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Cenni sull’insegnamento della grammatica in classe ovvero il concetto di “grammatica pedagogica”

84 3.2. Per un confronto dei metodi glottodidattici

LA DIMENSIONE TEORICA

1.4. L’apprendimento della lingua seconda (L2) in classe

2.2.2. Cenni sull’insegnamento della grammatica in classe ovvero il concetto di “grammatica pedagogica”

Gli studiosi della SLA si sono soffermati su una delle controversie più spinose che riguarda la precisa natura della conoscenza linguistica e la sua acquisizione e del suo insegnamento: il concetto di “regola”.

La lingua infatti viene spesso pensata come un sistema di regole ed è famosa l’analogia di De Saussure (1916=1992) della lingua come gioco degli scacchi: se non importa l’effettiva forma dei suoni e delle parole che appartengono a un dato linguaggio proprio come non sono significative le forme dei pezzi degli scacchi, ciò che conta sono i principi che governano le modalità di funzionamento delle forme linguistiche nel loro insieme come un tutt’uno che fa sistema. Sempre seguendo l’analogia, i pezzi degli scacchi possono essere rotti o addirittura rimpiazzati da un pezzo di gesso, ma in ogni caso vi deve essere l’accordo dei entrambi i giocatori sulla natura dei pezzi che vengono utilizzatati per il gioco e durante il gioco degli scacchi.

Nella storia dell’insegnamento delle lingue, “si osserva che è proprio a seconda del diverso peso attribuito alla presentazione delle regole grammaticali, che si sono avvicendati metodi e approcci legati a impostazioni filosofiche profondamente diverse, spesso antitetiche. Si può appunto dire che ogni rivoluzione nella metodologia dell’insegnamento linguistico sia stata caratterizzata da una radicale inversione di tendenza sul ruolo attribuito alla conoscenza della grammatica nell’apprendimento. L’ago

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della bilancia è pertanto oscillato bruscamente da un estremo all’altro, a seconda del peso assegnato alla grammatica nei diversi metodi e approcci didattici” (Giunchi 1990, 1).

Con il termine “grammatica” si indica comunemente l’insieme degli aspetti tendenzialmente costanti, regolari e sistematici che consentono il funzionamento di una data lingua e la descrizione sistematica di tali aspetti (che vengono definite “regole” da alcuni studiosi) e, infine, l’insieme di norme da seguire per l’uso corretto di una lingua. Tradizionalmente, gli elementi che costituiscono la grammatica di una lingua sono i seguenti livelli di cui l’insegnamento tiene conto in varia misura e con varie modalità: -fonetica e fonologia, cioè lo studio dei suoni di una lingua, del loro valore distintivo e delle loro relazioni paradgmatiche, delle loro possibilità combinatorie (sintagmatiche);

-morfologia: studio della flessione delle parole; classificazione delle parole secondo le rispettive categorie flessive;

- sintassi: studio delle strutture di frase, classificazione delle parole secondo le funzioni che possono ricoprire nelle strutture di frase cioè il livello di analisi che si occupa della struttura delle frasi, riguarda cioè «come si combinano fra loro le parole e come sono organizzate in frasi» (Berruto 2006, 65); - lessico e semantica lessicale: studio delle parole isolate, nelle loro relazioni paradigmatiche di forma e di significato; analisi dei significati;

- coesione testuale: studio dei meccanismi grammaticali e lessicali che assicurano la continuità di senso globale che viene instaurato tra le frasi;

- coerenza testuale: studio delle strutture profonde che organizzano i testi e della loro tipologia;

- sociolinguistica: studio della variabilità degli usi di una lingua dipendenti dagli utenti (storica, geografica, sociale) e dipendenti dai contesti di uso (registri, lingue speciali, variazioni dovute al mezzo di trasmissione – parlato, scritto, trasmesso, forme intermedie);

- pragmatica: studio dei fenomeni concernenti i partecipanti nell’atto della comunicazione: ruoli, finalità, contesti comunicativi, atti linguistici, retorica ecc.

