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Criteri diagnostici e terapeutici nelle parafunzioni dell'apparato stomatognatico

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A Olimpia

A chi ha costruito per me, alla mia famiglia

A chi sta costruendo con me, a Eri

“Quando desideri qualcosa,

tutto l’Universo cospira affinché

tu realizzi il tuo desiderio.”

( P. Coelho )

(3)

INDICE

1.

Introduzione

1.1 Riassunto tesi

2.

Elementi anatomici dell’apparato stomatognatico

2.1. Cenni Anatomici Scheletrici del Distretto Cranio- Facciale

2.1.1. Osso mandibolare 2.1.2. Osso mascellare 2.1.3. Osso ioide

2.2. Cenni anatomici ATM

2.3. Anatomia muscoli masticatori e digastrici 2.3.1. Muscolo temporale

2.3.2. Muscolo massetere

2.3.3. Muscolo pterigoideo esterno 2.3.4. Muscolo pterigoideo interno 2.3.5. Muscolo digastrico

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2.4. Cenni anatomici nervo trigemino 2.4.1. Nervo mandibolare

3. Elementi fisiologici dell’apparato stomatognatico

3.1 Occlusione dentale fisiologica

3.2 Cinematica dell’ ATM, attivazione muscolare 3.2.1. Movimenti di apertura e chiusura della mandibola

3.2.2. Movimenti di lateralità della mandibola 3.2.3. Movimenti di protrusione/retrusione 3.2.4. Il ciclo masticatorio 3.2.5. La deglutizione

3.3 Postura fisiologica

3.4 Unità cranio-cervico-mandibolare

4. Bruxismo e serramento

4.1. Concetto di parafunzione

4.2. Definizione e differenza tra bruxismo e serramento 4.2.1. Il sonno

4.2.2. Stadi del sonno e episodi di bruxismo 4.2.3. Durata degli episodi di bruxismo 4.2.4. Intensità degli episodi di bruxismo

4.2.5. Posizione assunta durante il sonno e episodi di bruxismo

4.2.6. Episodi di bruxismo e sintomatologia masticatoria

(5)

4.3. Epidemiologia 4.4. Eziopatogenesi

4.5. Fisiologia e fisiopatologia del grinding e del clenching

5. Criteri diagnostici nelle parafunzioni

5.1. Diagnostica clinica

5.1.1. Usura dentale

5.1.2. DTM, ipertono muscolare e dolore muscolare 5.1.2.1. I DTM

5.1.3. Lingua a stella

5.1.4. Cervicalgie, cefalee e alterazioni posturali testa-collo

5.1.4.1. Le cefalee muscolo-tensive

5.1.5. Riduzione e limitazione dell’apertura massima, riduzione della dimensione verticale e perdita del freeway space 5.1.6. Fratture dentarie, ipermobilità dentale e edentulia

5.1.7. Rumori caratteristici dell’attività parafunzionale

5.1.8. Frammentazione del sonno

5.2. Cartella clinica gnatologica

5.3. Diagnostica strumentale 5.3.1. T-scan

5.3.2. Check-up elettrofisiologico 5.3.3. Elettrognatografia

5.3.4. Test delle spinte linguali con metodica di Payne

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6. Criteri terapeutici nelle parafunzioni

6.1 Apparecchio per il rilassamento muscolare: Bite

plane inferiore

6.2. Trattamento riabilitativo miofunzionale

6.2.1. Protocollo riabilitativo miofunzionale per il bruxismo e il serramento

6.3. Terapia conservativa e protesica

6.4. TENS e ultrasuoni

7. Conclusioni

8. Bibliografia

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1

INTRODUZIONE

Una delle concause universalmente accettate che scatenano problemi gnatologici, sono le parafunzioni, attività per l'appunto parafisiologiche, estranee al soddisfacimento delle necessità primarie, pertinenti alle finalità del sistema occluso-masticatorio (deglutizione, fonazione, masticazione, equilibrio postura le oro-facciale).

Con parafunzione infatti intendiamo tutti quegli atteggiamenti viziati ripetuti e perpetuati nel tempo che portano ad un sovraccarico dentale, muscolare ed articolare.

Esempi classici sono il morsicchiarsi le labbra, interporre oggetti in bocca, stare appoggiati sul mento, l'onicofagia, il succhiamento del dito, muovere nervosamente le guance in modo continuo.

Ci sono poi delle parafunzioni più subdole, che si svolgono senza che ce ne accorgiamo, come digrignare i denti di notte (grinding), sempre nel sonno serrarli fortemente (clenching), tenerli costantemente a contatto tra loro anche di giorno, deglutire in modo anomalo, pressioni/ spinte isometriche della lingua sulle arcate in occlusione..

Questi atteggiamenti portano, da un lato al potenziamento da allenamento dei muscoli coinvolti, dall'altro ad un sovraccarico

(8)

dentale ed articolare che andrà con il tempo a scardinare l'intero sistema.

Il bruxismo quindi rientra in quell'insieme di attività orali definite appunto 'parafunzioni', in misura minimale sembrerebbe esprimere secondo Ciancaglini, una necessità fisiologica di 'reclutamento energetico' mentre secondo Righini, una salutare 'dispersione' di una eccessiva carica emotivo-affettiva.

Non c'è comunque alcun dubbio tuttavia che questa abitudine procuri trauma al sistema masticatorio a livello di più organi bersaglio ( denti, parodonto, muscoli, ATM).

Le parafunzioni e il bruxismo in particolare, oltre ad essere in rapporto con il sonno o la veglia, possono essere causa di artropatia temporo- mandibolare anche se manca l'evidenza di un rapporto inequivocabile di causa-effetto.

Più evidente risulta invece il rapporto tra dolore artro- muscolare al risveglio (miogeno in particolare) e bruxismo notturno.

Una attività parafunzionale sperimentale prolungata ( serramento dei denti per oltre 15 minuti) e di elevata intensità, sembra essere in grado di scatenare molti dei sintomi che si osservano nelle nei DTM ( dolore dentale, dolore tempo-mandibolare, cefalea, scatti e scrosci articolari).

Una parafunzione prolungata può indurre dolore muscolare in una sessione 'acuta' ( seduta sperimentale con controllo a breve termine); non sembra tuttavia possibile indurre tali condizioni con carattere di cronicità, neppure per sessioni sperimentali che durino per più giorni.

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Il 20% circa della popolazione generale ha l'abitudine di serrare i denti da sveglio (bruxismo statico, 'diurno') mentre il 10% circa della popolazione ha l'abitudine di serrare i denti durante il sonno (bruxismo statico, 'notturno').

L'8% infine della popolazione, ha l'abitudine a digrignare i denti nel sonno ( bruxismo dinamico 'notturno').

La prevalenza cresce con l'età fino ai 50 anni per poi decrescere con l'ulteriore avanzare degli anni.

Non esiste una significativa differenza tra uomini e donne per il bruxismo dinamico, tuttavia sembra che le donne tendano a serrare i denti con maggiore frequenza e prevalentemente durante il sonno mentre gli uomini da svegli.

Il bruxismo, nella classificazione dei disturbi del sonno, viene considerato una 'parassonia', ovvero un disordine motorio correlato al sonno e affliggerebbe nella modalità digrignamento ( tooth grinding) rispettivamente il 13% dei giovani ( bambini e adolescenti), il 6-8% degli adulti e il 3% degli anziani.

È importante osservare che la causa del bruxismo diurno e notturno è probabilmente differente.

Si ritiene che la parafunzione durante il sonno, rappresenti una attività pressoché normale e interessi perciò soggetti sani, anche se può essere notevolmente influenzata da condizioni parafisiologiche o patologiche quali eventi stressanti, personalità patologiche, nevrosi e psicosi, sindrome di Down.

Il bruxismo e in generale le parafunzioni orali, specialmente quelle espresse durante il sonno, vengono interpretate come una risposta di attivazione ( 'arousal response' ) del sistema nervoso centrale,

(10)

associata ad altre manifestazioni analoghe ( come ad esempio, movimenti corporei, alterazioni della frequenza cardiaca e respiratoria..).

