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Charles Fourier, Teoria dei Quattro Moviment

3.1. Charles Fourier

François-Marie-Charles Fourier, filosofo attivo nella Francia del primo Ottocento, fa parte insieme a Owen e Saint-Simon del gruppo dei cosidetti “socialisti utopici”. Vennero definiti così da Karl Marx, per il motivo che teorizzavano un miglioramento delle condizioni sociali non tramite la rivoluzione (come sosteneva il filosofo tedesco) ma presentando proposte ai ceti dominanti, che una volta attuate, anche parzialmente, si sarebbero dovute espandere per imitazione.

Va sottolineato però che ai tempi in cui visse Fourier non esistevano ancora le masse operaie, e quindi non era ancora sorto il proletariato, l’attore principale della rivoluzione prefigurata da Marx.

Ciò che distingue la teoria di Fourier da quelle dei suoi contemporanei Owen e Saint-Simon1, è il fatto che il filosofo francese non prospettava un mutamento

sociale basato sul progresso della scienza come gli altri socialisti utopici, ma fondava le sue teorie di liberazione sulle passioni umane.

Per le teorie da lui diffuse e per aver inspirato la realizzazione di diverse comunità sparse in tutti i continenti, Fourier viene considerato anche un precursore dell’anarchismo storico; Charles Fourier è passato alla storia come “il fondatore originale e bizzarro di una teoria costruita nello spazio perfetto in cui la ragione umana può elevarsi alla libera immaginazione creativa”2; il suo pensiero è

caratterizzato da una originalità quasi ai limiti della follia, e per questa sua singolarità è difficile paragonare Fourier a un qualsivoglia altro filosofo. Le sue teorie contengono anche molti neo-logismi, parole inventate da Fourier per dare un nome alle fantasie prodotto dalla sua potenza immaginaria e che non trovavano alcun riscontro nella realtà. In un certo senso, si potrebbe accomunare Fourier a Tommaso Moro, Campanella3 e tutti i più famosi elaboratori di utopie,

sebben con molte differenze di contesto, e sebbene gli intenti di Fourier erano diversi da quelli di questi altri famosi utopisti del passato; tuttavia non risulta che il filosofo francese si inspirò ad essi, e mai li menzionò nei suoi libri.

L’opera di Fourier, per quanto fuori da ogni schema, si colloca comunque nel contesto della filosofia francese illuminista e materialista del Settecento. Apparentemente l’unico filosofo al quale Charles Fourier si ispirò deliberatamente è Jean-Jacques Rosseau. Di pochi anni precendente a lui, Fourier apprezzava in

"La felicità consiste nell'avere molte passioni e molti mezzi per soddisfarle".

2 Antonio Rainone, "Fourier vivo, a centotrenta anni dalla morte", numero dedicato a Fourier dalla rivista Topique, 4/5, 1970. 1 Fourier entrò anche in aperta polemica con gli altri socialisti utopici, Owen e Saint-Simon, ai quali dedicò diversi libelli.

Charles Fourier (1772-1837)

3 Thomas More e Tommaso Campanella, autori di due tra le più famose utopie, descritte nei libri, rispettivamente, "L'Utopia" (1516) e "La città del Sole" (1602).

Rosseau soprattutto i concetti della parità tra l’uomo e la donna e del nuovo metodo pedagogico che avrebbe dovuto favorire nei singoli bambini lo sviluppo degli istinti individuali nel modo più libero possibile4.

Un passaggio chiave per comprendere l’opera di Fourier è quello di riconoscere come il filosofo francese abbia inventato e descritto un nuovo sistema sociale, non per diletto o per ambizione, ma perchè perseguiva fortemente l’obbiettivo di correggere i mali e le ingiustizie che egli avvertiva nella società del suo tempo, mentre assiteva alla nascita del sistema industriale capitalista.

