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Capitolo III. Il governo delle istituzioni ecclesiastiche

1.2. Chiese cittadine

Al centro delle preoccupazioni del vescovo doveva dunque collocarsi l’opportunità di sollecitare una incisiva azione pastorale da parte del clero della cattedrale di San Pietro da tempo indicata quale «caput totius mantuanesis episcopii»24. D’altronde dalla cattedrale dipendevano numerose chiese urbane e non. A questo punto si dovreb- be indugiare sulla formazione delle parrocchie che nel corso dei secoli XII e XIII si separarono gradualmente dalla chiesa matrice e acquisirono le funzioni di cura d’anime, ma lo studio di tale aspetto, che potrebbe offrire ulteriori utili spunti per poter meglio conoscere la dina- mica dei rapporti intercorsi fra l’episcopio e il capitolo, non potrebbe trovare qui una compiuta trattazione. Si tratta oltretutto di un campo d’indagine che per Mantova attende ancora d’essere fatto oggetto d’attenzione e per il quale si dispone di una documentazione assai scarsa e frammentaria. Gioverà tuttavia almeno elencare le chiese urbane soggette alla cattedrale così come le troviamo e- nunciate in un privilegio di Eugenio III del 115125: San Michele, Santa Croce, Santa Maria Mater Domini,

24 L’archivio capitolare, XII, 1087 aprile 17. 25 L’archivio capitolare, n. XXII, 1151 maggio 6.

Sant’Alessandro, Santa Trinità, Santo Stefano, San Zeno, Santi Simone e Giuda, Sant’Egidio26. Purtroppo la man- canza di fonti specifiche preclude la possibilità di pene- trare ulteriormente nei rapporti che dovettero intercorrere fra le chiese citate e la cattedrale nel corso del periodo qui preso in esame27; tuttavia, sulla base di qualche tardo indizio documentario, possiamo ritenere che il clero cit- tadino28, anche quello delle chiese non direttamente di- pendenti dalla cattedrale, fosse tenuto a prendere parte al- le processioni del clero cattedrale29.

26 All’elenco delle chiese soggette alla canonica di San Pietro

poste in città, segue quello delle chiese site «extra civitatem»: San Tommaso, San Silvestro, Santa Maria di Prato Lamberto, San Celesti- no di Pietole, San Nicolò di Casaletto, San Cassiano, San Giorgio e San Vito «supra lacum».

27 Per gettare uno sguardo sui rapporti che nel corso del secolo

XIII intercorsero fra quelle chiese e la cattedrale può essere di qualche utilità riferirsi ad un atto del 1290 (L’archivio capitolare, n. CCXXX, 1290 giugno 9), che assieme a quelli che fra poco citeremo a proposito della chiesa di San Paolo, rappresenta uno dei pochi documenti perve- nutici utilizzabili a tal scopo. Nel giugno di quell’anno, nella canonica della cattedrale, presenti ragguardevoli esponenti della Chiesa locale, l’arciprete della cattedrale Pietro, agendo con il consenso dei membri del capitolo singolarmente nominati, investe Antonio figlio di Ventu- rino abitante in contrada San Iacopo e prete della chiesa di San Zeno di Mantova, chiesa soggetta alla cattedrale – «que est subiecta predicte ecclesie Mantue» – dei diritti spirituali e temporali a quella spettanti. A prete Antonio viene prescritta la corresponsione al sacrista di San Pietro, ogni domenica delle Palme, di quattro libbre di cera «pro censu ecclesie supradicte»; nella stessa festività egli dovrà inoltre «dare di- gnitati archipresbiteri ecclesie Sancti Petri de Mantua annuatim» una candela grande e tre piccole. L’atto consente d’evidenziare i ‘segni’ della soggezione di San Zeno alla cattedrale: sebbene i censi possano apparire simbolici, con essi si perpetuava la memoria di quel legame, che con ogni probabilità risaliva ad un’epoca anteriore.

28 Ad illuminare lo stretto legame che doveva unire il fedele alla

sua chiesa, rappresentata nel caso specifico da San Salvatore, concorre un atto del 1191 con il quale una abitante della vicinia di San Salvato- re, Berta, vedova di un pescatore di nome Nuvolo, dona al prete di quella chiesa la sua dote e la quota di un edificio: Regesto mantovano, n. 497, 1191 novembre 13.

