• Non ci sono risultati.

Fortuna

Nel documento Indice Introduzione (pagine 46-59)

3.3.1 Ricezione e Traduzioni

Negli Stati Uniti, il romanzo di Pietro Di Donato è stato oggetto di una duplice ricezione: Christ in Concrete è stato considerato da alcuni una sorta di <<working-class bible>>, un'opera di denuncia sociale con una precisa impostazione politica, in cui l'autore condanna aspramente le furberie e le malefatte del sistema capitalistico a danno degli ultimi e dei diseredati; altri hanno invece definito il racconto di Di Donato una importante testimonianza della

46 realtà degli immigrati italiani nell'America della prima metà del

Novecento. Negli anni, la prima di queste due interpretazioni − tutto sommato conciliabili − ha generalmente prevalso sulla seconda (Polezzi, 2013: 166):

Even outside an explicitly political reading linking Di Donato to the Communist Party and to Marxist theories (or equally explicitly denying those links), the image of ‘worker’s bible’ stuck to Christ in

Concrete, eventually resurfacing, either on its own or side by side

with the increasingly visible and eventually dominant label attached to the book as one of the founding texts of Italian American literature. (Polezzi, 2013: 167)

In effetti, con l'emergere e l'affermarsi di una letteratura italoamericana, alla affiliazione politica attribuita al romanzo si è aggiunta anche quella etnica, e l'etichetta di <<opera capostipite della letteratura italoamericana>> si è affiancata − e spesso anteposta − a quella di <<romanzo proletario>>. Di Donato − figura marginale del panorama letterario statunitense − è quindi divenuto, nell'ambito della letteratura degli italiani d'America, un autore di fondamentale importanza, e se questo da un lato ha contribuito a dare nuova visibilità allo scrittore e al suo romanzo, dall'altro ha avuto l'effetto di confinarli al settore della letteratura etnica, limitandone di fatto il campo d'azione (Polezzi, 2013: 167-168).

Mentre negli Stati Uniti venivano date alle stampe le opere di Pietro Di Donato e di altri scrittori italoamericani facenti parte della cosiddetta <<seconda generazione>>, nel Belpaese il mondo della cultura era tenuto sotto scacco dalla censura fascista. Per i letterati che vivevano in un'Italia culturalmente oppressa, l'America rappresentava l'emblema della libertà intellettuale; non a caso gli anni Trenta furono un periodo di grande fermento per quel che riguarda lo studio e la traduzione delle produzioni letterarie americane, inclusi i lavori di alcuni importanti esponenti della letteratura italoamericana come John Fante e lo stesso Di Donato:

47 Critical reception of these works was mixed and tended to construct

Italian American writing as firmly ‘other’ from Italian literature even as it underlined the spirit of ‘Italianness’ it placed at the heart of individual works. (Polezzi, 2013: 168)

Il primo ad accendere i riflettori, in Italia, su Christ in Concrete fu Elio Vittorini, celebre intellettuale e americanista, autore − per la casa editrice Bompiani − di Americana, un'antologia di scrittori statunitensi contemporanei che fu oggetto, nel 1942, di uno dei più celebri casi di censura da parte del regime di Mussolini. Il 28 ottobre del 1939 il settimanale Oggi pubblicò una recensione di Vittorini relativa all'opera di Di Donato, al quale il letterato italiano riservò però delle critiche piuttosto severe (Billiani, 2007: 209-210):

For long stretches, the book is loaded with tedious old-fashioned psychology; with characters drowning in details of pure contingency... and with scenes developed according to a taste for an almost provincial realism that recalls the Italian realism that originated with Verga... This useless firing of big guns is due perhaps more to a bad habit and sluggishness of taste than to an ineluctable personal inclination. (Vittorini, 1939)

