• Non ci sono risultati.

Cenni storici sul Bengala e il Bangladesh

Capitolo 3: CONTESTI

3.5 Cenni storici sul Bengala e il Bangladesh

L'ultimo “contesto” che si dovrà affrontare riguarda la storia del Paese oggi noto come Bangladesh. Si tratta di uno stato giovanissimo – la sua nascita risale infatti a poco più di una quarantina d'anni fa – che non ha ancora raggiunto una stabilità politica, ma che riveste un'importanza cruciale nell'economia globale sia per l'industria dell'abbigliamento a basso costo, sia

per la forza lavoro che, come si è visto, “mette a disposizione” dei paesi occidentali e mediorientali. Parlare della storia di questo Paese significa riconnettere le storie dei suoi migranti, e così dei miei interlocutori, a una terra attraversata da decenni di violenza politica e secoli di oppressioni. Una condizione che, come si avrà modo di vedere, ha il suo peso nel scegliere di restare lontani dal proprio paese di origine.

Dalle origini alla partizione dell'India (1947)

L'attuale Bangladesh si estende nell'area orientale di quello che è stato il Bengala, una regione che occupa la fertile pianura del delta del Gange e la cui storia è legata a quella dell'intero subcontinente indiano.

Dopo il passaggio dei popoli Arya provenienti dal Mar Caspio e della Russia meridionale (1700 a.C.), l'instaurarsi della dinastia dei Gupta (320-510 d. C.) con l'emergere dell'induismo e l'inglobamento della regione nell'impero Moghu'l (XVI secolo) e la conseguente conversione di massa all'Islam, fu il turno degli europei. Il primo ad arrivare nell'area fu il portoghese Vasco da Gama che sbarcò a Calcutta nel 1498. Seguirono presto gli inglesi.

Endrizzi (2002:24) ricorda che “fino alla fine del Settecento l'India rappresentava una delle zone più sviluppate del globo, con una buona organizzazione politica e una fiorente economia” e gli europei acquistavano qui spezie, tè, tessuti di lino e seta grezza pagandoli con l'oro delle Americhe. L'iniziale interesse economico nell'area degli inglesi si trasformò col tempo in dominio militare e politico. Stabilitisi a Calcutta con la Compagnia delle Indie Orientali, a inizio Settecento essi approfittarono della debolezza dell'ultimo discendente Moghu'l per conquistare via via il Bengala: dapprima appoggiarono l'ascesa del nawab (vicerè, nell'impero Moghu'l) Mir Qasim, presero poi la regione con la violenza. Il territorio divenne così una delle provincie dell'India inglese e dal 1793 fu spartito in permanent settlements (sistemazioni permanenti) con l'assegnazione dei terreni agli zamindar e taluqdar, classi di proprietari terrieri hindu. Contemporaneamente andarono a delinearsi nel Bengala due aree di influenza: una musulmana a est ed una indù ad ovest. La presenza

musulmana nel più ampio subcontinente era concentrata inoltre molto più a occidente, nel Punjab, dove si parlava urdu. Queste divisioni determinarono nel 1947, anno della partizione dell'India e della fine del dominio coloniale inglese, la nascita di due stati sovrani: l'India a maggioranza indù, e il Pakistan, a maggioranza musulmana. In questo frangente anche il Bengala venne diviso in due seguendo la suddivisione religiosa che già lo caratterizzava. La parte orientale del Bengala divenne così Pakistan Orientale; quella occidentale rimase all'India39.

L'indipendenza

Il nuovo stato pakistano era diviso in due grandi aree (Pakistan Occidentale e Orientale) distanti l'una dall'altra 1.500 chilometri e profondamente diversificate per lingua e condizioni economiche e sociali. L'area orientale (il futuro Bangladesh) contava circa il 60% della popolazione pakistana totale ed era la principale produttrice di materie prime. Nonostante ciò il centro politico era rappresentato dal Pakistan Occidentale e anche l'élite al potere era di etnia punjabi. La crescita economica dall'indipendenza in poi interessò principalmente la parte occidentale del paese, che riceveva, tra l'altro, i 2/3 degli aiuti economici provenienti dagli Stati Uniti (Bonazzi 2011:92). Le disparità tra le due parti erano palesi però ben al di là dell'ambito economico: nell'Est il numero dei medici era nettamente inferiore rispetto all'Ovest, lo stesso valeva per i college istituiti dall'indipendenza in avanti (se nel Pakistan occidentale erano passati da 40 a 271, in quello Orientale solo da 50 a 162); ai livelli più alti della burocrazia solo il 16% delle cariche erano ricoperte da bengalesi e anche nelle forze armate gli ufficiali di questa etnia erano un piccolissimo 5% (Bonazzi 2011:92).

