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Centri maritainiani nelle Marche

Nel documento E JACQUES MARITAIN (pagine 187-193)

1. DEDICATI A MARITAIN

1.3. Centri maritainiani nelle Marche

È stato Carlo Bo a dire che la famiglia maritainiana ha trovato nelle Marche ampia espressione. Infatti, le prime istituzioni cultu-rali, che si sono richiamate al filosofo francese, si collocano a Fano e ad Ancona e risalgono agli anni Sessanta del ’900, e motivazioni sociali ed ecclesiali ne erano alla base (diremo più avanti perché), ma

è negli anni Settanta, in coincidenza con la morte del Pensatore che si ebbero le iniziative culturali che diedero luogo a quella che è stata chiamata la “Maritain - Renaissance” (vedremo più avanti in che cosa consiste); seguirono molteplici istituzioni e numerose iniziative a carattere maritainiano negli anni Ottanta che andranno decrescen-do nei decenni successivi (come cercheremo di spiegare più avanti).

Dunque gli anni Settanta rappresentano il periodo più significativo per la ricezione di Maritain nelle Marche, un vero e proprio successo che non si spiegherebbe, se non si considerasse quanto era avvenuto negli anni Sessanta, e che permette di capire il successivo sviluppo di tale ricezione fino alla situazione attuale, quando mancano i grandi eventi maritainiani degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, ma pur continua il pensiero di Maritain a essere presente come ispirazione di non pochi intellettuali operanti nella regione.

In questo senso, mi sembra legittimo affermare che quella di Ma-ritain è una presenza costante nella seconda metà del ’900, e che, solo da un punto di vista esteriore, tale presenza ha l’andatura di una parabola, per cui la fase ascendente si colloca negli anni Ses-santa e tocca il culmine negli anni Settanta e Ottanta, mentre la fase discendente inizia successivamente e con gli anni e si accentua.

Pur riconoscendo che la presenza maritainiana nelle Marche è stata maggiore dagli anni Sessanta agli anni Ottanta toccando il vertice negli anni Settanta, ritengo legittimo affermare che successivamente tale presenza è stata meno clamorosa, meno manifesta, meno iden-tificabile in specifiche iniziative, ma è stata pur sempre una presenza significativa, che ha animato tanto impegno culturale e sociale di cattolici laici operanti nel politico, nell’economico, nell’educativo e nel creativo.

Risale agli anni Sessanta la fondazione dei due Circoli culturali intitolati a Jacques Maritain: quello promosso da Valerio Volpini e quello promosso da Alfredo Trifogli. Che i due circoli fossero non solo espressioni di elite intellettuali è dimostrato dal successo che la loro attività riscosse. Pur nei mutamenti subiti e con pause di attività più

o meno lunghe, entrambi i circoli (soprattutto quello di Fano) sono a tutt’oggi presenti nelle rispettive realtà cittadine. Ciò la dice lunga sul significato che queste due istituzioni hanno avuto per la cultura rispettivamente di Fano e di Ancona tanto che non esiterei a dire che esse appartengono alla storia culturale delle due città, e hanno con-tribuito in misura considerevole alla loro identificazione culturale.

È stato fondato nel 2007 il Centro di ricerche personaliste “Raïssa e Jacques Maritain” (CRPRJM)a Acquaviva Picena (in provincia di Ascoli Piceno) da Giancarla Perotti Barra, la quale vive a San Bene-detto del Tronto e insegna Religione cattolica nella scuola secondaria di secondo grado e Didattica generale e Sociologia dell’educazione presso l’ISSR “Mater Gratiae” di Ascoli Piceno.

Coordinato dalla Perotti il CRPRJM ha realizzato in molteplici sedi (ad Acquaviva, Cossignano, San Benedetto del Tronto, ecc.) nu-merose e diversificate iniziative, alle quali ha invitato come relatori, tra gli altri, Piero Viotto, Attilio Danese, Giulia Paola di Nicola.

