26 2.7. Agostino impara il greco
5. La scuola di Port-Royal
Dal 1636 una comunità di filosofi, teologi e grammatici è ospitata nell'abbazia di Port-Royal-des-Champs, nella valle di Chevreuse, a dieci chilometri da Versailles, che dal 1643 è sede anche delle petites écoles, scuole per giovani e fanciulle affidati alla cura dei "solitari" o Messieurs, nomi con cui si indicavano gli studiosi operanti nel monastero (Delforge 1985). La scuola sarà operativa, poi anche nel nuovo monastero al centro di Parigi, nel faubourg Saint-Jacques, fino al 1660, quando il giansenismo, di cui Port-Royal era diventato il centro propulsore verso il resto della Francia, inizia a essere perseguitato come movimento eretico. Nel 1709, per ordine del re e per decreto papale, l'abbazia di Port-Royal-des-Champs è rasa al suolo.
A Port-Royal ogni studioso approfondisce una disciplina particolare, ma tutti si rifanno a un approccio filosofico comune, cioè alla volontà di ridurre i principi etici e filosofici a un complesso di norme chiare e semplici e alla volontà di elaborare criteri razionali che possano guidare la conoscenza e il giudizio critico.
La Grammaire générale et raisonnée di Antoine Arnauld (1612-1694) et Claude Lancelot (1615-1695), più conosciuta come “Grammatica di Port-Royal”, ha avuto amplissima influenza nell’Occidente (Simone 1969). I due autori, docenti appunto presso le “Petites Ecoles de Port-Royal des Champs”, redassero una serie di grammatiche (latina, greca, italianae spagnola), che inaugurarono un nuovo modo di insegnare le lingue straniere.
L’opera di Arnauld et Lancelot proponeva una riflessione grammaticale inquadrata in una costruzione logica e filosofica (da cui la denominazione di grammatica “ragionata”), con il fine di andare oltre lo studio di una lingua particolare, individuando un insieme di principi comuni a tutte le lingue (donde grammatica “generale”), sebbene, in buona sostanza, sia stata la lingua francese a costituire la base della loro riflessione.
La Grammatica di Port-Royal è un caposaldo negli studi moderni della linguistica e ancora oggi è di grande interesse, in quanto fondata su una visione della regola grammaticale secondo cui gli usi linguistici si conformano al pensiero: la regola come prodotto di una regolarità della ragione. Gli autori della Grammatica di Port-Royal non accettano l'idea che le parole possano in alcun modo agevolare il pensiero o la memoria, tesi centrale per esempio in Hobbes e nella linguistica del Rinascimento. La
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parola, invece, serve solo a comunicare, poiché è solo il risultato finale e il segno esterno del pensiero, che esiste autonomamente prima della lingua.
La prima parte della Grammatica analizza e descrive i suoni, distinguendo sillabe, vocali e consonanti. La seconda parte classifica le parole in base alle categorie tradizionali: nomi, pronomi, articoli, preposizioni, avverbi, verbi, participi, congiunzioni e interiezioni. Una tesi per quei tempi originale è che la declinazione nelle lingue antiche e le preposizioni nelle lingue moderne hanno la stessa funzione, quella di esprimere i rapporti reciproci tra i nomi in una frase. L'analogia funzionale tra declinazione dei casi e preposizioni è un esempio netto di identità logica profonda di grammatiche diverse che a prima vista sembrano incommensurabili: l'esempio, perciò, mostra anche che le lingue moderne sono “logiche” ed efficaci come quelle antiche, contrariamente a certe posizioni del tempo, in particolare di studiosi francesi.
Nella Grammatica di Port-Royal, grande importanza è data anche alla sintassi e alla costruzione della frase, che erano finora marginali nelle grammatiche. La sintassi è anzi il vero e proprio elemento che differenzia le lingue in superficie, ma tutte le sintassi sono di uguale valore poiché riflettono una stessa sintassi logica profonda e generale.
Da queste riflessioni linguistico-filosofiche, nasce una nuova “didattica” presso il monastero di Port-Royal, dove l'educazione è finalizzata alla formazione religiosa, dove si studia per l’apprendimento della logica razionale con cui Dio ha creato e organizzato il mondo.