Nonostante le critiche, Christ in Concrete venne di lì a poco proposto al pubblico italiano (Marazzi, 2012: 179). Difatti, nel 1941 − anno in cui i rapporti diplomatici tra Italia e Stati Uniti divennero assai tesi a causa della dichiarazione di guerra di Mussolini − Bompiani pubblicò la traduzione italiana del romanzo di Di Donato, uscita pochi mesi dopo la traduzione di Ask the Dust di John Fante, realizzata da Elio Vittorini e intitolata Il Cammino nella Polvere (Traldi, 1976: 256). La prima edizione di Cristo fra i Muratori, inizialmente pubblicata senza il nome del traduttore, venne in un secondo momento attribuita ad Eva Kuhn Amendola, moglie del leader antifascista Giovanni Amendola. Secondo recenti ricerche portate avanti da Martino Marazzi e Paola Sgobba, pare però che Eva Amendola − principalmente traduttrice dal russo − si occupasse raramente di testi scritti in inglese. Sembra dunque che l'intellettuale lituana abbia contribuito solo parzialmente alla realizzazione della versione italiana del romanzo di Pietro Di

48 Donato; l'autore principale di Cristo fra i Muratori è stato

riconosciuto infatti nella persona di Bruno Maffi, tra i fondatori del Partito Comunista Internazionalista, traduttore − tra le altre cose − de Il Capitale di Marx, più volte esiliato e incarcerato dal regime fascista. Malgrado l'occultamento strategico del nome del traduttore − chiaramente poco gradito dal regime − e gli interventi fatti sul testo al fine di mascherarne, per quanto possibile, la natura di sinistra, Cristo fra i Muratori subì − poco tempo dopo la sua pubblicazione − una censura retroattiva e non ricomparve prima del 1944 (Polezzi, 2013: 170).

Nei decenni successivi, la versione del 1941 venne più volte ristampata, prima da Bompiani e in seguito da Mondadori. Al testo non vennero apportate modifiche di sorta; a cambiare − nel corso degli anni e con l'evolversi del contesto politico e culturale dell'Italia − furono piuttosto gli elementi paratestuali. Difatti, nell'edizione pubblicata in era mussoliniana, l'editore Valentino Bompiani giustificava − nell'introduzione all'opera − la scelta del romanzo di Di Donato sottolineandone l'italianità:

Non si ricollega insomma, né al Manzoni, né al D’Annunzio, né al Verga. Ma intimamente, spiritualmente, lo vedrà bene il lettore, è libro italiano come pochi altri libri di lingua italiana lo sono. Italiano è il sentimento che, di vertebra in vertebra, lo percorre. Sofferenza italiana, gioia italiana, l’una e l’altra all’estremo, vibrano nelle sue pagine. E i personaggi in esso soffrono all’italiana, con caldo dolore che cuoce, senza angoscia; all’italiana gioiscono, con entusiasmi impulsivi e immemori che provengono dal sangue, non da eccitazione. Si considerino, al riguardo, l’episodio della festa tra paesani, e le innumerevoli pagine in cui la vedova o l’orfano piangono il marito e padre morto, ad un tempo evocandolo e invocandolo. Tutto ciò, più che i dati esterni sull’ambiente dei nostri emigrati e sulle lotte loro di figli del popolo, ci colpisce e appassiona. È l’italianità come natura, che si manifesta prepotentemente nell’aspetto di un altro linguaggio: conquistato, non conquistatore. (Bompiani, 1941: 5)

49 Agli inizi dei turbolenti anni Settanta − nel 1973, per la precisione −

Edmondo Aroldi scrive invece, nell'edizione Mondadori di Cristo fra i Muratori, una introduzione decisamente anti-americana nella quale condanna le iniquità e le ingiustizie sofferte dagli immigrati italiani di cui Pietro Di Donato si è fatto portavoce:

A volte di un populismo palpitante, l’opera di Pietro Di Donato, autobiografica fin nei più minuziosi particolari, non oltrepassa mai le misure del ‘dossier’ di denuncia a carico di un’America ingrata, irta di contraddizioni sociali, chiusa nel falso equilibrio dell’ipocrisia morale puritana; né esplicitamente né velatamente, Cristo fra i muratori diventa mai un romanzo a tesi o un romanzo politico, intende essere piuttosto un dito puntato su piaghe che devono scomparire, che in una società modernamente organizzata non dovrebbero nemmeno esistere. In questa direzione, Cristo fra i Muratori conserva tutta la sua attualità. (Aroldi, 1973: 7)

