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Internazionale Situazionista

Charles Fourier, Teoria dei Quattro Moviment

3.8. Internazionale Situazionista

Dagli attuali mezzi di informazione, l’Internazionale Situazionista viene sommariamente definita come un’avanguardia artistico-politica degli anni ’50-’60, divenuta celebre dopo che gli venne riconosciuta una qualche responsabilità nell’aver scatenato la rivolta parigina del maggio 1968.

Dopo la rivolta del ’68 il gruppo entrò in una sorta di crisi identitaria e nel 1972 si “dissolse nel popolo”. Ed in effetti l’Internazionale Situazionista è l’ultima avanguardia proprio per questo motivo: la loro critica sull’arte e sulla società ha portato alla coscienza come non possa più esservi arte se non dopo il liquidamento della società industriale-mercantile, o meglio quella che loro hanno definito la “società dello spettacolo”. Per questo motivo le loro posizioni, che hanno avuto una notevole influenza sulla rivolta del maggio francese, fino alla fine del mondo dello spettacolo resteranno sempre posizioni di avanguardia, che continuamente tornano ad attuarsi nella realtà ogni volta che si verificano focolai di rivolta, casuati da un’insoddisfazione collettiva ed informe contro la “società del benessere”.

Quindi al di là delle considerazioni se i situazionisti al termine della loro avventura abbiano “vinto perdendo oppure perso vincendo”, ciò che oggi importa è che le loro critiche alla società diventano ogni giorno più attuali, le loro previsioni si sono tutte compiute, e il loro messaggio, ancora vivo, resta a disposizione di chiunque intendesse intraprendere il loro stesso cammino, scommettendo su sé stessi anziché sulle leggi dell’economia mondiale, su ciò che tutte le persone hanno in sé di più vivo anziché sulla morte che li governa, sul desiderio di costruire una vita più ricca e felice anziché sulla rassegnazione che porta a ricoprire un ruolo nella società mercantile e ad obbedire alle tristi leggi dell’epoca.

I situazionisti hanno contestato un’organizzazione dell’esistenza, e capirono che questo non lo si può veramente fare se non condannandola in ogni suo aspetto. Non a caso, tra le molte critiche mosse dai situazionisti alla società moderna, una tra le più costanti è stata quella contro la specializzazione. A questa teoria di divisione del lavoro sulla quale è fondata l’attuale società, loro opponevano il concetto di totalità, la totalità di ciò che esiste. Sarebbe allora abbastanza improprio considerare l’opera situazionista in un suo solo aspetto, o concentrarsi su quella o quell’altra critica. Si può però raccontare di ciò che i situazionisti hanno amato. E, tra le altre cose, i situazionisti hanno molto amato anche

Internazionale Situazionista (1957-1972)

«Possiamo capire questo mondo solo contestandolo nel suo insieme; la radice prevalente della carenza di immaginazione non può essere strappata se non si è capaci di immaginare cosa è carente, cioè cosa è assente, nascosto, vietato, e già possibile, nella vita moderna. »

l’architettura, o almeno una certa idea di architettura, che restava ancora inesplorata. Tuttavia non si può certo parlare di “architettura situazionista”, da inserire all’interno della storia dell’architettura moderna, perché in tutto il percorso situazionista c’è sempre stato il costante riferimento alla fine di un mondo e all’inizio di una nuova era. Nel loro manifesto, pubblicato otto anni prima del maggio ’68, si poteva leggere:

Inauguriamo ora quello che sarà, storicamente, l’ultimo dei mestieri. Il ruolo di situazionista, di dilettante-professionista, di anti-specialista è ancora una specializzazione fino a quel momento di abbondanza economica e mentale in cui tutti diventeranno “artisti”, in un senso che gli artisti non hanno raggiunto: la costruzione della loro vita. A quelli che non ci comprendessero bene, diciamo con un irriducibile disprezzo: “I situazionisti, di cui vi credete forse i giudici, vi giudicheranno un giorno o l’altro. Vi aspettiamo alla svolta, che è la liquidazione inevitabile del mondo della privazione, sotto tutte le forme. Questi sono i nostri fini e saranno i fini futuri dell’umanità.

