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4. Il tema della sicurezza nutrizionale: contesti e prospettive

4.2. Il marketing alimentare

Al fine di cogliere la natura della relazione tra prodotto alimentare e territorio, è importante riflettere sui caratteri del territorio stesso, sulle influenze che queste esercitano sull’alimento, così come sugli effetti che il prodotto alimentare può restituire al territorio di appartenenza.

In questa visione, la merce alimentare, più di qualsiasi altra, acquista impronte qualitative intrinseche che rappresentano lo specchio del territorio di origine. Questa considerazione è, nondimeno, fondamentale per comprendere l’importanza di tale aspetto nella definizione della diversificazione degli alimenti: un qualsiasi alimento acquisisce caratteri qualitativi sensibilmente diversi a seconda dell’area nel quale è stato prodotto. Un altro attributo che ne determina la tipicità è costituito dalle tecniche di produzione comuni alle tradizioni di territori o areali di

produzione a dimensione territoriale più ridotta. Nel momento in cui questo secondo elemento viene a sommarsi al primo, può rafforzarsi il legame tra territorio e prodotto.

L’ultimo aspetto, quello culturale, si aggiunge ai due appena descritti, contribuendo a migliorare le peculiarità distintive dell’alimento che diventa dunque “tipico”. La cultura di un territorio non è solo una componente estetica da inserire all’interno di circuito turistico, bensì un patrimonio scientifico che è accresciuto negli anni e che riproduce la base su cui costruire i processi di crescita e sviluppo. Esaminando i diversi aspetti dell’ambiente, è possibile rilevare come un territorio possa agire a supporto del miglioramento dei prodotti alimentari principalmente sotto due profili:

1) quello dell’immagine (caratteristiche qualitative, fisiche, climatiche),

2) quello del sistema di organizzazioni produttive, condizioni economiche, politiche e istituzionali.

Nell’ambito del primo profilo si tiene conto della dimensione di paesaggio come sistema di segni (fenomeni di comunicazione). Una delle più importanti tipologie di fruizione del paesaggio è rappresentata dal turismo. Il fenomeno turistico fornisce un codice di lettura che potrebbe permettere di cogliere il messaggio che il patrimonio ambientale, storico e culturale veicola dalla parte del consumatore. E’ noto che l’uso dell’immagine del territorio abbia consentito la diffusione e la valorizzazione dei prodotti alimentari, per via sia diretta che indiretta (Antonelli, 2001).

Nei suoi studi, Grunert (2007) ha identificato le modalità con cui il consumatore avverte la qualità di un prodotto alimentare e di come questa sia mutata negli ultimi decenni. Grunert indica quattro direttrici di sviluppo della percezione di qualità:

 healthy living (il viver bene o viver sano). In tale caso è importante conoscere il bilanciamento esistente tra la capacità di informare sulle proprietà nutritive degli alimenti da parte delle aziende (che dovranno sempre più fare investimenti sui cibi funzionali) e l’esame di stili di vita salutari;

 variety seeking (ricerca di varietà). Questo ambito riguarda non solamente le componenti sensoriali del prodotto, ma anche le associazioni con altri cibi e bevande e alle modalità di consumo “fuori di casa”;

 convenience as a way of life (la preparazione del pasto). La praticità riguarda sia parti della popolazione non molto attratte dalla qualità sensoriale e alla tipicità dei cibi sia parte degli interessati di enogastronomia;

 sympathetic food production. Tale nozione fa riferimento all’affermarsi di stili alimentari che si basano sulla valutazione degli elementi per valorizzare al meglio la ricchezza del patrimonio enogastronomico italiano nel complicato equilibrio tra tradizione, tipicità e innovazione di prodotto (Istituto superiore di sanità, 2011).

Secondo quest’approccio, la crescita della produzione agricola può contribuire al benessere della popolazione più di quanto non faccia la crescita rilevata all’interno di ogni altro settore economico. Va inoltre osservato come anche le tematiche più strettamente legate alle attività di produzione più comuni siano rese estremamente problematiche dall’affacciarsi di nuovi fattori, quali lo sviluppo tecnologico (come nel caso degli OGM).

A tal proposito, si sono aperte nuove realtà che riguardano la salute del consumatore, le forme della comunicazione pubblicitaria, la richiesta di salvaguardia del patrimonio culturale legato all’alimentazione attraverso una domanda di un recupero di autentica naturalità.

E’ attualmente vivo il dibattito relativo alla questione se l’industria debba arrivare a farsi carico della salute dei consumatori (come potrebbe fare attraverso forme di produzione più attente ai rischi potenziali per i consumatori, riducendo ad esempio il contenuto di sale dei prodotti), o se i processi di realizzazione debbano essere prevalentemente orientati dalla scelte dei consumatori.