La riflessione sulla lingua è stata influenzata da modelli di analisi diversi sviluppatesi soprattutto nel corso del Novecento, che hanno utilizzato terminologie diverse, in critica alla concezione tradizionale della grammatica risalente a Port Royale, i cui limiti possono essere riassunti in questi punti essenziali: - il carattere normativo della grammatica tradizionalmente insegnata, laddove le finalità comportino anche un approccio descrittivo;

- l’inadeguatezza delle definizioni tradizionali a base semantica, sia a livello di analisi

grammaticale (per esempio “il verbo indica l’azione”), sia a livello di analisi logica (per esempio “il soggetto fa l’azione”), sia a livello di analisi del periodo (le subordinate distinte esclusivamente in base alla funzione logico-semantica). Infatti, spesso è stato messo in evidenza che le definizioni inadeguate sono spesso fonte di errore, come ad esempio né la definizione del soggetto come “persona o cosa che compie l’azione”, né quella come “ciò di cui si parla” consentono di idenficare con sistematicità ciò che veramente si vuole che sia riconosciuto come soggetto;

- la concezione della frase come una successione lineare di elementi da considerare uno a uno per il loro presunto valore semantico: la tradizionale analisi logica e del periodo non contempla l’idea che una possa essere considerata una struttura di elementi interrelati e gerarchizzati.

Le diverse scuole linguistiche del Novecento hanno, dunque, elaborato modelli di analisi linguistica diverse per descrivere la lingua, in base alla concezione teorica del linguaggio, per cui

l’essenza del linguaggio è l’insieme di regole e principi che i parlanti riconoscono e a cui obbediscono. Questa è un premessa tanto “ovvia” quanto necessaria per la generalità della sua definizione e, proprio da essa, nascono innumerevoli discussioni per gli studiosi della linguistica, e in particolare per i ricercatori SLA.

Se la domanda essenziale, ancora una volta, è quanto dobbiamo essere consapevoli delle regole o del sistema di regole mentre acquisiamo una lingua, è un dato facilmente constatabile che i bambini apprendono la L1 senza dover ricorrere alle regole nel senso conscio, esplicito: a scuola, dove viene insegnata la grammatica della L1, possono raffinare la loro conoscenza e conseguire una maggiore padronanza e facilità d’uso. I bambini provano a comunicare con il mondo esterno: così avviene, nel

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corso naturale delle cose, l’acquisizione della L1. E’ raro che gli apprendenti adulti possano sperimentare l’acquisizione caratteristica dei bambini, in quanto, già carichi della conoscenza del mondo, hanno già l’idea di che cosa sia una lingua: conoscono, infatti, un sistema di regole e hanno già acquisito un sistema di principi e, perciò, nell’affrontare l’apprendimento di una nuova L2, hanno un confronto con la L1 e, di conseguenza, sono a volte preoccupati di voler approfondire il funzionamento del nuovo sistema di regole nella speranza che comprendendo, a livello razionale, tutto ciò, possano imparare meglio e di più. Aumenta la consapevolezza della lingua che viene appresa, cui non corrisponde spesso un’altrettanta proficiency. Di fronte a questo fatto empirico di un evento che coinvolge tutti coloro che desiderano o che devono apprendere una L2, molti studiosi si sono chiesti: le regole grammaticali servono? O meglio, è utile insegnare le regole grammaticali? Le risposte sono state diverse, naturalmente.

Secondo Chomsky, l’apprendente della L1 arriva all’acquisizione di un sistema di una L1 grazie all’esposizione all’input che permette al bambino di costruire rappresentazioni linguistiche, di comprendere e di produrre, grazie a una facoltà biologicamente innata di cui è dotato l’essere umano. Il bambino acquisisce la competenza linguistica nella L1, poiché, nella sua mente, è dotato di questa facoltà innata chiamata “Language Acquisition Device “ (LAD), un ipotetico meccanismo concepito per spiegare l’acquisizione della lingua. Nel LAD le proprietà del linguaggio sono rappresentate grazie a un sistema linguistico, inconscio e interiorizzato, chiamato “grammatica”: «a certain mental structure consisting of a system of rules and principles that generate and relate mental representations of various types» (Chomsky 1980, 48).