Fu verso la metà del secolo scorso che l’avventura situazionista prese inizio, in un periodo storico caratterizzato da una grande fiducia verso il futuro. Le ragioni di questa fiducia erano svariate: la società si stava ricostruendo dopo la fine di una terribile guerra, i regimi fascisti scomparsi lasciavano il posto alla diffusione delle democrazie, e si preannunciava un lungo periodo di abbondanza economica. Ma in questo clima di generale ottimismo, delle persone, per lo più dei giovani, vedevano dietro la facciata di questi cambiamenti, la conservazione della stessa società di classe, che viveva al di sotto delle possibilità dell’epoca. Una repubblica fondata sul lavoro, che per molti rappresentava la garanzia di un avvenire libero dalla miseria, per loro rappresentava poco meno che una condanna alla schiavitù. Questi giovani intuirono già allora che lo sviluppo imperturbato dell’economia avrebbe portato a una trasformazione radicale dell’individuo e della vita quotidiana. E quindi non c’era da essere molto ottimisti, se non immaginando un radicale cambiamento.

Ciò che ricorderà il situazionista Guy Debord a proposito di quel periodo della sua giovinezza, penso che possa più o meno valere anche per la maggior parte degli altri situazionisti:

Per prima cosa, ho trovato bello dedicarmi al rovesciamento della società, e ho agito di conseguenza. Ho preso questo partito nel momento in cui quasi tutti credevano che l’infamia esistente, nella sua versione borghese o nella sua versione burocratica, avesse il più bel avvenire. E da allora, io non ho, come gli altri, cambiato di idea uno o molte volte, con il mutare dei tempi; sono piuttosto i tempi a esser cambiati secondo le mie idee. Vi è in questo di che dispiacere ai contemporanei.

L’origine dell’Internazionale Situazionista ebbe luogo in Italia, più precisamente ad Alba. Nella seconda metà degli anni ’50 questa cittadina piemontese visse uno stupefacente sviluppo culturale, soprattutto per merito della figura eclettica di Giuseppe Pinot Gallizio. Fu infatti l’ex partigiano, erborista e appassionato d’archeologia Gallizio, dopo l’incontro con il giovane pittore Piero Simondo e il

conseguente inizio della sua esperienza artistica, ad offrire il suo studio al pittore Asger Jorn1 per farne il Laboratorio Sperimentale di Alba. Un gran numero di

artisti provenienti da tutta Europa fu così attirato ad Alba dall’artista danese Jorn, che era già riuscito a fare aderire diversi movimenti artistici al suo MIBI2 , ovvero

Movimento per un Bauhaus Immaginista, nato per protestare contro la nuova direzione del Bauhaus di Ulm. Questa era stata affidata all’architetto Max Bill, teorico del funzionalismo e sostenitore del design industriale, mentre l’intento degli aderenti al MIBI era di farla ritornare allo spirito della prima Bauhaus di Weimar, per formare un’organizzazione di liberi artisti sperimentali. La critica di fondo era contro la logica capitalistica nella pratica artistica e progettuale che, attraverso processi di razionalizzazione produttiva e di mercificazione, tendeva all'annullamento della libera creatività individuale e, più in generale, alla perdita di un rapporto attivo e non alienato con la città. Ad una concezione di forma "statica" si contrappose una "dinamica", in continua trasformazione: l'architettura, intesa a "formare un ambiente e fissare un modo di vita" non doveva più riflettere le funzioni dell'interno all'esterno, ma costituire una fonte continua e nuova di sensazioni per chi osserva. L'idea di base era sempre quella di un'arte più libera e al di fuori del sistema.

Una prima occasione per sviluppare al meglio queste linee di tendenza si ebbe ai primi giorni del settembre 1956. Fu allora che, per opera di Jorn, artisti da tutta Europa vennero invitati ad Alba: nelle sale del municipio comunale si teneva il Primo Congresso Mondiale degli Artisti Liberi. Gran parte degli interventi previsti riguardarono i rapporti tra arte, architettura e società, con l’intento di ricercare nuove forme di arte collettiva, e fuori da ogni logica di mercato che preparassero l’avvento di una nuova società fondata sulla creazione anziché sul lavoro. Il principale obbiettivo dei partecipanti fu quello di confrontare le proprie idee per trovare un primo terreno d’azione comune a tutti i movimenti artistico-sociali presenti al convegno. Di particolare rilievo in questo senso fu l’intervento di Gil Wolman, delegato dell’Internazionale Lettrista , piccola schiera di artisti parigini che si era fatta segnalare per alcuni articoli contro il funzionalismo e rivolti a un nuovo uso dell’architettura, apparsi sulla loro rivista Potlatch. Wolman alla luce degli ultimi sviluppi delle teorie lettriste, propone ai presenti un programma di intervento concreto: una collaborazione artistica che abbia come perno di tutto il concetto di urbanismo unitario, vale a dire un’urbanistica “rivolta alla vita e contrapposta al funzionalismo razionalista”, che assorba in sé l’apporto di tutte le singole arti.

