• Non ci sono risultati.

I vari centri di responsabilità rappresentano, insieme allo stesso processo di controllo, un elemento essenziale della dimensione materiale del controllo. I centri di responsabilità sono quelle unità organizzative il cui titolare è ritenuto responsabile del conseguimento di uno specifico insieme di risultati e/o dell’uso di determinati fattori produttivi.11 L’insieme dei centri di responsabilità costituisce la mappa delle responsabilità, la definizione delle mappa delle responsabilità consente, mediante la distribuzione delle responsabilità in azienda il loro coordinamento, la diffusione di una mentalità manageriale all’interno della struttura organizzativa e allo stesso tempo incentiva, attraverso la definizione di un appropriato processo di controllo, comportamenti in linea con le finalità aziendali. La mappa delle responsabilità costituisce la premessa per il buon funzionamento del processo di controllo. Per tale motivo la direzione aziendale deve porre particolare attenzione alla sua definizione. La mappa delle responsabilità deve essere flessibile, cioè in grado di adeguarsi al mutarsi delle condizioni che ne determino l’esistenza, anche se, cambiamenti frequenti nell’articolazione delle responsabilità attribuite ai singoli manager possono incidere negativamente sulla loro motivazione e non consentire il conseguimento degli obiettivi. I titolari dei centri hanno responsabilità relativamente ai profili qualitativi, con riferimento alla qualità dei prodotti o dei servizi forniti, ai tempi di consegna e alla soddisfazione dei clienti, in termini di quantità prodotte o consumate, oppure mediante l’ausilio di indicatori economico-finanziari che esprimono le performance conseguite da tali aree. Tutti i centri di responsabilità vengono progettati e implementati in base alle caratteristiche dell’ambiente in cui opera l’impresa, alle strategie implementate, allo stile di direzione e alla struttura organizzativa. I centri di

33 responsabilità si distinguono in base alle grandezze contabili sulle quali i manager sono responsabilizzati in:

Centri di costo e centri di spesa; Centri di ricavo;

Centri di profitto;  Centri di investimento.

Si definiscono centri di costo le unità organizzative responsabili delle risorse impiegate per ottenere determinati livelli di output, in cui i manager vengono ritenuti responsabili di alcuni elementi di costo, relativi a fattori produttivi e risorse da utilizzare. Si tratta di manager che hanno la funzione di controllare che i diversi fattori produttivi vengano impiegati con efficacia ed efficienza. Può essere costituito un centro di costo che riguarda sia la produzione di un prodotto che l'erogazione di un servizio. Tale tipologia di centri è a sua volta divisibile in:

• Centri produttivi finali; • Centri produttivi ausiliari; • Centri di spese generali.

Nel primo caso si guarda alle modalità d’impiego di fattori produttivi; l’obiettivo è rispettare i criteri di efficienza. Le attività che vengono svolte devono essere misurabili allo scopo di rendere possibile l’utilizzo di parametri obiettivo di tipo economico- monetario. Nel secondo cambia la destinazione dell’output, che in quest’ultimo caso è destinato, non all’esterno, ma è diretto a qualche altro centro di responsabilità. Relativamente ai centri di spese generali, essi hanno l’obiettivo di controllare se l’attività aziendale sia efficace. I fattori produttivi utilizzati in questo centro sono difficilmente misurabili, di conseguenza, si utilizzano parametri obiettivo di tipo qualitativo. Possiamo fare un’ulteriore tipo di distinzione dei centri di costo, essi si distinguono in: centri di costo standard e centri di costo discrezionali. I centri di costo standard sono quei centri di costo all’interno del quale è possibile determinare con precisione gli input necessari per produrre le singole unità di prodotto o servizi, nonché il volume di produzione.12 Si

34 caratterizzano per la prevalenza di costi parametrici, come ad esempio costi per l’acquisto materie prime. L’efficienza viene misurata sulla base della quantità di input utilizzato per produrre la quantità di output richiesto. Le performance raggiunte dai manager vengono misurate attraverso il confronto tra un costo standard, costo della quantità dei fattori produttivi, con il costo effettivamente sostenuto.

