CRITERI DIAGNOSTICI NELLE PARAFUNZION
II. ASSE II: DIAGNOSI PSICOSOCIALE
5.1.4. Cervicalgie, Cefalee ed alterazioni posturali testa-collo
5.1.4.1. Le Cefalee muscolo-tensive
La cefalea, per definizione, è un dolore localizzato a tutta la testa (a differenza dell’emicrania che colpisce solo un emilato) e viene
definita come un disturbo doloroso della testa, talora associato a dolorabilità della faccia e/o del collo. È la più comune tra le sindromi dolorose.
Secondo la classificazione della Headache Classification Committee of the International Headache Society del 1988, le cefalee muscolo- tensive si possono suddividere in due gruppi:
A. Cefalea Tensiva Episodica: presente per meno di 180 giorni l’anno; di durata che va dai 30 minuti ai 7 giorni; il dolore scaturito è gravativo non pulsante, di intensità lieve o media, bilaterale e non aggravato da attività fisiche routinarie; assenza di nausea e vomito; talvolta è possibile avere in associazione fono o fotofobia; inoltre è possibile avere aumentata dolorabilità muscolare alla palpazione; aumento dell’attività EMG dei muscoli sia a riposo che durante i test funzionali
B. Cefalea Tensiva Cronica: presente per 180 giorni l’anno o più; il dolore è di tipo gravativo, di intensità lieve o moderata, la sede bilaterale e non è aggravato da attività fisiche routinarie; assenza di vomito; presenza di non più di uno dei seguenti sintomi: nausea, fonofobia, fotofobia.
Inoltre, sulla base del carattere eziologico, è possibile suddividere le cefalee in altri due gruppi:
A. Cefalee Primarie: o idiopatiche, sono le cefalee non secondarie ad altre patologie cranio-facciali e ne esistono tre gruppi principali, o quattro:
1) tensionale 2) a grappolo
3) emicrania trasformata 4) miste
B. Cefalee Secondarie: sono definite tali quando sono dovute ad un processo identificabile e quindi sono secondarie ad altre patologie primarie. In questo caso la cefalea è il sintomo di un'altra patologia.
Le cefalee tensive non sono solo ad origine muscolare, infatti oltre alla tensione muscolare esiste la tensione emotiva. Pertanto è dimostrato che la tensione muscolare genera il processo algico che si ripercuote a livello cefalico, ma è anche vero che la cefalea può essere a sua volta espressione di una tensione “psichica”.
E’ bene precisare, inoltre, che le cefalee episodica e cronica possono essere definite tali anche sulla base di parametri un po’ differenti dai precedenti.
La cronica è possibile definirla anche come un disordine cranio- cervico-mandibolare o come cefalea quotidiana (con carattere di emicrania trasformata), in cui si osserva associazione con fibromi, algia e sindrome mio fasciale da trigger point.
Secondo la International Headache Criteria esiste una specifica correlazione tra le cefalee ed i trigger point miofasciali, infatti solo alcune tipologie di cefalee sembrano essere correlate anche con la presenza di dolore miofasciale: cefalee tensive episodiche croniche, cefalee e cervicalgie acute o croniche associate a trauma cranico, cefalee associate a disordini cranio-cervico-mandibolari, cefalea cervicogenica.
All’esame obiettivo, un soggetto con cefalea muscolo-tensiva, presenta i seguenti segni clinici: contrattura dei muscoli
paracervicali, del trapezio, dello pterigoideo interno e del temporale; dolore alla palpazione muscolare con presenza di trigger points; ridotta mobilità del capo per scarsa flessibilità del rachide cervicale; presenza di postura tipica con spalle sollevate e capo anteroflesso; possibile presenza nell’ATM di scatti, rumori e deviazione in apertura; malocclusione; presenza di depressione; correlazione con i disturbi del sonno (arousal, alterazioni dell’EEG NREM, etc…).
Le regioni più colpite sono le seguenti: temporale, parietale, masseterina, nucale, cervicale; tutte con dolore a carattere irradiato. L’intensità del dolore viene valutata con la scala NPS (Numeric Pain Scale).
In particolar modo la cefalea muscolo-tensiva si caratterizza come una forma di cefalea di gravità lieve/media, caratterizzata da un dolore che s'irradia dalla nuca a tutta la testa. Pertanto è facilmente comprensibile come le cefalee muscolo-tensive siano facilmente correlabili alle cervicalgie muscolo-tensive.