Le cause delle parafunzioni da svegli, pur rimanendo 'scientificamente' ancora oscure, possono essere ragionevolmente ricercate tra fattori generici stressanti (ansia, nervosismo, concentrazione).

I moderni approcci alla gnatologia vedono inserire l'apparato stomatognatico nel complesso sistema posturale.

Nella pratica quotidiana odontoiatrica, comunque, l’analisi occlusale è il fulcro nevralgico di ogni approccio, sia in fase diagnostica che terapeutica, e le nuove evidenze cliniche e scientifiche che mettono in relazione il sistema cranio-cervicale con l’intero organismo evidenziano l’esigenza e l’importanza di una visione sempre più precisa e dettagliata delle relazioni mandibolo-occluso-craniche.

In odontoiatria l’occlusione, con tutte le sue funzioni e parafunzioni, rappresenta il fulcro e il punto nevralgico per il successo del trattamento in ogni branca specialistica.

1.1. Riassunto della Tesi

L’argomento oggetto di questa tesi è stato la trattazione delle patologie parafunzionali dell’apparato stomatognatico, estrinsecate nei fenomeni del bruxismo e del serramento, e l’inclusione delle stesse all’interno di un protocollo di trattamento multidisciplinare. Pertanto questo lavoro è stato strutturato in diverse sezioni.

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La prima parte introduttiva prevede la trattazione anatomo-fisiologica dell’apparato stomatognatico, con elementi anatomici dello scheletro del massiccio facciale, della muscolatura coinvolta nelle parafunzioni, dell’articolazione temporo-mandibolare e delle vie nervose trigeminali da cui origina lo stimolo motore effettore causa delle parafunzioni. Inoltre, per comprendere al meglio la meccanica del bruxismo e del serramento, è stata descritta la cinematica pura dell’articolazione temporo-mandibolare ed il suo coinvolgimento nei meccanismi fisiologici espletati dal cavo orale, quali il ciclo masticatorio ed il meccanismo della deglutizione con elementi d’attivazione muscolare in essi coinvolti. La prima parte introduttiva si conclude con la trattazione del concetto di “unità cranio-cervico-ioido-mandibolare”, in cui tutti gli elementi che la compongono sono indissolubilmente connessi tra loro, ed osservando che allo squilibrio di una delle componenti consegue un fenomeno disfunzionale che si ripercuote sia sulle strutture limitrofe che su quelle a distanza.

La seconda parte della tesi prevede la trattazione clinica e dei criteri diagnostici dei fenomeni parafunzionali del bruxismo e del serramento, che vedono coinvolgere l’intero distretto oro-facciale in quanto è in tale sede che i due fenomeni si esplicano.

Le parafunzioni sono meccanismi parafisiologici che si instaurano in conseguenza di particolari condizioni biologiche in cui viene a trovarsi l’organismo in un dato momento. Esse sono molteplici e sono il risultato di risposte aberranti che si ripercuotono in un distretto specifico.

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Il bruxismo, propriamente detto, è il fenomeno del digrignamento dei denti a prevalenza quasi esclusivamente notturna (durante il sonno) e pertanto definito come “parasonnia” (tipologia di parafunzioni d’ascriversi tra i disturbi del sonno); il serramento è l’atto di stringere i denti ed è a prevalenza sia notturna che diurna (durante la veglia).

Il distretto interessato dal bruxismo e dal serramento è solo il sito preferenziale in cui tali fenomeni si manifestano. L’origine eziologica del meccanismo è ancora oggi oggetto di numero controversie, in virtù di quanto si evince nella letteratura. Nel corso degli anni sono state formulate molteplici teorie, da quella occlusale periferica che inquadra il fenomeno come conseguenza di stimoli nervosi afferenti dai recettori parodontali generati dalla malocclusione, a quella centrale che vede coinvolti meccanismi originati a livello del sistema nervoso encefalico che creano squilibri nei nuclei del nervo trigemino producendo di conseguenza meccanismi effettori parafunzionali a carico della muscolatura masticatoria. Altre teorie vedono collegato l’epifenomeno con la predisposizione genetica del soggetto interessato, con associazione anche di un certo grado di familiarità. Tuttavia, sembra che una causa assolutamente non trascurabile sia attribuibile alla presenza, nel soggetto affetto, di una rilevante componente di stress psico-fisico nonché stati d’ansia. Sembrerebbe che, tra la popolazione, vi siano dei soggetti predisposti a sviluppare la patologia, in quanto più suscettibili a particolari condizioni stressanti e più inclini a sviluppare uno stato ansiogeno. Infatti tali soggetti potrebbero essere definiti anche “iper-reattori simpatici” dove la risposta

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dell’organismo a determinate condizioni ambientali è abnorme e produce degli effetti autonomici simpatici come l’aumento della frequenza cardiaca e respiratoria. E’ stato visto che tali fenomeni insorgono durante la manifestazione dell’epifenomeno del bruxismo e del serramento, quindi gli studi condotti in merito hanno portato ad intuire che tali soggetti presentassero degli squilibri a carico della regolazione del sistema simpatico e che le stesse parafunzioni fossero una via mediante la quale il soggetto scarica le proprie tensioni.

L’inclusione della patologia del serramento e del bruxismo come bersaglio di svariati trattamenti che vanno dall’utilizzo di presidi attivi e/o passivi, ha ragione di essere applicato in quanto tali parafunzioni portano a notevoli conseguenze a carico dell’apparato stomatognatico.

Prima fra tutte è l’usura dentaria, che permette di fare una diagnosi piuttosto certa di bruxismo. Inoltre altra conseguenza diretta è l’insorgenza di stati ipertonici di tutta la muscolatura masticatoria, con presenza in essa di trigger points, che si ripercuote su tutte le strutture limitrofe. Inoltre gli stati ipertonici muscolari conducono anche a quella che viene definita la “riduzione della dimensione verticale” con eventuale perdita totale del “free-way space”, come discusso in seguito. Le conseguenze a carico dell’ATM sono ancora oggetto di discussione. E’ noto che il bruxismo ed il serramento conducano a manifestazioni cliniche di DTM, da ascriversi tra i criteri diagnostici RDC/TDM delle sottoclassi dell’asse I gruppo Ia ed Ib. Quello che è ancora motivo di dibattito è se le parafunzioni

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siano anche causa delle manifestazioni cliniche ascritte tra i criteri dell’asse I gruppo II.

Gli stati ipertonici a loro volta si ripercuotono sulla muscolatura cervicale, producendo stati algici a carico del distretto menzionato. Altre conseguenze sono l’insorgenza di cefalee muscolo-tensive crinicizzate, in particolar modo a livello temporale ed in seconda battuta anche frontale.

L’ultima parte di questa tesi, affronta la diagnosi clinica e strumentale delle parafunzioni; si tratta così relativamente ai vari quadri clinici con cui si evidenziano all’esame obiettivo le parafunzioni e si tratta ancora dell’importanza della diagnostica strumentale come ausilio fondamentale nell’approccio diagnostico e terapeutico.

Si termina poi con l’affrontare le varie soluzioni terapeutiche in base alla gravità e alla collaborazione da parte del paziente.

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2

ELEMENTI ANATOMICI DELL’APPARATO

STOMATOGNATICO

2.1. Cenni Anatomici Scheletrici del Distretto

Cranio-Facciale

La testa è la parte più rostrale del corpo umano. Nello scheletro della testa si distinguono due principali porzioni in rapporto ed in continuità tra loro:

1. Neurocranio (ossa che costituiscono la scatola cranica)

2. Splancnocranio (ossa che costituiscono il massiccio facciale) La scatola cranica, o neurocranio, è costituita in gran parte da ossa piatte che delimitano la cavità cranica in cui è accolto l’encefalo. Nel suo insieme è costituito da una base e da una volta craniche. Alla costituzione della base partecipano: parte dell’osso occipitale (impari e mediano), parte delle due ossa temporali (ossa pari) e parte dello sfenoide, dell’etmoide e del frontale (tutte ossa impari e mediane). Alla costituzione della volta partecipano: parte dell’occipitale e delle ossa temporali, le due ossa parietali (ossa pari) e parte dello sfenoide e del frontale. Inoltre un’esigua parte dello sfenoide e più largamente una parte dell’etmoide entrano poi anche nella compagine dello splancnocranio.

