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L’Input Comprensibile come ipotesi di Krashen

84 3.2. Per un confronto dei metodi glottodidattici

LA DIMENSIONE TEORICA

2.3. L’Ipotesi dell’Input Comprensibile

2.3.2. L’Input Comprensibile come ipotesi di Krashen

Stephen Krashen pubblicò il suo primo articolo nel 1973 (Krashen 1973) trattando del fenomeno della lateralizzazione, da cui dipende l’apprendimento della lingua nel cosiddetto periodo critico197.

Da lì, incominciò la sua ricerca nella SLA..

Krashen andò rielaborando alcune teorie di altri studiosi degli anni Settanta: «I did not invent Input Hypothesis- I gave it a name, reformed it a bit, and attempted to describe its relationship to other aspects of second-language acquisition» (Krashen 1985, VII).

Come abbiamo già menzionato, nella prima parte del Novecento, molte delle teorie su come la L1 o la L2 venisse appresa si basavano sulla “convezione” dell’input fornito all’apprendente.

196 Black box è un altro modo coniato da Chomsky per chiamare il LAD, per sottolineare la scarsa e misteriosa conoscenza della parte della mente che è deputata all’acquisizione della mente.

197 Negli anni Sessanta Eric Heinz Lenneberg (1921–1975) ha identificato, tra i fondamenti biologici del linguaggio, la caratteristica detta "plasticità" , particolarmente attiva durante i primi anni della vita di un individuo, per regredire sensibilmente dopo la pubertà, età in cui si conclude il "periodo critico" per l'acquisizione linguistica. Su queste basi sono state avanzate molte delle proposte di insegnamento precoce delle lingue straniere e si sono spiegate alcune delle difficoltà dell'insegnamento delle lingue ad adulti.

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Nei primi studi sull’acquisizione della L1 e L2, l’input era di fondamentale importanza, dal momento che l’input costituiva la base di ciò che doveva essere imitato e, pertanto, la base su cui si doveva creare le abitudine del linguaggio.

Man mano che gli studi proseguivano nel corso degli anni, l’importanza dell’input non veniva meno, ma cambiava la concettualizzazione di come l’input venisse processato e come l’input interagisse con le funzioni mentali degli individui che apprendevano una L1 o L2.

Nei primi anni Settanta, Charles A. Ferguson si dedicò a una serie di studi (1971; 1975) sul cosidetto baby talk, cioè sul tipo di linguaggio rivolto al bambino (young children) e al foreigner talk, cioè sul tipo di linguaggio con cui ci si rivolge ai non-proficient nonnative speakers (NNS) di quella lingua. Questi studi, che hanno avuto ampia risonanza nel dibattito successivo, soprattutto nelle metodologie glottodidattiche basate sul Comprehension approach, sono principalmente descrittivi, e sono finalizzati a comprendere le similarità tra questi sistemi e, di conseguenza, la funzione umana del linguaggio. Da questi studi si ricava che il locutore più proficient attua modificazioni linguistiche in tutte le aree del linguaggio quando si rivolge a un bambino o a un parlante non-nativo di quella lingua: ad esempio, il discorso tende essere più lento e, a volte, espresso a voce più alta; l’intonazione è spesso esagerata e la sintassi tende a essere più semplice (ad esempio, al posto di due periodi legate da un pronome relativo si preferisce una frase e una coordinata); il lessico tende a essere semplice e spesso rispecchia il linguaggio quotidiano.

All’interno degli studi SLA più recenti, l’input è stato trattato in maniera diversa198: se in molti di questi esso riveste ancora una funzione essenziale perché avvenga l’acquisizione, in altri, come nell’approccio della GU, ricopre un ruolo secondario, in quanto è un fattore che interagisce con una innata struttura. Attualmente negli studi SLA, si riconosce il ruolo fondamentale dell’input sia per la ricerca sia per la riflessione glottodidattica (VanPatten-Benati 2010, 37).