Il malcontento di questa parte della popolazione del Pakistan non poteva che crescere. Presto trovò anche un nuovo partito a sostenerne la causa: l'Awami League (AL) guidata dallo Sheikh Mujibur Rahman. Tra gli eventi fondanti questa Lega ci fu la rivolta contro il governo pakistano che

39 La spartizione del Bengala tra Pakistan e India determinò lo spostamento di molti bengalesi di religione hindu

dall'area orientale del Bengala a maggioranza musulmana dove avevano fino ad allora vissuto verso l'India. Sui percorsi identitari e non solo di questi bengalesi che “cambiano passaporto” e dei bengalesi indù che decidono, invece, di restare nel nuovo Pakistan Orientale musulmano si legga Feldman 2003.

intendeva introdurre in tutto il territorio statale l'urdu, e solo l'urdu, come unica lingua. Le manifestazioni che interessarono tutto il Bengala ebbero il loro culmine il 21 febbraio 1952 quando la polizia uccise alcuni studenti e ferì molti altri manifestanti che difendevano la lingua bengali. Momentaneamente i moti per la lingua vennero fermati, ma la giornata del 21 febbraio diventerà un momento centrale per la memoria collettiva del futuro Bangladesh: è infatti dedicata ai martiri della lingua40.

Dagli anni Sessanta Mujibur portò avanti una battaglia politica per chiedere reale democrazia, un equo trattamento per il Pakistan Orientale, più tardi anche l'autogoverno. I suoi sforzi gli costarono, a più riprese, il carcere. Nel '69 dopo l'ennesima scarcerazione la folla festosa gli darà il soprannome di Bangabandhu (amico del Bengala/dei bengalesi) a cui il suo nome è tutt'oggi legato. Mujibur continuerà la campagna per l'indipendenza del Paese fino al 1970 quando, il nuovo dittatore del Pakistan, Yahya Khan, temendo per la situazione politica nel Bengala e per le pressioni internazionali, indisse le elezioni politiche per l'ottobre di quell'anno. Si voterà a dicembre e il risultato sarà una schiacciante vittoria per l'Awami League, votata in massa dai bengalesi. Il governo pakistano si rifiutò a lungo di riconoscere questa vittoria. Mujibur proclamò allora, il 26 marzo 1971, l'indipendenza del Bangladesh.

Seguirono nove mesi di durissima guerra anche perché i bengalesi non disponevano né di un numero di uomini, né di mezzi adeguati per combatterla. Come ricorda Bonazzi (2011:98), il Pakistan portò avanti, da parte sua, “un vero e proprio genocidio, etnico e culturale” contro la popolazione Bengali: furono ordinati stupri di massa (si parla di 200.000 o addirittura 430.000 donne bengalesi violentate, mentre dopo la guerra si registrarono tra 150.000 e 170.000 aborti, nonché 30.000 suicidi di donne); il paese fu controllato da collaborazionisti locali bengalesi che appartenevano, per la maggior parte, al partito Jamaat-e-Islami grazie ai quali, entro il maggio '71, furono uccisi un milione e mezzo di persone. Contemporaneamente circa dieci milioni di bengalesi

40 Molti tra i miei interlocutori maschi mi hanno più volte ricordato orgogliosi come il loro Paese sia l'unico in cui si è

combattuta una “guerra” per la lingua, il bangla. Il 21 febbraio è stato anche scelto dall'UNESCO come giornata in cui celebrare la lingua madre, in difesa della diversità linguistica.

cercarono rifugio nella vicina India. Indira Gandhi invocò l'appoggio della comunità internazionale, ma nessuno rispose. Prese allora iniziativa per favorire l'Awami League, a cui fu permesso di aprire una sezione a Calcutta e di organizzare un governo d'esilio. L'India addestrò anche un gruppo di 100.000 bengalesi (i Mukti Bahini) perché portassero avanti azioni di guerriglia nel loro paese e intervenne anche militarmente (cfr. Bonazzi 2011:98-101). La strategia funzionò: il 16 dicembre 1971 è il giorno della vittoria che sancisce la nascita del Bangladesh, la “terra del popolo che parla bangla”.

Quarant'anni di storia del Bangladesh: dal 1971 ai giorni nostri

Sheikh Mujibur Rahman diviene il primo presidente di un paese la cui Costituzione si basava su principi quali il nazionalismo, la laicità, il socialismo e la democrazia (Bonazzi 2011:101). Il governo si impegnò subito nella nazionalizzazione delle industrie e delle grandi imprese ma dovette fare i conti con i molti problemi del paese. Presto tornò il malcontento anche perché nel 1975 il Bangladesh si trovava sostanzialmente nelle stesse condizioni del dopoguerra. Proprio in quest'anno con un colpo di stato, forse voluto dalla Cia contro la tendenza socialista del nuovo governo bengalese (cfr. Della Puppa 2012:144), Sheikh Mujibur Rahman venne assassinato assieme a tutta la famiglia (ad esclusione di due figlie che si trovavano all'estero per studio, Sheikh Rehana e Hasina). All'interno della giunta militare che prese allora il potere, nel '76 emerse la figura carismatica del generale Zia ur-Rahman, noto eroe della guerra di liberazione. Zia fonderà il Bangladesh Nationalist Party (BNP) e si preoccuperà di eliminare tutti i possibili oppositori assieme alle rispettive famiglie. Nonostante un “inizio violento” presto il Paese raggiunse comunque una certa stabilità. La politica di liberalizzazione economica e di riapertura verso i paesi occidentali adottata fu però interrotta da una serie di golpe in cui Zia stesso trovò la morte nel 1981.