I centri di costo discrezionali o centri di spesa invece sono quei centri in cui la relazione tra input e output è difficilmente individuabile ed esprimibile attraverso coefficienti standard. Troviamo una presenza rilevante di costi non parametrici dove risulta complicato valorizzare l’output in termini monetari; esempi di costi discrezionali sono i costi di ricerca e sviluppo o spese di formazione. Il controllo, solitamente, viene fatto attraverso il confronto tra spese sostenute dal centro di spesa e quelle preventivate, la costruzione di indicatori deve partire dall’identificazione delle attività che vengono realizzate dall’organizzazione, a queste attività è importante associare obiettivi di efficacia, misurabili attraverso i tempi di risposta e il livello di servizio erogato. Inoltre al fine di comprendere le performance raggiunte dal centro, potrebbe essere utile anche il confronto tra spese sostenute per tali funzioni da altre imprese operanti nello stesso settore.

Si definiscono centri di ricavo le unità organizzative la cui responsabilità è limitata alla vendita di mercato; i manager sono ritenuti responsabili dei ricavi conseguiti. Ai centri di ricavo viene assegnata la funzione di vendita di beni o servizi prodotti da altri centri di responsabilità, difatti i puri centri di ricavo non impiegano fattori produttivi, ma ad essi vengono assegnati obiettivi di efficacia e di efficienza. Questo avviene solitamente con due tipologie di indicatori:

 Il volume;  Il mix

Il volume ha il compito di realizzare obiettivi di efficacia, ad esempio la retribuzione che cresce al raggiungimento di certi obiettivi di volume di vendita non ha nulla a che fare con l’impiego di fattori produttivi, ma è un mero obiettivo di efficacia. La seconda tipologia di indicatore, il mix, ha invece la funzione di controllare l’efficienza attraverso il margine di contribuzione che si andrà a realizzare. Normalmente non tutti i prodotti realizzano lo stesso margine di contribuzione e le tipologie dei prodotti che si ha

35 intenzione di vendere corrispondono a determinate percentuali del fatturato, di conseguenza, una variazione del mix di vendita può causare una variazione del margine rispetto alle previsioni anche nel caso in cui il volume della produzione consuntivo venga confermato. Le leve strategiche che i centri di ricavo controllano consistono nello svolgimento di attività di vendita senza avere la possibilità di gestire il prezzo. La leva del prezzo consiste nell’attività di pricing o di redazione del catalogo di vendita. Più semplicemente fanno parte della gestione del prezzo la scelta degli sconti applicabili e dei diversi metodi di pagamento. Particolare attenzione inoltre, deve essere posta anche sui costi sostenuti nei centri di ricavo. I responsabili delle vendite o del marketing, per garantirsi il più altro livello possibile di vendite, potrebbero provocare un incremento indiscriminato dei costi sostenuti nel centro di loro competenza. Per tale motivo, spesso, i titolari sono responsabilizzati anche su alcuni costi, come le spese di pubblicità o gli stipendi erogati agli addetti alle vendite.

I centri di profitto sono quei centri di responsabilità in cui i manager sono ritenuti responsabili del profitto conseguito. Per parlare di centri di profitto è necessario che i titolari degli stessi siano in grado di influenzare in maniera rilevante attraverso le decisioni prese sia i costi sostenuti che i ricavi conseguiti. I centri di profitto si differenziano dai centri di investimento in quanto in quest’ultimi è prevista la responsabilizzazione anche sul livello degli investimenti realizzati, cioè, sul capitale, sia esso circolante o fisso. I centri di profitto possono essere distinti in autonomi, semiautonomi e fittizi in base all’intensità con cui i loro titolari possono influenzare l’ammontare dei profitti.13 I centri di profitto autonomi sono quelle unità organizzative in cui il titolare può influenzare in maniera significativa i ricavi, incidendo sul volume di produzione e vendita, sul mix produttivo e sul prezzo di vendita, nonché i costi mediante la scelta dei fornitori e l’efficiente utilizzo delle risorse. L’assenza di scambi reciproci di beni e servizi con altre unità organizzative e un’ampia autonomia nei confronti della direzione assicura che il risultato conseguito dal centro sia effettivamente attribuibili alle decisioni prese dal suo titolare. I centri di profitto semiautonomi sono quelle unità organizzative caratterizzate dalla presenza di numerosi scambi reciproci di beni e servizi con altri centri di responsabilità. Tali scambi a prezzi interni di trasferimento possono essere influenzati da valutazioni soggettive che