Le lingue antiche, ma anche le straniere vanno imparate con l'uso: non iniziando dalla grammatica, ma dall'interpretazione di brani e versioni, partendo cioè dalle parole e procedendo a senso, fino a capire l'utilità e il significato delle regole grammaticali per capire una lingua e comunicare efficacemente. La scuola di Port-Royal fornisce un modello di analisi linguistica rigorosa e moderna per l’epoca (1660) e, per la prima volta, inserisce negli studi grammaticali la prospettiva diacronica che permette di spiegare le “eccezioni” alla regola.
Arnauld e Lancelot proposero anche nuovi metodi per imparare a leggere e scrivere, sia la lingua materna che le altre col cosiddetto "metodo fonico" in cui si incomincia a distinguere e scrivere dittonghi, sillabe e vocali, e solo in un secondo momento le consonanti, seguendo il modo naturale in cui i bambini incominciano a parlare.
Indubbiamente fu grazie alle ricerche dei grammatici di Port-Royal, che furono poi riprese in seguito da Jean Jacques Rousseau, Ferdinand de Saussure e dai linguisti a noi contemporanei, se la linguistica ha assunto un ruolo essenziale nel campo delle scienze umane (Rieux-Rollin 1975).
6.1. La didattica nei tempi più moderni.
Dal Rinascimento all’inizio dell’Ottocento due sono i poli fra cui si svolge il dibattito sull’insegnamento delle lingue classiche: da una parte la valorizzazione del contatto naturale, diretto con la lingua, mediato da procedimenti dettati dal buon senso e dall’esperienza; dall’altro una tendenza a sistematizzare l’analisi degli elementi formali della lingua, in direzione di un sempre più minuto “grammaticalismo”. Fra gli stessi due poli, in linea generale, oscilleranno le teorie e i metodi per l’insegnamento delle “lingue seconde” (L2) moderne, esigenza la cui importanza e urgenza cresce nel corso del XIX secolo e culminerà in quello che è stato definito il “secolo ossessivo” della ricerca del metodo migliore (1890-1980) (Marckwardt 1972, 5).
Il metodo “normale” all’epoca nelle scuole, in contrapposizione al quale nascevano le nuove proposte, era quello poi definito (dai suoi oppositori) “metodo grammatica-traduzione” (MGT). Esso era stato “inventato” e sviluppato per l’uso nelle scuole secondarie in Prussia, alla fine del XVIII secolo, per consolidarsi nella prassi dei Gymnasien, in piena espansione nei primi anni dell’Ottocento.
Insegnare L2 mediante la grammatica e la traduzione era in coerenza con ciò che si perseguiva nella prassi scolastica ottocentesca, cioè l’acquisizione della conoscenza di una L2 al fine di leggere un testo con l’aiuto del dizionario. Del resto, molti di coloro che apprendevano una L2
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erano stati istruiti nella grammatica delle lingue classiche e sapevano ragionare con le categorie grammaticali tradizionali.
Ma i metodi scolastici allora diffusi per l’insegnamento del latino e del greco non erano sempre adatti alle capacità di quanti frequentavano un corso di L2 in classe: il MGT era già un tentativo di adattare queste tradizioni alle situazioni e alle esigenze della scuola, con l’effetto di rendere l’apprendimento più agevole. La principale innovazione – che in seguito sarà oggetto di severa critica era stata di sostituire ai testi frasi artificiali esemplificanti l’applicazione delle “regole” grammaticali in contesti ben definiti e chiari113.
Il primo autore a operare su questa linea è Johann Heinrich Seidenstücker (1765-1817), il quale, nel tentativo di offrire materiali didattici più semplici agli studenti, nel testo Elementarbuch zur Erlernung der französischen Spräche (1811), ridusse la lingua a frasi decontestualizzate per illustrare specifiche regole. La prima parte del corso forniva le regole e i paradigmi, la seconda offriva esercizi di traduzione di frasi dal tedesco al francese e viceversa, finalizzati a un’ applicazione immedia della regola appresa. Da una parte l’obiettivo era quello di presentare la grammatica in maniera più accurata e completa, in una progressione rigorosamente logica. Dall’altra ogni fatto linguistico era illustrato da esempi adeguati e da frasi artificiali appositamente congegnate, più semplici rispetto a quelle uscite dalla penna dei grandi autori.
