CAPITOLO 1. CULTURE E COMUNICAZIONE (VERBALE):
1.3 Il dativo etico e il dativo benefattivo in italiano e in portoghese brasiliano
1.3.1 Il caso dell’Italiano
In italiano esistono diverse costruzioni verbo-pronominali in cui i clitici non svolgono funzione anaforica, ma sono portatori di una qualche marca grammaticale. Alcune di queste costruzioni sono state ampiamente studiate da parte dei grammatici; è il caso del si con funzione riflessiva (pettinarsi, vestirsi), reciproca (sposarsi, baciarsi), quando compare in verbi intransitivi pronominali (stancarsi, agitarsi) oppure in quanto parte di forme lessicalizzate, composte anche da più clitici (piantarla, cavarsela) (MASINI, 2008).
Oltre a queste funzioni, ne esistono altre, meno studiate, che vengono designate
intensive o espressive, esemplificate da frasi come farsi una passeggiata vs. fare una passeggiata, mangiarsi le unghie vs. mangiare le proprie unghie, non mi ti far bocciare! vs. non ti far bocciare! e da verbi come andarsene, starsene vs. andare, stare ecc. (SERIANNI,
1988).
Quando sono coinvolti i verbi transitivi, Raffaele Simone (1993) parla di “verbi con riferimento personale”: mi sono bevuto un birra vs. ho bevuto una birra, anche con valore
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In portoghese brasiliano la terza persona singolare espressa dal você ha perso il tratto di distanza/formalità tra gli interlocutori che invece caratterizza ancora il portoghese europeo; ne deriva che você è comunemente impiegato al posto o in alternanza al tu, pur mantenendo la coniugazione verbale alla terza persona singolare. Tuttavia, per quanto riguarda l’imperativo, parallelamente a quello da noi utilizzato (es: Feche a porta) che, come in italiano, prende in prestito la forma verbale dal congiuntivo alla terza persona singolare, nel linguaggio colloquiale è spesso utilizzato anche il você associato all’imperativo di seconda persona singolare: accanto a “Faça aquilo que você achar melhor!” Tr.: Fai quello che pensi sia meglio! si potrà avere: “Ah! É? Então faz o
que você achar melhor!” Tr.: Ah, È così? Allora fai quello che ti sembra meglio (SCHERRE; CARDOSO;
LUNGUINHO, 2007, p. 206). Per approfondimenti su questo tema si vedano anche Maria Scherre (2007) e Daisy Cardoso (2006).
possessivo: mi ha portato il figlio a scuola vs. ha portato mio figlio a scuola o di vantaggio:
mi scrivi questa lettera? vs. scrivi questa lettera al posto mio?
Diversi autori, tra i quali quelli citati, fanno risalire questi usi alla diatesi media latina e al dativo etico, il quale permetteva di esprimere la persona emotivamente coinvolta nell’azione verbale.
Tra le funzioni “intensive” che Salvi (1989) attribuisce al complemento indiretto, oltre a quella di dativo etico troviamo quella di possessore e di benefattivo. In questa sede ci soffermeremo soltanto sul dativo etico e sul dativo benefattivo.
1.3.1.1 Il dativo etico
Si è detto che il dativo etico “indica la persona che partecipa emotivamente all’evento espresso nella frase” (SALVI, 1989, p. 65) e, dal punto di vista formale è rappresentato dal un pronome atono al dativo.
Francesca Masini (2008) fa notare come la costruzione verbo-pronominale con il dativo etico sia soggetta a poche restrizioni strutturali. Per quanto riguarda le tipologie di clitici, in merito a genere e numero, tutti sono ammessi tranne il pronome loro, ma è necessario che il referente del clitico sia un partecipante senziente:50
(2) a. Il bambino non mi studia
b. A lezione c’è sempre qualcuno che ti arriva in ritardo c. La macchina non ci funziona più
d. Lucia vi arriva domani? e. *Il bambino non studia loro
Le frasi (2a), (2b) e (2c) risultano grammaticali anche sostituendo i rispettivi clitici con qualunque altro ad eccezione di loro, come si può notare nell’esempio (2e). Se il dativo etico è espresso da un pronome di prima o quarta persona (cfr. (2a) e (2c)), è la partecipazione emotiva del soggetto enunciativo ad essere enfatizzata; se invece è espresso da un pronome di seconda e quinta persona (cfr. (1b) e (1d)), il coinvolgimento ricade sull’interlocutore o sugli interlocutori (SERIANNI, 1988).