36 possono incidere sulle performance raggiunte nei singoli centri, avvantaggiandole o penalizzandole. I centri di profitto semiautonomi sono comunque veri e propri centri di profitto in quanto i loro responsabili, mediante le loro decisioni, possono influenzare in maniera rilevante il profitto ottenuto scegliendo, a seconda della convenienza, se rivolgersi a mercati di approvvigionamento e di sbocco esterni o interni. I centri di profitto fittizi sono spesso centri di ricavo o di costo i cui titolari sono responsabilizzati sulla differenza fra ricavi e costi al fine di sensibilizzarli sul profitto. Anche un centro che fornisce esclusivamente servizi internamente può essere considerato a tutti gli effetti come un centro di profitto semiautonomo o addirittura autonomo nel caso in cui i propri clienti possono liberamente scegliere di rivolgersi a mercati di approvvigionamento esterni. In tal caso, infatti, il responsabile del centro può influenzare significativamente il profitto fornendo prodotti e servizi di qualità, garantendo tempestività nelle consegne e servizi di assistenza clienti efficace. 14

I centri di investimento sono quelle unità organizzative i cui titolari sono ritenuti responsabili del rendimento conseguito rispetto agli investimenti effettuati. Le figure responsabili per questa tipologia di centri sono gli amministratori delegati o i direttori divisionali. I responsabili devono essere in grado di influenzare con le proprie decisioni oltre ai costi e ricavi conseguiti, anche tutti gli investimenti utilizzati per generare profitto. In generale vi sono due tipologie di responsabilità che vengono classificate come:

 Responsabilità di ROI;  Responsabilità di ROE;

Vengono utilizzati gli indici di bilancio come parametri obiettivo per responsabilizzare i manager titolari. Vediamo qual è la differenza tra i due tipi di indicatori.

Il ROI (retourn on investiments), misura la redditività del capitale investito, ed è dato dal seguente rapporto:

Reddito operativo Capitale investito

Questo indicatore utilizza grandezze ricavate dalla riclassificazione del conto economico e dello stato patrimoniale. Il reddito operativo si trova calcolando il risultato aziendale al

37 lordo della gestione finanziaria e straordinaria. Il capitale investito è anch’esso una grandezza trovabile dalla riclassificazione dello stato patrimoniale e rappresenta le risorse investite esclusivamente nell’attività operativa, non considera le fonti di finanziamento generate dalla gestione. È importante sottolineare l’attenzione da porre al principio di coerenza per la costruzione dei parametri obiettivo. Coerenza significa considerare al numeratore valori economici che dipendono dall’impiego del denominatore, ad esempio se nel reddito operativo vengono calcolati anche i proventi finanziari, al denominatore si dovranno considerare le risorse finanziarie impiegate.

Il ROE (retourn on equity), indica la redditività del patrimonio netto. Si tratta specificamente del rapporto tra:

Utile di esercizio Patrimonio netto

L’utile dell’esercizio viene individuato nel conto economico e il Patrimonio netto si trova nel passivo dello Stato patrimoniale. La differenza sostanziale sta nel fatto che una responsabilità di ROI non comprende nella valutazione dell’attività del manager la gestione finanziaria, straordinaria e la fiscalità. Nella responsabilità di ROE, invece, vengono comprese anche quelle variabili, quindi il responsabile deve avere la capacità di gestire le modalità con cui l’azienda reperisce le fonti finanziarie. Ogni centro di investimento può essere suddiviso in centri di profitto, di ricavo e di costo. In un’organizzazione di tipo divisionale anche le singole divisioni rappresentano un centro di investimento, in quanto i loro responsabili hanno la possibilità di prendere tutte le decisioni a esse relative. In un organizzazione di tipo funzionale solo l’azienda può essere considerata un centro di investimento, al cui interno sono presenti centri di costo, quali la funzione di produzione, di amministrazione, di approvvigionamento e centri di ricavo, come la funzione marketing.15

38

CAPITOLO 2

Principali differenze tra la produzione in serie e la produzione su commessa

In termini generali per commessa si intende un lavoro commissionato, ordinato da un cliente, svolto nel rispetto di determinati parametri e standard, quali: tempo, costi e qualità del lavoro.

