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L’utilizzo di categorie adatte a valorizzare il nodo dell’informalità rappresentano il passaggio fondamentale per superare le interpretazioni che hanno attribuito al FCNA caratteri di debolezza e di ininfluenza politica58. Declinata nell’assenza di un riconoscimento istituzionale e nell’autonomia dal partito democratico, proprio l’informalità costituisce la chiave di lettura per potenziare la qualità storiografica del BC e leggere al meglio la contaminazione tra relazioni ufficiali e personali, la ricerca inclusiva di network istituzionali, politici e civili, l’equilibrismo tra scambi privati e politici che coinvolsero amministratori, famiglia presidenziale e movimenti. Volutamente ricercato da Bethune come efficace strumento di organizzazione politica, l’assetto ufficioso del BC richiama l’introduzione di categorie elaborate dalla storiografia sulle donne nere nei processi di decision-making e sul potere politico del networking informale59.

Solo di recente Mary McLeod Bethune ha acquisito una posizione di rilievo in questo panorama, riuscendo a suggerire la leadership at large come modello interpretativo vitale anche per la storia istituzionale60. Inoltre, la

58 Cfr. J.A. Harrell, Negro Leadership in the Election Year 1936, in The Journal of Southern

History, Vol. 34, No. 4 (November, 1968), pp. 546-564; R. Holt, Mary McLeod Bethune. A Biography, Garden City-New York, Doubleday, 1964; J.C. Motz, The Black Cabinet, cit.; N.J.

Weiss, Farewell to the Party of Lincoln, cit.; C.O. Peare, Mary McLeod Bethune, New York, The Vanguard Press Inc., 1951; C.O. Perkins, The Pragmatic Idealism of Mary McLeod

Bethune, in Sage, Vol. 1, No. 1, (1988), pp. 30-35.

59 Su Bethune come figura politica esemplare per l’analisi del ruolo delle donne nere nei processi decisionali si veda E.M. Smith, Mary McLeod Bethune and the National Youth

Administration, cit.; Ead., Mary McLeod Bethune’s “Last Will and Testament”: A Legacy for Race Vindication, in The Journal of Negro History, Vol. 81, No. 1/4 (Winter-Autumn, 1996),

pp. 105-122; E. Vezzosi, “I leave you a respect for the uses of power”. Mary McLeod Bethune:

donne nere e processi di decision-making negli Stati Uniti, in L. Ferrari (a cura di), Studi in onore di Giovani Miccoli, Trieste, Edizioni Università di Trieste, 2004, pp. 347-361; Ead. (a

cura di), Una donna nera alla fondazione dell’Onu. Mary McLeod Bethune tra genere e “black

global community”, in Contemporanea, XIV, No. 4, Ottobre 2011, pp. 681-698.

60 Per una più ampia analisi sulla leadership di Bethune, si veda K.K. Gaines, Uplifting the

Race: Black Leadership, Politics and Culture in the Twentieth Century, Chapel Hill, University

of North Carolina Press, 1996; A.T. McCluskey, Multiple Consciousness in the Leadership of

Mary McLeod Bethune, in NWSA Journal, Vol. 6 (1994); E.M. Smith, Mary McLeod Bethune and the National Youth Administration, cit.

