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È possibile una fonologia cognitiva?

3.6 Caso di studio primo “Transizioni” e “transazioni”

3.6.3 I casi “eccezionali” nella scala

Quanto a tran[z]ito e tran[z]etto, la loro posizione nella scala va spiegata tenendo conto degli schemi sovraordinati che istanziano. Il prototipico [tranzVΣ…] sviluppa estensioni differenti con ciascuno degli altri due schemi: il legame è più stretto (estensione bidirezionale) con [tranzV…], mentre è meno stretto (estensione monodirezionale) con [tranzV…]. Questa rappresentazione è motivata da una caratteristica prosodica che [tranzVΣ…] e [tranzV…] condividono tra loro, ma non

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In quanto appartenente a più categorie grammaticali, per questo lemma abbiamo sommato i coefficienti di dispersione e fornito il rango relativi al sostantivo nel suo uso più frequente secondo il corpus.

194 con [tranzV…]: la collocazione dell’apice sillabico dopo [tranz], o, se si preferisce, l’atonia di questo morfonema iniziale di parola, come spesso accade per i prefissi/prefissoidi, tendenzialmente atoni. Non solo: entrambi i due schemi condividono tale caratteristica anche con un altro schema, pur poco istanziato, quello dei casi, comunque meno influenti in termini di frequenza, di [tranzVΣΣ…], con apice in quarta posizione. Si noti che il sistema stesso dell’italiano, tutt’altro che ininfluente in prospettiva cognitiva, ha un peso notevole in questo caso, in quanto la predominanza di parole parossitone nel suo lessico determina in maniera prevedibile questa situazione: dal momento in cui avviene la prefissazione, la norma è che si generino spessissimo forme di (ben) più di due sillabe, che seguono la tendenza strutturale dell’accentazione italiana (che prevede parimenti regolari accentazioni o atonìe alquanto stabili negli specifici suffissi o in classi di essi). L’assegnazione di un ruolo attivo delle proprietà prosodiche nell’orientamento del mutamento (o condizionamento) fonetico, non è in sé nuova: come ha notato Lehmann (1992), il merito di aver introdotto proprietà soprasegmentali nell’analisi del condizionamento fonetico va rintracciato già nella legge di Verner del 1875, che correggeva, com’è noto, le apparenti eccezioni alla legge di Grimm sulla base della posizione accentuale, postulandone gli effetti di condizionamento del mutamento consonantico.

3.12

Come si vede, lo schema [tranzVΣΣ…], pur poco istanziato e di scarso peso nel corpus (ranghi: 72038; 129648 – dispersione: 0,16; 0,01), completa a sua volta il quadro delle istanziazioni dello schema sovraordinato [tranz-tonV…] ([tranz] atono + Vocale), in

[tranzVΣ…]

[tranzV…] [tranzVΣΣ…]

Tran[z]aminàsi 0,16 Tran[z]oceànico 0,01 [tranz-tonV…]

195 quanto forme caratterizzate da accento oltre la quarta sede (come ad esempio

transcodificazióne) non sono rinvenibili nel corpus spogliato. Il prototipico

[tranzVΣ…] presenta lo stesso rapporto di estensione con i due schemi non prototipici dello stesso livello, in quanto condivide con entrambi [tranz]-ton; inoltre, i due schemi

non prototipici si dimostrano alquanto equilibrati quanto al loro peso in frequenza: [tranzVΣΣ…] ha un indice di dispersione medio di 0,085 e [tranzV…] di 0,09, a fronte dello 0,36 del prototipo (cfr. § 3.6.2.3). Si noti anche che entrambi gli schemi non prototipici istanziano solo due membri disponibili nel supposto lessico mentale, anche se per precisione dobbiamo considerare che tran[z]ìgere, in quanto polo fonologico di una forma verbale, accresce virtualmente le occorrenze dello schema [tranzV…] con la sua coniugazione (tran[z]ìgo, tran[z]ìgi, tran[z]ìge, tran[z]ìgono, ecc.) e, in altri casi, dello schema prototipico [tranzVΣ…] (tran[z]igéte, tran[z]igévano, ecc.).

A questo punto, dobbiamo ricordare la situazione schematica riguardante il/i

default allophone(s) (cfr. § 3.2). La configurazione che ci si presenta alla luce dei dati

fin qui riportati è molto simile a quella che si delinea nel modello BN quanto alla schematizzazione dei segmenti.

3.13

La grande differenza tra i quattro schemi dei poli fonologici al livello basico è che uno di essi, [tranzV…], non è istanziazione a sua volta di uno schema generico immediatamente superiore. Gli altri tre invece, come accadeva per l’allofono di default, istanziano uno schema sovraordinato di livello intermedio che li riunisce in una

[tranzV…]

[tranz-tonV…]

[tranzVΣΣ…] [tranzVΣ…]

196 categoria omogenea cognitivamente “maneggevole” e maggiormente prototipica del gerarchicamente sovraordinato [tranzV…], in quanto non ha schemi concorrenti allo stesso livello di generalità. Ciò che divide [tranzV…] dagli altri schemi è la maggior “distanza” dallo schema più generico, indice di un isolamento rispetto al default. Tentiamo a questo punto di spiegare le “anomalie” della scala sulla base di quanto emerge da questa analisi.

