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Piergiorgio Mariotti: oltre Maritain

Nel documento E JACQUES MARITAIN (pagine 108-116)

DEL MARITAINISMO MARCHIGIANO Valerio Volpini e Alfredo Trifogli

5. ALCUNI TEOLOGI E MARITAIN

5.2. Piergiorgio Mariotti: oltre Maritain

Nato ad Ancona nel 1946 e morto a Loreto nel 2012, Piergiorgio Mariotti fu un teologo. Da sacerdote studiò teologia alla Pontifi-cia Università Gregoriana. Fu segretario dell’arcivescovo di Ancona Maccari negli anni ’60-’70. Fece parte del gruppo fucino di Ancona, ma operò anche a livello di FUCI nazionale. Fu autore del volume Natale e Antinatale (Paoline, Torino 1980). Svestito l’abito talare, visse a Osimo e Castelfidardo, dedicandosi alla scrittura e al teatro.

Pubblicò alcuni libri tra cui: Karol Wojtyla. Profilo critico del papa polacco (Napoleone, Roma 1983); Le due chiese. Il Vaticano e l’Ame-rica Latina, con prefazione di Enzo Santarelli (Il Lavoro Editoriale, Ancona 1985).

Come ricorda Massimo Papini, “legatissimo a don Armando (Candelaresi: vedi infra) era però figlio del suo tempo e coinvolto nei

fermenti politici di quegli anni (’70), pur, occorre dirlo, con grande originalità. Proprio per questo guardava con sospetto al tradizionale uso politico di Maritain, preferendone il progetto di liberazione, lo stesso poi sostenuto da Italo Mancini nel convegno (di Ancona del 1973), magari rivalutando proprio il Maritain contemplativo, criti-cato, come soleva dire, da certa sinistra frettolosa e tendenzialmente integralista, Ma per Mariotti la teologia contemplativa di Maritain era la base essenziale per un discorso di laicità”. Aggiunge M. Papi-ni: “non dimentichiamo che a un approdo non molto distante noi arrivavamo anche attraverso la lettura delle Lettere dalla Valnerina di Franco Rodano molto amato dai fucini in quegli anni”.

Per un approccio alla riflessione di Mariotti su Maritain si pos-sono vedere due suoi saggi, che fanno rimpiangere il fatto che non abbia proseguito negli studi maritainiani. Il primo contributo è in-titolato Primato della contemplazione e trasformazione del mondo in J. Maritain, ed è apparso nel fascicolo monografico “Humanitas”

(1975, n. 12, pp. 1060-1073) dedicato a Il pensiero politico di Jacques Maritain; oltre al saggio di Mariotti che apre il “dossier”, il fascicolo contiene contributi di Fernando Moreno Valencia, Renato Oma-cini, Giancarlo Galeazzi e Paolo Nepi. Il secondo contributo (che elaborò dietro mie insistenze) è intitolato Teologia, filosofia politica e scienze umane oltre J. Maritain, e chiude il fascicolo monografico di “Agorà. Filosofia e letteratura” (pp. 59-76) dedicato a Pedagogia e filosofia in J. Maritain e da me curato, con interventi di Giancar-lo Galeazzi, Giuseppe Dall’Asta, Enzo Monsù, Cosimo Scarcella e Luciano Piacentini. In entrambi i casi Mariotti cercava di dare tra-duzione a quell’andare “oltre Maritain” cui avevo invitato a conclu-sione del Convegno di Ancona del 1973, a partire dalla convinzione che comunque si giudichi la riflessione maritainiana, “si tratta di un pensiero robusto che affonda il bisturi, persino al di là dell’apparato concettuale impiegato, nei nodi della realtà cristiana”.

Nel primo saggio (pp. 1060-1073) Mariotti fin dall’inizio soste-neva: “È forte oggi presso molti cattolici la suggestione di utilizzare

il primato della contemplazione di Maritain per contrastare l’attua-le tendenza, presente nella teologia e nella chiesa, a riformulare il significato della fede all’interno di una prassi di liberazione intra-mondana, oppure di utilizzare la filosofia politica cristiana per con-trastare l’affermarsi di una teologia politica che, mentre assume i valori emergenti dalla storia, si limita a indicare, come funzione del cristiano e della chiesa, la critica trascendente ai progetti mondani, sia nella forma della memoria crucis, sia nella formula della riserva escatologica. Non credo – scriveva Mariotti – che ciò possa essere perseguito con successo, né credo sia giusto continuare a nutrire tali illusioni. Ciò perché nel cristianesimo, almeno interpretato secondo il principio cattolico, il primato della Parola di Dio non si oppone all’impegno di trasformazione della terra, ché anzi tende a promuo-verlo e a renderlo autenticamente efficace. E Maritain – aggiungeva Mariotti – è un ottimo testimone del senso tradizionale cattolico.

