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Censura

Nel documento Indice Introduzione (pagine 84-100)

4.8 Censura

Cristo fra i Muratori uscì nel 1941, anno in cui l'Italia di Benito Mussolini era nel pieno del suo coinvolgimento nel Secondo Conflitto Mondiale e che si chiuse a dicembre con l'avventata dichiarazione di guerra da parte della Germania nazista e dell'Italia fascista a quella che già all'epoca era la più grande potenza industriale del mondo, gli Stati Uniti d'America. È un quadro decisamente scarno, eppure più che sufficiente per intuire perché la traduzione di un'opera proveniente dalla nazione a stelle e strisce − malgrado le origini italiane del suo autore − non abbia avuto vita facile nell'Italia del tempo, e perché si sia rivelato necessario all'inizio occultare il nome del traduttore principale, Bruno Maffi.

Nato a Torino nel 1909, Bruno Maffi, che tradusse il romanzo di Pietro Di Donato 3<<fra un carcere e un confino>>, coniugò per anni la sua proficua attività di traduttore all'impegno politico. Traduttore dal tedesco, dall'inglese e dal francese, Maffi rese fruibili al pubblico italiano le opere di Dickens, Stendhal e Steinbeck, per citarne alcuni, ma anche gli scritti di fondamentali figure del pensiero comunista, quali Marx, Engels e Trockij. Nel 1930 aderì al Partito Socialista, fu un militante antifascista e nel 1938 si avvicinò alla Sinistra Comunista Italiana per poi divenire, nel 1943, uno dei fondatori del Partito Comunista Internazionalista. Bruno Maffi era insomma un personaggio scomodo, nell'Italia mussoliniana, e fu proprio a causa delle sue posizioni politiche che la prima edizione di Cristo fra i Muratori, pubblicata dalla casa editrice Bompiani, comparve senza il nome del traduttore, per poi essere successivamente attribuita all'intellettuale slovena Eva Kuhn Amendola. Solo più tardi l'autorialità della traduzione venne riconosciuta a Maffi, che comunque si avvalse della collaborazione della Amendola.

3 Estratto di una mail inviatami dal prof. Mario Maffi, figlio del traduttore Bruno Maffi.

84 La pressione della censura fascista, com'è facile immaginare, non

influì soltanto sulla mancata assegnazione della potestà dell'opera al suo legittimo autore, ma anche sul contenuto: <<Fascist censors [...] initially allowed its publication, but then banned the first edition, imposing changes to the text and its presentation before granting permission for re-prenting the book (Polezzi, 2010: 141)>>. Sono diversi, i passaggi di Christ in Concrete che è stato ritenuto opportuno celare o modificare allo scopo di facilitare l'inserimento del testo tradotto in un contesto culturale d'arrivo assai complesso e oppressivo quale era quello italiano negli anni del fascismo; del resto si trattava di un romanzo apertamente di sinistra − Di Donato era iscritto al Partito Comunista dall'età di sedici anni − e a tratti anticlericale.

Prima di proseguire con l'analisi dei testi è bene specificare che l'edizione di Cristo fra i Muratori utilizzata per questo lavoro di comparazione è quella del 1961, edita da Mondadori, il cui contenuto − censure incluse − non ha però subito variazioni rispetto alle versioni degli anni Quaranta.

Un esempio di censura presente all'interno del testo italiano riguarda i Molov, ebrei russi che abitano l'appartamento dirimpetto a quello della famiglia Di Alba:

And the Jewish family who lived silently on the opposite side of the thin shadowy light-shaft−from there came the smells of cabbage soup and chicken fat. (Di Donato, 2004: 99-100)

E la famiglia russa che viveva isolata nell'ombra del ballatoio di fronte? Odore di zuppa di cavoli e di grasso di gallina. (Di Donato, 1961: 108)

"We are Russian Jews. My name is Louis Molov." "Is that the way it is in Russian also?"

"...No. In Russia it was Lazare Molovitch." [...]

"Loiy-ee," called his mother from the kitchen; and then she spoke in Hebrew. He answered her in the same tongue. To Paul it was incomprehensible, but it sounded ancient and rich.

85 "I have a brother Av-rom. He has a newspaper route, and studies law

at evening college." [...]