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proposta sociologica di Belinda Robnett di riconcettualizzare la leadership femminile attraverso le categorie di mobilitazione, cooperazione e togetherness, l’ha portata a individuare proprio in Bethune una figura emblematica e prodromica per il suo studio sulle donne nere nel movimento per i diritti civili. Robnett ha infatti indicato in Bethune un’anticipatrice di molte elaborazioni teoriche e strategiche poi sviluppate e agite dalle donne nere, in quanto «fu in grado di raccogliere supporto ed entusiasmo per i suoi progetti […] immaginando un’organizzazione nazionale dedicata allo sviluppo di strategie economiche e politiche con uno sforzo coordinato»61. La fondatrice del FCNA è stata dunque definita una precorritrice della forza trasformativa che caratterizzò l’attivismo delle donne afroamericane, consapevolmente esercitata nel contesto istituzionale del New Deal e caratterizzata dai tratti qualificanti di «solidarietà, cooperazione e mobilitazione»62. Individuare in Bethune una figura cruciale per la successiva elaborazione metodologica della bridge-leadership63 così come fu agita dalle donne nere nel movimento per i diritti civili, può essere vitalmente estesa anche alle dinamiche di esercizio del potere concepite da Bethune per il FCNA. La teorizzazione di Robnett si riferisce al ruolo delle donne nere come leader di collegamento – poiché escluse dall’esercizio della leadership formale – in grado di comportarsi come cerniera tra le élites e la base dei movimenti e di «connettere gli interessi dei singoli alle politiche strategiche dei movimenti e fungendo da collegamento in entrambe le direzioni»64. Caratterizzata dai tratti di amplificazione, estensione e trasformazione dei metodi di networking, la bridge-leadership ha contribuito a ridiscutere le tradizionali categorie del potere, riqualificando la forza storiografica delle donne nere. Robnett ha dunque contribuito a riapprofondire il dibattito, spostando dai margini al centro il ruolo storiografico delle donne afroamericane. Pur essendo soggetti forzatamente esclusi dalle posizioni

61 B. Robnett, How Long? How Long? African-American Women in the Struggle for Civil

Rights, New York, Oxford University Press, 1997, p. 46. 62 Ibidem, p. 34.

63 Ibidem, pp. 44-49. Per una trattazione più ampia della Bridge-Leadership in riferimento alle donne afroamericane si vedano anche D.S. Meyer, N. Whittier, B. Robnett (eds.), Social

Movements: Identity, Culture and the State, New York, Oxford University Press, 2002; B.

Robnett, African-American Women in the Civil Rights Movement, 1954-1965: Gender,

Leadership, and Micromobilization, in American Journal of Sociology, Vol. 101, No. 6 (May,

1996), pp. 1661-1693.

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direttive, esse furono comunque detentrici di una forza politica di mobilitazione molto ampia ed esercitando spesso un ruolo decisivo per l’ancoraggio grass-roots del movimento.

Anticipati e infusi nella morfologia ufficiosa e confidenziale voluta per il FCNA, questi elementi rappresentano il segno evidente delle strategic politics65 esercitate dagli afroamericani inseriti nell’amministrazione. L’esperienza di Bethune si trasferì nel BC che, «mantenuto dietro le quinte»66, riuscì a collocarsi in una posizione strategica, per interloquire con agilità con le istituzioni e con la base dei movimenti, moltiplicando le voci del dibattito e organizzando un progetto politico non stratificato, ampio e dai contorni indefiniti67. Il FCNA si rivelò capace di valorizzare proprio la sfumatura dei confini tra potere formale e informale entro i quali volle muoversi, agendo come ponte tra il mondo politico-istituzionale e l’associazionismo, in una cornice originata entro gli schemi istituzionali ma sviluppata al di fuori delle classiche strategie operative.

Analizzare la ricerca di dialogo tra le strutture formali e il pluralismo tutt’altro che organico espresso dai movimenti impone l’adozione di altre chiavi di lettura, per interpretare la struttura e il funzionamento interno all’organismo e valorizzarne le specificità. Per uno sguardo più approfondito, tanto personale quanto politico sulle dinamiche interne al BC, l’introduzione della categoria di generazione consente una problematizzazione ulteriore. L’utilizzo di un concetto elastico68, così come discusso dalla storiografia dopo la svolta analitica impressa dalle valutazioni di Karl Mannheim69, permette di incorniciare il BC come un fenomeno politico prodotto dal «convincimento

65 Ibidem, pp. 90-94.

66 Ibidem, p. 61.

67 Sulla agency delle donne afroamericane, si veda l’ampia bibliografia discussa da Robnett. In particolare, E. Brown, A Taste of Power, New York, Pantheon Books, 1992; W. Breines,

Community and Organization in the New Left, 1962-1968, New York, Praeger, 1982; W.