Anzi, in pochi pensatori cristiani ‘classici’ come in Maritain il prin-cipio della contemplazione non solo lascia spazio, ma fonda in modo radicale, e legittima, l’agire intramondano”. E Mariotti rilevava che

“tuttavia è evidente che rifarsi a Maritain oppure a Metz o Gutierrez cambia parecchie cose nel panorama delle scelte concrete dei cristia-ni e nella qualità della loro testimocristia-nianza di fede nell’ambito tempo-rale”. Mariotti si prefiggeva l’obiettivo di “analizzare l’elaborazione maritainiana il più obiettivamente possibile (...) e di vedere quali errori deve evitare e quali insegnamenti deve raccogliere colui che, non soddisfatto di Maritain, voglia confrontarsi più a fondo con la tenden-za al primato della prassi dominante oggi”. In questo contesto, però, Mariotti evidenzia come proprio Maritain, il quale “sottolinea tanto il primato della contemplazione, sia riuscito ad offrire una filosofia poli-tica che libera tanto spazio e legittima così radicalmente l’agire rivolto alla redenzione politica della terra”. Con Maritain, dunque, ma oltre Maritain.

Nel secondo saggio (pp. 59-75) Mariotti – dopo aver rilevato che

“non è ancora chiaro quanto e come il pensiero di Maritain abbia

effettivamente influito sulla cultura politica dei cattolici, specie in Italia e tuttavia è difficile negare che il riferimento viva in molta par-te del nostro modo di porre il rapporto tra fede e impegno politico – affermava chiaramente che, “in attesa che gli studi storici ci offrano più precise indicazioni, si pone, assai più urgentemente, il problema dell’oltre Maritain”. Questo Mariotti sostiene nella “consapevolezza che dal retroterra maritainiano ad oggi molti avvenimenti sia di or-dine storico che culturale sono intervenuti a modificare profonda-mente la coscienza politica dei cattolici”. Con tutto ciò Mariotti non esita a riconoscere gli aspetti qualificanti della riflessione maritainia-na, e ritiene che “Maritain sia stato anzitutto un filosofo e che la nota caratterizzante il suo pensiero sia stata la elucidazione e la proposta di una filosofia fondata su verità. Ancora, che il significato centrale della sua filosofia, significato che gli assegna una collocazione peculiare nel panorama dei pensatori contemporanei, sia stata la liberazione dell’intelligenza. Infine, per quanto riguarda la filosofia politica, che la lezione insostituibile che egli lascia sia la difesa della retta razio-nalità politica. Mette conto sottolineare che la peculiarità in ordine ai problemi della politica gli deriva, piaccia o no, dalla sua opera di filosofo e, per di più, di filosofo metafisico, di ispirazione cristiana, ri-gorosamente tomista. Opera di filosofo, non di teologo né di politico.

E già questo lo rende singolare e strano nel panorama attuale degli approcci al nesso tra fede e politica”. Ma “definite le tre peculiarità di Maritain”, Mariotti chiarisce “che cosa è cambiato dopo di lui nella coscienza dei cattolici” e giunge a indicare quelli che considera i suoi limiti, precisando che “naturalmente non si può rimproverare Mari-tain di avere queste carenze in ordine alla teoria politica. Egli ha vo-luto essere semplicemente un filosofo della politica, e un certo tipo di filosofo. C’è da rammaricarsi semmai – conclude Mariotti – per coloro che hanno voluto avviare una politica cristiana ritenendo suf-ficienti le indicazioni filosofiche di Maritain e prive di teoria politica ed esperienza storica accumulabile”. Secondo Mariotti, invece, “è la stessa filosofia politica che dietro la provocazione della teologia delle

scienze umane e dell’esperienza storico-politica deve assumere com-piti nuovi”. Come si vede, Mariotti svolgeva una duplice operazione:

di riconoscimento del ruolo svolto da Maritain, e di superamento delle sue categorie alla luce dei cambiamenti avvenuti, a partire dal Vaticano II e della nuova teologia.