"Is your father a−rabbi?"

"No... but he is very religious. He cuts chicken's throats at the Jewish poultry markets. And on the side he teaches Hebrew." (Di Donato, 2004: 117-118)

<<Siamo russi. Mi chiamo Louis Molov: in russo, Lazzaro Molovitch>>

[...]

<<Loui...iii!>> chiamò la madre del ragazzo, poi parlò in russo e lui le rispose nella stessa lingua. Paolino non capiva nulla, ma gli sembrava una lingua antica e complicata.

[...]

<<Ho un altro fratello. È nel giornalismo e segue i corsi serali di legge.>> (Di Donato, 1961: 128)

Come si evince dai brani estrapolati, nel testo d'arrivo è stata inserita solo l'informazione relativa alla nazionalità dei Molov, mentre la loro appartenenza culturale e religiosa è stata debitamente occultata: gli ebrei non erano particolarmente apprezzati, ai tempi. Alcuni passaggi − come quello in cui viene chiesto a Louis se suo padre sia un rabbino − sono stati eliminati, così come è stato omesso il nome del fratello maggiore di Louis − <<Avrom>> − derivante da Abramo, capostipite del popolo ebraico.

Nel primo estratto è possibile inoltre notare l'intervento del traduttore sulla costruzione della frase, nella quale è stata inserita una formula interrogativa; la traduzione agisce sulla struttura sintattica e l'uso della punteggiatura attraverso la tendenza deformante nota col nome di razionalizzazione (Berman, 1999: 53).

Sebbene l'obiettivo di questo lavoro di tesi non sia quello di fare un confronto tra due traduzioni di una stessa opera, l'avere a portata di mano una traduzione più recente ha permesso di soddisfare una curiosità e di appurare − malgrado la cosa fosse più o meno lampante − il fatto che si sia effettivamente trattato di scelte traduttive dettate da

86 ingerenze esterne; nella versione di Sara Camplese sono state infatti

reintrodotte tutte le parti (con qualche omissione tutto sommato non determinante) che Maffi e la Amendola si sono visti costretti ad eliminare per ragioni storico-politiche:

E la famiglia ebrea che viveva isolata nell'ombra del ballatoio di fronte? Da lì giungeva odore di zuppa di cavoli e di grasso di gallina. (Di Donato, 2011: 149)

<<Siamo ebrei russi. Mi chiamo Louis Molov>>. <<Anche in russo suona così?>>.

<<No, sarebbe Lazzaro Molovitch>>. [...]

<<Loui...iii!>> chiamò la madre del ragazzo dalla cucina; poi parlò in russo e lui le rispose nella stessa lingua. Paolino non capiva nulla, ma gli sembrò una lingua antica e complicata.

[...]

<<Ho un altro fratello, Avrom. È nel giornalismo e segue i corsi serali di legge>>.

[...]

<<E tuo padre... è un rabbino?>>.

<<No... però è molto religioso. Per lavoro scanna le galline al mercato ebreo, e quando ha tempo insegna pure>>. (Di Donato, 2011: 173-174)

Un secondo caso di censura riguarda ancora una volta i Molov, nella fattispecie il brano incentrato sul personaggio di Leov, ucciso dalla polizia zarista durante la Grande Guerra, nella Russia della Rivoluzione d'Ottobre e del neonato bolscevismo leninista:

"Why did they kill him?"

"During the World War he tried to organize the peasants against war. I can still see him. I was very small. Thousands and thousands of people from all over Minsk came to hear him in the city square." The room was now dark, and Louis' voice lighted it.

"He made a great speech against the Czar and his war. He made the people cry. He did it even though father was making a lot of money by

87 the war. He hated money and war and cruel people. The crowds

carried him on their shoulders. I'll never forget."

