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DI ANCONA E NON SOLO

Nel documento E JACQUES MARITAIN (pagine 197-200)

2. 1. Il contesto

Nel contesto dell’associazionismo culturale e di quello cattolico presenti ad Ancona, un posto di primo piano va certamente rico-nosciuto al Circolo culturale “Jacques Maritain”, che, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, segnò una stagione culturale dei cat-tolici di Ancona impegnati nella cultura: non solo perché affrontò temi propri della cultura, ma anche e soprattutto perché affrontò vari temi dal punto di vista culturale, e tenne l’uno e l’altro atteg-giamento sul doppio registro della fedeltà identitaria e della apertura dialogica. In effetto – e questo ne costituì una peculiarità – il Circolo era promosso da un gruppo di laici (un solo prete tra i diciassette soci fondatori, e anche successivamente i preti cooptati come soci si contavano sulle dita di una mano; complessivamente costituirono meno di un decimo del totale), e laici che procedevano in modo autonomo, pur in rapporto di rispetto e cordialità con la gerarchia.

Rappresentativo di tale impostazione fu Alfredo Trifogli, fondatore e primo presidente del Circolo che, dell’iniziativa, informò l’arcivescovo di Ancona, che era all’epoca mons. Egidio Bignamini (1945-1966), al quale, per la intitolazione del circolo, Maritain si rivolse per avere notizie sul gruppo dei soci fondatori e dare l’autorizzazione all’uso del suo nome per il nuovo Circolo, che poi operò in assoluta autonomia durante le diverse presidenze: da Trifogli a Galeazzi, da Valenza a Totti.

In proposito è da evidenziare una specifica modalità di essere presenti culturalmente ad Ancona da parte dei cattolici prevalen-temente laici che fondarono il “Maritain”; infatti, il Circolo ebbe un suo stile, nel senso che il suo modo di fare cultura lo rendeva diverso dal fare cultura di altri circoli cittadini e dal fare cultura di associazioni ecclesiali. Per questo mi sembra legittimo affermare che

il Circolo “Maritain” coprì uno spazio non coperto e inaugurò una originale presenza culturale di cattolici che risentiva della nuova tem-perie culturale, ecclesiale e sociale. Infatti, con le res novae il Circolo intese misurarsi fin da subito, e lo fece ispirandosi a un filosofo, il quale era importante su un triplice piano: sul piano ecclesiale, perché aveva anticipato o contribuito a preparare indirettamente il Con-cilio ecumenico Vaticano II; sul piano sociale, perché aveva operato da intellettuale nella resistenza al nazismo e contribuito a ridefini-re la democrazia pridefini-reparando la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; sul piano culturale, perché aveva testimoniato in prima persona fedeltà alla chiesa e autonomia di giudizio, partecipazione alle vicende del tempo e indipendenza valutativa. Un filosofo – oc-corre aggiungere – che aveva fatto discutere e continuava a far discu-tere, ma che aveva guadagnato una autorevolezza straordinaria tanto sul piano della riflessione teoretica, quanto sul piano dell’impegno pratico. Anche per questo la scelta di intitolargli il Circolo risultava estremamente indicativa.

Non è senza rilevanza, allora, il fatto che prestarono attenzione al circolo i vescovi di Ancona: mons. Egidio Bignamini (nato a Santa Cristina di Pavia nel 1887 e morto ad Ancona nel 1966, fu arcive-scovo di Ancona dal 1945 al 1966, e amministratore apostolico di Osimo dal 1964 al 1966), mons. Carlo Maccari (nato a Cantone di Parrano in provincia di Terni nel 1913 e morto ad Ancona nel 1997, fu arcivescovo di Ancona dal 1968 al 1989), mons. Felicissi-mo Stefano Tinivella (nato a Castagnole PieFelicissi-monte nel 1908 e Felicissi-morto a Torino nel 1978, fu arcivescovo di Ancona dal 1967 al 1968), mons. Dionigi Tettamanzi (nato a Renate in provincia di Monza nel 1934 e morto a Triuggio in provincia di Milano nel 2017, fu arcive-scovo di Ancona-Osimo dal 1989 al 1991) mons. Franco Festorazzi (nato a Perleto in provincia di Alessandria nel 1928, fu arcivescovo di Ancona-Osimo dal 1991 al 2004), mons. Edoardo Menichelli (nato a Serripola di San Severino Marche nel 1939, fu arcivescovo di Ancona-Osimo dal 2000 al 2017): tutti hanno sempre guardato con

interesse all’attività del Circolo, e i presidenti che si sono succeduti alla sua guida (da Trifogli a Galeazzi, da Valenza a Totti) hanno tutti intrattenuto con i rispettivi vescovi rapporti di grande cordialità nel clima di una preziosa autonomia laicale (ad intra) e laica (ad extra).