Un accenno deve poi essere riservato a San Paolo, che sorgeva all’interno del centro episcopale mantovano, una chiesa cui a lungo si è voluto assegnare il ruolo di se- conda cattedrale30. Le ricerche disponibili portano a rite- nere che essa sia stata destinata al servizio liturgico dei canonici31; non si esclude che ciò abbia comportato una divisione fra i canonici addetti al servizio liturgico nella cattedrale di San Pietro e quelli della canonica ‘separata’ di San Paolo. Si è però portati a pensare che il ruolo di canonica sia poi venuto meno, e che nel corso del secolo XIII essa abbia assunto funzioni parrocchiali, «anche se doveva trattarsi di una sorta di ‘parrocchia del duomo’»32. Tuttavia, non ci sembra sia stata ancora fatta piena luce sui rapporti intercorsi fra San Paolo e la cattedrale ed il clero in esse presenti, e soprattutto fra i presuli e la chiesa di San Paolo. Dalla documentazione vescovile si evince non solo che all’occorrenza i presuli agivano stando in San Paolo33 – che viene sempre e solo definita ecclesia –, ma soprattutto che in essa era stato incardinato il canoni- co della cattedrale Tommaso da Desenzano, uomo di chiesa che fu stretto collaboratore dei vescovi che si suc-

30 La fondazione di San Paolo va ascritta al vescovo riformatore

Anselmo da Baggio ed è collocabile in un periodo anteriore al 1086. Per quanto attiene la chiesa di San Paolo di Mantova si vedano P. Pi- va, Chiesa dei canonici o seconda cattedrale? Anselmo da Lucca e la chiesa di S. Paolo in Mantova, in Sant’Anselmo, Mantova e la lotta per le investiture, Atti del convegno internazionale di studi (Mantova 23-25 maggio 1986), a cura di P. Golinelli, Bologna, 1987, pp. 137- 158; Id., La chiesa di S. Michele e il centro episcopale di Mantova in età romanica. Note documentarie, «Atti e memorie della Accademia virgiliana di Mantova», LX (1992), pp. 99-136, pp. 117-120.

31 P. Piva, Dalla cattedrale ‘doppia’ allo ‘spazio’ liturgico ca-

nonicale. Linee di un percorso, in Canonici delle cattedrali cit., pp. 69-93, p. 75.

32 Piva, La chiesa di San Michele cit., p. 118.

33 ASDMn, MV, Registro 2, c. 13v, <1230> giugno 23>; c. 77v,

<1232> aprile 21; c. 78r, <1232> aprile 23; c. 95r, <1232 luglio 23>; c. 102v, <1232> agosto 25.

cedettero alla guida della diocesi mantovana nei primi decenni del secolo XIII34.

Sin qui è stato possibile mostrare il perdurare del le- game fra la cattedrale e San Paolo: una chiesa che par- rebbe aver vieppiù assunto i tratti di una parrocchia offi- ciata da un suo rector. Alcuni dati permettono tuttavia di ravvisare la presenza in San Paolo di un clero plurimo a partire dall’episcopato di Iacopo da Castell’Arquato. È difficile dire se dietro quelle attestazioni si celi l’attuazione di un preciso disegno di quel presule cui do- vremmo imputare la volontà di ripristinare la vita canoni- cale in San Paolo, ma il dato è di un certo interesse e l’ipotesi alquanto suggestiva. Ai canonici Sancti Pauli si fa riferimento in un atto di vendita del 123735. Ma a noi preme evidenziare che proprio a partire da quel torno di tempo nella canonica di San Paolo venivano incardinati alcuni esponenti di rilievo dell’entourage vescovile. Un