Di fronte a un mercato sempre più ampio, le industrie appartenenti ai settori che legano produzione agricola al consumo finale cambiano costantemente assetto operativo per trovare strategie volte alla conquista di spazi e al controllo dei mercati tramite azioni di polarizzazione orizzontale, fusione di fasi, diversificazione produttiva, delocalizzazione.

Tali strategie, un tempo specifiche dell’industria alimentare, sono oggi ampiamente utilizzate dalla grande distribuzione organizzata (Pellegrini, 1987) la cui crescita è lo specchio dei nuovi bisogni del cliente di economizzare risorse scarse e di avere a disposizione una maggior varietà di prodotti, facendo sì che il baricentro strategico del sistema agro-alimentare si allontani in maniera decisiva dal settore agricolo verso settori più vicina al mercato finale.

Al riguardo, Belletti e Marescotti (2009) sottolineano che:

"Le variabili relative alla sfera socio-economica definiscono le condizioni oggettive del consumo, impongono cioè dei vincoli al comportamento del consumatore. Tra esse, accanto ai mutamenti di carattere demografico (rallentamento della natalità, invecchiamento della popolazione e riduzione dei componenti della famiglia), e a quelli delle condizioni generali di consumo (tra cui urbanizzazione, diffusione dei mezzi di trasporto, aumento di incidenza dei mezzi di comunicazione di massa), un grande rilievo assumono i mutamenti nell’organizzazione del lavoro, in particolare l’estensione del lavoro salariato" (Ivi, p.4).

Pe tale ragione, l’industria alimentare viene talvolta chiamata ad acquisire una più grande coscienza del profilo di sostenibilità che dovrebbe caratterizzarne l’operato. E’ anche abbastanza attuale il tema della difesa delle tradizioni alimentari dato che l’alimentazione costituisce l’espressione della cultura che l’ha generata. Il recupero di un’effettiva cultura alimentare rappresenta lo strumento dell’industria per mettersi al servizio della salute dell’uomo, delle sua ambizioni, della sua realtà di relazioni: il cibo può raffigurare un veicolo per occasioni d’incontro; restituendo una più adeguata dimensione sociale ai momenti in cui lo si consuma in modo da proteggere la varietà territoriale locale in chiave espansiva, in quanto espressione dell’identità di una comunità e di un territorio.

Al riguardo, Mancarella (2014) evidenzia il ruolo delle reti sociali nell’influenzare il marketing alimentare sostenendo che tali strategie, per esempio coniugate ai Social Network, possano far si che gli enti del SSN :

“- incrementino la diffusione di specifici messaggi sulla tutela e la promozione della salute, indirizzati magari a target particolarmente attivi sui social network.

- ricavino benefici in termini di brand e riconoscibilità dell’ente, un aspetto questo, non avente solo risvolti economici ma connessi anche all’aumento di visibilità di una struttura e quindi, all’incremento di visibilità e fiducia” (Mancarella, 2014, p. 94).

In tal maniera, il territorio conserva un tratto di unicità che lo rende, da un lato, occasione di riscoperta delle proprie radici culturali e, nel contempo, possibilità di rapporto con altre tradizioni. Affinché questo accada, sarebbe utile conservare la ricchezza delle identità regionali, senza rinunciare al gusto delle contaminazioni, rinforzando il capitale emotivo legato alle radici, alla tipicità, alla localizzazione territoriale, e trasferendo la conoscenza e il saper fare quali straordinari indirizzi di ricchezza culturale.

Quest’azione richiederebbe competenze da conservare e trasferire nel tempo tornando a un sano rapporto con il territorio e con il contesto della materia prima, cercando di raggiungere l’eccellenza degli ingredienti in vista di una relazione molto forte tra la qualità del cibo e la qualità dell’esperienza culturale.

Anche questo legame potrebbe essere riconsiderato quale elemento di costruzione (e ricostruzione) di un tessuto sociale che con la modernità va indebolendosi; recuperare cioè i sapori antichi capaci di essere rinnovati nel gusto contemporaneo, attraverso un’operazione critica che consenta di trattenere il meglio della tradizione gastronomica per reinterpretarla creativamente. Secondo il Barilla Center for Food & Nutrition (2009), è questo il principale meccanismo di trasmissione dei fenomeni di natura culturale: tramandare la cultura del gusto e del saper vivere attraverso il cibo autentico al fine di rivitalizzare il ruolo del cibo e consentire una rinnovata centralità delle persone.

CAPITOLO SECONDO

L’approccio comunicativo per l’educazione alla

salute