D’altra parte, è facile constatazione che lungo tutta la sua storia il Circolo ha operato all’insegna di un fecondo pluralismo di voci e di temi nell’ambito di diverse modalità di incontro: dalla relazione alla conferenza – dibattito, dalla tavola rotonda al seminario, al convegno.

2. 2. Alle origini del Circolo Nascita del Circolo

Per focalizzare la nascita del Circolo vanno tenute presenti due condizioni, vale a dire la dimensione culturale a livello locale e la di-mensione religiosa a livello ecclesiale. Ebbene, l’una e l’altra erano ne-gli anni Sessanta all’insegna di un vivace spirito di rinnovamento.

Infatti nell’Ancona di quegli anni era presente un’attenzione (più o meno ideologica) per la cultura: il che portava alla fondazione o rifondazione di circoli e istituti culturali diversamente ispirati ma ugualmente impegnati a riflettere e discutere sulla portata culturale della politica e, più in generale, della società. In più vasti orizzon-ti si collocava la seconda peculiarità di quegli anni, vale a dire lo svolgimento del Concilio ecumenico Vaticano II che, soprattutto, in ambito ecclesiale, ma non solo, andava suscitando un coinvolgente dibattito per le novità che esso prefigurava e che suscitavano diver-sificate reazioni, specialmente nel mondo cattolico. Al di là della connotazione che la cultura assumeva localmente, e che almeno in parte rifletteva linee di tendenza a livello nazionale, e, al di là delle valutazioni che sul Concilio si davano dentro e fuori la Chiesa, il clima era in genere improntato a speranza e fiducia nella convinzio-ne più o meno consapevole che si fosse in presenza di un momento storico importante dal punto di vista mondiale ma anche locale, e in modi diversi si avvertiva la necessità di un rinnovamento profondo a livello individuale e comunitario.

In proposito torna utile riferire la duplice precisazione che, sulle ragioni del Circolo, Trifogli ebbe a fare in occasione del decennale (nell’intervento pubblicato poi su “Quaderni marchigiani di cultura”

n. 3 del 1987). In primo luogo, riguardo alla fondazione del Circolo, è da puntualizzare che “si trattò di una iniziativa collegiale da parte di un gruppo di giovani estremamente interessati ai problemi della cul-tura; io (disse Trifogli) forse ero il più anziano, questo sì, ma in realtà fu una iniziativa collegiale, che insieme nacque e insieme fu portata avanti in uno spirito di profonda collaborazione e di grande disinte-resse, perché l’unico nostro intento era quello di offrire un contribu-to alla vitalità e allo sviluppo delle attività culturali della nostra città.

Non avevamo altre ambizioni e non presumevamo allora di allargare la nostra sfera di influenza al di fuori della città”. In secondo luogo, riguardo alla caratterizzazione del Circolo, è da puntualizzare (sono sempre parole di Trifogli) che “il campo di azione del Circolo era praticamente illimitato”, cioè non era limitato a questioni relative contenutisticamente alla cultura, e quindi “l’aggettivo culturale si-gnificava soltanto il taglio che noi volevamo dare all’impostazione dei nostri problemi: volevamo, cioè, affrontare i problemi del nostro tempo non per strumentalizzare certe situazioni, né per metterci al servizio di qualcuno, ma soltanto per ricercare la verità, per dialogare con gli altri, tenendo fermi i punti essenziali della nostra fede e di certi valori in cui noi profondamente credevamo”. Perciò si trattava di “portare avanti questo dialogo culturale con obiettività, con serie-tà, con sereniserie-tà, cercando di affrontare tutti quei problemi del nostro tempo che potevano suscitare l’interesse della comunità in cui noi eravamo inseriti, e tenendo particolarmente presenti i problemi e il mondo dei giovani”. (La citazione è letterale, solo con la modifica-zione dei tempi verbali).

Ecco, nella maniera più sintetica ed efficace, individuate le co-ordinate che permettono di identificare il Circolo: il suo carattere collegiale a livello di fondazione e di gestione; la sua finalizzazione culturale in senso non solo oggettuale ma soprattutto procedurale,

Nel documento E JACQUES MARITAIN (pagine 197-200)