Gamson, The Strategy of Social Protest, Homewood, Dorsey Press, 1975; S.G. Tarrow, Power

in Movement: Social Movements and Contentious Politics, Cambridge, Cambridge University

Press, 2011.

68 V. Colombi, Generazione/generazioni. L’uso storiografico di un concetto “elastico”, in

Passato e presente, XXVIII (2010), n. 80, pp. 123-140. Per una discussione sull’utilizzo della

categoria di generazione si veda anche E. Bini, La storia delle donne e di genere negli Stati

Uniti in una prospettiva inter-generazionale, in Genesis, No. X, Vol. 1 (2011), pp. 191-202. 69 K. Mannheim, Il problema delle generazioni (1928), in Sociologia della conoscenza, Bologna, Il Mulino, 2000, pp. 241-96.

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condiviso di essere parte di una generazione del tutto nuova»70. La ricerca di conciliazione e di coesione che guidò Bethune nella nascita del BC rispose anche al tentativo di organizzare uno spazio politico in cui provare a smussare le differenze tra i singoli amministratori, per il raggiungimento di un obiettivo comune. Una lettura generazionale delle trasformazioni politiche tra la Grande Depressione, il New Deal e la Seconda guerra mondiale come momenti preparatori e fondativi per l’elaborazione intellettuale dei movimenti degli Cinquanta è già stata offerta da una parte della storiografia, basti pensare ai lavori emblematici di John Egerton e di Bernard Sternsher71. Questo approccio potrebbe davvero essere rafforzato da un’ampia ricostruzione del FCNA e delle sue dinamiche prive di schemi predefiniti. Infatti, la coscienza di far parte e di rappresentare una generazione politica nuova fu piuttosto presente all’interno delle riflessioni dei membri del BC, già quando ne fu concepita la creazione. Bethune, più anziana di almeno vent’anni, condivise con i membri più giovani la consapevolezza dell’innovatività del New Deal per l’emancipazione afroamericana, imponendo la creazione di un organismo orientato a ottenere i maggiori benefici dall’eccezionalità della presidenza di FDR. Anche le stesse riflessioni dei racial advisers tendevano in modo chiaro e concorde verso questa direzione quando, ad esempio, Robert C. Weaver ricordava che «c’era un inconscio accordo tra le due generazioni. La mia utilizzava gli strumenti di analisi che la formazione ci aveva insegnato. Bethune usava i suoi contatti e la sua personalità per rappresentare i problemi che affrontavamo, per fare in modo che le nostre proposte fossero prese in considerazione»72. Più pregnante può risultare forse l’utilizzo della categoria di generazione politica quale dispositivo analiticamente aperto per leggere anche il confronto e soprattutto gli episodi di conflittualità che vennero a crearsi nei momenti di crisi e riassestamento. Ancora di più, il concetto di generazione intellettuale73 riesce a complicare le prospettive storiografiche e interpretative, tenendo insieme la pluralità delle voci che animarono lo scambio politico con cui

70 P. Persano, Tempo, rivoluzione, costituzione: un bilancio storiografico, «Storica», 2005, n. 31, p. 72, cit. in V. Colombi, Generazione/generazioni, cit., p. 127.

71 Cfr. J. Egerton, Speak Now against the Day: the Generation before the Civil Rights

Movement in the South, New York, Knopf, 1994; B. Sternsher, The Negro in Depression and War: Prelude to Revolution, 1930-1945, Chicago, Quadrangle Books, 1969.

72 R.C. Weaver, Her Boys’ Remember, in Time, 10 July 1974.

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l’amministrazione Roosevelt fu costretta a misurarsi tra la seconda metà degli anni Trenta e i primi anni Quaranta.