei bisogni di riposo e calma del bambino, e di coerenza con i tempi di attenzione e concentrazione di ciascuno.

In tale contesto, la scuola dell’infanzia sta assumendo una funzione sempre più importante e articolata ribadita dall’entrata in vigore della legge di riforma n. 53 del 28 marzo 2003.

Nelle Indicazioni Nazionali per i Piani Personalizzati delle Attività Educative nelle Scuole dell’Infanzia (2003), la scuola è vista come “un ambiente educativo di esperienze concrete e di apprendimenti riflessivi, che integra, in un processo di sviluppo unitario, le differenti forme del fare, del sentire, del pensare, dell’agire razionale, dell’esprimere, del comunicare, del gustare il bello e del conferire senso da parte dei bambini” (Ivi, p. 1) così da perfezionare la comprensione dell’ambiente in cui vive e favorire l’acquisizione d’identità, autonomia e competenza. I processi di sviluppo del bambino riguardano anche il confronto dei modelli alimentari familiari con quelli incontrati nella scuola. Da questo confronto nasce l’opportunità di avviare un percorso che porti fin dalla più tenera età alla consapevolezza che i corretti comportamenti alimentari sono fonte di salute e benessere. Ecco quindi

l’importante ruolo educativo della scuola anche in questo specifico ambito di interesse. Il cibo può essere per il bambino uno strumento per mezzo del quale compiere un viaggio istruttivo fuori e dentro di sé e che lo aiuti a scoprire, anche attraverso le sensazioni e le emozioni, il suo valore per la salute ed il benessere. Il docente avrà pertanto tutto lo spazio nel quale mettere in gioco la propria esperienza e fantasia.

La partecipazione attiva dell’insegnante anche alla progettazione del percorso educativo, oltre a facilitare il raggiungimento degli obiettivi del progetto, potrà meglio garantire la soddisfazione degli studenti.

Dunque, sulla base di tali riflessioni un buon progetto di educazione a scuola dovrebbe prevedere:

• la relazione personale, • la promozione del gioco,

• il focus sul fare produttivo e sulle attività di accostamento alla natura, alle cose, ai materiali, all’ambiente sociale e alla cultura.

Le scuole che promuovono la salute possono essere viste come realtà sistemiche che poggiano su un approccio olistico nella prospettiva di una progettazione del curriculum che fa riferimento all’intera istituzione.

Tali tipologie di scuole prospettano un cambiamento nel comportamento, nell’ottica di un’ innovazione dell’organizzazione e delle politiche scolastiche, con il fine di migliorare sia l’ambiente fisico e sociale della scuola, sia il suo curriculum e i metodi di insegnamento e di apprendimento. Un clima intellettuale positivo per la salute potrebbe favorire alti livelli di health literacy che permettono a ciascuno di elaborare competenze personali, sociali e cognitive indispensabili per il mantenimento dello stato di benessere. Una buona evidenza scientifica dimostra come le scuole indirizzate verso questo tipo di approccio orientato alla promozione della salute raggiungano risultati che ne dimostrano l’efficacia.

L’apprendimento non può essere limitato solo all’insegnamento in classe, ma dipende anche dall’ambiente scolastico, cioè dal modo in cui la scuola è organizzata, dalle relazioni tra docenti e tra docenti ed alunni. Pertanto, i bisogni da valutare

sono sia quelli degli studenti, sia quelli dell’ambiente scolastico e della comunità in cui la scuola è inserita.

I processi d’insegnamento formale potrebbero così rispecchiare ciò che i discenti osservano e sperimentano nell’ambiente scolastico più ampio, onde evitare la perdita di significatività degli interventi educativi e il fallimento nella possibilità di influenzare le decisioni che i ragazzi prendono per il loro stile di vita. Occorrerebbe compiere scelte di priorità che guidino ai significati espressi dagli stessi destinatari dell’intervento, al gruppo dei docenti da coinvolgere direttamente nell’azione ed alla conseguente tipologia del programma d’azione che si intende intraprendere (Linee guida per l’educazione alimentare nella scuola italiana, 2011).