Il prezzo della commessa può essere stabilito all’inizio o alla conclusione dei lavori, ovvero in via forfettaria o “a consuntivo” in base all’effettivo utilizzo delle risorse necessarie e del tempo impiegato per portare a termine il lavoro.16 Esistono diversi modi per classificare le commesse; quello temporale è il più semplice e più utilizzato.

Di conseguenza le commesse vengono classificate in: commesse di breve durata e in commesse di lunga durata. La prima tipologia è relativa a commesse che si realizzano in un tempo inferiore all’anno e i cui processi produttivi vengono caratterizzati da un certo grado di standardizzazione; la seconda tipologia si riferisce alle commesse pluriennali, la cui esecuzione è più complessa sia dal punto di vista organizzativo che gestionale. Nel 1979, Hayes e Wheelwright hanno trattato il tema dell’organizzazione della produzione in base al tipo di processo impiegato e alla tipologia di prodotto realizzato, rappresentando il tutto in una matrice, chiamata matrice “prodotto-processo” o matrice di Hayes e Wheelwright.

Tale matrice si occupa della programmazione del sistema produttivo, ponendo in relazione volumi di produzione con variabilità/continuità del processo. Evidenzia che le caratteristiche di un processo produttivo devono essere coerenti con le caratteristiche della domanda. Una domanda costante e standardizzata implica una maggiore attenzione all’efficienza e ai volumi, mentre, al contrario, una domanda discontinua e differenziata predilige processi produttivi vari ed elastici.17

16 F. Di Crosta; Il controllo di gestione nelle piccole di imprese di servizi su commessa. Edizione 2012. Editore Franco Angeli

39 Tale modello permette di evidenziare il problema della coerenza tra i diversi tipi di lavoro e le relative organizzazioni della produzione che li sostengono. Emerge che determinati tipi di lavoro risultano più adeguati in certe organizzazioni produttive rispetto che in altre. Le forme organizzative che si trovano ai poli opposti della matrice sono rappresentati da un lato, dalla produzione su commessa (processo discontinuo) e dall’altro dalla produzione in serie (processo continuo). Vediamo che la produzione su commessa presenta flussi per lo più irregolari e bassi volumi, ossia i volumi di output non sono costanti. Parliamo di prodotto unico (o quasi), personalizzabile, dove la produzione viene lanciata in base all’ordine del cliente, in quanto la domanda di mercato non è prevedibile; si tratta di una domanda discontinua e differenziata. All’opposto della matrice, invece, troviamo la produzione a flusso continuo; qua parliamo di un processo continuo in cui viene realizzato un prodotto standard in alti volumi, in base alle previsioni della domanda di mercato generalmente costante e poco differenziata. Tra i due estremi, si collocano ulteriori tipi di produzioni intermedie, tra cui la produzione su commesse ripetute, caratterizzate da un flusso produttivo ripetitivo all’interno di flussi produttivi differenziati per ogni specifica commessa; la produzione a lotti, in cui si generano varietà di prodotti, in base alla riprogrammazione del processo; infine la produzione in linea (produzione di

40 massa), con alti volumi di produzione e poche varietà di prodotto.18 La matrice prodotto/processo evidenzia la relazione tra struttura del processo e struttura del prodotto. Precisamente, le righe della matrice rappresentano la struttura del processo, che varia da estremamente flessibile a poco flessibile, dove il flusso di materiale è molto rigido e standardizzato. Le colonne della matrice delineano invece la struttura del prodotto che va, da una alta variabilità con bassi volumi e grande differenziazione ad una bassa variabilità con alti volumi ed alta standardizzazione.

Decidere la tipologia di processo più appropriata per il proprio sistema produttivo, risulta di particolare importanza; la matrice prodotto-processo rappresenta uno strumento molto utile e importante per la definizione del processo. Un certo tipo di struttura di prodotto è collegata alla sua naturale struttura di processo.