Secondo lo studioso, tale facoltà è comune a tutti gli esseri umani e ha un funzionamento simile in tutte le menti degli esseri umani: si tratta della Grammatica Universale (GU).

Ma la prospettiva della grammatica generativo-trasformazionale ha portato alla ribalta il concetto di competenza linguistica (competence) ed esecuzione linguistica (perfomance), per cui «linguistic theory is primarily concerned with an ideal speaker-listener, in a completely homogeneous speech community who knows his language perfectly and is unaffected but such grammatically irrelevant conditions as memory limitations, distractions, shifts of attention and interest, and errors (random or characteristic) in applying his knowledge of language in actual performance ...We thus make a fundamental distinction between competence (the speaker-hearer's knowledge of the language) and performance, the actual use of language in concrete situations» (Chomsky 1965, 3-4).

La teoria di Chomsky è stata riformulata diverse volte nel corso dei suoi studi fin dai tempi della pubblicazione di Syntatic Structures nel 1957, ma la distinzione tra competence e performance, tra competenza ed esecuzione, rimane essenziale nel definire il suo oggetto di ricerca.

Chomsky (1981) ha introdotto un'altra distinzione per meglio precisare l'oggetto della sua ricerca linguistica: la distinzione tra core e periphery, in base alla quale alcuni aspetti della lingua sarebbero centrali, stabili, invarianti, mentre altri, alla periferia, potrebbero essere governati da logiche più probabilistiche ed esibire variazione sia nella comunità dei parlanti sia da parte del singolo locutore. In questa prospettiva, dunque, Chomsky opera una distinzione tra la “grammatica linguistica”, per indicare la capacità che il parlante nativo possiede e che gli consente di capire una frase arbitraria in una data situazione, e di quella che verrà chiamata pochi anni più tardi “grammatica pedagogica”, che tende a offrire allo studente l'abilità di comprendere e produrre tali frasi. Ma tale distinzione teorica lascia tuttavia completamente aperto il problema per l'insegnante di una L2 nel campo della didattica: se nella prima troviamo il core e nell’altra la periphery, come è possibile “operazionalizzare”, secondo un anglicismo, questa distinzione tra competenza ed esecuzione in chiave didattica?

Gli studiosi di SLA, interessati all’aspetto non solo teorico, ma anche didattico-pedagogico dell’apprendimento di una L2, hanno chiarito a livello concettuale che cosa sia una grammatica linguistica: essa è un resoconto della competenza (la conoscenza del sistema linguistico acquisita da un parlante nativo) secondo un modello astratto che non rappresenta né, tantomeno, tenta di imitare i processi psicologici dell'uso linguistico.

Essa offre all'insegnante informato, riflessioni sulla struttura linguistica permettendogli/le di chiarire i vari aspetti della sua materia di insegnamento, ma i metodi di descrizione linguistica di per sé non forniscono indicazioni sulle modalità con cui lo studente può imparare a comunicare in una L2.

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Negli anni Sessanta, uno dei primi tentativi di formulazione concettuale di un’altra tipologia di “grammatica”, che poi diverrà nota come “grammatica pedagogica” (Cambiagni 2004), è stata la classificazione pratico-descrittiva che pone la distinzione tra grammatica intuitiva, analitica e didattica (Titone 1992, 58): la prima, propria del bambino, è quella della sua lingua nativa in età prescolare; la seconda rappresenta la scoperta e la descrizione della natura stessa della lingua come sistema strutturato; la terza, la grammatica didattica, è diversa dalle prime due, in quanto è destinata all’insegnamento dei concetti e alla formazione delle abilità, che si possono genericamente definire “grammaticali”: nozioni semplificate, sussidi intuitivi, procedimenti concreti per condurre l’apprendente ad una consapevolezza del funzionamento della lingua e a superare errori precedentemente assorbiti.