They were both quiet but the beat of Louis' voice hung in the dark. "Then one day after the big snow father received an order for merchandise and he sent Leov to deliver it. When Leov got out on a country road the Czar's soldiers arrested him and brought him to a little prison. We did not know what happened to him. We were told later that the soldiers got drunk and he had a chance to run away, but he refused to because he said he had done nothing wrong and was afraid of no one. The soldiers later took him out in the woods and made him dig a large hole. They stripped his clothes from him and shot him. Soon after, the revolution came and these soldiers passed through town: one of them was wearing Leov's clothes. Mother recognized the suit. Father lost everything. Brother Max uptown sent for us and we ran away from Russia...." (Di Donato, 2004: 119) <<Perché l'hanno fucilato?>>

<<Perché organizzava i contadini... Mi par di vederlo. Era molto piccolo, allora, e dalle campagne migliaia di contadini accorrevano ad ascoltare la sua parola.>>

La stanza era buia, ora, ma la voce di Louis la illuminava.

<<Non ne abbiamo saputo più nulla. Papà perdette tutto quello che aveva, e infine fummo costretti a fuggire.>> (Di Donato, 1961: 129) Nella traduzione la lunghezza del brano è stata notevolmente ridotta, si è difatti preferito glissare sui particolari della cattura e del conseguente assassinio di Leov Molov, passaggio forse considerato spinoso, in un'epoca e in un'Italia in cui, quella di mettere definitivamente a tacere gli oppositori e gli avversari politici, era una pratica diffusamente utilizzata. Non è chiaro invece il motivo per il quale <<I was very small>> sia stato tradotto con <<Era molto piccolo>>, dato che la modifica non sembra risultare particolarmente funzionale al contenuto della frase.

Il terzo esempio di censura concerne l'episodio della giocosa <<crocifissione>> di Nazone, attuata dai compagni di lavoro in un momento di goliardia. La parte in questione − totalmente eliminata in Cristo fra i Muratori − occupa due pagine del romanzo, pertanto

88 inserirla qui avrebbe richiesto troppo spazio, riportare alcuni estratti

potrebbe però servire per comprendere sia i possibili motivi della sua rimozione dal testo italiano, sia il perché sarebbe stato invece importante mantenerla:

The men paid special attention to Nazone. He gloried.

"Man" he lectured, "though of the basest class, should observe the spir-it-tual...."

Fausta feigned tears and wailed raucously, "He is a good man−nay, a sainted one... oh oh−what a man beatific!"

[...]

"J-J-J-Jesu G-Giuseppe e' Mari," exclaimed Bastian, "what have we... a c-c-crucifixion! Who is to adorn the scaffold cross?"

Nazone clung to his jug and looked about.

"Nazone sonofabitch!" cried Fausta, "prepare yourself, for only the good are crucified!"

They fell upon him and began undressing him. [...]

They pushed him around the shanty and followed in drunken procession. He protested, then compromised that for each length of shanty he be refreshed from the jug. They did likewise. Through besotted tears they fixed the cross to the wall and roped him to it. The Lucy fashioned a crown of rope with nails pointing upward and placed it upon his head.

"I am dead of cold..." Nazone wept maudlinly. Orangepeel loaded the stove with dry timber. It roared, and the shanty became thick with smelly heat.

"Now I am dead of fire... oh oh this poor Christ," wept Nazone. (Di Donato, 2004: 153-154)

L'episodio − raccontato nella quinta sezione del capitolo intitolato Fiesta − presumibilmente eliminato perché potenzialmente disturbante e blasfemo, è in realtà assai significativo, giacché preannuncia − per mezzo della metafora della crocifissione − quanto si verificherà nell'ultimo, drammatico capitolo del romanzo: la morte sul lavoro di Nazone, anche lui come Geremio <<Cristo fra i muratori>>.

89 A seguire, una breve panoramica di altri passaggi di Christ in

Concrete che sono stati soggetti a censura in quanto contenenti allusioni alla sessualità o perché volgari o blasfemi:

"Blood of Saint Break-your-neck, don't remain gazing at me! Dig into the wall, pantaloon full of manure!"

[...]