34 Si vedano ASDMn, MV, Registro 2, c. 3r, 1229 dicembre 1; c.

102v, <1232 agosto 24>. Nel 1230, in canonica Mantue, Tommaso da Desenzano prometteva al preposito mantovano di osservare ogni pre- cetto che sarebbe stato a lui ingiunto dal capitolo, in special modo per la lite che contrapponeva i due enti «de oblationibus que fiunt in ec- clesia Sancti Pauli in diebus solempnibus» (L’archivio capitolare, n. LXXXVI, 1230 febbraio 8). Nell’anno successivo, stando «super lobia canonice Mantue», il magister Tommaso, «presbiter rector administra- tor yconomus et gubernator» della chiesa di San Paolo, provvede alla locazione di alcuni terreni (ASMn, AG, b. 303 bis, 1231 marzo 2). Quasi tre decenni più tardi (L’archivio capitolare, n. CLVI, 1260 maggio 8), sarà proclamata una sentenza arbitrale da parte del vescovo Martino, il quale essendo stato nominato arbitro nella lite che verteva fra il capitolo mantovano e prete Ventura della chiesa di San Paolo, imporrà a quest’ultimo di corrispondere al capitolo, entro un mese, nove castrati e quarantacinque soldi imperiali «nomine oblationis co- lecte» non corrisposte nei precedenti nove anni. Il presule dispone al- tresì che d’ora innanzi nella festa di Santa Speciosa sia sempre dato al capitolo un castrato e cinque soldi imperiali. Non solo: in quel giorno il prete di San Paolo sarà tenuto ad assistere, paratus, i canonici della cattedrale nel corso della celebrazione delle messe durante le quali a- vrebbe dovuto provvederli del vino, dell’acqua e dell’incenso.

solo esempio: Giovanni Porcharii, chierico del vescovo, fu incardinato nella chiesa cittadina di San Paolo36.

Lo spiccato interesse manifestato dal vescovo Marti- no verso il ruolo pastorale rivestito dalle chiese parroc- chiali trova conferma nella considerazione di un ulteriore esempio, costituito dalla chiesa urbana dei Santi Cosima e Damiano37. Infatti nel 1264 il presule le concede una indulgenza di quaranta giorni che potrà essere ottenuta da quei fedeli che in essa si recheranno nella ricorrenza dei santi titolari, durante la settimana santa oltre che nel giorno di Pasqua per accostarsi al sacramento della con- fessione38. Non c’è bisogno di sottolineare che qui l’indulgenza assume un chiaro valore di ‘strumento pa- storale’. Ma va rilevata ancora una volta la particolare in- cisività del governo di Martino nei confronti delle istitu- zioni ecclesiastiche locali.

Le considerazioni sino ad ora sviluppate consentono di trarre una prima conclusione: per tutta la prima metà del Duecento le relazioni fra le istituzioni di vertice della Chiesa mantovana e gli uomini ad esse preposte furono improntate, salvo situazioni specifiche e di breve durata, ad una forte solidarietà interna e ad una stretta collabora- zione39. Non si può quindi ascrivere alla situazione man- tovana quell’antagonismo tra episcopato e capitolo che solitamente viene indicato come uno dei tratti peculiari

36 Si vedano ad esempio ASDMn, MV, Registro 3, c. 117v,

<1245> ottobre 28; ASDMn, MV, Registro 9, c. 20v, <1249> aprile 3, ove per l’appunto Giovanni Porcari viene detto confratello di San Pao- lo.

37 Nella documentazione tale chiesa è solitamente detta solo di

San Damiano: si veda ad esempio, L’archivio capitolare, n. CXXVI, 1251 febbraio 6; n. CXXX, 1252 luglio 26 o 27.

38 L’archivio capitolare, n. CLXIV, 1264 settembre 10.

39 Una situazione analoga si verificò a Siena: M. Pellegrini,

Chiesa e città. Uomini, comunità e istituzioni nella società senese del XII e XIII secolo, Roma, 2004, pp. 109-110. Un utile termine di con- fronto è la realtà genovese: Polonio, Costa Restagno, Chiesa e città cit., pp. 87-210.

della Chiesa italiana40. Ma va posta nel giusto risalto la centralità del ruolo svolto dai vescovi. Sono i vescovi a costituire il vero collante di quella unità. Lo si nota so- prattutto nel governo di Martino da Parma, contrassegna- to da una attenzione particolare per le funzioni pastorali del clero cattedrale e degli altri preti, come abbiamo po- tuto constatare.