Karl Plötz114 (1819-1881) divenne per un lungo periodo, anche dopo la sua morte, il punto di riferimento dell’insegnamento linguistico nelle scuole della Germania. I suoi libri di testo erano caratterizzati da una sola forma di apprendimento cioè la traduzione meccanica di brevi frasi, spesso poco significative.
Heinrich Gottfried Ollendorff (1803-1865) promosse con grande impegno ed energia la sua versione del MGT. Il primo esempio è il corso di tedesco rivolto a parlanti inglesi, A New Method of Learning To Read, Write, and Speak, a Language in Six Months, forse il primo libro di testo alla cui base c’era un sillabo adeguatamente calibrato e graduato dal punto di vista linguistico; poi, con un’operazione commerciale su larga scala. Egli applicò il suo metodo a libri di testo per l’insegnamento del francese (1843), dell’italiano (1846), dell’inglese (1848).
La messa a fuoco del MGT come metodo emerge anche dal manuale di latino che B. Sears (1802-1880), docente di lingue classiche in America, pubblicò, nel 1845, con il titolo significativo The Ciceronian or the Prussian Method of Teaching the Elements of the Latin Language (Richards-Rodgers 2001, 5).
Intanto in quegli anni, in Inghilterra, mentre si stava sviluppando una maggiore consapevolezza dell’utilità pratica di conoscere lingue straniere, da metà Ottocento veniva istituito per l’ammissione alle facoltà universitarie più ambite (come giurisprudenza e medicina) un complesso sistema di esami pubblici. Avvenne così che furono sempre più le università a condizionare i contenuti dell’apprendimento e i principi metodologici con cui i docenti dovevano preparare gli studenti. Tali esami pubblici nel mondo anglosassone non crearono il MGT ma ne fissarono in ogni caso la priorità rispetto ad altri metodi glottodidattici: Oxford e Cambridge, puntando su studenti con la formazione basata sulla cultura e sulle lingue classiche, appannaggio di un’élite (Armstrong 1973, 130), favorirono di fatto le grammar school, dove veniva insegnato il latino e, seppur più raramente, il greco; mentre alle lingue moderne non veniva riconosciuta la stessa valenza educativa, tanto che si riteneva il francese e il tedesco si addicessero alle femmine, considerate meno portate dei maschi per le lingue classiche. E in preparazione a questi esami altamente selettivi, in cui testi estratti a sorte erano somministrati per la traduzione a prima vista, l’effetto fu che, per gli atenei migliori, i libri di testo allungavano le liste di eccezioni e particolarità
113 Per un breve excursus storico sull’insegnamento delle lingue straniere a fine Ottocento e una rassegna ragionata dei libri di testo in Inghilterra Howatt 1984 e in Italia e Francia Rizzardi-Barsi 20072.
114 Uno studente di Plötz, Banlsen (1905, 12) in un saggio rievoca il penoso apprendimento della lingua con cosiddetto “metodo della ginnastica mentale.
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Nelle due decadi che vanno dal 1870 al 1890, ciò portò molti docenti e autori di libri di testo, nel timore che la loro disciplina fosse etichettata come “opzione debole” ad adattare il metodo di insegnamento delle lingue moderne al metodo di insegnamento delle lingue classiche: il francese fu reso “impegnativo” come il latino e il tedesco fu improntato alla disciplina mentale tipica del greco antico. E in questo modo, il MGT si diffuse in tutta Europa anche per l’insegnamento delle lingue moderne.
Ma contro il MGT, già in quegli anni, sorsero aspre critiche da parte di vari studiosi, di cui sicuramente il più conosciuto fu il francese François Gouin (1831-1896), autore del L'art d'enseigner et d'étudier les langues (1880), frutto della sua esperienza di docente di latino e di apprendente della lingua tedesca ad Amburgo115.