Dopo la fine del congresso, alcuni partecipanti proseguirono le loro ricerche al Laboratorio Sperimentale di Alba, altri se ne andarono con l’intento di proseguire il progetto abbozzato ad Alba, altri ancora (come il Movimento Pittura Nucleare3)

abbandonarono ogni idea di collaborazione. Dopo meno di un anno, nel luglio 1957 a Cosio d’Arroscia, piccolo paese delle Alpi Liguri, si incontrarono nel retro di un bar alcuni rappresentanti del MIBI e dell’Internazionale Lettrista per formare, con la fusione dei due movimenti, l’Internazionale Situazionista. Sull’origine e il significato del nome scelto è importante innanzitutto ricordare

3 Movimento artistico, fondato a Milano nel 1951 dai pittori E. Baj e S. Dangelo, firmatari del Manifesto della pittura nucleare (Bruxelles 1952): nel tentativo di attualizzare l’esperienza non figurativa, i pittori nucleari mirarono alla realizzazione di una pittura segnica rispondente alle ‘nuove forme dell’uomo’, cioè quelle ‘dell’universo atomico’.

2 Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista (MIBI), fondato da Jorn Asger e Gallizio Giuseppe "Pinot Gallizio" con la partecipazione di Nieuwenhuys Anton Constant e di artisti italiani come Simondo Piero, Olmo, Elena Verrone, aderenti al gruppo saranno anche Ettore Sottsass Jr., Baj Enrico, Alechinsky Pierre, Dangelo Sergio, Appel Karel, Karl Otto Götz ed Anders Österlin. 1 Asger Jorn (1914-1973) pittore danese, fondatore del gruppo d'avanguardia CObra che confluirà poi nell'I.S.; è riconosciuto come uno dei più importanti pittori degli anni '50.

che, per quanto riguarda la prima parola, non ci si deve lasciar ingannare. Infatti il gruppo non fu mai composto da più di una ventina di persone e fu forse per dare più credibilità a questa parola “Internazionale”, che il giramondo italo-inglese Ralph Rumey, anch’egli presente a Cosio d’Arroscia, fondò su due piedi l’Associazione Psicogeografica di Londra per poi unirsi, come unico membro, agli altri due movimenti.

Invece il termine “Situazionista”, è stato scelto a partire dal concetto di situazione costruita elaborato da Guy Debord. Influenzato dagli studi di Henri Lefevbre sulla vita quotidiana, e dal saggio "Homo Ludens" di Huzinga4, Debord già negli anni