Quando si parla di struttura flessibile, ci riferiamo alla produzione su commessa, mentre la rigidità, il volume e l’efficienza vengono attribuiti alla produzione a processo continuo. Il contesto competitivo odierno è caratterizzato da una elevato grado di complessità, relativo a: la complessità di progettazione e sviluppo del prodotto, la complessità dei sistemi di produzione, la complessità del mercato. Di fronte a tutto ciò, le aziende di conseguenza devono essere in grado di soddisfare le esigenze richieste, adottando strutture organizzative e produttive flessibili e proattive.

Sebbene la matrice prodotto/processo sia ampiamente accettata, negli ultimi anni, è stata messa in discussione a causa dei limiti che presenta rispetto alla realtà di oggi. Il modello evidenzia criticità: la prima riguarda il fatto che le aziende prese in considerazione provengono da settori diversi, quando in realtà, le aziende di uno stesso settore possono competere su posizioni diverse sulla matrice; un bene può essere prodotto utilizzando tipi di processo differenti. Un’ulteriore criticità è che la matrice riflette i vincoli tecnologici propri del periodo in cui è stata creata. Infine, essa non tiene conto del mutamento ambientale, in cui i manager devono prendere le decisioni relative alla scelta del miglior processo produttivo da implementare. In seguito a vari studi in materia, sono stati presentati e modificati diversi aspetti dell’originale matrice prodotto/processo. Helkiö e Tenhiälä (2013) hanno proposto un ulteriore modello che sviluppa l’originaria matrice secondo tre dimensioni. La dimensione originaria “struttura

41 di processo” viene modificata in “specificità del processo di produzione”, cioè il grado di limitazione che il processo ha rispetto alla produzione di determinati output, grazie anche alla flessibilità delle moderne tecnologie di produzione. La seconda dimensione, ovvero la “struttura di prodotto” viene generalizzata nella “complessità delle attività di produzione”, relativa alla gamma di attività che devono essere eseguite per soddisfare le esigenze di mercato. La complessità, in questo caso, può essere ridotta dallo sviluppo di prodotti che includono meno componenti, dall’outsourcing e dalla modularità. Infine, viene aggiunta una terza dimensione, ossia il “dinamismo dell’ambiente di lavoro”, che dipende dalle decisioni strategiche relative ai mercati in cui opera l’azienda. Tutto ciò è permesso grazie ad una vasta gamma di potenziali iniziative di miglioramento, quali la pratiche lean, l’integrazione logistica e la razionalizzazione dei fornitori. È stata riscontrata una differenza relativa alle pratiche di miglioramento tra le imprese su commessa e le imprese che producono in serie. Per le prime, si è dimostrato un miglioramento delle performance economiche, attraverso l’integrazione logistica con i fornitori. Infatti, tali tipi di aziende si affidano al supporto dei propri fornitori per ottenere numerose varianti di componenti e per riuscire a consegnare prodotti personalizzati, in tempo, ai propri clienti. Tutto ciò è grazie al fatto che queste aziende competono su flessibilità, qualità e lead time. Per le aziende che producono in serie, invece, un miglioramento delle performance è ottenuto grazie a pratiche interne di tipo lean, ovvero produzione “snella”. Questo è dovuto al fatto che produzioni in serie sono caratterizzate da prodotti standardizzati e non adottano quindi l’integrazione logistica con i fornitori. Risulta però importante la razionalizzazione dei propri fornitori, dato che aziende che producono in serie necessitano di fornitori affidabili e di articoli di alta qualità, necessari a sostenere i processi interni di tipo lean. Lo scenario competitivo attuale è caratterizzato da un forte orientamento al cliente e da una domanda poco prevedibile, con una forte richiesta di personalizzazione dei prodotti, di conseguenza viene abbandonata la produzione basata sulla logica push (ovvero quando lo svolgimento dell'attività a monte spinge quella a valle e la decisione di implementare la produzione di un dato bene in una determinata quantità, avviene a priori dall'insorgere di un fabbisogno. Quindi la programmazione dell'attività è fatta su una previsione dei fabbisogni che saranno necessari per la produzione) per passare alla produzione snella basata sulla logica pull