Il motivo per cui tran[z]ito è in fondo alla scala di accettabilità dello standard con [z] per gli ascoltatori sembra non dipendere affatto da questioni di frequenza-token, che collocherebbero la forma invece ai primi posti. Piuttosto, la diffusione in ricezione di una forma con [z] è ostacolata in modo significativo dal suo isolamento rispetto allo schema prototipico [tranz-tonV…] da cui il fenomeno fonetico irradia. L’isolamento non

si configura rispetto agli schemi di livello basico, ma piuttosto rispetto a quelli di livello sovraordinato: al livello intermedio, come abbiamo visto, [tranzV…] non può istanziare nessuno schema, e per giunta esso stesso ha un’unica istanziazione nel lessico, cioè

tràn[z]ito. Nella scelta tra i due stimoli tran[s]ito/tran[z]ito, l’ascoltatore che non

disponga della forma [z] nella sua fonetica regionale tende probabilmente a riferire molto meno lo standard allo schema [tranz-tonV…] sovraordinato, per mancanza di

conceptual overlap prosodico; al contrario, quando la scelta ricade su tran[z]ito l’effetto

di riferimento ad uno schema generico viene esercitato più debolmente dal lontano, e ancora più in alto nella gerarchia, [tranzV…], non specificato quanto alla sede accentuale, ma solo al livello segmentale. La distanza dagli schemi sovraordinati e la scarsa o nulla rappresentatività dello schema [tranzV…] di tràn[z]ito rispetto agli altri schemi dell’intera rete hanno in questa circostanza la precedenza, in termini cognitivi, sulla frequenza del singolo token. Non va però trascurato che l’intero simbolo è ben specificato per i parlanti al polo semantico (condizione indicata anche dall’alta frequenza), pertanto i dettagli fonetici (anche regionali) ad esso associati tendono alla stabilità (per frequente attualizzazione e ricezione del simbolo), se le condizioni schematiche non sono tali da orientare il polo fonologico verso [z].

La tendenza di tran[z]etto, leggermente anomala nella scala, ha parimenti una motivazione plausibile in termini schematici. Insieme a tran[z]eunte rappresenta un simbolo linguistico sconosciuto quanto al polo semantico nella pressoché totalità dei casi. La mancanza di un polo semantico, in altri termini la non conoscenza della parola,

197 rende disponibili operazioni cognitive limitate al polo fonologico, sebbene si debba tenere conto delle estensioni tra simboli che cooperano all’emergenza di un polo semantico schematico legato al morfema, tradizionalmente, trans-. Se il polo semantico non è disponibile, il polo fonologico risente maggiormente dell’effetto prototipo di [tranzVΣ…], allo stesso livello, corroborato dal conceptual overlap con [tranz-tonV…]

al livello sovraordinato. In più, le estensioni tra schemi non prototipici, ovvero tra [tranzV…] e [tranzVΣΣ…] contribuisce a rafforzare la forma con [z] di tran[z]etto, sebbene con minor forza rispetto al prototipo. Rispondendo in ogni caso ad uno schema non prototipico e di peso relativamente basso, sembra ragionevole ritenere che quella di

tran[z]etto sia solo una tendenza lieve di risalire la scala, in quanto la sua accettabilità

viene limitata dalla stessa scarsa prototipicità dello schema cui appartiene.

Il caso di tran[z]eunte va indagato verosimilmente ad un altro livello. Esso appartiene allo schema prototipico [tranzVΣ…], ma non dispone di polo semantico. Viene perciò da chiedersi per quale motivo non subisca significativi effetti prototipo nell’organizzazione cognitiva degli ascoltatori esaminati (come accade in parte a

tran[z]etto), in quanto il polo fonologico, unico polo disponibile, rientra a pieno titolo

proprio nello schema prototipico. Una spiegazione possibile va individuata proprio nella sua posizione all’interno dello schema prototipico [tranzVΣ…]. In base alla già ricordata legge di Wilensky (cfr. § 3.2), la disponibilità di schemi specifici ha la precedenza su quelli generici. Lo schema specifico [tranzVΣ…], prototipico e ampiamente istanziato rispetto agli altri, perciò altamente disponibile, struttura una categoria di membri in cui tran[z]eunte rappresenta il membro meno rappresentativo del nostro studio, in quanto sconosciuto al polo semantico e a frequenza 0, a cui sfavore gioca inoltre una terminazione suffissale “-unte” ben poco rappresentativa della classe delle forme participiali. L’appartenenza della forma allo schema prototipico non è di per sé garanzia di rappresentatività della categoria, anzi costituisce in questo caso il limite dell’accettabilità di tran[z]eunte. In altri termini, il conceptual overlap con lo/gli schema/i più “forte/i” non garantisce deterministicamente l’accettabilità del polo fonologico e la sua stabilizzazione. Piuttosto, sembra che ad influenzare i risultati sia, quando disponibile, la posizione occupata rispetto ai membri di una categoria/schema altamente specifica; in questo caso, la frequenza-token acquisisce maggior rilievo