Nella prospettiva delle teorie di Krashen, dalla dicotomia Acquisizione-Apprendimento deriva l'Ipotesi dell'Input Comprensibile, secondo la quale l’uomo impara una lingua quando comprende un messaggio: l’input comprensibile, secondo la terminologia di Corder , diventa intake: l'input viene assorbito nella misura confacente al livello e all'interesse dell'ascoltatore o lettore, quando l’apprendente ha “compreso” il messaggio dell’input, purché le condizioni emotive siano favorevoli (cfr. Ipotesi del Filtro Affettivo più avanti).

Ma cosa è “realmente” l’input comprensibile di cui parla Krashen?

Come spiega bene il Pallotti (20012, 162): «L’input comprensibile, quindi, sono quei discorsi che riusciamo a capire, anche se magari non saremmo in grado di produrli noi stessi e anche se di essi non comprendiamo proprio tutto. Cosa significa ‘un po’ oltre il livello attuale’? Non è possibile dare una definizione precisa di questo concetto, anche se la sua portata è intuitivamente abbastanza chiara. Esso ha analogie con la ‘zona di sviluppo prossimale’ di cui parla Vygotsky (1984): quell’insieme di attività che un apprendente non è in grado di compiere da solo, ma che può svolgere con un po’ di aiuto esterno».

Secondo l’ipotesi di Krashen, chi apprende una lingua deve essere esposto all’ input comprensibile e progredisce, in un continuum dell'ordine naturale, acquisendo strutture che sono appena oltre il proprio livello di competenza. Cioè se il discente si trova al punto chiamato “i”, del continuum, allora progredirà passando a più “i”, proprio “comprendendo” il messaggio reale dell’input. Cioè assorbirà e interiorizzerà un input che sarà reso comprensibile grazie a mezzi linguistici ed extralinguistici, al di fuori dell'input, contenente, tra l'altro, la struttura del punto “i + 1”. Questi mezzi extra possono essere immagini, realia, gesti, ecc….

Secondo Krashen (1982, 24 ), «we acquire, in other words, only when we understand language that contains structure that is ‘a little beyond where we are now. How is this possible? How can we understand language that contains structures that we have not yet acquired? The answer to this apparent

198 Per la pubblicazione del volume Input in Second Language Acquisition (Gass-Madden 1985), Larsen-Freeman (1985, 433-436) fornisce un sommario degli studi sull’input che riscostruisce ciò che è stato fatto prima dei saggi apparsi nel volume.

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paradox is that we use more than our linguistic competence to help us understand. We also use context, our knowledge of the world, our extra-linguistic information to help us understand language directed at us. The input hypothesis runs counter to our usual pedagogical approach in second and foreign language teaching. […] our assumption has been that we first learn structures, then practice using them in communication, and this is how fluency develops. The input hypothesis says the opposite. It says we acquire by "going for meaning" first, and as a result, we acquire structure!».

Chi apprende essendo esposto all’ input comprensibile è come se fosse impigliato in una rete di “i” (cioè il livello di competenza attuale), la cui complessità deve essere valutata dal docente in base alla capacità di comprensione del discente.

Se la rete di “ì” contiene la struttura di “i + 1”, la rete permette all’apprendente di progredire di un gradino sino al punto “í + 1” nel continuum dell'ordine naturale. Krashen, dunque, sottolinea che le abilità ricettive sono essenziali per l’acquisizione della lingua e, perciò, attribuisce molta importanza alle abilità ricettive stesse, sostenendo che l'input, per trasformarsi in intake, deve avere i seguenti requisiti:

-essere autentico, nel senso di materiale preso da giornali ecc…o di situazioni di esperienza quotidiana; -essere significativo e comprensibile, nel senso che una struttura determinata è acquisita;

soltanto se si determinano queste tre condizioni, e se l'input contiene la struttura di “i + 1”.