Attualmente, nell’ambito della SLA, la “grammatica” è distinguibile in almeno tre livelli di applicazione:

1. Grammatica teorica/scientifica, ovvero una grammatica che indica una teoria linguistica elaborata dal linguista e rivolta ad un pubblico di specialisti;

2. Grammatica descrittiva, ovvero la descrizione della lingua come sistema, o meglio ancora, del sistema di una data lingua: se tale descrizione è operata secondo criteri formali, la teoria di riferimento è tradizionale, se invece la descrizione è elaborata secondo un modello di matrice pragmatica, i criteri sono di carattere funzionale. Destinatario e dunque fruitore della grammatica descrittiva è il parlante che possiede una conoscenza tacita (implicita) della lingua in questione;

3. Grammatica pedagogica: se sia la grammatica teorica sia la grammatica descrittiva non sono progettate per favorire l’apprendimento della lingua seconda o straniera, è stato elaborato da Noblitt (1972) e ripreso da Corder (1983), il concetto di grammatica pedagogica, che ha lo scopo di presentare le informazioni linguistiche non secondo una teoria o un modello, ma avendo come traguardo l’obiettivo di adeguarsi ai bisogni formativi a livello linguistico dell’apprendente e di facilitare e di arricchire l’uso della lingua.

La grammatica pedagogica non deve, dunque, rispettare una coerenza interna, ma possiede la sua particolarità saliente nella rispondenza alle necessità del docente e dell’apprendente: se è rivolta al primo, la grammatica pedagogica fornirà principi e suggerimenti metodologici per l’esposizione della grammatica; se, invece, sono gli studenti i fruitori, essa fornirà definizioni formali, tabelle e schemi per l’interiorizzazione delle regole.

La grammatica pedagogica è dunque «per sua natura eclettica» (Giunchi 1990, 13) e, pertanto,

«secondo un’impostazione pedagogica non si insegna tutto ma solo quello che è utile» (Benucci 1994, 50).

Gli studiosi di area anglosassone hanno ulteriormente sviluppato il concetto di grammatica pedagogica, anche sostenuti dalla vasta richiesta di apprendimento della lingua inglese nel mondo sempre più globalizzato e dalla conseguente progettazione di materiali didattico-pedagogici da destinare ad uso dei docenti.

Uno degli studiosi che ha approfondito le riflessioni di Noblit (1972) è stato Odlin (1993, 10-11), che ha sottolineato che la grammatica pedagogica ha una in sé una ibrida natura di grammatica prescrittiva, descrittiva, sistemica-interiorizzata, sistemica-assiomatica.

Per quel che riguarda la descrizione della “regola” all’interno della grammatica pedagogica, secondo Sharwood Smith (1994, 35), vi è una varietà in base al “formato” della formulazione della regola stessa194, per cui è possibile tratteggiarne lo status psicologico delle regole in vari modi195 e, in questo

194 Per la formulazione delle regole grammaticali cfr: Sharwood Smith 1994, 35.

195 Una regola può essere descritta in un libro di grammatica e perciò, come regola descrittiva di una lingua, rende disponibile all’apprendente informazione sul sistema della lingua analizzato da qualcun altro: cioè, viene, per così dire, di seconda mano. Quando una regola è stata appresa, diventiamo pienamente consapevoli di essa e delle sue implicazioni e possiamo parlarne agli altri sia che ne facciamo effettivamente uso nel discorso spontaneo sia nel caso in ci non ne facciamo. Un altro tipo di regola potrebbe essere costituito da qualche aspetto o struttura del sistema linguistico che abbiamo interiorizzato senza pensarci troppo o senza analisi, nel medesimo modo in cui i bambini acquisiscono la grammatica della L1. Sono queste regole apprese a livello intuitivo, cioè regole implicite che sappiamo

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quadro, non ha senso sottolineare la distinzione tra regole implicite e regole esplicite se non in termini psicologici, in quanto pare che apprendere una regola in maniera conscia da un libro di grammatica mette in grado l’apprendente di immagazzinare un principio grammaticale nello stesso modo con cui si immagazzinerebbe una formula matematica, cioè la regola psicologica può essere facilmente usata per la sua applicazione pratica.

L’insegnamento della regola grammaticale in base alla sua “natura” è oggetto di futuri approfondimenti da parte dei ricercatori di linguistica applicata (Richards 2008, 49).