Una conferma di questo suo forte impegno morale, si può trovare già nella prima pubblicazione di Fourier, la “Teoria dei Quattro Movimenti”, apparsa anonima a Parigi nel 1808, dove il filosofo spiega in parte anche le ragioni per le quali il suo pensiero sia così bizzarro e fuori dagli schemi:

Avevo presunto che il modo più sicuro per giungere a scoperte utili sarebbe stato quello di allontanarsi in tutti i modi dalle strade seguite dalle scienze incerte, che non avevano mai prodotto la minima invenzione utile al corpo sociale, e che, malgrado gli immensi progressi dell’industria, non erano neppure riuscite a prevenire l’indigenza. Presi dunque come obiettivo quello di oppormi costantemente a queste scienze; tenuto conto di quanto numerosi fossero i loro scrittori, avevo presunto che qualunque oggetto avessero già trattato dovesse essere completamente esaurito, e presi la decisione di impegnarmi soltanto in problemi mai affrontati da nessuno di loro.

La società del suo tempo, veniva descritta da Fourier come un “mondo capovolto” in cui “nei luoghi dove non muore di fame pressante, il popolo civile muore di fame lenta a causa delle privazioni, di fame da speculazione perché costretto a nutrirsi di cibi malsani, di fame imminente sfinendosi nel lavoro, esponendosi per bisogni a mansioni perniciose, a fatiche eccessive che provocano febbri e infermità: ed è sempre un morir di fame”.

Fourier parte da una descrizione della società del suo tempo, che egli chiamava "Civiltà" evidentemente donando al termine una nuova accezione, dal momento che la definiva brevemente come la società dove “una minoranza di schiavi armati domina su una maggioranza di schiavi disarmati”. Infatti per "Civiltà" Fourier intendeva uno stadio intermedio nella scala dell’evoluzione sociale umana, “un flagello passeggero da cui i pianeti sono afflitti nella fase della loro prima età; […] una malattia temporanea simile alla dentizione nella fase infantile”. Questa Civiltà era appunto caratterizzata da una predominanza del commercio (attività che da giovane Fourier fu forzato ad intraprendere e che poi abbandonò, schifato da quel mondo), e dalle contraddizioni che quel meccanismo economico implicava. Egli mostrò soprattutto con grande efficacia come la civiltà sia un circolo vizioso, dove ogni istituzione si regge su una serie di premesse filosofiche, economiche e politiche completamente falsate e falsificanti.

Una trattazione di questi aspetti viene fatta da Fourier in quella specie di apologo che è il "Dialogo del Selvaggio e del Filosofo"5, nel quale dimostra a rigor di logica in

che modo la “civile” economia di mercato “distrugge l’idillio del buon selvaggio contrapponendogli un’immagine della natura umana fondata sulla brama

4 Queste teorie sono contenute nel celebre libro del filosofo francese, "Émile ou de l'éducation", (1762).

5 In "La seduzione composita: il fascino indiscreto dell'utopia", (a cura di Simone P.), Nuovi Equilibri, 2006.

insaziabile di ricchezze, di potere, di sopraffazione”. Nel breve ma intenso dialogo vengono alla luce tutte le contraddizioni di una teoria economica che consacra il sopruso col pretesto e in nome di una libertà a senso unico; una libertà che torna utile solo ai vertici della società, i quali hanno per difendere i loro interessi non solo le forze armate, ma anche e soprattutto la filosofia, la carta dei “diritti dell’uomo libero”, e le superstizioni religiose.

Tuttavia granparte dell'opera di Fourier è volta a descrivere ciò che si oppone alla "Civiltà", ovvero lo stadio ultimo dell’evoluzione sociale umana, quello che lui chiamava il mondo armonico o "Armonia". Secondo Fourier, l'avvento di questo nuovo mondo, definto anche "Ordine societario" o "Ordine combinato", permetterà alla specie umana di raggiungere la piena aderenza dell'uomo e delle sue passioni al piano di armonia naturale, che già viene seguito da tutto il creato fuorchè dall’uomo.