(16)

!

1. Cranio: Vista Anteriore e Vista Laterale (Netter F, 2004)57

Il massiccio facciale, o splancnocranio, delimita anch’esso delle cavità (cavità orale, cavità nasali, cavità orbitarie) ed è costituito, oltre che dalle porzioni di ossa precedentemente menzionate, da q u a t t o r d i c i o s s a : u n a a p p a r t e n e n t e a l l a “ m a s c e l l a inferiore” (mandibola) e tredici appartenenti alla “mascella superiore”. La mascella superiore comprende le seguenti ossa: mascellari (pari), malari (o zigomatiche, pari), unguis (o lacrimali, pari), nasali (pari), palatine (pari), turbinati (o cornetti) inferiori (pari) e vomere (impari e mediano) (Figura 1).

Queste ossa, per la maggior parte, si articolano tra loro attraverso articolazioni di tipo immobile (suture). L’unica articolazione intrinseca della testa che esula da questa regola è l’articolazione temporo-mandibolare, che s’instaura tra l’osso mandibolare e l’osso temporale (porzione esocranica della parte squamosa del temporale).

Nonostante la sua differente collocazione topografica, merita di essere descritto in tale sede anche l’osso ioide (impari e mediano); nonostante sia situato nel collo presenta una stretta analogia di

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derivazione embrionale con la mandibola. Inoltre è una struttura di fondamentale importanza in molte delle funzioni che riguardano il distretto orale, in quanto è il punto d’inserzione di muscoli coinvolti nella deglutizione e nella masticazione (Balboni GC et al., 2000)8.

2.1.1. Osso Mandibolare

La mandibola è un osso impari e mediano, simmetrico nelle sue due porzioni destra e sinistra rispetto al piano sagittale. E’ un osso della testa appartenente al massiccio facciale e si articola per mezzo dei condili (due, destro e sinistro) alle corrispettive porzioni articolari delle due ossa temporali.

L’osso mandibolare presenta un corpo (impari e mediano) a “forma di ferro di cavallo” con concavità posteriore e due rami (pari) che fanno seguito alle due porzioni posteriori destra e sinistra del corpo mandibolare (Figura 2).

Il corpo è costituito da due facce (interna ed esterna) e due margini (inferiore e superiore). Procedendo dalla linea mediana verso la porzione più laterale del corpo, la faccia esterna del corpo mandibolare presenta:

1. Sinfisi mentoniera: corrisponde al punto di saldatura dei due primitivi abbozzi embrionali della mandibola e si trova sulla linea mediana.

2. Protuberanza mentale: posta in basso come terminazione della sinfisi.

3. Foro mentale laterale: situato a livello del 2° premolare, corrisponde all’orifizio di sbocco del canale mandibolare (in cui decorro i vasi ed il nervo alveolari inferiori).

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4. Solco buccinatorio: tra il 2° ed il 3° molare, offre inserzione all’omonimo muscolo. L’estremità superiore di questo solco determina il limite tra il corpo e il ramo.

5. Linea obliqua esterna: labbro laterale del solco buccinatorio di maggior rilievo.

La faccia interna del corpo mandibolare presenta:

1. Spina mentale interna: posta a livello mediano, talvolta può presentare 4 tubercoli:

2. Apofisi geni: sono quattro tubercoli, due superiori (offrono inserzione ai muscoli genioglossi) e due inferiori (offrono inserzione ai muscoli genioioidei).

3. Foro mentale mediano: posto al di sopra della spina mentale interna.

4. Fossa digastrica: posta lateralmente ed in basso rispetto al foro mentale, offre inserzione al ventre anteriore del muscolo digastrico.

5. Fossetta sottolinguale: più in alto e lateralmente alla precedente, accoglie la ghiandola sottolinguale.

6. Fossa sottomandibolare: situata a livello dei molari, accoglie la ghiandola sottomandibolare.

7. Linea miloioidea: situata superiormente alla fossa sottomandibolare, offre inserzione ai muscoli miloioidei.

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!

2. Osso Mandibolare (Netter FH, 2004)57

Il margine inferiore del corpo mandibolare corrisponde alla base della mandibola, poiché tale margine è più spesso ed arrotondato. Il margine superiore corrisponde al processo alveolare e contiene gli alveoli dentali per le gonfosi articolari stabilite con i denti dell’arca inferiore. La faccia esterna del processo alveolare, a livello delle gonfosi, presenta i gioghi alveolari.

I due rami mandibolari (o branche montanti) si staccano dalle porzioni posteriori del corpo mandibolare e si dirigono verso l’alto, formando un angolo ottuso (angolo mandibolare). Ogni ramo presenta: due facce (interna ed esterna) e quattro margini (inferiore, superiore, anteriore, posteriore). La faccia esterna offre inserzione al muscolo massetere. La faccia interna offre inserzione per il muscolo pterigoideo interno e presenta centralmente il foro mandibolare che immette nel canale mandibolare. Il foro è delimitato dalla lingula che offre inserzione al legamento sfenomandibolare dell’articolazione temporo-mandibolare. Dalla porzione posteriore del foro origina il solco miloioideo che si porta verso il corpo

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mandibolare subito inferiormente alla linea miloioidea. Il margine superiore del ramo mandibolare presenta due processi (uno anteriore ed uno posteriore) separati dall’incisura mandibolare; rispettivamente sono il processo coronoideo ed il processo

condiloideo. Il primo, attraverso il suo apice e la cresta temporale,

offre inserzione al muscolo temporale, mentre il secondo è costituito dal condilo mandibolare, ovvero il processo articolare della mandibola (la descrizione anatomica del condilo è rimandata nella sezione riguardante l’“articolazione temporo-mandibolare”). Il margine anteriore del ramo mandibolare offre a considerare, nel suo tratto iniziale subito posteriormente all’ultimo dente molare, il

lembo alveolare retro-dentale che prosegue la sua direzione verso

l’alto (Balboni GC et al., 2000)8.

2.1.2. Osso Mascellare

L'osso mascellare è un osso pari che delimita le cavità orbitarie, le cavità nasali e la cavità buccale, entrando anche nella composizione della fossa infratemporale. Le due ossa mascellari si riuniscono in avanti, sotto l’apertura anteriore delle cavità nasali. Nell’insieme, l’osso mascellare si trova al di sotto del frontale, del lacrimale e del labirinto etmoidale, medialmente all’osso zigomatico, lateralmente all’osso palatino e al cornetto inferiore, anteriormente al processo pterigoideo dello sfenoide.


Si considerano in ciascun osso mascellare un corpo e quattro processi detti:

- frontale, - zigomatico,

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- palatino, - alveolare.

Nell’insieme l’osso mascellare ha la forma di una piramide triangolare; vi si descrivono pertanto quattro facce di cui:

- quella mediale o base è orientata sagittalmente e volge verso la cavità nasale (faccia nasale),

- quella anteriore si vede sulla superficie anteriore del massiccio facciale,

- quella superiore forma il pavimento della cavità orbitaria (faccia orbitaria),

- quella posteriore entra nella costituzione della fossa infratemporale e della fossa pterigopalatina (faccia infratemporale). L’apice di questa piramide triangolare corrisponde al processo zigomatico dell’osso.

La faccia anteriore è delimitata da tre margini: - anteriore,

- superiore (o infraorbitario) - laterale.

