BRUXISMO E SERRAMENTO
4.5. Fisiologia e Fisiopatologia del Grinding e del Clenching
Da un punto di vista fisiopatologico (Federici E, 1992)26 e
meccanico il bruxismo, inteso come parafunzione del distretto oro- facciale, può essere classificato sulla base di una duplice espressione della patologia stessa in termini cinematici dell’ATM:
1. Serramento (o Clenching); 2. Digrignamento (o Grinding).
Il clenching è l’abitudine da parte del soggetto di serrare i denti con predominanza della componente verticale del movimento dell’ATM su quella orizzontale, pertanto si parlerà di bruxismo statico. La muscolatura masticatoria andrà incontro a contrazioni toniche e quindi isometriche, che interesseranno principalmente il muscolo massetere ed in minor misura il muscolo temporale. Nella pratica clinica, è di riscontro che il clenching si verifichi sia durante la veglia che durante il sonno, quindi in virtù della prima condizione il paziente spesso è consapevole di serrare le arcate dentarie (Attanasio R, 1997)6.
Il grinding, invece, è l’abitudine da parte del paziente di digrignare i denti con prevalenza, in questo caso, della componente orizzontale su quella verticale e pertanto si parlerà di bruxismo dinamico. Le
contrazioni del massetere e del temporale saranno di tipo fasico e quindi isotoniche, e produrranno sull’ATM movimenti complessi di lateralità ed un continuo contatto occlusale sottosforzo tra le arcate antagoniste. Dato che tale bruxismo si verifica più frequentemente durante il sonno, il paziente è inconsapevole di digrignare i denti (Bader G, Lavigne G, 2000)7. Spesso lo si rende detto dai familiari
o dai conviventi dello stesso, poiché il rumore prodotto da tale attività diventa facilmente udibile.
A tal proposito, da un punto di vista clinico il bruxismo può essere classificato come isocentrico (ovvero “silenzioso”) se si osserva soltanto una tendenza a serrare i denti ed eccentrico (e quindi “rumoroso”) se il soggetto digrigna i denti e fa rumore, potendo dunque presentare attività masticatoria.
Secondo Kato T et coll. (2001)37 il digrignamento si manifesterebbe
di gran lunga meno durante la veglia poichè il rumore dello sfregamento dentale viene percepito dal paziente che pertanto riuscirebbe a controllare la parafunzione.
L’estrinsecazione di queste attività parrebbero essere il risultato aberrante di normali e fisiologici schemi motori a carico dell’articolazione temporo-mandibolare.
Infatti a livello fisiologico, in accordo con quanto scrive Castellani (1998)13, nel rapporto tra gli elementi delle arcate dentarie i contatti
occlusali possono essere suddivisi in due tipologie: 1. Contatti Occlusali Statici;
I primi si manifestano quando le arcate dentarie si trovano nella posizione della massima intercuspidazione dentale. I secondi si verificano quando la mandibola è in movimento ed effettua
movimenti eccentrici di protrusione e di lateralità. La tipologia di
contatti dinamici dipende dagli schemi occlusali delle arcate dentarie. Per “schemi occlusali” s’intendono il tipo e la quantità di contatti dentali che si verificano quando la mandibola, da un rapporto di massima intercuspidazione, si sposta nelle posizioni eccentriche di protrusione e lateralità.
E’ ora evidente come il clenching appartenga ad un’esacerbazione dei movimenti che conducono ai contatti occlusali statici, mentre il grinding esacerba i movimenti dei contatti occlusali dinamici attraverso propri schemi occlusali.
Nell’occlusione fisiologica è necessario che si stabilisca un rapporto armonico nel contatto tra mandibola e scheletro cranio-facciale attraverso le arcate dentarie, pertanto il soggetto tenderà a ricercare quella che viene definita “occlusione centrica” dove il contatto dovrebbe essere unico, semplice, puntiforme e non deflettente. Solo in questo modo le forze occlusali si scaricano armonicamente lungo l’asse del dente.
Sempre da un punto di vista fisiologico l’apparato stomatognatico ed in particolar modo l’ATM, come in un qualsiasi altro distretto corporeo, posseggono un complesso sistema di controllo (recettori sensoriali e propriocettivi) ed un sistema effettore muscolare, entrambi responsivi alla meccanica occlusale. Infatti i recettori delle fibre nervose afferenti presenti nel legamento parodontale inviano continuamente informazioni sensoriali e propriocettive ai nuclei del
nervo trigemino riguardo lo stato occlusale, specialmente durante la masticazione ove le arcate dentarie prendono contatto con una certa frequenza.