Gouin meditò sulla “naturalità” dell’apprendimento linguistico:116 la lingua, secondo la sua riflessione, non era un arbitrario set di convenzioni da usare per la comunicazione, ma un mezzo del pensiero utilizzato per rappresentare il mondo a se stessi; l’acquisizione del linguaggio non era un processo di condizionamento in cui una persona acquisisce l’abitudine di certe cose in certe situazioni, ma un processo in cui l’apprendente attivamente tenta di organizzare le sue percezioni del mondo nei termini dei concetti linguistici. Nascevano le premesse del Metodo diretto117.
Ma dal 1880, in Europa, maturarono le condizioni per il cambiamento, grazie alle riflessioni degli esponenti del cosiddetto “Movimento della Riforma” che conferì un maggiore prestigio allo studio delle lingue moderne e sottolineò l’importanza della formazione dei docenti: per affermare l’indipendenza dall’istruzione del greco e dal latino, l’insegnamento delle lingue moderne doveva poggiare su fondamenta teoriche più solide.
115 In base alla sua esperienza didattica di studente di latino, inizialmente, Gouin ritenne che il modo migliore per apprendere la lingua tedesca, lingua flessiva al pari di quella latina, fosse l’apprendimento della grammatica, inclusa la memorizzazione di 248 verbi irregolari. Si rinchiuse dieci giorni nella sua stanza e poi volle subito verificare i risultati recandosi all’università per frequentare una lezione. Così racconta questa esperienza: «But alas! In vain did I stain my ears; in vain my eye strove to interpret the slightest movements of the lips of the professor; in vain I passed from the first classroom to a second; not a word, not a single word would penetrate to my understanding. Nay more than this, I did not even distinguish a single one of the grammatical forms so newly studied; I did not recognize even a single one of the irregular verbs just freshly learnt, though they certainly must have fallen in crowds from the lips of the speaker» (Gouin 1880, 11, citato da Diller 1978, 55).
116 Gouin racconta come, condividendo l’appartamento con un barbiere, spesso ascoltava le conversazioni dei clienti, e, pensando che parlare con loro in tedesco sarebbe stata una maniera per imparare la lingua, talvolta si cimentò in frasi costruite con cura per grammatica e lessico, suscitando, però, le risate dei clienti. In una libreria, trovò la cinquantaquattresima edizione del corso di tedesco di Ollendorf, pubblicizzato come il metodo più “moderno”. Si isolò per tre settimane, ma scoprì che la promessa di insegnare il tedesco in 90 lezioni letta sulla copertina era falsa! Era una persona caparbia e lesse e tradusse Goethe e Schiller e non capiva ancora una parola di tedesco. Ritornò in patria senza aver imparato la lingua, ma ebbe la fortuna di incontrare un suo nipote di tre anni che gli rivelò il miracolo su come si apprende una lingua: il bambino, dopo due anni di “telegrafese”, era diventato un chiacchierone. Volle approfondire la questione e si dedicò allo studio dell’acquisizione della lingua da parte dei bambini e si rese conto che l’analisi grammaticale, la memorizzazione di vocaboli e la traduzione non erano i modi migliori per apprendere una lingua e così inventò il Metodo diretto che ebbe vasta popolarità e diffusione agli inizi del Novecento, grazie a una serie di pubblicazioni che seguirono.
117 Come scrive Diller (1978, 59): «The direct representation of an experience into a linguistic conception is what distinguished a ‘direct method’ of language teaching from such ‘indirect’ ones as the grammar-translation and mim-mem, both of which rely on the translation into another language for the understanding of an utterance. It is this direct thinking in a language which makes it a living language. Besides giving Gouin this insight into the purpose of a living language, the experience at the mill also taught him two of the ‘secrets of the child’s memory’. Gouin noticed in time and in terms of the ends and means. In describing the activities of the mill, the child always used the same order. Gouin seized up on his ideas as the basis for his methodology: concepts are naturally ordered in a series. Students will learn a foreign language more quickly and remember it more easily if they are presented with descriptions of these natural series». Gouin, avendo individuato situazioni e temi come modalità di organizzazione della lingua orale, codificò, in una selezione di testi destinati alle scuole di lingua impostate sul metodo, tutto ciò nelle famose “serie” di sequenze di frasi relative ad azioni come tagliare la legna e aprire le porte (Titone 1968, 35).