Al seminario di studi che nel 2007 ha inaugurato il Centro è stato invitato come relatore Giancarlo Galeazzi, il quale ha illustrato “La sfida del personalismo oggi”.(Il testo della relazione è stato pubbli-cato su “Prospettiva Persona”, n. 63, 2008, pp. 9-15). Dal canto suo la Perotti ha pubblicato nel 2009 la monografia Amore e giustizia nel pensiero di Jacques Maritain, prefato da Piero Viotto e edito da Il Cerchio di Rimini.

Infine, due cineclub sono intitolati a Maritain e operanti nelle Marche. Uno è il Centro culturale “Jacques Maritain” che fondato da don Gerardo Di Girolami (Cossignano (AP) 1931 – Cupra Maritti-ma (AP) 2013) è attivo a Cupra MarittiMaritti-ma (AP) presso la Parrocchia San Basso: coordinatrice del cine club è Caterina Di Girolami, refe-rente della Biblioteca è Valentina Curzi. L'altro, a Fano (PU), è stato istituito dal Circolo culturale “Jacques Maritain” è il Cineforum “J.

Maritain” presso il Cinema Gonfalone; attualmente ne è presidente Luca Caprara.

1. 4. Un convegno memorabile

È negli anni Settanta che il Circolo culturale “Jacques Maritain”

di Ancona divenne protagonista di una rinascita degli studi maritai-niani, e la cosa accadde dopo la morte del filosofo francese (1973).

Infatti, per ricordarlo degnamente, organizzammo un convegno in-ternazionale su Il pensiero politico di Jacques Maritain, il cui suc-cesso superò le più rosee aspettative; gli “atti” del convegno furono pubblicati in un volume nel 1974 e la seconda edizione apparve nel 1978 da me curata per i tipi dell’editrice Massimo di Milano, il cui proprietario, Cesare Crespi, veniva dall’esperienza dell’Azione Cat-tolica, era stato dirigente fucino ad Ancona, e da allora era legato da amicizia ad Alfredo Trifogli.

Ma torniamo agli anni Settanta, che sono stati fondamentali per lo sviluppo degli studi maritainiani. Al riguardo (come si diceva) si è parlato di una “Maritain - Renaissance”, che prese avvio dal conve-gno internazionale di Ancona sul pensiero politico di Maritain. Pur privilegiando ancora una volta l’aspetto politico del pensiero mari-tainiano, da Ancona fu avviata una riflessione che si sviluppò poi a trecentosessanta gradi, portando l’attenzione su aspetti finora poco frequentati dell’opera di Maritain, a partire dalla dimensione pro-priamente spirituale. Sotto questo profilo fu una felice definizione quella di Italo Mancini, il quale ebbe a dire che Maritain era un pen-satore nello stesso tempo laico e mistico, nel senso che aveva saputo esercitare una duplice fedeltà: a Dio e a gli uomini. Già Carlo Bo aveva richiamato l’attenzione sul Maritain non politico, insistendo sulla produzione estetica del filosofo, e sulla sua spiritualità, che lo avvicinava ai Piccoli fratelli di Gesù secondo l’ideale della “contem-plazione nel mondo” o “contem“contem-plazione per le strade”. Veniva così alla luce tutta la complessità di Maritain, che si configurava sempre più come il pensatore della “oltremodernità”, nel senso che aveva sa-puto collegarsi al premoderno e attraversare il moderno, realizzando una inedita sintesi postmoderna: dunque una antimodernità, quella maritainiana, che si poneva criticamente nei confronti del passato,

facendone propri i “guadagni storici” e superandone le “verità im-pazzite”. Nei vari campi della filosofia teoretica e pratica Maritain ha operato in questa maniera, e fin dai titoli di alcune opere questo si evidenzia con tutta chiarezza: così in epistemologia si parla di scien-za e saggezscien-za, in antropologia di diritti dell’uomo e legge naturale, in politica di uomo e stato. Tutta la filosofia maritainiana è, a ben vedere, elaborata alla luce del principio tomista del “distinguere per unire”, sulla base del quale Maritain individua i “gradi del sapere”, le

“articolazioni del reale” e i “piani dell’agire”, superando così le varie forme di monismo epistemologico, ontologico e assiologico.