Il margine anteriore separa la faccia anteriore da quella nasale; presenta l’incisura nasale che, insieme con quella dell’osso contro laterale, delimita l’apertura anteriore (o piriforme) delle cavità nasali; l’incisura termina appuntita inferiormente e forma, insieme con un analogo processo del lato opposto, la spina nasale anteriore. La faccia mediale (o nasale o base del corpo) forma la maggior parte della parete laterale delle cavità nasali e presenta un’ampia apertura a contorno irregolare, lo hiatus mascellare, che immette nel

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seno mascellare. La faccia superiore (od orbitaria) prosegue lateralmente nel processo zigomatico.

La faccia infratemporale prosegue in fuori nel processo zigomatico e in basso nella parte posteriore del processo alveolare; essa volge verso la fossa infratemporale lateralmente e verso la fossa pterigopalatina medialmente.

La faccia esterna presenta posteriormente la cresta lacrimale anteriore che si dirige in basso e in fuori proseguendo nel margine infraorbitario; dietro tale cresta si trova una depressione che, insieme con la faccia esterna dell’osso lacrimale, delimita la fossa del sacco lacrimale; questa prosegue inferiormente nel canale naso-lacrimale. La faccia interna volge verso la cavità nasale; nel mezzo essa presenta una cresta obliqua in basso e in avanti, la cresta etmoidale, con la quale si articola con quello posteriore dell’osso nasale, quello posteriore con il margine anteriore dell’osso lacrimale. L’estremità, tronca, del processo frontale si articola con la parte laterale del margine nasale dell’osso frontale.

Il processo zigomatico è tozzo e di forma piramidale.

Il processo palatino ha origine nella parte inferiore della faccia nasale del corpo e, sotto forma di una lamina quadrilatera, si porta medialmente per incontrarsi con il processo contro laterale, formando in tal modo la maggior parte del palato duro. La faccia inferiore forma gran parte del tetto della cavità buccale. Dall’unione dei due processi palatini sulla linea di mezzo si forma un rilievo sulla faccia superiore, la cresta nasale che termina in avanti nella spina nasale anteriore. La cresta nasale si articola con il vomere.

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Il processo alveolare trae origine nella parte inferiore delle facce superiore e infratemporale del corpo. Il suo sviluppo è in rapporto con l’eruzione e il mantenimento del corredo dentale; è poco sviluppato nel bambino, è atrofico nel vecchio edentulo. Si presenta come un rilievo arcuato, diretto in basso e, insieme con quello dell’opposto lato, forma l’arcata alveolare superiore. Presenta una faccia esterna, una interna ed un margine inferiore o libero. La faccia esterna è rilevata nei gioghi alveolari corrispondenti agli alveoli dentali, nei quali si articolano i denti; gli alveoli sono tra loro separati ad opera dei setti interalveolari.

! 3. os.m. faccia lat. e med.

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2.1.3. Osso Ioide

E’ un osso impari e mediano ed è mobile. Anch’esso ha una forma a “ferro di cavallo”. E’ situato nel collo, tra la laringe e la mandibola, ed assieme a quest’ultima contribuisce a formare il pavimento scheletrico della cavità orale. Offre l’inserzione a numerosi tendini muscolari e legamenti, pertanto è connesso a molte strutture limitrofe come la laringe, il temporale, lo sterno, la clavicola, la scapola e la mandibola.

L’osso ioide presenta un corpo con quattro appendici: le due grandi

corna e le due piccole corna. Le grandi corna sono prolungamenti

posteriori del corpo e si dirigono in alto e vanno via via riducendosi di spessore. Le piccole corna originano nel punto in cui il corpo prosegue con le grandi corna e si dirigono anch’esse in alto. Quest’ultime sono connesse ai processi stiloidei delle due ossa temporali mediante i legamenti stiloioidei (Balboni GC et al., 2000)8.

2.2. Cenni Anatomici dell’Articolazione Temporo-Mandibolare

L’ATM è un’articolazione di notevole complessità e le sue caratteristiche la rendono unica nel suo genere, in quanto nel corpo umano non esiste un’altra articolazione che si comporti come tale. E’ una diartrosi (articolazione mobile) condiloidea doppia, pertanto i capi articolari affrontati tra loro sono i condili mandibolari (destro

(25)

e sinistro) e le superfici articolari dell’osso temporale, ovvero le

fosse glenoidee (destra e sinistra) situate posteriormente ed i tubercoli articolari (destro e sinistro) posti anteriormente.

!

Dell’articolazione possiamo apprezzare molteplici tratti peculiari quali:

1. Si articola bilateralmente con il cranio, pertanto i movimenti eseguiti dalla mandibola (parte mobile) vedranno il coinvolgimento simmetrico delle escursioni delle due articolazioni destra e sinistra.

2. E’ la sola articolazione ad avere un punto rigido finale di chiusura ed il suo movimento finale è limitato da strutture esterne all’articolazione (i denti).

3. E’ un’articolazione doppia per via della presenza del disco che si interpone tra le superfici articolari.

La presenza del disco articolare interposto permette di considerare nell’ATM due articolazioni: l’articolazione temporo-discale (superiore) e l’articolazione condilo-discale (inferiore).

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Il condilo mandibolare è il processo articolare costituito da un collo e da una testa, quest’ultima si articola con il temporale. La superficie articolare della testa è convessa ed ha una forma ellissoidale con asse maggiore diretto antero-posteriormente e medialmente. La porzione anteriore della superficie condiloidea ha un rivestimento fibrocartilagineo, mentre la porzione posteriore è rivestita solo da uno strato fibroso. E’ la parte anteriore del condilo la vera e propria superficie articolare (Balboni GC et al., 2000)8.

La superficie articolare del temporale consta, come già accennato precedentemente, di una porzione anteriore convessa (tubercolo articolare o eminenza articolare) e di una porzione posteriore leggermente concava (fossa glenoidea o fossa mandibolare). Il fondo e la parte posteriore della fossa sono rivestiti da periostio ispessito, mentre la parte anteriore, fino al tubercolo, è rivestita dalla cartilagine articolare. Pertanto, anche in questo caso, la vera superficie articolare è data dalla porzione anteriore della fossa e dal tubercolo articolare. Inoltre, le superfici articolari condiloidee e glenoidee sono rivestite da tessuto connettivo fibroso denso, a differenza della maggior parte delle articolazioni dell’organismo che invece sono rivestite da cartilagine ialina. Questo perché l’ATM è un’articolazione sottoposta a notevoli sollecitazioni meccaniche, pertanto necessita di un tessuto connettivo maggiormente resistente ai processi di usura e d’invecchiamento (Castellani D, 1998)13.

Da quanto detto si evince che le superfici articolari sono piuttosto discordanti fra loro, pertanto come in ogni altra articolazione sono presenti delle strutture che hanno il compito di aumentare la congruenza tra le superfici e di rendere maggiormente stabile

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l’articolazione durante i movimenti. Tali strutture sono: il disco

articolare ed i mezzi d’unione dell’articolazione (capsula articolare

e legamenti di rinforzo).

Il disco articolare ha il compito di rendere concordanti le superfici articolari, offrire maggiore stabilità all’articolazione e consentirle i movimenti complessi ai quali dedita. Come già menzionato inoltre, è il disco articolare a fare dell’ATM un’articolazione doppia.

Il disco è costituito da tessuto fibrocartilagineo ed ha una forma ellittica e biconcava (per via delle superfici articolari affrontate che tendono ad avere un rapporto convesso-convesso). Nello specifico, si tratta di tessuto collageno denso, che nella zona centrale appare ialino e non vascolarizzato. Ha una superficie liscia e manca di un rivestimento sinoviale ben definito. Solo a livello periferico si possono osservare la presenza di vasi sanguigni e fibre nervose. Per via della sua struttura è come un cuscinetto adattabile nella forma, che ha facoltà di muoversi sia in avanti che indietro (Castellani D, 1998)13.

Il disco articolare assieme alla zona posteriore dell’articolazione (detta anche tessuto retro-discale o zona bilaminare) divide la cavità articolare in due porzioni (superiore ed inferiore) dotate anch’esse di una propria cavità sinoviale.

