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2 CENNI DI ECOLOGIA FLUVIALE

2.2 Il fi ume e la sua morfologia

2.2.1 Cenni di idrografi a

L’impatto delle gocce di pioggia provoca un’asportazione diretta di particelle dalla superfi cie del suolo (erosione areale); la convergenza delle acque in rivoli scava piccoli solchi (erosione incanalata) che, procedendo verso valle, per il progressivo incremento delle acque convogliate, si allargano e si stabilizzano in alvei che, confl uendo l’uno nell’altro, formano reticoli idrografi ci di diversa estensione, forma e complessità (dendritici, paralleli, a reticolo, radiali, ecc.). Sono detti di primo ordine i tratti iniziali dei corsi d’acqua; di secondo ordine quelli originati dalla confl uenza di due rami di primo ordine e così via (Fig. 2.5).

Fig. 2.5 Ordinamento gerarchico di Strahler dei rami di un reticolo idrografi co (da Money, 1977).

In un corso d’acqua si possono distinguere:

- le aree di testata del bacino, dove lo sviluppo del reticolo idrografi co è guidato dalle caratteristiche litologiche e strutturali; i movimenti di massa (frane) prevalgono sull’erosione idrica;

medio-inferiore dei solchi vallivi ed ha caratteristiche torrentizie; in esso la portata tende a diventare signifi cativa, specie durante le piene, e perciò il tracciato, pur risentendo dei vincoli strutturali, viene gradualmente a dipendere dalla dinamica della corrente;

- il tratto in cui il corso d’acqua perde le caratteristiche torrentizie e diventa fi ume (presente solo nei corsi d’acqua suffi cientemente lunghi): ad un aumento della portata si accompagnano l’allargamento dell’alveo e la diminuzione della pendenza e della velocità; la capacità erosiva diminuisce fi no all’instaurarsi di una tendenza al deposito, nel qual caso il fi ume scorre divagando in una piana alluvionale (cioè su una coltre di ghiaie da esso stesso depositata) e il fattore che presiede all’evoluzione dell’alveo è la dinamica della corrente.

Nei corsi d’acqua confi nati la forma tipica della valle è a V poiché l’incisione dell’alveo destabilizza il piede dei versanti, che vengono così ad assumere una pendenza pari all’angolo di riposo del substrato litologico. In rocce molto compatte l’angolo di riposo è subverticale, per cui l’incisione produce forre. Le valli di origine glaciale hanno invece forma ad U, il cui fondo, tuttavia, è generalmente piatto perché colmato di sedimenti (Fig. 2.6).

Fig. 2.6 A: Tipica valle fl uviale a V. B: La stessa, incontrando rocce compatte, può iniziare a incidere sul lato esterno delle anse, formando pareti subverticali (A), alternate a speroni rocciosi (S); se l’erosione procede (ad es. a seguito di un sollevamento tettonico) si forma una forra sinuosa. C: fasi di sedimentazione possono colmare il fondo della valle fl uviale. D: Tipica valle glaciale a U, col fondo colmato da depositi alluvionali. (A e B da Money, 1977; C e D da Federici e Axianas, 1981).

La forma della valle è fortemente condizionata anche da litologia, giacitura, stratigrafi a, elementi strutturali (es. faglie), vicissitudini tettoniche e paleoclimatiche. Ne sono un esempio i terrazzi fl uviali, coltri alluvionali pianeggianti “sospese” sui fi anchi delle valli, che rappresentano residui di antichi letti abbandonati dal fi ume a seguito di fasi erosive (Fig. 2.7 e 2.8). Secondo l’origine si distinguono in terrazzi climatici, eustatici, tettonici.

Fig. 2.7 Formazione di terrazzi fl uviali per fasi alterne di sedimentazione ed erosione. 1: fase di sedimentazione. 2: fase di incisione, con formazione del terrazzo di primo ordine (T1). 3: nuova sedimentazione. 4: nuova incisione, con formazione del terrazzo di secondo ordine (T2) (da Federici e Axianas, 1981).

Le dimensioni e la morfologia dell’alveo sono ovviamente condizionate dalla portata e dalle sue variazioni. In effetti i tempi che le acque meteoriche impiegano a raggiungere il corso d’acqua differiscono secondo il tipo di alimentazione. Essi sono brevissimi nel caso di alimentazione diretta (regime pluviale) e, all’opposto, anche di molti anni nel caso dell’interposizione di alcune forme di immagazzinamento (ad esempio i ghiacciai o alcuni acquiferi poco permeabili).

Così un fi ume alimentato in prevalenza da un’unica risorgiva (sia essa originata da un acquifero carsico o da uno poroso) tende ad avere una portata costante o, comunque, con variazioni molto graduali: l’alveo si presenterà allora come un unico canale di scarico con le rive vegetate, senza l’interposizione di un greto ciottoloso; anche lo sviluppo del reticolo idrografi co sarà ridottissimo. Al contrario, fi umi con forti e rapide variazioni

di portata avranno un alveo dotato di un greto molto ampio, privo di vegetazione perenne. Altri fi umi possono essere alimentati sia da ghiacciai o nevai, sia da falde sotterranee e dalle piogge dirette: vengono allora a formarsi reticoli idrografi ci ampiamente sviluppati e sistemi complessi per alimentazione e regime, le cui infl uenze sull’aspetto dell’alveo sono rilevanti.

Fig. 2.8 Esempio di fi ume che ha reinciso e terrazzato la piana alluvionale da esso costruita in epoche precedenti. La larghezza del solco reinciso è in stretta relazione con le dimensioni delle anse dei meandri. T1: terrazzo di primo ordine (più antico, più alto); T2: terrazzo di secondo ordine; S1 e S2: scarpate dei terrazzi; Pi: lembi di piana inondabile di recente formazione; C1 e C2: canale principale e secondario; B1, B2, B3: barre attive (laterale, longitudinale, alta) (da Franceschetti, 1980; interpretazione geomorfologica di G. Sansoni).

In ogni singolo sottobacino si possono distinguere essenzialmente tre parti (Fig. 2.9):

- bacino di raccolta: è l’area montana di produzione di sedimenti;

- canale di scarico: raccorda le testate allo sbocco al piano (in una valle maggiore, in un lago o nel mare), convogliandovi acque e sedimenti; - conoide di deiezione: situata allo sbocco del canale di scarico, è la zona in

cui, per la brusca riduzione di pendenza e velocità, i sedimenti vengono abbandonati a ventaglio, formando un semicono debolmente convesso.

Fig. 2.9 Il corso d’acqua può essere paragonato ad un nastro trasportatore di sedimenti, dalla zona di erosione (montana) a quella di deposito (valle, lago, mare). Ciò vale sia per il corso d’acqua nel suo insieme, sia per i singoli affl uenti provenienti dai sottobacini, le cui zone di erosione possono produrre sedimenti da frane, da erosione incanalata o da erosione areale e le cui zone di deposito sono rappresentate dalle conoidi di deiezione presso lo sbocco nella valle maggiore (da Kondolf, 1994, modifi cata nella parte montana da G. Sansoni).