Arrivò così al potere il generale Hossain Mohammad Ershad che annunciò a breve elezioni democratiche. Ciò non avvenne e per anni la popolazione scese nelle strade a protestare con manifestazioni, hartal (scioperi generali), dimostrazioni, comizi. Solo nell'88 si tennero le promesse

elezioni a cui però non parteciparono i due maggiori partiti, l'Awami League e il BNP. Ershad ne uscì vittorioso (251 seggi su 300). Sotto la sua guida il Bangladesh si allontanò da quella linea secolare e laica che aveva caratterizzato la sua nascita: Ershad modificò la Costituzione e introdusse l'Islam come religione di stato. Le proteste non cessarono e nel 1991 il generale fu destituito. Si tennero allora le prime vere elezioni democratiche del Paese che portarono la vittoria a Khaleda Zia, vedova di Zia ur-Rahman e nuova leader del BNP.

Con la Zia il Bangladesh cominciò un rapido decollo economico e riprese a sviluppare i contatti con l'Occidente. Due anni più tardi il malcontento politico riprese e si concentrò su presunti brogli elettorali. Le manifestazioni contro il BNP vennero portate avanti da tre formazioni politiche: accanto all'Awami League di Sheikh Hasina, figlia del fondatore del Bangladesh vi erano il nuovo Jatyia Party di Mohammad Ershad e il partito islamista Jamaat-e-Islami, l'unico che aveva collaborato con i pakistani durante la guerra di liberazione. Le continue proteste di piazza, le prime sconfitte elettorali a livello amministrativo portarono Khaleda Zia a rassegnare le dimissioni. È il 1996 e la Corte Suprema di Giustizia affida il ruolo di primo ministro a Sheikh Hasina.

Al turno elettorale successivo, nell'ottobre 2001, vincerà la sua contendente, Khaleda Zia, grazie anche all'alleanza del suo BNP con il Jatyia Party e Jamaat-e-Islami, il partito fondamentalista. Il nuovo governo punterà sulla sicurezza, ampliando i poteri delle forze di polizia, e, ancora una volta, sui rapporti con le nazioni occidentali, ma anche con la Cina. L'avvicinarsi delle elezioni legislative previste per il gennaio 2007 ha visto nuovamente acuirsi la tensione politica: nuove manifestazioni e hartal organizzati dalle forze dell'opposizione a cui il governo rispondeva con la repressione. Le elezioni sono state così rimandate e si è passati a un governo tecnico. Solo a dicembre 2008 si sono tenute le elezioni che hanno visto assegnare il 75% dei seggi parlamentari nuovamente all'Awami League di Sheikh Hasina.

In pratica, dagli anni Novanta la politica bengalese è stata caratterizzata da un'alternanza al governo dei due maggiori partiti (BNP e Awami League). Quest'alternarsi di forze politiche è stato

accompagnato da periodiche epurazioni, esecuzioni politiche, attentati. Il clima di instabilità e violenza nel Paese è stato inoltre alimentato da un susseguirsi di scioperi generali (i famosi hartal) e manifestazioni di piazza che non hanno fanno altro che paralizzare periodicamente la vita quotidiana dei cittadini (cfr. Della Puppa 2012:145).

Queste stesse dinamiche, come si avrà modo di vedere meglio nella parte etnografica, si stanno ripetendo, come un copione a cui non si vuole rinunciare, anche mentre si scrive questo lavoro: le nuove elezioni previste per il 2012 sommate alle prime condanne contro i criminali di guerra della guerra di liberazione, hanno alzato i toni della contesa politica e della violenza di piazza, con il risultato che la consultazione elettorale è stata rinviata lasciandosi dietro una scia di morti e violenze.

A questo quadro politico a dir poco precario e violento si sommano tutta una serie di altri problemi: l'alto tasso di corruzione e la forte politicizzazione di tutti gli ambiti della società, università in prima fila, l'estrema vulnerabilità del Paese da un punto di vista ambientale (cicloni e inondazioni sono molto frequenti) e il sovrappopolamento (180 milioni di abitanti su una superficie di 147.570 km², pari a metà del territorio italiano, che fanno del Bangladesh lo stato più densamente popolato al mondo)41.

41 Cfr. Mantovan 2007:278; Della Puppa 2012:145-146; su questi temi ma anche sulla violazione dei diritti umani e