L'Armonia sarà incentrata sulla piena soddisfazione della natura passionale dell'uomo. Infatti sono le passioni secondo Fourier le molle attrattive naturali che, se assecondate, possono far rientrare l'uomo nel periodo pieno di aderenza al piano naturale e divino dispiegato per la specie umana.

Come scrive Vaneigem suo grande ammiratore, Fourier “non condanna la natura snaturata delle passioni, parte dal loro stato degradato per sfociare, attraverso la sola dinamica del piacere, nell’emancipazione dei godimenti impediti. Parte dall’economia per condurla non alla distruzione ma alla dissoluzione”6.

L’obbiettivo di Fourier è quello di sfruttare le passioni e le inclinazioni proprie della natura umana, e senza condannarle né cercare di reprimerle, fare perno su di queste per modificarne l’orientamento, in modo da farne nascere l’armonia generale dell’umanità. Tentando di trasportare all’intero mondo umano la “legge dell’attrazione universale” scoperta da Newton nel secolo precendente, Fourier parte dalle passioni fondamentali quali l’amore per i piaceri e l’amore per la richezza, cercando di modificare le sfere del lavoro e dei piaceri.

Le passioni sono delle forze attrattive, un collegamento tra Dio e l’universo, che non vanno assolutamente represse ma soddisfatte. Quindi la società organizzata, per seguire e rispettare il piano armonioso, deve rendere attraente il lavoro verso cui l’uomo si sente chiamato. Per questo le passioni, che in Civiltà sono presenti soltanto nel loro stadio “semplice”, vanno amplificate il più possibile, e Fourier studia i modi per cui le passioni possano essere combinate tra loro allo scopo di trarne il massimo godimento.

Il filosofo francese individua le dodici passioni sulle quali si reggerà il Nuovo Mondo Amoroso. Le dodici passioni sono suddivise in nove comuni, le cinque passioni sensitive (tatto, gusto, udito, vista, odorato), sono quelle basate sul piacere sensoriale, più le quattro passioni affettive (amicizia, ambizione, amore, familismo) e tre passioni distribuitve: la Cabalista (passione emulativa perché mossa da rivalità e tendente all’intrigo) – Sfarfallante (esprime la voglia di cambiamento e desiderio di novità – Composita (asseconda il bisogno misto di soddisfare insieme i sensi e lo spirito per una felicità di livello superiore).

Queste tre passioni distrubitive introducono alla complessa formulazione di

6 R. Vaneigem, "Ai viventi, sulla morte che li governa e sull'opportunità di disfarsene*, Nautilus, 1998. Traduzione e presentazione di S.Ghirardi.

Fourier sulle cosidette serie di gruppi passionali (Fourier tenta di sistemizzare le passioni avvalendosi delle proprie conoscenze matematiche). Le passioni distributive sono senza dubbio una delle scoperta più originale del pensiero di Fourier, e vengono da lui chiamate anche mecanizzanti “in quanto costituenti dirette del meccanismo societario di Armonia”.

Il cuore del sistema sociale prefigurato da Fourier è quello delle Falangi ovvero comunità di 1600 abitanti che, abbandonate le città, si andranno a stabilire su un terreno “provvisto di un bel corso d'acqua, percorso da colline e adatto a colture variate, addossato ad una foresta e poco lontano da una grande città, ma abbastanza per evitare gli importuni.” Le Falangi abiteranno il Falansterio, una unità agricolo-industriale dove tutte le abitazioni sono raccolte in un unico edificio (descritto nei dettagli da Fourier), una sorta di albergo “dove ciascuno trova occasioni svariate per soddisfare le sue inclinazioni”. Nel sistema del Falansterio si vivrà la comunanza dei beni, con il minimo vitale garantito per tutti (concetto inedito quando lo formulò Fourier nel primo ‘800) , la parità tra uomo e donna e la libertà sessuale. La vita familiare viene abolita, cosicchè vi è più libertà sia per i bambini, dei quali si farà carico l’intera Falange, che per i genitori, che avranno più tempo da dedicare alle proprie passioni e un minor carico di lavoro. Il problema del lavoro, “il male che tormenta l’umanità da quando essa esiste”7 è