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Dal punto di vista delle classi di verbi/strutture argomentali con i quali può combinarsi, il dativo etico è compatibile con molte strutture argomentali, tra le principali ricordiamo:
(3) a. Non mi bere il caffè in quel modo TRANSITIVO (SOGGETTO [+AGENTE]) b. Luca mi ha visto le montagne TRANSITIVO (SOGGETTO [-AGENTE]) c. Luca mi pedala male INTRANSITIVO INERGATIVO
d. Luca mi è caduto INTRANSITIVO INACCUSATIVO
e. Luca mi si è ammalato INTRANSITIVO PRONOMINALE INACCUSATIVO f. Luca mi mangia troppo TRANSITIVO CON OGGETTO NULLO
g. Luca mi ha dato la lettera a Maria DITRANSITIVO (MASINI, 2008, p. 14)
Segnaliamo che, mentre Masini considera il dativo etico compatibile con il complemento indiretto (cfr. (3g)), Christoph Schwarze e Riccardo Cimaglia (2010) ritengono che il dativo etico accompagni soltanto verbi la cui valenza non richieda l’oggetto indiretto.
Il dativo etico non è necessario ai fini della compiutezza sintattico-semantica dell’enunciato in quanto, se omesso, la frase risulta ugualmente grammaticale ma semplicemente meno “intensa” dal punto di vista semantico poiché non è segnalato il coinvolgimento emotivo di chicchessia.
1.3.1.2 Il dativo benefattivo
Il dativo benefattivo, a livello semantico, “indica nell’interesse (o a scapito) di chi avviene l’evento espresso dalla frase” (SALVI, 1989, p. 64) e Patrizia Cordin e Andrea Calabrese (1989, p. 569) sottolineano che “il referente del complemento benefattivo […] deve essere un effettivo destinatario degli effetti causati dall’evento”.
A livello formale, mentre il dativo etico può essere espresso solo da un clitico, il benefattivo può manifestarsi anche con un pronome tonico o un nominale accompagnati dalla preposizione per, talvolta in alternanza con a (SALVI, 1989):
(4) a. Le ho chiamato un taxi.
In alcuni casi, tuttavia, il significato può essere incerto, in quanto interpretabile sia come dativo etico che come dativo benefattivo:
(5) Fammi i compiti, prima di uscire!
Questa frase può essere interpretata come dativo etico nella situazione in cui, supponiamo, sia la madre a ingiungere al figlio di fare i compiti; in tal caso, il clitico indica il coinvolgimento emotivo della madre rispetto all’azione, ma lei non è l’effettiva beneficiaria. In alternativa, se interpretiamo il clitico – mi come benefattivo, potremmo immaginare una parafrasi del tipo: (mamma), fa’ i compiti per me = a posto mio/ a mio vantaggio, dove il referente del clitico è l’effettivo beneficiario degli effetti dell’evento.
Il dativo benefattivo presenta più restrizioni strutturali rispetto al dativo etico. In particolare “[l’uso del benefattivo clitico] è possibile solo con verbi transitivi, che hanno un soggetto con il ruolo di agente e che non presentano un altro complemento indiretto (espresso o non espresso)” (SALVI, 1989, p. 65). Tali restrizioni, secondo Salvi, non valgono tuttavia per il benefattivo rappresentato da per +nominale/pronome libero:
(6) a. Marco mi parte domani VERBO INTRANSITIVO b. *Anna mi ha un cane SOGGETTO NON AGENTE
c. *Piero mi fa la spesa a Maria. PRESENZA COMPLEMENTO INDIRETTO d. Piero fa la spesa a Maria per me
Nel caso (6a) il verbo partire è intransitivo e la frase è grammaticale, ma il clitico mi non è benefattivo, bensì dativo etico: la lettura “benefattiva” non è possibile.
Per quanto riguarda la struttura argomentale, Salvi (1989) segnala che il dativo benefattivo non è elemento obbligatorio della frase nucleare, infatti l’oggetto diretto satura la valenza dei verbi transitivi e, sebbene il complemento benefattivo veicoli informazioni aggiuntive dal punto di vista semantico, non è necessario dal punto di vista argomentale, quindi il dativo benefattivo, come il dativo etico è da considerarsi extra-argomentale.
Sulla base di quanto illustrato in questa sezione, possiamo concludere che il clitico -mi presente nella tipologia di frase italiana oggetto del nostro studio – Chiudimi la porta, parafrasabile in: Chiudi la porta per me/a posto mio – rappresenta un complemento indiretto con funzione di benefattivo (il parlante è il beneficiario) e, come tale, è extra-argomentale.