I due compartimenti generati dall’interposizione del disco sono i seguenti:

1. Comparto sinoviale inferiore “condilo-discale” o “disco-condiloideo”; durante l’escursione articolare ha prevalentemente funzione rotazionale.

(28)

2. Comparto sinoviale superiore “temporo-discale” o “disco-temporale”; durante l’escursione articolare ha prevalentemente funzione traslazionale.

Il disco così disposto, ripartirà il liquido sinoviale, contenuto nell’articolazione nel seguente modo: esso verrà raccolto nelle quattro membrane sinoviali, ovvero due anteriori (superiore ed inferiore) e due posteriori (superiore ed inferiore).

La circonferenza del disco articolare si inserisce prevalentemente sulla capsula articolare; la porzione anteriore del disco è invece connessa con le fibre muscolari del fascio superiore del muscolo pterigoideo esterno. Pertanto il disco può compiere sia movimenti passivi impartiti dai capi articolari dell’ATM, ma anche movimenti attivi per la contrazione dello pterigoideo esterno. Questa condizione non si verifica in nessun altra articolazione del nostro organismo.

Il tessuto retro-discale, o zona bilaminare, è situato nella zona posteriore e più profonda della fossa glenoidea ed è connesso alla parte posteriore del disco articolare. Questa zona non entra a far parte in senso stretto dell’ATM e viene così chiamata poiché è delimitata sia superiormente che inferiormente da due ispessimenti fibrosi laminari. Essa è costituita da tessuto connettivo radiotrasparente privo di cartilagine e ricco di strutture vascolari, nervose e cellule adipose. La caratteristica peculiare di tale zona è la presenza abbondante di vasi venosi, che si riempiono e si svuotano compensando i movimenti condilari. Inoltre nella zona bilaminare sono anche presenti delle fibre elastiche che hanno un ruolo

(29)

meccanico antagonista passivo all’azione del capo superiore dello pterigoideo esterno.

La capsula articolare è un manicotto fibroso che circonda l’articolazione e si inserisce: superiormente sull’osso temporale, anteriormente sul contorno anteriore del tubercolo articolare, posteriormente al davanti della fessura petrotimpanica ed inferiormente lungo il collo del condilo mandibolare. Essa è rinforzata lateralmente dal legamento temporo-mandibolare (o legamento laterale), i cui fasci divergono a ventaglio dal basso verso l’alto. Inoltre vi sono anche il legamento sfeno-mandibolare (teso tra la spina angolare dello sfenoide e la faccia mediale del ramo mandibolare) ed il legamento stilo-mandibolare (teso tra il processo stiloideo del temporale ed il margine posteriore del ramo e dell’angolo mandibolare). Questi tre legamenti sono detti estrinseci. Esistono anche due legamenti intrinseci, ovvero: collaterale mediale e collaterale laterale (ancorano il disco articolare al condilo).

Oltre a questi vi sono anche altri due importanti legamenti estrinseci: legamento di Pinto (o legamento discomalleolare) ed il

legamento di Tanaka. Il primo collega il martello con la capsula

articolare mediale (parte postero-superiore), quindi quando il condilo trasla in avanti o lateralmente il timpano è in posizione di flessione. Il secondo legamento è un rinforzo a forma di corda della capsula mediale, simile al legamento laterale.

Per quanto riguarda la cinematica dell’ATM si rimanda la trattazione di tale argomento dopo aver discusso dell’anatomia del sistema muscolare masticatorio.

(30)

2.3. Anatomia dei Muscoli Masticatori e Digastrici

La trattazione dell’anatomia dei muscoli masticatori è di notevole importanza in quanto rappresentano gli organi effettori preferenziali per l’espletamento della parafunzione bruxista e del serramento. Nonostante il muscolo digastrico non faccia parte di questa categoria di muscoli, bensì dei muscoli anteriori del collo e nello specifico dei muscoli sopraioidei, sarà comunque oggetto di trattazione di questo paragrafo. Questo perché tale muscolo, oltre ad essere il principale fautore della meccanica deglutitoria, regola anche l’attività masticatoria. Inoltre le parafunzioni, oltre che a livello della muscolatura masticatoria, possono avere ripercussioni anche sulla muscolatura deglutitoria ed in particolar modo sui digastrici, in quanto annessi al sistema delle catene anteriori dell’unità Cranio-Cervico-Mandibolare (per tale argomento si rimanda al paragrafo di pertinente trattazione).

I muscoli masticatori sono sostanzialmente quattro: muscolo temporale, massetere e pterigoidei esterno ed interno.

2.3.1. Muscolo Temporale

È un muscolo a forma di ventaglio che ha origine da un'estesa zona della superficie laterale del cranio, delimitata dalla linea temporale inferiore. Questa zona, la fossa temporale, comprende un ristretto settore dell'osso parietale, la maggior parte della squama del temporale, la superficie temporale del frontale e la superficie temporale della grande ala dello sfenoide.

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Alcuni fasci possono prendere origine dalla parte più anteriore della superficie temporale, sul processo frontale dell'osso zigomatico; altri fasci originano da un'aponeurosi che è unita alla faccia interna della fascia temporale, particolarmente in corrispondenza della parte superiore del muscolo.

I fasci del muscolo temporale convergono in direzione di una fessura che si trova tra l'arcata zigomatica e la superficie laterale del cranio, nel mezzo della quale si trova l'apice del processo coronoideo. I fasci anteriori che formano la maggior parte del muscolo sono verticali, i fasci della porzione intermedia presentano obliquità crescente mentre i fasci posteriori decorrono orizzontalmente in avanti per incurvarsi

..bruscamente verso il basso davanti all'eminenza articolare, per

prendere inserzione sulla mandibola.

Il muscolo temporale si inserisce sul processo coronoideo della mandibola e su una lamina tendinea appiattita che rappresenta un'estensione del processo coronoideo verso l'alto, entro la profondità del muscolo stesso. I fasci che hanno origine dalla superficie temporale del cranio si inseriscono sulla faccia mediale della lamina fibrosa; i fasci che hanno invece origine dalla fascia temporale si inseriscono sulla superficie laterale della lamina.

Due voluminose estensioni tendinee del muscolo raggiungono il ramo mandibolare in basso, anteriormente e mediamente, in direzione dell'estremitá posteriore del processo alveolare.

L'innervazione del muscolo temporale è data dai nervi temporali, rami del mandibolare. I due rami più posteriori dei tre nervi temporali hanno origine come filamenti separati dal nervo

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mandibolare, subito dopo la sua emergenza dal foro ovale. Il nervo temporale anteriore risulta invece all'inizio, unito al nervo buccale separandosi da quest'ultimo una volta che questo è passato fra i due capi del muscolo pterigoideo esterno.

La vascolarizzazione del temporale è data dalle arterie temporali media e profonda, rami rispettivamente della temporale superficiale e della mascellare interna.

Il temporale, che ha un ruolo importante più per il tipo di movimento che non per la potenza, è principalmente un elevatore della mandibola. I suoi fasci intermedi intervengono anche nei movimenti di retrazione, a causa della loro direzione obliqua in avanti e in basso.

2.3.2. Muscolo Massetere

È il più superficiale dei muscoli masticatori e si estende sotto forma di una lamina rettangolare dall'arcata zigomatica fino alla superficie esterna del ramo mandibolare. Il muscolo può essere diviso in un capo superficiale e un capo profondo dove il primo ha origine dal margine inferiore dell'osso zigomatico mediante robuste fibre tendinee, posteriormente l'origine termina con l'osso zigomatico. I fasci si dirigono in basso e indietro per prendere inserzione nella regione angolare della mandibola a livello del terzo inferiore del margine posteriore del ramo estendendosi anche al margine inferiore della mandibola in avanti fino a livello del secondo dente

(33)

molare e alla superficie esterna del ramo mandibolare in tutta la sua metà inferiore.

Nella sua profondità, il capo superficiale del massetere è formato da un alternarsi di lamine tendinee e di fasci carnosi; gli effetti dell'alternanza sono quelli di diminuire la lunghezza media degli elementi contrattili e al tempo stesso aumentare la sezione funzionale del muscolo.