Una più recente traduzione italiana di Christ in Concrete, ad opera di Letizia Prisco, è stata pubblicata nel 2001 da Il Grappolo, una piccola casa editrice campana con sede a Mercato San Severino. Ancor più recente è la traduzione di Sara Camplese, fatta uscire nel 2011 dalla casa editrice aquilana Textus, con prefazione di Fausto Bertinotti. La collocazione geografica e la fama indiscutibilmente più modesta degli editori − rispetto agli arcinoti Bompiani e Mondadori − rivelano uno scemato interesse nazionale nei confronti dell'opera e dello stesso Di Donato, a cui si è sostituita però una accresciuta affezione da parte di un pubblico più ristretto e localizzato. In Abruzzo, numerose associazioni hanno orgogliosamente rivendicato la corregionalità con l'autore − i cui genitori avevano origini vastesi − celebrandolo come una sorta di eroe, un'icona dell'esperienza migratoria abruzzese (Polezzi, 2013: 170-173).

Se in Italia − nonostante le nuove traduzioni − trovare Cristo fra i Muratori tra gli scaffali delle librerie è un'impresa piuttosto ardua, a livello transnazionale si è invece registrato − da una trentina d'anni a questa parte − un rinnovato interesse nei riguardi del romanzo di Di

50 Donato, alimentato dallo sviluppo − negli Stati Uniti − del settore dei

cosiddetti Italian American Studies (Polezzi, 2013: 173).

3.3.2 Trasposizione Cinematografica

Al 1949 risale Give Us This Day, adattamento cinematografico del romanzo di Pietro Di Donato, girato dal regista canadese Edward Dmytryck. Il film − i cui interpreti principali sono Sam Wanamaker e l'attrice italiana Lea Padovani − si apre con un litigio tra Geremio e Annunziata, quest'ultima intima infatti al marito − appena rientrato a casa, nella sera del suo compleanno − di andar via: <<You don't belong here anymore, this is not your home, go back to her>> (Give Us This Day, 1949). È dunque un Geremio inedito, quello rappresentato in Give Us This Day: il Cristo sacrificato e padre di famiglia devoto della versione letteraria si rivela in realtà un marito fedifrago. Il film pare quasi anticipare parte del contenuto di Three Circles of Light, romanzo del 1960 in cui Di Donato racconta l'infanzia di Paul/Pietro prima degli eventi che hanno portato alla morte del padre e dal quale emerge l'infedeltà dell'uomo nei confronti di Nunziatina (Fontecchio, 2013); infedeltà a cui l'autore sembra alludere anche nel capitolo finale di Christ in Concrete, nel passaggio relativo al lungo e tormentato sogno fatto da Paolino:

Paul wants to run to him and weep, to embrace his feel and smell, but he does not because his father behaves as an abashed stranger who feigns not to notice him. He wishes so to ask him, Father where have you been this long time? Where have you been living and what have you been doing? What have mother and the children done that you have run away? Have you forgotten you are our father? But when his father comes by he does not ask for he feels that his father is ashamed. He is hurt to think that his father has betrayed Annunziata. He loves his father. He will bring him back to Annunziata and the children without hurting his feelings. (Di Donato, 2004: 213-214)

51 Scacciato da Annunziata, Geremio si reca allora a casa di Kathleen,

una bella donna americana con la quale il muratore aveva avuto una relazione prima di conoscere Nunziatina, ma che all'epoca aveva rifiutato di sposarlo perché povero. Inizia qui il flashback che ci riporta agli inizi della storia d'amore tra Geremio e Annunziata, a quando entrambi sono ancora due giovani che − pieni di entusiasmo − sognano di avere presto una casa tutta loro, lontano dai sovrappopolati e cadenti tenements del ghetto; del resto si è nel pieno dei roaring twenties e sembrano esserci tutte le premesse per poter sperare in un futuro migliore.