5. 3. Pietro Palazzini: Maritain tra religione e società

Nato a Piobbico (in provincia di Pesaro Urbino) nel 1912 e mor-to a Roma nel 2000, Pietro Palazzini fu un cardinale della Chiesa Cattolica. Ordinato sacerdote nel 1934, fu professore e preside alla Facoltà teologica della Pontificia Università Lateranense. Fu nomi-nato vescovo da Paolo VI, che lo creò anche cardinale. Successiva-mente Giovanni Paolo II lo nominò prefetto della Congregazione per i Santi e, da ultimo, presidente della Corte di Cassazione della Città del Vaticano. Fu autore di un Trattato di teologia morale in 4 volumi (1053) e ideatore della “Biblioteca Sanctorum” (1961). Curò il Dizionario dei canonisti e moralisti (1962), il Dizionario dei Concili ecumenici (1963) e il Dizionario di teologia morale (1966). Nel 1983 fu insignito della medaglia di Giusto fra le Nazioni, perché si era prodigato negli anni Quaranta a favore di numerosi ebrei rifugiati politici a Roma. Fu nominato cittadino onorario di Cagli (PU).

Su Jacques Maritain era intervenuto negli anni Cinquanta, con un saggio su Religione e società in Maritain, pubblicato sulla rivista

“Studi Cattolici” (n. 8, 1958, pp. 14-24). Fu poi vicino agli Istituti Maritain, in particolare a quello italiano, adoperandosi per indivi-duarne una sede, e a quello marchigiano, intervenendo al convegno su mons. Vittorio Bartoccetti.

Al termine dell’articolo intitolato Religione e società in Maritain Palazzini afferma che “l’Autore (Maritain) fonda la maggior parte delle sue affermazioni sul piano storico (così tutto quello che dice sulla tolleranza civile), non sul piano dottrinale. E questa è certamen-te la radice della profonda divergenza della sua dottrina dalle parole e dallo spirito della dottrina cattolica tradizionale”. Ciò il Palazzini

sostiene, pur riconoscendo vari aspetti positivi di Maritain: “l’affer-mazione che Maritain fa del dominio e dell’influsso spirituale della religione rivelata in tutta la vita sociale e politica”; il riconoscimento del “complesso dei valori che esclusivamente o quasi solo la religione di Cristo può portare nella vita civile”; e “la difesa o rivendicazione che l’Autore fa della piena libertà della Chiesa nella vita politica”; il fatto è che queste posizioni si accompagnano secondo il cardinale ad alcuni aspetti negativi, a cominciare dalla “stessa posizione del problema (…) manca soprattutto un completo esame giuridico della questione”, per passare alla “posizione della dottrina stessa, che resta sempre assai indeterminata e generica”. Pertanto il cardinale ritiene di concludere che “quando si tratta, soprattutto, di enunciare i prin-cipi fondamentali, la dottrina dell’Autore rimane nebulosa, incerta ed ambigua sempre. Di conseguenza accade che tutta la posizione od architettuta dottrinale del Maritain può prestare il fianco ad un grave pericolo di errori e ad equivoci senza fine” (p. 24).

5. 4. Sergio Quinzio: Maritain datato

Nato ad Alassio (SV) nel 1927 e morto a Roma nel 1996, Sergio Quinzio fu teologo e biblista. Dopo la morte della moglie Stefania Barbareschi (sposata nel 1963 e dalla quale ebbe una figlia, Pia) nel 1973 si appartò a Isola del Piano (piccolo comune del Pesarese), dove visse per 14 anni continuando gli studi biblici (nel 1972 aveva pubblicato un suo Commento alla Bibbia) e sviluppando una origi-nale teologia, anche attraverso la collaborazione alle pagine culturali di quotidiani come “La Stampa” e “Corriere della Sera”. Tra le sue opere (oggi in gran parte pubblicate da Adelphi) segnaliamo: Diario profetico (1958), Religione e futuro (1962), Cristianesimo dell’inizio e della fine (1967), La fede sepolta (1978), Dalla gola del leone (1980), La croce e il nulla (1984), La sconfitta di Dio (1992) e Mysterium iniquitatis (1995). A carattere autobiografico sono i due volumi: La tenerezza di Dio. L’ultima intervista sulla vita e sulla fede a cura di Leo Lestingi (Liberal Libri, 1991; ora Castelvecchi 2013) e Mi ostino a

credere. Autobiografia in forma di dialogo, a cura di Gabriella Cara-more e Maurizio Ciampa (Morcelliana 2006).