oggetto approfondito di studio da parte di Fourier, e la soluzione da lui è avanzata ha come base quella dell’attrazione passionale. Nel Falansterio infatti il lavoro non è considerato alla stregua di un obbligo ma nemmeno di un diritto. Il fulcro della soluzione sta sempre nelle passioni, ovvero nel godimento tratto dal lavorare per cui “ognuno produrrà ciò che gli piace produrre”, e sempre assecondando la passione distributiva “sfarfallante” ovvero lavorando per mai più di due ore alla stessa mansione. Questo perché secondo Fourier oltre due ore non è più possibile trarre godimento dall’attività lavorativa. Inoltre l’alternanza di mansioni, sempre da attuare a piacimento e all’occorrenza, contribuisce ad evitare la monotonia e la sovrapproduzione.

Attraverso l’assecondamento delle passioni e della combinazione di queste, Fourier sosteneva che fosse possibile correggere qualsiasi ingiustizia sociale, ma anche le tendenze naturali deviate, e descrive nel dettaglio, valutando e annullando tutte le possibili obiezioni, come e perché tutto questo diventava possibile. Ad esempio Fourier descrive come in Armonia verrà risolto il problema del furto, senza l’intervento di nessun organo di polizia, ma semplicemente togliendo a tutti la necessità di rubare siccome tutti usufruiscono del "minimo vitale garantito" e riconoscendo comunque il "diritto al furto di necessità"; mentre coloro che per loro indole sono portati al furto (oggi Fourier li chiamerebbe cleptomani) verrano considerati persone da aiutare e comunque avendo in Armonia un gran numero di attività più divertenti e stimolanti che rubare si cercerà di sviare la loro mania per il furto.

Come detto in principio, Fourier non sosteneva la necessità di una rivolta per l’attuazione di questo suo sistema sociale ma si auspicava che un sovrano o un ricco privato o una potente compagnia volessero attuare come esperimento il

7 Tocqueville, Ricordi, Editori Riuniti, Roma, 1991.

sistema dei falansteri da lui proposto. A quel punto il suo sistema si sarebbe diffuso per imitazione all’intera società.

La società armonica prefigurata da Fourier portava inevitabilmente alla dissoluzione dello Stato, in quanto ogni decisione era sottoposta all’intera Falange, che (date le dimensioni ridotte) aveva la possibilità di attuare una democrazia diretta. Come le ingiustize dell’economia industriale, anche le ineguaglianze sociali venivano non distrutte ma dissolte dal piacere dei godimenti. Questo meccanismo viene descritto da Vaneigem nel suo libro “Avviso ai viventi sulla morte che li governa”:

Aderendo al sistema dei falansteri, i ricchi vi conservano il loro denaro, i loro priveligi, il loro rango. Non abbandonano alcuna delle loro prerogative sociali, ma ecco che la tavola, la compagnia, le passioni dei poveri non sono da meno delle loro né per delicatezza né per voluttà. E questi ultimi manifestano inoltre una maggior naturelezza, sono meno rigidi, meno compassati nei loro modi di fare. A poco a poco, dunque, le distinzioni scompaiono, la gerarchia si cancella. Diventata sovrana, la ricerca di un’armonia passionale fonda sulla dialettica degli accordi e dei disaccordi, delle affezioni e delle disaffezioni, delle simpatie e delle antipatie, delle relazioni sociali radicalmente nuove.

Fourier aveva forumlato il progetto di dissolvere le funzioni e i ruoli nella prelidizione dei godimenti. Il suo proposito ha per solo incoveniente di esser nato in un tempo in cui il grande balzo in avanti dell’economia nutriva l’illusione di una felicità imminente per tutti.

Come prosegue Vaneigem, e sopratutto come dimostrato dalla storia dopo il secondo dopoguerra, l’economia non ha portato la felcità imminente per tutti e, sebbene le teorie fourieriste vennero già applicate mentre il filosofo era in vita8,

non è un caso che le teorie di Fourier vennero riportate in voga dal movimento di rivolta del maggio ’68, allorquando cioè venne avvertita l’insufficienza della società del benessere nel progetto di sviluppo completo delle possibilità umane.