"Bad luck on the Troywhore of a mother who spat you forth to plague honest fathers of family−curses to the day I set forth on your job forsaken by the Saints−"

Fausta tore his hat and threw it down; kicking it madly he yelled, "Maledicted is the Jew Christ who allowed your germination!" (Di Donato, 2004: 148)

Nasone lasciò cadere la cazzuola e imprecò contro la madre di Fausto e maledì il giorno che aveva messo i piedi in quel cantiere. Mastro Fausto gli strappò di testa il cappello, lo buttò a terra e, calpestandolo furiosamente, lo coprì d'insulti. (Di Donato, 1961: 158)

Oltre ad aver cautamente tolto di mezzo il turpiloquio, che d'altro canto caratterizza il colorito linguaggio del cantiere, il traduttore ha inoltre tramutato il dialogo del testo originale in discorso indiretto;

His godfather is near him with his legs snapped off and kicking the pointy ends about like a woman lying on her back and squirming in desire; he is all twisted, his face chopped in two, and he's trying to keep the lid of his one remaining eye open with his fingers. (Di Donato, 2004: 212)

Ai suoi piedi giaceva Nasone, polpa di un rosso vivo ed umido schizzata sulla terracotta in pezzi. Entrambi i piedi erano amputati e la punta scheggiata dello stinco sinistro aveva forato una tavola e puntava al cielo il ginocchio. Il torso era un mucchio di d'ossa peste e di brandelli di carne. Le braccia aperte erano stritolate, e incollata nel palmo destro stava la cazzuola. La testa, spaccata fino alla gola da un frammento di terracotta, era un frutto umano esploso. (Di Donato, 1961: 214-215)

90 Comparando i due estratti, si può notare come le perdite causate dalla

traduzione siano state compensate con delle aggiunte: messa da parte l'associazione − tanto originale, quanto impressionante − tra la posa assunta dal corpo ormai senza vita di Nazone e quella di una donna durante l'atto sessuale, il traduttore rielabora l'immagine, aggiungendo di sua iniziativa numerosi particolari inediti, inclusa la riuscita metafora del <<frutto umano>>. Nel momento in cui, come nell'esempio riportato, la creatività del traduttore − comunque vincolata al rispetto del testo di partenza − prende il sopravvento, si ha a che fare con un caso di riscrittura o <<imitazione parziale>>: <<la traduzione è qui un pre-testo per una riformulazione divergente>> (Nasi, 2008: 87). Come conseguenza della riformulazione effettuata dal traduttore, il testo italiano risulta decisamente più lungo rispetto alla versione originale. I due estratti appaiono infine diversi in termini di punteggiatura e costruzione del testo.

Bruno Maffi ed Eva Amendola, che hanno scritto Cristo fra i Muratori in un'Italia profondamente cattolica e controllata dal regime fascista, hanno dovuto dunque fare i conti con i cosiddetti vincoli extratestuali, ovverosia le limitazioni imposte al traduttore da fattori esterni, inclusi il contesto storico e sociale, e l'ideologia: <<Il vincolo ideologico è determinante in diversi modi: sia nelle scelte dei libri da tradurre, sia intervenendo direttamente a censurare o parafrasando o nascondendo con eufemismi espressioni considerate inaccettabili nella cultura di arrivo>> (Nasi, 2015: 130). Del resto, come scritto dall'intellettuale Erri De Luca:

Traduzione è anche un termine carcerario. È lo spostamento di un detenuto da un istituto all'altro. [...] le traduzioni vanno fatte come quando si sposta un detenuto: in ceppi, da scomodi. [...] La traduzione non è un passaggio libero, ma un trasporto sorvegliato (De Luca, 2001: 31)

Metafora, quella della detenzione in carcere che, nel caso di un personaggio come Bruno Maffi, risulta − con amara ironia − ancor più calzante.

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Conclusioni

Christ in Concrete non è certamente un libro facile; la straziante drammaticità dei contenuti e la grande eterogeneità che caratterizza l'aspetto formale del testo rendono il romanzo di Pietro Di Donato un'esperienza di lettura provante, ma intensa. Richiede uno sforzo seguire l'autore nei suoi improvvisi balzi da uno stile all'altro; nel susseguirsi furioso delle immagini e dei suoni del cantiere; nella sua narrazione a volte pomposa e a volte più asciutta; nell'uso alterno di un composto inglese americano e del particolare idioma degli immigrati italiani. Uno sforzo ancora maggiore è stato richiesto a chi l'opera non solo l'ha letta ma ha anche avuto il compito di tradurla. Proporre al pubblico italiano degli anni del fascismo un romanzo proveniente da oltre Atlantico e con una chiara impronta politica è stata una scelta sicuramente coraggiosa, per certi versi un azzardo, da parte dell'editore Bompiani e della coppia Maffi-Amendola. Come emerso dalla comparazione fra il testo originale e quello tradotto, il lavoro di trasposizione ha inevitabilmente comportato delle perdite, a causa di fattori sia linguistici che di carattere ideologico. L'intervento dei traduttori ha determinato, ad esempio, un appiattimento dato dalla diminuzione dei registri linguistici; nonché il venir meno di passaggi − talvolta anche piuttosto lunghi − che è stato ritenuto opportuno eliminare per rendere il prodotto accettabile agli occhi della censura fascista.