L’input comprensibile diventa intake e, come tale, viene interiorizzato dal LAD che governa tutte le lingue umane (Dulay-Burt-Krashen 1982=1985, 6 s).

La comprensione deve precedere la produzione se si vuole ottenere vera e reale Acquisizione, dando così l’opportunità per cui gli elementi contenuti nell’input comprensibile, “i + 1”, possano venire interiorizzate dal LAD in una situazione ideale di poca ansia e di interesse vero dell’apprendente, così come afferma l’Ipotesi del Filtro Affettivo di cui tra poco diremo.

Krashen è molto chiaro quando sostiene che la produzione orale o scritta “forzata” non aiuta l’Acquisizione e forse favorisce l’Apprendimento; anzi è molto critica nella proposta di Merril Swain, secondo la quale si impara una lingua quando si diventa consapevole e si è in grado di modificare la propria produzione (output) in modo tale che l’apprendente possa imparare qualcosa di più rispetto al proprio livello.

Krashen non offre nessuna prova diretta per sostenere l’Ipotesi dell’Input, dal momento che non menziona nessuno studio che dimostri che l’input, scarsamente sintonizzato, contenente “i+1” possa riuscire negli apprendenti ad avanzare al prossimo passo del processo della loro interlingua.

Krashen (1985a, 1989), invece, cita vari tipi di prove indirette che tendono a confermare la fondatezza dell’Ipotesi dell’Input (TABELLA 13) e numerosi studi per mostrare che gli apprendenti usano le informazioni del contesto per arrivare a una maggiore comprensione dell’input, ma non chiarisce come l’apprendente possa fare uso del contesto, che, a suo dire, avrebbe «dramatic effects»199; anzi, «in many cases, we do not utilize syntax in understanding – we often get the message with a combination of vocabulary, or lexical information plus extra-linguistic information» (Krashen 1982=19872, 66). Sulla quantità dell’input comprensibile, Krashen afferma che deve esse “sufficiente”.

199 R. Ellis (1990, 100) , tuttavia, fornisce un esempio per ovviare a questa mancanza che ha rilevato nella teorizzazione di Krashen. Prendiamo una frase passiva come Raza was given a pencil by Surjit. Una frase del genere può essere compresa, sebbene il passivo non sia ancora parte dell’interlingua dell’apprendente, qualora sia accompagnata da un comportamento non verbale (gesto) che renda chiaro chi sia l’agente e chi sia il paziente. La frase come Raza was bitten by the dog , dunque, può essere compresa in modo corretto, senza informazioni extralinguistiche, in quanto l’apprendente riconoscerà che l’azione del morsicare è eseguita dai cani sugli esseri umani, basandosi sulla propria conoscenza enciclopedica del mondo. Prendiamo un’altra frase passiva. Raza was bitten cioè Raza fu morsicata: essa può essere capita senza informazioni extralinguistiche o senza la conoscenza del mondo se la competenza linguistica dell’apprendente include la conoscenza del fatto che il verbo “morsicare” richiede un paziente; e di conseguenza, Raza deve avere il ruolo del paziente in quanto è il solo argomento del predicato nella frase.

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Cosa significa? Come possiamo sapere se l’input è sufficiente? Come possono le informazioni extralinguistiche aiutare l’acquisizione vera e propria, cioè l’interiorizzazione della regole linguistica, se per “comprensione” si intende comprensione a un livello di significato? Come potremmo comprendere qualcosa che va oltre la nostra conoscenza grammaticale, ma come possiamo trasformarla in acquisizione grammaticale?

Krashen non fornisce una risposta unica al riguardo ma ribadisce che questo è compito valutativo della sensibilità pedagogica e della professionalità del docente della L2 in base alle esigenze soggettive del discente.

Gregg (1984, 88) è più schietto nella risposta a queste domande: «I find it difficult to imagine extra-linguistic information that would enable one to ‘acquire’ the third person singular -s, or yes/no questions, or indirect object placement, or passivization.»