Nel volume La speranza dell’Apocalisse pubblicato dalle Edizioni Paoline nel 1994 e poi nel 2002 (con presentazione di Carlo Car-retto e postfazione di Daniele Garota), Quinzio dedica un capitolo a “Maritain e Bloy”, dove scrive che “la storia sembra, in qualche modo dar ragione a Maritain” (piuttosto che a Bloy), in quanto la Chiesa concorda con il “filosofo neotomista che vedeva nel futuro il luogo dell’armonioso incontro tra umanesimo e cristianesimo”;

infatti “i papi e la Chiesa del Concilio e del dopo Concilio sventola-no la sua bandiera, così lontana dalle oscure aspettative di Bloy”. E aggiunge: a distanza di cento anni dalla nascita di Maritain, “le con-vinzioni di Maritain risultano ormai connaturate al comune modo di pensare dei cattolici, tanto che si stenta persino a coglierne l’origi-nalità”; secondo Quinzio, “non più integralismo rigido, gerarchico, piramidale, ma un integralismo morbido, che concede larghi spazi a parziali autonomie. Il Moderno non viene rifiutato, ma ‘purificato’

dai suoi errori e assunto nella dimensione che sola – si afferma (in Umanesimo integrale) – può autenticarlo”. Così “al rifiuto conserva-tore e reazionario del mondo moderno, che ha caratterizzato tanta parte del cattolicesimo contemporaneo, si sostituisce una specie di

‘assolutismo illuminato’ che vuol ricondurre il nuovo a continuità con l’antico”. Quinzio conclude osservando che il processo di mo-dernizzazione, “al quale Maritain ha contribuito da protagonista, per chi guarda senza illusori compiacimenti è datato”, secondo Quinzio, il quale puntualizza: “è datato a quegli anni ’30 in cui un po’ tutti, nella confusa parentesi tra le due guerre, parlavano di ‘nuovo corso della civiltà, di “uomo nuovo’, di ‘salto di qualità’”, mentre oggi sia-mo in tutt’altro clima.

5. 5. Carlo Maccari: Maritain fra azione e contemplazione Nato a Cantone di Parrano (in provincia di Terni) nel 1913 e morto ad Ancona nel 1997, mons. Carlo Maccari fu arcivescovo

di Ancona. Ordinato sacerdote nel 1936, fu assistente ecclesiastico dell’Azione Cattolica Italiana. Vescovo dal 1961, fu arcivescovo di Ancona e Numana dal 1968 al 1989, poi dal 1972 arcivescovo di Ancona-Osimo. Seguì e apprezzò l’attività del Circolo culturale Ma-ritain di Ancona e poi dell’Istituto Marchigiano MaMa-ritain di Ancona, in particolare intervenne a tre convegni svoltisi ad Ancona: quel-lo sul pensiero politico di Maritain nel 1973 promosso dl Circoquel-lo Maritain, quello su valori morali e democrazia del 1984 promosso dall’Istituto italiano Maritain, e quello sulla genesi del Vaticano II del 1987 promosso dall’Istituto marchigiano Maritain.

Carlo Maccari, portando il suo saluto augurale ai convegnisti ri-uniti ad Ancona il 28 novembre 1973 per riflettere e discutere sul pensiero politico di Maritain, disse tra l’altro che, siccome attorno alla “lunga sofferta fatica della politica” (“prendendo il termine nella sua accezione più alta e nobile”) Jacques Maritain ha operato , si può dire, per tutta la vita”, il Filosofo è “in grado di aiutare i cristiani e tutti gli uomini veramente pensosi del bene comune a trovare una risposta”. Mons. Maccari sottolineava come Maritain fosse “il pri-mo a riconoscere che il suo pensiero politico può essere discusso in alcuni aspetti, non invece nel suo punto focale”, che egli sintetizza in ‘un umanesimo teocentrico o integrale’. Al riguardo l’arcivescovo di Ancona affermava che, “nelle sue linee di fondo, il progetto ma-ritainiano sembra anticipare l’’umanesimo globale’ della Populorum progressio di Paolo VI” e precisava: “la Chiesa, in quanto comunità religiosa e gerarchica, si ferma qui: non è suo compito ‘tradurre’ in termini storici le grandi linee del ‘progetto’. Questo compito tocca ai suoi figli. In quanto membri della comunità politica, al pari degli altri cittadini, essi hanno il diritto-dovere di perseguire il bene co-mune”, rendendo così “testimonianza della potenza dello spirito”.

Ebbene, questa testimonianza, “Maritain l’ha resa, dal giorno della sua conversione al giorno del suo recente passaggio all’eternità, con una passione, una umiltà, una fedeltà, un’educazione, una fede, da sorprendere e commuovere”. E il vescovo aggiungeva: “Io penso che

non ci si possa accostare a lui soltanto con la freddezza implacabile della ricerca scientifica. Non lo si capirebbe in pieno. Maritain – questa la mia modesta convinzione sosteneva mons. Maccari – riflet-te la sua fede cristiana vissuta e trasparenriflet-te, pur quando tratta i più alti problemi dell’indagine filosofica e del pensiero politico. Senza confusioni, certo. Ma anche senza dicotomie”.

Nel documento E JACQUES MARITAIN (pagine 108-116)