Con il ’68 è cominciata una riscoperta piuttosto diffusa dell'opera di Charles Fourier, ed è stata riformata un’immagine più giusta del filosofo francese, dopo che per molti anni era prevalsa la visione dei difensori dell’economia capitalista, che ritraeva Fourier come un pazzo e un maniaco sessuale.

Come scrive Simone Pasko, uno degli oggi numerosi studiosi ed estimatori del pensiero di Fourier, “la dolce follia di Fourier rimane e rimarrà, ora e per sempre, a indicare la strada sbagliata intrapresa dall’umanità all’alba del secolo dei lumi, quando il nascente industrialismo finì per dare il colpo di grazia alla speranza di felicità e redenzione che sempre deve accompagnare il cammino umano”9.

8 ma Fourier sconfessò quei tentavi definendoli semplicistici e mistificatori; dopo la sua morte furono fondate molte colonie esplicitamente denominate “fourieriste”.

9 C. Fourier, La seduzione composita: il fascino indiscreto dell'utopia, (a cura di Simone P.), Nuovi Equilibri, 2006.

Henry David Thoreau (1817-1862), pensatore acuto ed eclettico, viene oggi considerato uno dei maggiori scrittori americani in virtù della sua opera maggiore “Walden o la vita nei boschi” (1854) e dell suo famoso saggio “La Disobbedienza Civile” (1849), entrambi divenuti dei classici del pensiero libertario.

L’eco delle sua opera è andata ben oltre il confine americano e l’influenza di Thoreau sulla cultura occidentale non ha smesso di aumentare col passare dei decenni. Marcel Proust elogiò pubblicamente il libro “Walden” e il mahatma Ghandi assunse il saggio di Thoreau “La disobbedienza civile” come manifesto ispiratore della lotta non-violenta.

In tempi più recenti Thoreau è stato “sponsorizzato” tramite il film “Into the Wild” di Sean Penn. Il regista americano ha tratto la sceneggiatura da un racconto di Jon Krakauer “Nelle terre estreme” dove viene narrata la storia vera di Christopher McCandless, un ragazzo che abbandona la vita civile e con lo pseudonimo di Alexander Supertrump decide di partire alla volta delle terre selvaggie dell’Alaska1.

Nel film, così come nel libro, vi è un riferimento esplicito a Thoreau, in quanto è proprio la lettura dei suoi scritti che porta McCandless a iniziare il suo viaggio verso le terre selvaggie.

Il successo del film “Into the wild” con l’accostamento tra la spettacolare vita di McCandless e gli insegnamenti di Thoreau, ha contribuito a dar corpo a una banalizzazione: la rappresentazione di Thoreau come una sorta di eremita, una persona che rifiuta la società per rifugiarsi nella natura selvaggia.

Questa rappresentazione è dovuta al fatto che "Walden", l’opera maggiore di Thoreau, è il resoconto che l’autore fa dei due anni in cui visse da solo, a un miglio di distanza dal più prossimo vicino, in una casa che si era costruito da sé sulle rive del lago di Walden, a Concord, Massachutes.

Tuttavia il messaggio di Thoreau non deve essere travisato con un rifiuto della società, ma costituisce semmai un’aspra critica alla nascente società industriale; infatti l’autore di "Walden" non è stato né un eremita né un selvaggio bensì un insegnante, laureato ad Harward, una persona estremamente colta, oltre che un uomo profondamente integro, che ha deciso di andare a vivere a stretto contatto con la natura.

La presenza stessa del suo libro, scritto in gran parte proprio durante il suo soggiorno nei boschi, è la prova che Thoreau non intendesse affatto isolarsi dal mondo e dai suoi simili. In ogni caso, le sue vere intenzioni non possono essere descritte meglio che usando le sue proprie parole: