Capitolo 4: QUOTIDIANITÀ BENGALESI
4.1 LA CASA
4.1.2 Fare conoscenza, ovvero parlare di famiglia, matrimonio, lavoro
Le domande cosiddette “di rito”, quelle di quando si conosce qualcuno, seppur in certa misura automatiche, non sono così banali e innocue. Rivelano qualcosa di importante per chi le pone e per il sistema sociale, normativo di riferimento. Quando ho cominciato a frequentare le donne bengalesi e in questo modo le loro famiglie, le domande che mi venivano fatte da mariti o mogli indistintamente, erano sempre le stesse: dove abiti? hai i genitori? lavorano? hai fratelli o sorelle? che lavoro fai? guadagni bene? sei sposata? perché non ti sposi? perché non hai figli? Ecco i nuclei centrali: famiglia, lavoro e, soprattutto, matrimonio. Quest'ultimo argomento suscitava sempre un certo grado di curiosità: venendo a sapere che io, seppur fidanzata e convivendo da alcuni anni non mi ero ancora sposata e non avevo intenzione di farlo, ricevevo repliche del tipo: in Bangladesh non puoi non sposarti! E come mi ha detto Irene, con un leggero sorriso sulle labbra e negli occhi, in Bangladesh “Prima sposi, poi letto!”, e poi, “Tutti italiani fidanzati! Come!?!?” Questa reazione riflette bene quella che è la norma, il destino, verrebbe da dire, di ogni donna bengalese: una donna adulta si sposa prima di tutto. E poi ha dei figli49. Questo mi ribadivano sia gli
uomini che le donne con cui parlavo. La mia situazione perciò è molto lontana da quella “normale” per una donna della mia età: io convivo, non sono sposata, non ho figli. Tutto ciò non ha comunque
49 Avere figli, come già accennato, è una condizione essenziale per lo status di una donna. Non averne è motivo di
forti preoccupazioni e può determinare un divorzio. Ottavia Salvador, ricercatrice che ha partecipato al progetto dell'Università Ca' Foscari di Venezia (cfr. Chiaretti et alii 2013), mi ha riferito di due casi di donne bangladeshi ricongiunte col marito a Mestre, che non riescono ad avere figli. Questa situazione è fonte di sofferenza per queste coppie che stanno anche affrontando serie difficoltà economiche. La mancanza di lavoro in questo momento storico è, come vedremo nella prossima sezione, uno dei problemi più sentiti nelle famiglie bengalesi.
costituito un ostacolo al proseguire delle nostre relazioni. È stato semmai un motivo per raccontare un vissuto diverso. In un'occasione questa mia “situazione” di vita è stata addirittura spiegata con una motivazione culturale. Rachele parlando a una nuova arrivata, da poco ricongiuntasi col marito e che ha cominciato a frequentare le altre donne bengalesi del quartiere, giustifica il tutto dicendo che questa è “European culture”: una presunta cultura europea, secondo lei, prevedrebbe un fidanzamento di 5/6 anni e poi il matrimonio, così viene spiegato alla nuova conoscente.
Storie di matrimoni
Alle domande sul mio “stato civile” di solito seguiva la mia domanda su come mariti e rispettive mogli si fossero conosciuti. Tutti i miei interlocutori mi hanno risposto raccontando di come sia stata la famiglia a scegliere per loro il partner: in questo modo si sono sposati e dunque conosciuti50. Qualcuno mi ha così raccontato subito qualche dettaglio del proprio matrimonio, con
altri l'argomento è stato oggetto di discussione in ulteriori occasioni. In ogni caso, il matrimonio combinato è una prassi da tutti loro assolutamente rispettata. In genere gli sposi si sono incontrati almeno una volta prima del matrimonio, quando ancora le trattative erano in corso. Ma Enrico mi racconta fiero di essersi fidato ciecamente della scelta dei familiari e così la moglie l'ha vista direttamente per il matrimonio. Rachele invece ha incontrato diversi pretendenti che non le sono piaciuti. Ha così rifiutato le proposte finché non si è presentato il suo attuale marito. Daniela mi spiega di essere d'accordo con il matrimonio combinato. Ma da quando si è sposata lei, 9 anni fa, le cose in Bangladesh sono cambiate e, soprattutto in città, i giovani sempre più di frequente prima si conoscono e poi propongono il matrimonio ai genitori, che di solito accettano, non volendo assumere per forza la responsabilità sui destini dei figli. Sempre Daniela mi dice che quando si è sposata aveva un po' di paura: ad alcuni amici il matrimonio non era andato bene ed era seguito il divorzio. Lei è stata fortunata, perché suo marito è bravo: non beve, non fuma, torna sempre a casa, non ama stare in giro. Lei, suo marito l'ha conosciuto di fatto solo una volta arrivata in Italia. Ed è
50 Tutte le fasi del matrimonio, compresa la contrattazione, sono ben descritte in Gardner (1995:161-170). L'autrice fa
una cosa molto comune: per le donne bengalesi emigrare spessissimo significa conoscere non soltanto un paese nuovo ma anche il proprio marito51. Per Daniela i primi tempi non sono stati facili
perché giudica il marito una persona poco emotiva, uno che “tiene dentro”. Ma piano piano ha imparato a capirlo, a intuire la sofferenza che lei ritiene dovuta ai tanti anni già passati in Italia, lontano dalla famiglia e dagli affetti, e ad accettarlo così com'è. Ed ora sono felici.
Anche Vittorio mi ha parlato del fatto che con il matrimonio combinato la coppia si conosce piano piano ed è molto diverso dal modo di sposarsi in Italia dove ci si fidanza, ci si dice “I love you” e si “fa tutto prima”, compresi i figli, e solo dopo molti anni forse ci si sposa. In Bangladesh “dopo 13 anni dici I love you!”, mi spiega, riferendosi ai suoi 13 anni di matrimonio. Sua moglie mi dice invece che è proprio da quando è in Italia che ha potuto conoscere veramente il marito. Loro hanno vissuto parecchi anni in Bangladesh, prima di emigrare. Ma là Vittorio lavorava nella capitale, mentre la famiglia stava a Bhairab, e si vedevano una volta a settimana quando lui rientrava per una sola notte a casa.
Anche Enrico e sua moglie si sono conosciuti di fatto in Italia perché il loro matrimonio è stato arrangiato in un paio di settimane, per poter fare tutto prima del suo rientro in Italia, dove già lavorava, nel breve tempo delle ferie. Hanno passato assieme solo 7/8 giorni, nella casa di lei, a Barishal, che è a soli 10 minuti dalla sua. Poi lui è ripartito per l'Italia e ha cercato una casa adatta per poter far venire la moglie. In due settimane l'ha trovata e ha presentato la sua richiesta di ricongiungimento alla questura di Venezia. Ha aspettato 7 mesi, poi il tutto è passato all'ambasciata bengalese. Dopo altri 4 mesi Elena è potuta venire in Italia dove è cominciata la loro vita di coppia.
Per le donne che ho conosciuto il matrimonio è stato un momento cruciale perché ha significato interrompere percorsi di studio o lavoro già avviati. Rachele ed Elena non volevano sposarsi ma proseguire gli studi universitari. A Rachele il suocero ha anche promesso che avrebbe potuto farlo una volta sposata, ma non è stato così. È diventata madre e la sua vita è proseguita
51 Vale senz'altro anche l'inverso (cfr. Della Puppa 2012), ma sono state le donne a parlarmi del fatto che l'arrivo in
altrimenti. Nadia ed Irene in Bangladesh lavoravano come insegnanti nella scuola primaria. Nadia insegnava inglese e ha lavorato per un anno, prima di venire in Italia. In quel periodo abitava con la suocera e due cognati non sposati mentre il marito stava all'estero a preparare il ricongiungimento. Questi 17 mesi passati dalla suocera li ricorda con gioia. Lei era l'unica a lavorare e percepire un reddito. Le sue giornate le passava tra il lavoro a scuola e la casa, luogo delle preghiere e della cucina. Mi racconta che quando riceveva lo stipendio andava subito con suocera e cognati a fare compere, soprattutto di abiti. E pagava tutto lei. Le piaceva questa libertà di disporre di un proprio stipendio. Una o due volte a settimana faceva anche visita ai suoi genitori in un villaggio vicino e anche a loro offriva dei soldi per acquistare del cibo da mangiare tutti assieme. Irene insegnava lingua bengali prima di sposarsi. Il matrimonio e l'emigrazione in Italia hanno interrotto queste esperienze lavorative52. Ma la crisi economica che sta affrontando l'Italia, la crescente
disoccupazione, la perdita del posto di lavoro da parte dei mariti, ha spinto molte delle mie interlocutrici a pensare di cominciare a lavorare per assicurare un futuro migliore alle proprie famiglie. Parleremo di ciò, tra le altre cose, nella sezione dedicata al lavoro.