Nel caso in cui il soggetto manifesti una situazione di malocclusione la struttura che si attiva tempestivamente è il legamento parodontale (sistema di controllo della posizione occlusale): i nuclei motori del nervo trigemino responsivi alla stimolazione del legamento parodontale, attiveranno meccanismi effettori a livello muscolare e, per proteggere le strutture parodontali ed il loro tessuto di sostegno, agiranno traslando la mandibola al fine di ricercare un’occlusione più fisiologica possibile per il soggetto. Tuttavia, essendo una situazione di compenso, insorgerà quella che viene definita una “occlusione patologica” che porterà a stati ipertonici ed ipotonici della muscolatura masticatoria.
Il meccanismo protettivo attuato dai nuclei motori del nervo trigemino avvengono sostanzialmente attraverso due riflessi:
1. Riflesso d’apertura: si genera in seguito ad uno stimolo nocicettivo e che pertanto promuove l’attivazione dei muscoli depressori della mandibola e l’inibizione degli antagonisti, ovvero i muscoli elevatori della mandibola;
2. Riflesso inibitorio: diretto ai muscoli elevatori della mandibola, si genera inconsciamente nel momento in cui avviene il contatto occlusale (Munro RR,1972)56.
Tale digressione sulla fisiologia e fisiopatologia delle occlusioni centriche e patologiche è di fondamentale importanza per comprendere i meccanismi che regolano, invece, le parafunzioni.
Infatti sembrerebbe che i circuiti senso-motori che controllano i movimenti fisiologici precedentemente citati, siano sostanzialmente differenti dai circuiti che regolano le parafunzioni del distretto oro- facciale.
Nello specifico, sempre secondo quanto messo in evidenza da Munro RR e Griffin CJ (1970)55 attraverso studi elettromiografici,
sembrerebbe che il riflesso inibitorio nelle parafunzione del grinding e del clenching sia soppresso. Pertanto il sistema di controllo occlusale durante la masticazione, dato dall’attivazione dei recettori del legamento parodontale, sembra essere prevaricato da altri meccanismi eziopatogenetici di origine centrale. Ad esempio, lo stress psicologico, l’ansia, predisposizione genetica, alterazioni neurotrasmettitoriali, etc… tutte condizioni che presentano peculiari meccanismi patogenetici precedentemente discussi.
E’ importante sottolineare che il continuo contatto occlusale sotto sforzo non esiste nei fisiologici schemi occlusali, ma è presente nelle parafunzioni del distretto oro-facciale.
Merita inoltre affrontare sinteticamente, a questo punto, l’andamento fisiopatologico della parafunzione bruxista durante il sonno.
Altri autori classificherebbero il bruxismo notturno sulla base della frequenza di comparsa del movimento parafunzionale in un certo lasso di tempo, pertanto si avrà: bruxismo occasionale, moderato e severo (Lavigne GJ, Montplaisir JY, 1995)40.
Ancora, sempre per quanto riguarda l’attività bruxista durante il sonno, da un punto di vista di analisi polisonnografica, le linee guida dell'AASM (American Academy Sleep Medicine, 2007)4
suddividono gli episodi di bruxismo in fasici (almeno tre contrazioni rapide di 0,5 – 2 s), tonici (di durata superiore a 2 secondi) e misti.
Già in precedenza si è introdotto il fenomeno dei CAP (sequenze di cicli che si ripetono periodicamente), che in condizioni fisiologiche sono presenti in tutti gli stadi del sonno NREM. Essi sembrano essere costituiti da una fase di attivazione che comprende la fase di sincronizzazione (fase A) e la fase in cui ricompare l'attività di fondo (fase B). E’ stato riscontrato che la fase A è accompagnata da un'attivazione del sistema simpatico, con incremento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, nonché dall’incremento del tono muscolare (Halasz et al., 2004)31. Tale
osservazione ha permesso di comprendere come l’attivazione simpatica durante il sonno è maggiormente elevata durante le fasi A e più attenuata durante le fasi B, e che pertanto è più elevata nel corso del CAP del sonno NREM (Ferini-Strambi et al., 2000)27.
Inoltre i sottotipi della fase A sembrerebbero mostrare una specifica distribuzione topografica nelle aree corticali del cervello: le fasi A1 sono correlabili agli arousal del lobo frontale, mentre le fasi A3 alle regioni corticali posteriori. Le fasi A2 hanno un peculiare andamento poiché originano nelle regioni frontali e prefrontali come sottotipi A1 e diffondono verso le aree parieto-occipitali come sottotipo A3 (Ferri et al., 2005)28.
Tale digressione sull’argomento era di fondamentale importanza per comprendere che le fasi A del CAP rappresentano finestre permissive per eventuali fenomeni patologici: dunque se l’attività parafunzionale o la parasonnia (apnee, movimento degli arti inferiori, sonniloquio, bruxismo, etc…) insorge nei lassi di tempo in cui compaiono tali finestre, si determina la condizione per cui tale fenomeno si manifesti (Halasz et al., 2004)31.
Per concludere, si può asserire che il CAP può essere anche visto come un meccanismo che spiega la distribuzione e la durata di numerosi fenomeni patologici nel sonno (Parrino et al., 2004)60.