Non è questa la sede per insistere su tali aspetti speculativi del-la riflessione maritainiana (che abbiamo presentato nel preceden-te Quaderno del Consiglio regionale delle Marche n. 253) né sulle conseguenze della presenza mritainiana a livello autorale e istituzio-nale (che presenteremo nella seconda parte di questo volume); qui interessa sottolineare che, a partire dagli anni Settanta si fece strada la convinzione che bisognava “rileggere” Maritain, evitandone ogni forma di riduttivismo, in particolare ideologico, quello per cui si poteva dire che la “fortuna” di Maritain era stata anche la sua “sfor-tuna”: insomma Maritain appariva ben più ricco e complesso del cosiddetto “maritainismo”, che soprattutto nel campo politico aveva decretato il successo del pensiero maritainiano. Certamente, la cosa aveva avuto i suoi aspetti positivi, in quanto aveva ispirato alcune delle manifestazioni più alte dell’etica politica dei cattolici, ma al-trettanto certamente aveva avuto i suoi aspetti negativi, portando a indebite identificazioni del suo pensiero e a discutibili ideologizza-zioni del suo pensiero politico.

Infatti, sia in vita sia dopo la morte, Maritain era stato fatto og-getto di strumentalizzazioni, attraverso cui si intendeva colpire non solo la sua persona, ma anche le impostazioni di apertura e di rin-novamento di cui direttamente o indirettamente si era fatto por-tatore. Si pensi, solo per fare qualche esempio, alla polemica degli anni Cinquanta da parte di un redattore de “La civiltà cattolica”, il

gesuita Antonio Messineo, che accusava Maritain di “naturalismo”;

una critica che faceva pendant con quella sul versante laico di un crociano come Remo Cantoni, il quale, presentando la traduzione italiana del libro Da Bergson a Tommaso d’Aquino, aveva caratterizza-to il pensiero maritainiano come un forma di “soprannaturalismo”.

Antitetiche interpretazioni si erano poi avute nel post-concilio con la pubblicazione de Il contadino della Garonna, letto, in rapporto al Maritain progressista, all’insegna della discontinuità da alcuni e dello sviluppo da altri. Negli anni Ottanta, poi, sulle colonne de “Il sabato” si rinnovò la polemica antimaritainiana in realtà per accusare Giuseppe Lazzati di cedimenti allo spirito del protestantesimo.

Al di là di queste e di altre polemiche (soprattutto all’estero: pen-siamo all’Argentina), è da riconoscere che tra gli anni Settanta e Ot-tanta fu tutto un fiorire di iniziative maritainiane: convegni e volumi testimoniavano un diffuso e sentito interesse per il filosofo francese.

In questi anni, infatti, prosegue la pubblicazione delle opere mari-tainiane in traduzione italiana: sia dalla Morcelliana di Brescia nella collana che gli era stata riservata, sia da tradizionali editrici maritai-niane come Borla (di Torino prima e di Roma poi), e La Scuola di Brescia, sia da nuove editrici che aprivano il loro catalogo al pen-satore tomista: così Vita e Pensiero di Milano, Massimo di Milano e Logos di Roma; per non dire della letteratura critica sul pensiero maritainiano. Qui basti accennare alle pubblicazioni da me curate:

sia sul versante antologico (per le editrici AVE e Cinque Lune di Roma, Messaggero di Padova, San Paolo, Dall’Oglio e Ancora di Milano, Città Nuova di Roma, La Locusta di Vicenza) sia sul versan-te monografico (per le rivisversan-te “Nuovo Chirone”, “Agorà”, “Prospet-tive pedagogiche”, “L’osservatore politico letterario”, “Il ragguaglio librario”, “Otto/Novecento”, “Cultura e libri”). In tal modo il pen-siero di Maritain ha certamente conosciuto una vasta diffusione e (cosa non secondaria) nella molteplicità degli aspetti della sua opera.

A tutto ciò va aggiunto l’elevato numero di volumi di “atti” che do-cumentano la stimolante attività di convegnistica: pubblicazioni che

si muovevano su un duplice versante: la storicizzazione del pensiero maritainiano, per un verso, e la sua attualizzazione, per l’altro.

1.5. La diffusione

Nel documento E JACQUES MARITAIN (pagine 187-193)