A lungo, Geremio e Annunziata si impegnano a mettere da parte dei risparmi, al fine di raggiungere i cinquecento dollari necessari per poter acquistare la casa che desiderano. Gli anni passano e, nonostante la nascita di tre figli e il conseguente aumento delle spese, la coppia riesce ad accumulare quattrocentonovantacinque dollari; ma è il 1929 e − per volere di un destino beffardo − l'America piomba in una delle peggiori crisi economiche della sua storia, condannando il muratore alla disoccupazione. Nel momento in cui il sogno della casa sembra quasi svanire, Geremio riceve un'offerta di lavoro come capomastro (Cortés, 1993). L'uomo realizza ben presto, però, che le condizioni di sicurezza del cantiere sono assai precarie, motivo per cui i rapporti con i compagni di lavoro − suoi amici, ma in questo contesto suoi sottoposti − diventano tesi: <<Until this job is done I have no friends>> (Give Us This Day, 1949). Dopo non molto tempo, in effetti, Luigi − amico fraterno e cognato di Geremio − resta coinvolto in un incidente in cantiere, a seguito del quale rimane zoppo. È evidente, qui, l'incongruenza tra la scena del film di Dmytryck e quanto raccontato nel libro, relativamente alle dinamiche e alle tempistiche dell'incidente: nel romanzo di Di Donato, infatti, l'episodio in questione si verifica dopo la morte di Geremio e causa a Luigi la perdita della gamba; particolare che − viene da ipotizzare − probabilmente sarebbe stato complicato riprodurre, dati i limitati effetti speciali dell'epoca. Del resto risulta da subito chiaro che la pellicola è solo ispirata all'opera di Pietro Di Donato, ciò vuol dire che

52 non c'era né l'intenzione, né la necessità di mantenersi troppo fedeli al

racconto.

Profondamente scosso a causa di quanto successo, Geremio − imbattutosi in Kathleen − tradisce per la prima volta Nunziatina. A questo punto si conclude il ricordo e si ritorna al presente. Geremio, redento, rientra a casa e chiede perdono alla moglie, e il mattino successivo − il giorno di Venerdì Santo − si riappacifica coi suoi compagni: <<This is Good Friday, as is the custom I would wash my soul clean. I have wronged you, I have lied about safety measures, this job truly is a house of straw>> (Give Us This Day, 1949). Ciò che si verifica dopo è quello che Di Donato ha raccontato nel primo capitolo di Christ in Concrete: il palazzo crolla e Geremio perde la vita, sepolto in una gettata di cemento: <<Annunziata, forgive me! I tried!>> (Give Us This Day, 1949). In un certo senso, quindi, il film termina lì dove invece il romanzo comincia.

In seguito all'incidente, Nunziatina viene convocata all'Ufficio Liquidazione Infortuni, dove la congrega di burocrati descritta nel romanzo valuta quanto denaro spetti ai parenti del muratore come risarcimento per la morte del capofamiglia. La scena è caratterizzata da un monologo interiore di Annunziata, che ricorda i flussi di coscienza presenti nella versione letteraria e che rappresentano uno dei principali elementi stilistici dell'opera di Di Donato:

Who can tell them of his worth? I can say to them: he was my life. What do you have here? You, men with your clean faces and soft hands, what do you have that can repay me? With what can you repay me for my Geremio, my beautiful Geremio? What have you within these walls or within your hearts that you could offer me and say with decency it is worth Geremio? What can you offer to these children? What do you know of love, and dream, and tenement? How can you judge this man's life? How can you help? You are too late. Too late. (Give Us This Day, 1949)

A differenza di quanto si verifica nel racconto, a Nunziatina vengono assegnati mille dollari di indennizzo e assegni mensili per il mantenimento dei figli (Cortés, 1993). <<What are you thinking,

53 Annunziata?>>, chiede Luigi alla sorella dopo la sentenza, <<I am

thinking that, at last, Geremio has bought us a house>> (Give Us This Day, 1949). Nella scena finale, l'inquadratura indugia significativamente su Paul, che è l'ultimo ad uscire dall'ufficio.

Il film di Dmytryck, accostabile alle produzioni neorealiste italiane di quegli anni, fu molto apprezzato in Europa e nel 1950 si aggiudicò il Premio Pasinetti alla Mostra del Cinema di Venezia (Del Nobile, 2016); in America − preda al tempo della folle paranoia anticomunista alimentata dal senatore repubblicano Joseph McCarthy − la pellicola, distribuita col titolo Christ in Concrete, fu però oggetto di ostracismo da parte del cosiddetto Comitato delle Attività Antiamericane, che ne impedì la circolazione (Mascitti, 2014). Fu proprio per sfuggire al controllo maccartista, che Give Us This Day venne girato interamente nel Regno Unito. L'attore protagonista Sam Wanamaker, lo sceneggiatore Ben Barzman e lo stesso Eward Dmytryck − accusati di simpatie liberali e di avere legami col Partito Comunista − furono tra le numerose personalità del mondo dello spettacolo americano di quegli anni ad essere inserite dagli uomini di McCarthy nella famigerata Hollywood Blacklist.