Nonostante la necessità di addomesticare il testo alle imposizioni dell'ideologia dominante, Bruno Maffi ed Eva Amendola sono stati comunque capaci di conservare la varietà degli stili, la vivacità dei dialoghi dei personaggi di origini italiane, la forza evocativa delle sequenze di stampo futurista; sono stati capaci di preservare − più in generale − lo stile e il messaggio del romanzo di Pietro Di Donato: la denuncia nei confronti di quelli che costruiscono avidamente i loro guadagni sul bisogno e il dolore di chi non ha i mezzi per far valere le proprie ragioni, la rabbia di coloro ai quali viene ripetuto che <<gli ultimi saranno i primi>>, ma continuano a rimanere in fondo alla fila.

92 Gli uomini e le donne raccontati da Di Donato aspettano in fondo alla

fila, ma aspettano in piedi − anche se con una gamba monca e la schiena dolorante − e di tanto in tanto tirano fuori un fiasco di vino per celebrare qualche gioia fugace.

Al di là del suo innegabile valore stilistico e letterario, Christ in Concrete è, infatti, anche un'essenziale testimonianza storica di una realtà, quella degli italiani d'America, abitualmente soggetta a rappresentazioni caricaturali e fuorvianti. Obiettivo di Pietro Di Donato − così come di numerosi altri autori della letteratura italoamericana del Novecento − è, non solo definire e preservare la propria identità, ma anche dar voce a chi a lungo è rimasto inascoltato. Per decenni la produzione letteraria italoamericana − quantunque originale e variegata − è stata, se non ignorata, comunque poco considerata in entrambe le sue patrie, Italia e Stati Uniti. L'interesse si è risvegliato a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, in non casuale concomitanza con la trasformazione dell'Italia da paese − solo − di emigrazione a meta di migranti provenienti dai territori dell'Europa balcanica, dell'Africa e, in tempi più recenti, del Medio Oriente.

Cambiano la provenienza e la destinazione di quelli che migrano, ma rimangono immutate le condizioni di chi arriva da ultimo in una terra straniera. I meccanismi di sfruttamento e di prevaricazione dell'uomo sull'uomo che si perpetuano di epoca in epoca e di nazione in nazione sono spesso gli stessi. A quasi ottant'anni di distanza dall'uscita del romanzo di Pietro Di Donato, si continua ad emigrare, si continua a morire sul lavoro, e gli ultimi continuano a rimanere in fondo alla fila.

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Bibliografia dei testi citati

ALFONSI, Ferdinando (1985) (a cura di) Poeti Italo-Americani: A Bilingual Anthology, Carello, Catanzaro.

ÅNHEBRINK, Lars (1950) The Beginnings of Naturalism in American Fiction, LundequistskaBokhandeln, Uppsala.

BAROLINI, Helen. Verso un'Identità Letteraria Italoamericana in "Altreitalie", n. 10 (luglio-dicembre 1993).

BERMAN, Antoine (1999) La Traduction et la Lettre ou L'Auberge du Lointain, Seuil, Paris.

BILLIANI, Francesca (2007) Culture Nazionali e Narrazioni Straniere: Italia, 1903-1943, Le Lettere, Firenze.

CAMILOTTI, Silvia (2010) Recensione al volume La Storia nella Scrittura Diasporica, a cura di Franca Sinopoli in "DEP. Deportate, Esuli, Profughe", vol. 13-14, pp. 401-404.

Nel documento Indice Introduzione (pagine 84-100)

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