lettristi enunciava: "una scienza delle situazioni è da costruire: essa si avvarrà di elementi tratti dalla psicologia, dalle statistiche, dall'urbanismo e dalla morale. Questi elementi dovranno concorrere ad uno scopo assolutamente nuovo: una creazione cosciente di situazioni". Al di là del termine dal carattere volutamente enigmatico e di dubbia interpretazione, la costruzione di situazione fa sicuramente riferimento a una sistema filosofico inspirato al gioco piuttosto che al sacrificio e all’azione piuttosto che all’interpretazione, sulla stessa linea di Marx quando diceva: “Il mondo è già stato interpretato, si tratta ora di trasformarlo". Gli intenti della neonata Internazionale vengono chiariti fin dall’inizio: superare l’arte, cioè condurla fino alla sua totale dissoluzione affinché torni a vantaggio della vita, e superare la politica ritenuta incapace di farsi carico della dialettica rivoluzionaria insita nel movimento storico della società; ciò che volevano i situazionisti era mettere in atto il dubbio sistematico contro tutti i lavori e i divertimenti della società, una critica globale all’idea borghese di felicità. Il testo più significativo per lo sviluppo teorico della prima parte dell’attività situazionista è senz’altro “Il rapporto sulla costruzione di situazioni” presentato da Guy Debord come base di discussione alla riunione di Cosio d’Arroscia, che verrà poi ribattezzata come Prima Conferenza dell’Internazionale Situazionista. Il testo, che inizia con l’ammisione: “Noi pensiamo, in primo luogo, che si debba cambiare il mondo” e si chiude con: “sono state interpretate abbastanza le passioni: si tratta ora di scoprirne delle altre”, parte dalla degenerazione delle ultime avanguardie, sotto l’aspetto artistico quanto rivoluzionario, per delineare due nuove prospettive di lotta: dare un valore politico all’arte, privandola di ogni valore di scambio, e apportare un’intensa critica all’industria culturale. Il punto di arrivo di questa lotta doveva essere una rivoluzione, da attuare insieme ai partiti operai, utilizzando come armi: la costruzione cosciente di situazioni , l’appropriamento del territorio tramite l’urbanismo unitario, la pratica della psicogeografia, della deriva e del détournement : già allora venivano enunciate quelle che diventeranno i principali strumenti situazionisti. Una volta che i situazionisti presero coscienza della decadenza culturale borghese, e previdero le tristi conseguenze che avrebbe comportato l’avvento di un’economia globalizzata, intuirono che la prima finalità delle azioni situazioniste doveva soprattutto essere la ricerca di “qualità passionali di ordine superiore”. Fin dalla sua fondazione, l’Internazionale Situazionista sapeva di essere un’avanguardia, sapeva di volersi presentare come un’alternativa rivoluzionaria alla società dominante, e sapeva di poterlo fare.

4 John Huinzinga , Homo Ludens : A Study of the Play- Element in Culture, 1944 [trad. it. Homo Ludens, Routledge, 2003] e Henri Lefebvre , Critica della vita quotidiana, edizioni Dedalo, 1977, [1°ed., Critique de la vie quotidienne, L'Arche, 1961].

Un anno dopo la fondazione dell’IS, si presentò ai suoi membri una prima occasione per dare scandalo. I situazionisti elaborarono un testo per dare il benvenuto ai partecipanti dell’Assemblea Internazionale dei Critici d’Arte, che si tenne nell’aprile 1958 a Bruxelles. Il proclama situazionista venne posto all’attenzione dei critici in svariate maniere: alcune copie furono spedite direttamente alle loro case, altre addirittura lette loro per telefono, e le rimanenti furono oggetto di un brutale volantinaggio. Il testo si chiudeva così: “Le vostre audacie provengono da un passato ora per sempre chiuso. L’Internazionale Situazionista sta ora organizzando l’intera attività artistica del futuro. Non avete più niente da dire. L’Internazionale Situazionista non lascerà posto per voi. Vi costringeremo alla resa”.

Questo episodio è significativo per capire al tempo stesso sia quanto poco i situazionisti avessero in stima l’arte del loro tempo, sia quanta importanza davano all’arte come mezzo per conseguire i loro obbiettivi. In effetti le attività dell’IS, nei suoi i primi anni di vita, furono incentrate sul superamento dell’arte. A questo concetto di superamento, inteso in termini hegeliani, i situazionisti vi giunsero innanzitutto con un’analisi e una presa di coscienza del proprio momento storico: il processo di degradamento dell’arte, apparso prima nella poesia e nel romanzo, e divenuto sempre più evidente a partire dalla seconda metà dell’ottocento, era giunto al suo compimento totale con l’esperienza dadaista-surrealista. I dadaisti volevano sopprimere l’arte senza realizzarla, i surrealisti avevano realizzato l’arte senza sopprimerla, dimenticando il nichilismo originario del Dada anti-Dada. La posizione critica elaborata in seguito dai situazionisti ha mostrato che la soppressione e la realizzazione dell’arte sono gli aspetti inseparabili di un unico superamento dell’arte. Ogni ulteriore sviluppo dell’arte moderna non poteva essere che una posticcia ripetizione del passato ed era da considerarsi come una dequalificazione permanente della forza-lavoro intellettuale dell’uomo. Secondo i situazionisti, la stagnazione culturale dell’arte contemporanea era legata alla crisi del movimento operaio, al ritardo nella liquidazione della società mercantile. E ogni forma d’espressione artistica che non riconoscesse la “necessità evidente e segreta della rivoluzione”, non poteva esprimere altro che la rassegnazione di occupare un posto da impiegato nello spettacolo dell’arte. Quindi, dal momento che le manifestazione dei blousons noir erano la continuazione ideale del dadaismo, le opere artistiche dell’IS, volevano essere inaccettabili, dapprima per la forma e più avanti soprattutto per il contenuto.