3.3.3 This Woman e Three Circles of Light

Il secondo romanzo di Pietro Di Donato, dal titolo This Woman, viene pubblicato circa un ventennio dopo l'uscita di Christ in Concrete, nel 1958. In This Woman ritroviamo il personaggio di Paul Di Alba − oramai adulto e sposato − morbosamente geloso della moglie, tormentato dal ricordo del marito deceduto di lei, e ancora alle prese con una spiritualità travagliata (Montecchio, 2013). Criticato per la sua sostanziale mancanza di contenuto e definito: <<at best, simply a collection of Di Donato's sexual exploits and fantasies>> (Esposito, 1980: 47), il romanzo non fu apprezzato come il suo predecessore:

This Woman was a very experimental and sexually vulgar piece for its

54 despite its often poetic prose. [...] Because it carries the same intimacy

of Christ in Concrete, but tells a much more forbidden story for its time, This Woman was virtually condemned. (Montecchio, 2013)

Per quel che riguarda l'aspetto stilistico dell'opera, come per Christ in Concrete, anche in This Woman vi sono numerosi repentini slittamenti dalla terza alla prima persona, che segnalano il momento in cui il narratore si sofferma a esplorare la psiche dei personaggi, rendendo il lettore partecipe dei loro lunghi flussi di coscienza e indugiando spesso in particolari scabrosi:

He wants the reader as involved in This Woman as the characters themselves are. This is why he refuses to omit such sexually explicit material. It would subtract from the truth and emotion the novel contains, and which in turn led to the unfortunate harsh criticism this novel received. (Montecchio, 2013)

A proposito della scabrosità di This Woman, è verso la fine del racconto che viene raggiunto l'apice in termini di immagini macabre e raccapriccianti, con la scena che forse più di tutte ha urtato la sensibilità del pubblico, sebbene già in Christ in Concrete Di Donato non abbia risparmiato ai suoi lettori descrizioni impressionanti (Montecchio, 2013). La scena alla quale si fa riferimento è quella in cui Paul − in preda ad una gelosia folle, causata dal pensiero ossessivo della relazione d'amore che sua moglie Isa ha avuto anni addietro con un uomo ormai defunto, Jack Tromm − si reca al cimitero per riesumare il corpo di Jack e profanarlo. Qui di seguito un estratto del passaggio in questione, rappresentativo di quello che è − mediamente − il tono dell'intero romanzo:

He clove and splintered the polished coffin. Without pausing he hacked into the veneer and white silk lining, smashing apart the lid. In the uncertain darkness he kicked aside the debris from the corpse [...]. In the sepulchral shadows he became aware of the dead man's face between his feet; the very first instant of Isa's and Tromm's eyes meeting, the smiling and agreeing, the possibling and why-the-hell-notting [...] and the oh-ing and ah-ing [...] and kissing and smoothing

55 over genitals and the positioning and first entering and fitting and

pushing and pulling and sumping and squishing eggwhite squirting [...].

He slashed the aproned funeral suit from the corpse. The blued-black-white body was revealed; large, heavy spread, shapeless; the clerk's hands with spatulate fingernail, the lardlike nonathletic limbs resembling the snaps of him in bathing trunks on a beach with Isa; the undersized privates receded. (Di Donato, 1958: 189-193)

Passaggio considerato scandaloso e rivoltante, ai tempi dell'uscita del romanzo, per gli espliciti riferimenti sessuali e la scelleratezza dell'atto compiuto dal protagonista. Al di là dello scandalo suscitato dall'opera, Mark Fontecchio sottolinea comunque l'efficacia e la qualità della scrittura: <<Di Donato can certainly write, and much of this passage − gruesome or not − works poetically>> (Fontecchio, 2013). Secondo i

Nel documento Indice Introduzione (pagine 46-59)

Documenti correlati