Il capo profondo del massetere può essere separato dal superficiale solo in corrispondenza della parte posteriore del muscolo, anteriormente i due capi si fondono.

I fasci della porzione profonda hanno origine dall'intera lunghezza dell'arcata zigomatica, dietro all'estremità anteriore dell'eminenza articolare. Le fibre prendono origine dalla superficie interna dell'arcata zigomatica e anche dal margine inferiore dell'arcata stessa. Il campo di inserzione del capo profondo si trova al di sopra di quello del capo superficiale e raggiunge la base del processo coronoideo.

Il nervo masseterino raggiunge il muscolo omonimo dalla superficie profonda dello stesso, la fornisce e va a dividersi in un ramo posteriore e anteriore per poi distribuirsi al capo superficiale.

L'arteria masseterina, ramo della mascellare interna e le vene masseterine seguono il decorso del nervo.

L'azione del massetere consiste in una potente elevazione della mandibola nel movimento di chiusura della bocca. Il capo superficiale esercita una pressione secondo un asse disposto ad angolo retto rispetto al piano occlusale dei denti molari. I fasci della porzione profonda sono diretti in avanti e in basso quando la

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mandibola è protrusa. Il fascio profondo per cui presenta anche una componente capace di svolgere un movimento di retrusione.

2.3.3. Muscolo Pterigoideo Esterno (o Laterale)

Ha origine mediante due capi; il capo inferiore più voluminoso, si distacca dalla superficie esterna della lamina pterigoidea laterale mentre il capo superiore più piccolo, ha origine dalla faccia infratemporale della grande ala dello sfenoide, medialmente alla cresta infratemporale.

I fasci del capo superiore decorrono dapprima verso il basso, quindi indietro e verso l'esterno, in stretto rapporto con la base cranica. I fasci del capo inferiore convergono verso l'alto e verso l'esterno, le fibre superiori decorrendo più orizzontalmente e quelle inferiori facendosi invece sempre più ascendenti verticalmente.

Il nervo per il muscolo pterigoideo esterno si distacca dal nervo buccale o dal masseterino. L'irrorazione arteriosa dipende dall'arteria mascellare. Con la sua azione, il muscolo trae il condilo della mandibola e il disco articolare verso l'avanti, verso il basso e verso l'interno, seguendo l'inclinazione posteriore dell'eminenza articolare.

(35)

2.3.4. Muscolo Pterigoideo Interno (o Mediale)

Rappresenta la controparte anatomica e funzionale del muscolo massetere. Di forma rettangolare, molto potente, la sua origine principale ha luogo nella fossa pterigoidea.

Le fibre più interne del muscolo originano mediante robusti tendini, le altre prendono direttamente origine dalla faccia mediale della lamina pterigoidea laterale. I fasci anteriori originano mediante robusti tendini dalle superfici esterna e inferiore del processo piramidale dell'osso palatino e dalle adiacenti regioni della tuberositá mascellare.

I fasci del muscolo pterigoideo interno decorrono inferiormente all'indietro e all'esterno, per inserirsi sulla faccia mediale dell'angolo mandibolare. Il campo di inserzione sull'osso presenta forma triangolare.

L'organizzazione interna del muscolo è resa complessa dall'alternarsi di parti carnose e tendinee orientate sagittalmente. Si possono riconoscere tre tendini di origine che si alternano con tre tendini di inserzione; disposizione che conferisce al muscolo un aspetto a fasci intrecciati che va ad aumentare la potenza dello pterigoideo interno stesso.

Il corredo nervoso raggiunge il muscolo in corrispondenza del suo margine posteriore. Il nervo pterigoideo mediale si distacca dal nervo mandibolare subito al di sotto del foro ovale. L'arteria per il muscolo è un ramo della mascellare.

(36)

È un elevatore della mandibola, la sua azione è diretta principalmente verso l'alto malgrado la direzione obliqua dei suoi fasci.

2.3.5. Muscolo Digastrico

Appartiene ai muscoli sopraioidei insieme al genioioideo, al miloioideo e allo stilooioideo.

Situati tra la mandibola e l'osso ioide, la loro funzione consiste nel sollevare l'osso ioide e con questo la laringe, oppure nell'abbassare la mandibola.

Il digastrico è costituito da due parti carnose, un ventre posteriore e uno anteriore, tra loro connesse per mezzo di un robusto tendine intermedio, di forma arrotondata.

Il ventre posteriore ha origine dall'incisura digastrica, il tendine intermedio è fissato mediante una puleggia fasciale all'osso ioide; il ventre anteriore trova inserzione nella fossa digastrica della mandibola, in corrispondenza del margine inferiore dell'osso. I due ventri del muscolo formano tra loro un angolo ottuso, mantenuto tale dalla puleggia tendinea che fissa parzialmente il tendine all'osso ioide.

Il ventre posteriore è molto più lungo di quello anteriore, spostandosi gradualmente in direzione anteriore il ventre posteriore continua nel tendine intermedio che si presenta cilindrico. Il ventre anteriore che fa seguito al tendine intermedio risulta molto più breve del ventre posteriore. La sua inserzione nella fossetta

(37)

digastrica della mandibola risulta in parte carnosa e in parte tendinea e il suo diametro trasversale varia notevolmente. Il tendine intermedio non prende direttamente attacco all'osso ioide ma vi è fissato mediante una robusta emanazione della fascia cervicale che forma intorno al tendine un'ansa che talvolta è separata dal tendine stesso per interposizione di una borsa sinoviale. Le fibre di questa puleggia prendono connessione al grande corno e alla porzione laterale del corpo dell'osso ioide.

L’innervazione di questo muscolo è piuttosto singolare poiché il ventre anteriore riceve le fibre nervose dal nervo trigemino in particolare da un ramo del nervo miloioideo che proviene dal mandibolare, mentre il ventre posteriore è fornito da un ramo che proviene dal nervo faciale (Balboni GC et al., 20008; Gesi M et

coll., 200929).

2.4. Cenni Anatomici del Nervo Trigemino

La cavità orale è innervata principalmente dal nervo trigemino (V) oltre a ricevere l’innervazione anche dal nervo facciale (VII), del nervo glossofaringeo (IX), dal nervo vago (X) e dall’ipoglosso (XII).

Tuttavia per quanto concerne la trattazione dell’argomento di questa tesi, si procederà esclusivamente alla descrizione del nervo trigemino soffermandosi in particolare sull’innervazione motoria e

(38)

propriocettiva diretta ai muscoli masticatori, muscoli implicati nella patogenesi del serramento e del bruxismo.

Il nervo trigemino appartiene al quinto paio di nervi cranici (o encefalici) ed è costituito da tre branche: il nervo oftalmico, il nervo

mascellare ed il nervo mandibolare. E’ un nervo misto somatico,

ovvero veicola sia informazioni sensitive che informazioni motorie. Le fibre sensitive e le fibre motorie emergono attraverso radici separate e quella sensitiva risulta essere di gran lunga più voluminosa di quella motoria.

Le fibre sensitive somatiche originano dal ganglio semilunare (o del

Gasser), situato nella fossa cranica media in prossimità della

piramide del temporale (impronta semilunare), ed inviano prolungamenti al nucleo sensitivo principale (ponte) ed al nucleo della radice discendente (bulbo), mentre i prolungamenti periferici entrano nella compagine dei nervi oftalmico, mascellare e mandibolare. Queste fibre raccolgono la sensibilità di gran parte delle strutture della testa, in particolare per quanto concerne l'apparato stomatognatico, veicolano informazioni sensitive dalla mucosa del cavo orale e dai denti, e stimoli propriocettivi dall’ATM.

Inoltre veicolano anche informazioni propriocettive provenienti dai muscoli scheletrici della testa (prevalentemente masticatori), dai muscoli mimici e dagli alveoli dentali. Nello specifico, le fibre originate dai recettori fusali dei muscoli mandibolari e parte di quelle originate dai meccanocettori del legamento periodontale entrano direttamente nel nevrasse attraverso la radice motoria del

(39)

nervo trigemino (vedere in seguito) ed hanno il soma cellulare nel nucleo mesencefalico del nervo trigemino (Manzoni T, 1982)48.

Secondo alcuni studi, inoltre, le afferenze dei fusi neuromuscolari degli elevatori della mandibola stabilirebbero contatti sia con i neuroni trigemino-spinali che con i neuroni reticolo-spinali (Dessem D, Luo P, 1999)21.

Le fibre motorie trigeminali originano da motoneuroni situati nel

nucleo masticatorio ed emergono dal ponte sottoforma di una

piccola radice, situata medialmente alla radice sensitiva. Queste fibre s’immettono direttamente nella branca mandibolare andando così ad innervare: i muscoli masticatori (temporale, massetere, pterigoideo interno, pterigoideo esterno), il muscolo tensore del velo palatino, il muscolo tensore del timpano, il muscolo miloioideo ed il ventre anteriore del muscolo digastrico.

E’ bene ricordare che tra i gangli d’origine delle fibre sensitive del nervo trigemino vi sono anche i gangli del sistema parasimpatico craniale, che inviano le loro fibre postgangliari alle tre branche del nervo trigemino.

Le due radici sensitiva e motoria emergono dal ponte si dirigono in avanti e verso l’alto, passano sotto al seno petroso superiore ed al tentorio del cervelletto, perforano la dura madre e penetrano nel cavo di Meckel. Da qui, la radice sensitiva penetra nel ganglio semilunare, mentre quella motoria prosegue passando inferiormente al ganglio ed andando a confluire interamente nella branca mandibolare. Dal ganglio emergono le tre branche del trigemino (fibre sensitive), pertanto i nervi oftalmico e mascellare saranno nervi sensitivi, mentre il nervo mandibolare sarà misto poiché

(40)

derivante dalla confluenza delle fibre motrici, precedentemente menzionate e dalla porzione sensitiva prominente dal ganglio semilunare. Pertanto sarà presa in considerazione soltanto quest’ultima branca.

2.4.1. Nervo Mandibolare

E’ la branca più voluminosa del trigemino ed è un nervo misto. Le fibre motorie somatiche sono dirette ai muscoli precedentemente menzionati, mentre le fibre sensitive innervano la cute della porzione inferiore della faccia, la mucosa buccale, 2/3 anteriori della lingua, i denti e le gengive dell’arcata inferiore, la cute della regione temporale, il padiglione auricolare, il meato acustico esterno e la membrana del timpano.

La componente sensitiva e motoria del nervo trigemino restano unite solo per un breve tratto, poi prendono vie differenti. Dopo aver attraversato il foro ovale, il nervo mandibolare emette un collaterale, il nervo spinoso. Tale nervo si divide in due grossi tronchi: il tronco antero-laterale ed il tronco postero-mediale. Il primo è costituito prevalentemente da fibre motrici (prevalentemente dirette ai muscoli masticatori), il secondo si divide in due voluminosi rami: nervo alveolare inferiore (prevalentemente sensitivo) ed il nervo linguale (esclusivamente sensitivo).

Oltre che con i gangli parasimpatici, il nervo trigemino ha numerose connessioni, attraverso rami anastomotici, anche con altri nervi

(41)

encefalici e con alcune fibre simpatiche. Il nervo oftalmico riceve fibre parasimpatiche dal ganglio ciliare e questi successivamente anastomizzano con le fibre dei nervi oculomotore, trocleare ed abducente. Inoltre l’oftalmico riceve anche fibre provenienti dal plesso simpatico della carotide interna. Il nervo mascellare riceve fibre parasimpatiche dal ganglio sfenopalatino, dirette poi alla ghiandola lacrimale ed alle ghiandole nasale e palatina. Il nervo mandibolare riceve fibre parasimpatiche provenienti da gangli otico, sottomandibolare e sottolinguale, diretti poi alle ghiandole salivari maggiori e minori.

Il trigemino presenta numerose connessioni anche con il nervo vago, avendo quest’ultimo un territorio d’innervazione molto vasto (dalla base cranica fino ai visceri della cavità addominale) ed un controllo nervoso altrettanto complesso, soprattutto di tipo parasimpatico (Gesi M et coll., 2009)31.

Sulla base di alcuni studi è stato riscontrato che il nervo trigemino abbia delle ulteriori connessioni particolarmente complesse, sia a notevole distanza che limitrofe, e che pertanto influenzerebbe e sarebbe influenzato da ulteriori sistemi situati in altri distretti. Ad esempio, è stato riscontrato che i neuroni dei nuclei trigeminali possono proiettare anche al midollo spinale giungendo addirittura fino ai segmenti lombo-sacrali (Ruggero DA et al.,1982)64, facendo

supporre in tal senso una partecipazione da parte dei circuiti trigeminale nel controllo della postura.

Ancora, è stato riscontrato che il nucleo mesencefalico del nervo trigemino può proiettare fino a livello de terzo neuromero cervicale

(42)

(C3), pertanto i fusi neuromuscolari degli elevatori della mandibola (innervati dal trigemino) potrebbero influenzare direttamente il midollo spinale a questo livello e le strutture ivi annesse (Matsushita M et al, 1981)51.

(43)

3

ELEMENTI FISIOLOGICI DELL’APPARATO

STOMATOGNATICO

3.1. Occlusione dentale fisiologica

L’occlusione dentale è il momento di massima intercuspidazione che le due arcate possono raggiungere. Il contatto tra i denti dev’essere simultaneo e uniforme per portare la mandibola in una condizione di equilibrio neuromuscolare.

!

La massima intercuspidazione può essere ottenuta volontariamente o in modo involontario durante ogni atto deglutitorio, ed è un evento importante dal punto di vista biomeccanico perché permette alla mandibola di partecipare attivamente alla stabilizzazione del cranio sulla colonna vertebrale; queste tre componenti fanno parte della stessa unità funzionale, il sistema cranio-mandibolo-cervicale.

(44)

L’occlusione è parte integrante del sistema: è un’importante stazione di riferimento, in entrata e in uscita, di informazioni propriocettive ed esterocettive sulla situazione posturale.

Ogni modificazione sagittale della postura mandibolare sposta l’asse di gravità centrale del corpo in modo inversamente proporzionale; spostamento all’indietro quando la mandibola avanza, con conseguente proiezione del peso del corpo su un appoggio plantare più cavo, oppure spostamento in avanti se c’è arretramento mandibolare (in genere associato ad una respirazione orale), e il peso corporeo in avanti provoca un cedimento dell’arco plantare con valgismo e piede piatto.

Per la stabilizzazione della mandibola in situazioni sia statiche che dinamiche il sistema muscolare che interviene puo’ essere semplificato in tre sottogruppi, i muscoli elevatori, i muscoli abbassatori e i muscoli cervicali, finalizzati a funzioni diverse. Infatti per postura mandibolare dobbiamo necessariamente distinguere due posizioni diverse: quella di riposo e quella di massima intercuspidazione.

I muscoli utilizzati per la posizione di riposo sono principalmente i muscoli ioidei. Essi, utilizzando l’osso ioide come una caruncola, ne determinano la posizione, quale risultante della tensione di tutti i muscoli ad esso connessi. Sia i sovraioidei, sia i sottoioidei e sia i muscoli correlati con clavicola, rachide cervicale, faringe e lingua partecipano attivamente.

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I muscoli utilizzati per la posizione di massima intercuspidazione sono principalmente gli elevatori, ovvero temporali, masseteri, pterigoidei interni. Naturalmente queste sono solamente catene muscolari anteriori, esse non potrebbero funzionare senza un adeguato controllo della posizione del capo ad opera dei muscoli cervicali, in primis sternocleidomastoidei e trapezi. Va però considerato, parlando di fisiologia del movimento mandibolare, che i muscoli che prendono inserzione sulla mandibola possono muoverla solo partendo da due punti fissi, che sono il cranio e lo ioide; la mandibola si può aprire e chiudere correttamente solo se i muscoli che con un capo si inseriscono su di essa, con l’altro capo d’inserzione si ancorano ad una struttura resa stabile da altri gruppi muscolari. Ricordiamo inoltre che i muscoli striati del corpo possono mutare la loro azione a seconda del capo di inserzione che mantengono fisso per la stabilizzazione dei segmenti ossei su cui si ancorano.

Nella posizione di massima intercuspidazione il cranio diviene il punto fisso per i muscoli elevatori della mandibola perchè stabilizzato sulla cervicale dai muscoli della catena posteriore, ma se la mandibola viene stabilizzata dai muscoli sovra e sotto- joidei, come avviene durante la deglutizione, l'attivazione degli stessi muscoli elevatori porta ad una flessione del capo necessaria all’espletamento di questa prassia.

(46)

!

!

Questo semplice rilievo biomeccanico e anatomico rende ragione del riscontro frequente della posizione avanzata e in flessione del capo in molti soggetti con iperattività dei muscoli elevatori mandibolari e perdita di dimensione verticale (II° classe, 1° e 2° divisione con morso profondo e forte tendenza al serramento). Si riscontra frequentemente un'inversione della normale lordosi cervicale.

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Gli "abbassatori della mandibola" (sovra e sottoioidei) aprono la bocca quando rendono l’osso ioide punto fisso sul complesso faringe-ioide-rachide. Ma se la mandibola è stabilizzata degli elevatori essi hanno una non irrilevante componente di estensione del rachide cervicale. Per questo un’occlusione dentale in III° classe (che presenta spesso un'aumento della dimensione verticale con scarsa tendenza al serramento) ha un tipico atteggiamento in estensione del capo con iperlordosi cervicale.

Questo modo di considerare il complesso sistema stomatognatico in modo globale e non più strettamente settoriale invita ad affiancare al concetto di classe scheletrica, che valuta il rapporto tra le basi osse e mascellari, anche l’osservazione della curva cervicale e della postura linguale con il sigillo labiale.

!

(48)

3.2. Cinematica dell’ATM ed Attivazione Muscolare

In condizioni di riposo la mandibola è “appesa” al cranio e le arcate dentarie sono staccate tra loro. In tale situazione il condilo è in rapporto con la parte centrale e posteriore del disco: tale rapporto è mantenuto dal tono basale dei muscoli masticatori, dalla forza prodotta dalle fibre elastiche della lamina retrodiscale, dalla pressione intracapsulare ed ovviamente dalla capsula e dai legamenti articolari. Quindi l’occlusione tra le arcate superiore ed inferiore non influisce su tale situazione poiché i denti sono separati tra loro, al fine di mantenere quello che viene definito il “freeway space”.

Il freeway space (FWS) è lo spazio libero interocclusale, ovvero la distanza tra le superfici occlusali antagoniste nella

dimensione verticale di riposo (DVR). Essa sostanzialmente

corrisponde alla differenza tra la posizione verticale di riposo e la dimensione verticale di occlusione (DVO). Mediamente è di 1-3mm, ma può anche variare in un range più ampio (0-10mm). La dimensione verticale è una distanza che và dalla narice alla base del mento. La dimensione verticale di riposo

(DVR) corrisponde a tale distanza quando l’individuo si trova

con la testa eretta ed in stato di comfort, con i muscoli elevatori e depressori della mandibola equilibrati in stato di contrazione tonica ed i condili mandibolari in posizione articolare non forzata. La dimensione verticale di occlusione (DVO) è la distanza della dimensione verticale quando le arcate dentarie

(49)

sono in posizione di massima intercuspidazione (Castellani D et al., 1998)13.

Durante il movimento la situazione sia intra- che extra-articolare cambia notevolmente. La complessità del movimento mandibolare ha a che fare con l’evoluzione della specie umana: i carnivori presentano un’articolazione strutturata ad asse-cerniera (consente solo movimenti apertura e di chiusura), gli erbivori per contro hanno una masticazione trasversale (l’obiettivo è infatti la triturazione dei vegetali). L’essere umano, invece, essendo onnivoro, ha sviluppato un’articolazione che gli consente di compiere entrambi i movimenti, in funzione del tipo di masticazione messa in atto.

Il movimento compiuto dall’ATM viene definito “complesso” o “misto”. Per comprendere al meglio la cinematica mandibolare bisogna considerare che ogni movimento attuato dall’articolazione è il risultato di una combinazione di movimenti rotazionali e traslazionali, che coinvolgono i condili in maniera simmetrica o asimmetrica. Pertanto il movimento “misto” sarebbe così caratterizzato (Bourbon B, 1995)10:

→ I° FASE: Fase Rotazionale al 90% (con poca traslazione al 10%)

→ II° FASE: Fase Traslazionale al 90% (con poca rotazione al 10%)

L’ATM, attraverso i condili mandibolari, estrinseca i propri movimenti su tutti i piani antropometrici (piano coronale, piano sagittale e piano orizzontale) ed intorno a specifici assi di rotazione.

(50)

Si evince pertanto che la componente rotazionale del movimento si esplicherà intorno ai seguenti assi passanti per il centro dei condili:

1. Asse orizzontale coronale: è l’unico asse bicondilare che

congiunge i due condili, pertanto questi ruoteranno sinergicamente attorno ad esso (movimenti asse-cerniera).

2. Asse verticale: è monocondilare e decorre verticalmente al

condilo.

3. Asse orizzontale sagittale: monocondilare, diretto in senso

antero-posteriore.

!

Nel movimento traslazionale non si avrà la rotazione su di un asse, bensì uno scivolamento dei condili verso una stessa direzione, pertanto si potranno avere:

1. Spostamento sagittale antero-posteriore 2. Spostamento orizzontale laterale

(51)

La combinazione dei movimenti rotazionali e traslazionali, dunque, produce i seguenti movimenti:

→ Apertura e chiusura della mandibola;

→ Movimenti di lateralità mandibolare destra e sinistra; → Movimenti di protrusione e di retrusione della mandibola; → Movimenti di circumduzione (somma di tutti i precedenti

movimenti).

!

3.2.1. Movimenti di apertura e chiusura della mandibola

A livello articolare tali movimenti si esplicano attraverso una combinazione di movimenti rotazionali e traslazionali. Dalla posizione di riposo o di occlusione centrica, l’apertura avviene in due fasi:

(52)

1. FASE 1: movimento rotazionale dei condili intorno all’asse bicondilare e quindi sul piano sagittale. I condili ruotano sinergicamente all’intero della porzione anteriore delle fosse glenoidee dei temporali di 10-12° consentendo un’apertura di 2-2,5 mm tra i margini dei denti incisivi delle due arcate. Durante il movimento rotazionale il movimento traslatorio è minimo (1-2 mm). In questo movimento i condili agiscono sui dischi con un movimento che si ritiene essere di pura rotazione, proprio per questo la posizione viene definita ad “asse-cerniera”.

2. FASE 2: in questa fase i condili iniziano il movimento prevalentemente traslazionale bilaterale con poca componente rotazionale, dove la mandibola protrude e si porta verso il basso. I condili anch’essi si portano in avanti e verso il basso, approntandosi all’eminenza articolare del temporale. Lo spazio tra gli incisi superiori ed inferiori può arrivare fino a 5-6 cm. I condili fanno corpo unico con il disco articolare ed entrambi scivolano anteriormente lungo il versante inclinato dell’eminenza articolare.

Nella fase di chiusura le fasi sono le medesime, ma opposte alle precedenti.

Il disco articolare ed il condilo si muovono insieme. La sinovia, per contro, esegue movimenti opposti a quelli del disco. Infatti durante il movimento di apertura, il disco ed il condilo portandosi in avanti comprimono le membrane sinoviali anteriori, che in via indiretta rilasciano il liquido sinoviale nel compartimento posteriore dell’articolazione. Nel movimento di chiusura, invece, vengono

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