Queste posizioni, che erano già parte delle fondamenta del movimento lettrista così come degli aderenti al MIBI, resteranno salde per tutta la durata dell’avventura situazionista. A titolo di esempio, tra le opere dei lettristi, è significativa l’esperienza del ventunenne Debord, che sulle orme del suo maestro Isou, presentò il lungometraggio Hurlements en favour de Sade, dove frasi sconesse e detournè (all’incipit: “non c’è più il film, il cinema è morto. Passiamo se volete al dibattito.”) erano pronunciate su schermo interamente bianco,

intervallate da sequenze mute con schermo nero, che diventavano sempre più lunghe e l’ultima di queste sequenze nere durava da sola ventiquattro minuti. Ugualmente provocatorie furono le opere pittoriche di altri situazionisti: le defigurazioni di quadri preesistenti eseguite da Jorn, gli antiquadri di Michele Bernestein, raffigurazioni delle grandi rivolte del passato, o la “pittura industriale”, rotoli di carta pitturata da vendere al metro, di Pinot Gallizio.

Le tendenze della loro arte volevano soprattutto negare il ruolo di artista e la distanza tra artista e spettatore, favorendo al contrario situazioni dove tutti ricoprono un ruolo attivo. E l’unica vera regola per gli artisti dell’IS era quella di evitare di esporre le proprie opere sul mercato culturale della società mercantile, sottraendole ad ogni tipo di recupero culturale, per cercare invece di usarle come armi contro quella società. I situazionisti vedevano nell’arte una capacità di emancipazione, un’esplosione che minaccia le strutture della società. I partecipanti ad ogni altro movimento artistico vennero bollati come dei condannati a fare arte come si fanno affari; e tutti questi movimenti non erano che le conseguenze immaginarie di quell’ esplosione mai avvenuta. L’intero insieme della cultura esistente veniva visto dai situazionisti come la merce ideale, quella che fa accettare tutte le altre, e guardavano con uguale disprezzo sia i conservatori dell’arte del passato sia chi pretendesse di apportare nel mondo dell’arte una qualche novità. Ancora nei primi anni di attività, i situazionisti si fecero conoscere per aver intrapreso una intensa campagna a sostegno di Nunzio Van Guglielmi, rinchiuso in manicomio per aver attaccato"Il Matrimonio della Vergine”di Raffaello. I situazionisti difendevano il pittore per aver attaccato i falsi ideali artistici del passato.

Ma il disprezzo dei situazionisti per l’arte del passato non deve essere confuso con lo stesso disprezzo di altri gruppi, come i funzionalisti: i primi disprezzavano tutte le credenze culturali che sostenevano l’edificio della società, mentre gli altri volevano distruggere l’arte passata per poter liberamente costruire nuove forme più consone alla nascente società dei consumi. Allo stesso modo i musei venivano contestati dai situazionisti perché impedivano all’arte di essere partecipata da tutti, di entrare nella vita quotidiana, essendo i luoghi dove l’arte veniva sepolta al solo fine di poter essere contemplata.

Lo strumento privilegiato adottato dai situazionisti per volgere la produzione artistica contro la società dei consumi è il détournement. Teorizzato e praticato per la prima volta da Lautreamont (“il plagio è necessario. Il progresso lo implica. Esso stringe da presso la frase di un autore, si serve delle sue espressioni, cancella un’idea falsa, la sostituisce con l’idea giusta.) il détournement, è lo stravolgimento di elementi estetici del passato, è il contrario della citazione, e consiste nello strappare un frammento dal suo contesto originario, già assimilato dalla cultura dominante, per inserirlo in un nuovo insieme altrettanto sensato ma configurato in una prospettiva rivoluzionaria. I situazionisti si occuparono nella messa a punto del détournement, inteso come linguaggio fluido dell’anti-ideologia, in ordine di rivolgere la produzione culturale contro la società capitalista, e cercarono di applicarlo in tutte le arti. In questo senso non si poteva parlare di arte

situazionista, ma di un uso situazionista delle arti.

Tuttavia l’arte provocatoria del détournement era solo un aspetto del progetto artistico situazionista, era il suo lato negativo, valido per il periodo pre-