La cascata patogenetica che causa le cefalee muscolo-tensive è la seguente:
→ Eccessivo impegno muscolare, che porta a microtrauma del sarcolemma e quindi del reticolo endoplasmatico, con conseguente aumento del calcio libero;
→ Successivamente s’instaura un’ipertono stabile dei sarcomeri dovuto al sovraccarico muscolare da super-lavoro;
→ A lungo andare nel muscolo aumenta sempre più l’incapacità di ricaptare il calcio, e se questo avviene sulle placche motrici avremo un eccesso d’accumulo d’acetilcolina con conseguenti:
contratture, spasmi capillari con minor apporto metabolico al muscolo stesso, liberazione di sostanze algogene e sensibilizzanti su terminazioni nervose, sensitive e vegetative. Il meccanismo fisiopatogenetico della cefalea muscolo-tensiva s’estrinseca attraverso il meccanismo della contrattura muscolare: in seguito ad una contrattura muscolare si genera una compressione dei piccoli vasi, con conseguente fenomeno ipossico e liberazione di tossine (acido lattico, bradichinine, prostaglandine). Quest’ultime generano ed aumentano lo stimolo nocicettivo, che pertanto attraverso il sistema ascendente serotoninergico (nuclei del rafe del nc. dorsale del mesencefalo, coinvolto anche nel tono dell’umore, nel ciclo del sonno, nella regolazione ipotalamica del rilascio ormonale) proietta al talamo mediale. Tale stimolazione aumenta il controllo sottocorticale, che pertanto va a stimolare il lobo limbico (emotività).
Quest’ultima influenza il controllo sovra spinale e tramite quest’ultimo si avrà nuovamente aumento della cefalea e dello spasmo muscolare, alimentando così un circolo vizioso di difficile risoluzione. La cefalea, pertanto, può essere definita come una disregolazione neurochimica e neurofisiologica del sistema centrale di modulazione del dolore.
Secondo quanto detto da Janet G. Travell (1999)81, la prima autrice
a parlare di “trigger points”, il dolore definito miofasciale a carico della muscolatura scheletrica e delle sue fasce aponevrotiche, s’instaura preferibilmente nei muscoli a maggior impegno posturale per cause agenti cronicamente, come l’impegno ad un adattamento posturale forzato.
Pertanto il ciclo vizioso ora descritto determinerebbe l'origine dei cosiddetti “trigger point” miofasciali (TrP).
Un TrP è un nodulo ipereccitabile collocato in una banda di tessuto muscolare teso e pertanto reperibile alla palpazione: se tale nodulo viene stimolato dà luogo ad un’intensa risposta dolorosa locale accompagnata talvolta da altri fenomeni quali una scossa locale evocata (local twitch response).
Tale digressione sull’argomento era utile per comprendere che, sulla base di diversi studi, l’eziologia delle cefalee muscolo-tensive dipende: dalle interferenze occlusali, da co-contrazioni protettive, dallo stress, dalle abitudini viziate e dalle parafunzioni; tutte queste condizione portano ad un ipertono muscolare che conduce inevitabilmente ad una forma di cefalea, che è quella muscolo- tensiva.
Il dolore da ipertono con localizzazione specifica nei trigger points si genera a carico della muscolatura masticatoria e quest’ultima è anche sede del dolore e delle tensioni muscolari presenti al risveglio mattutino nell’epifenomeno del bruxismo notturno; mentre tali dolori si risolvono gradualmente durante l’arco della giornata quando il soggetto tende a serrare i denti durante la veglia (Catanzariti JF et al., 2005)15.
Questi squilibri muscolari dovuti all’iperattività della muscolatura masticatoria (e più esattamente degli elevatori della mandibola) produrrebbero inoltre delle modificazioni posturali della testa e del collo. Ad esempio, secondo gli studi condotti da Velez AL (2007)82,
modifiche per via della permuta, determinando dunque delle modificazioni posturali del capo e del collo; tuttavia se durante la dentizione l’occlusione resta invariata, ma la postura del capo e del collo si modificano si potrebbero sospettare altre cause, come il bruxismo.
Sempre secondo Velez (2007)82, i bruxisti presenterebbero una
postura della testa anteriorizzata rispetto al collo, quest’ultimo tenderebbe ad essere cifotico e quindi la conseguenza sarà un’iperflessione della testa.
Tenendo in considerazione lo schema di Brodie AG (1950)8 e anche
quanto esposto precedentemente (nell’introduzione di questa tesi) sulla meccanica dell’”Unità Cranio-Cervico-Mandibolare”, l’iperattività dei muscoli masticatori (principalmente massetere ed in minor misura temporale) implicano un aumento delle tensioni della catena cervicale anteriore, conseguente flessione della testa e pertanto allungamento della catena cervicale posteriore. In tale situazione la linea ottica non è più parallela al terreno e siccome il sistema cranio-cervico-mandibolare per essere opportunamente bilanciato deve, ad ogni costo, riportare tale linea in una condizione per cui il piano della visuale debba trovarsi perfettamente sul piano orizzontale, esercita un’iperattività dei muscoli cervicali dando origine allo squilibrio meccanico precedentemente menzionato. In tale ottica gli squilibri a carico della postura cervicale produrrebbero scompensi anche a livello globale, che pertanto verrebbero compensati attraverso un riassetto posturale globale. La valutazione delle problematiche posturali su tali pazienti è effettuata con l’ispezione e l’analisi strumentale attraverso
specifiche metodiche per la valutazione posturale: pedana stabilometrica, podoscopio e verticale di Barrè, etc... .
Accanto a tali problematiche il paziente potrebbe riferire di avere anche ronzii alle orecchie, otiti ricorrenti, dolorabilità a livello orbicolare, etc… Tutte condizioni connesse con gli squilibri appena menzionati.