• Non ci sono risultati.

Capitolo II. Le strutture di governo

3. Familiae vescovili

Tenendo conto dei limiti appena richiamati, gioverà a questo punto focalizzare la nostra attenzione sui dati si-

no ad ora raccolti e procedere nella considerazione dei collaboratori dei vescovi mantovani per individuarne ruoli e competenze. Ebbene, la quantità di coloro che in modi e tempi diversi attorniarono l’ordinario nei diversi momenti della sua attività o che lo coadiuvarono nella amministrazione temporale e spirituale della diocesi ri- sulta essere piuttosto consistente soprattutto per i presuli del Duecento. Infatti, mentre per Garsendonio e gli altri vescovi attivi nel secolo XII disponiamo di un esiguo numero di, per Enrico e Pellizzario abbiamo censito una quindicina di nominativi, il loro numero con Guidotto da Correggio oltrepassa la quarantina, mentre per Iacopo e per Martino sfiorano le sessanta unità. Ma di essi solo al- cuni – lo si può evincere dalla tabella annessa – è conno- tata da specifiche qualifiche, offrendoci la possibilità di dire quale ruolo abbiano ricoperto e quindi quali siano state le loro specifiche mansioni.

Per il servizio liturgico privato, i vescovi si avvale- vano di propri cappellani ai quali dobbiamo ritenere fosse attribuita l’officiatura della cappella vescovile – vedremo oltre che la cappella episcopi era vicina alla camara del vescovo61. Nessuno dei vescovi ne è privo, ma il loro numero oscilla da uno ad un massimo di quattro. Gli e- lementi di cui disponiamo lasciano intuire come il loro ruolo non si limitasse al solo servizio liturgico. Dalla do- cumentazione disponibile traspare che la ‘carica’ di cap- pellano poteva costituire un punto di partenza per carriere ecclesiastiche non insignificanti. Si prenda l’esempio del magister Tommaso da Desenzano62, cappellano di Enrico al principio del Duecento, destinato a divenire una figura cardine nell’ambito della Chiesa mantovana per tutta la prima metà del secolo, come rivela la sua costante colla- borazione con i diversi presuli succedutisi, dei quali fu

61 Cfr. Rossi, Gli ‘uomini’ del vescovo cit., pp. 53-54. È sempre

utile il confronto con la cappella vescovile: Paravicini Bagliani, Car- dinali di curia cit., pp. 478-495.

62 Cfr. Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., pp. 399, 403-404,

anche vicario. Altri cappellani sono costantemente al fianco del vescovo, evidenziando in tal modo la sussi- stenza di forti relazioni di familiarità con l’ordinario. Non è un caso, dunque, che il cappellano risulti essere fra i membri dell’entourage vescovile che risiedono all’interno del palazzo63. Numerosi, ed in specie in seno alla familia di Martino64, sono i chierici vescovili, le cui mansioni però non emergono dalle fonti considerate, tan- to che possiamo solo supporre che anch’essi potessero aver svolto incarichi di natura liturgica.

Compiti di servizio vanno attribuiti, invece, ai ser- vientes, che potevano essere sia chierici che laici. Anche di questi collaboratori sappiamo ancora poco. Quali fos- sero le mansioni specifiche di un serviens non è dato sa- pere: le nostre fonti lo mostrano per lo più nelle vesti di testi ad atti del presule, o fungere da nunzio, oppure rico- prire la funzione di gastaldo vescovili. Essi, peraltro, ri- sultano aver costituito una presenza costante e numeri- camente non irrilevante: sei con Pellizzario, tredici con Guidotto, quindici con Iacopo e nove con Martino65. Un servitore del vescovo Iacopo viene designato anche come suo domicellus66. È difficile dire se alla categoria dei ‘servitori’ potesse appartenere l’unico valetus camere no- to67. Per quanto rade tali attestazioni riflettono il ricorso nella designazione dei diversi ‘ruoli’ dei coadiutori ve- scovili ad un lessico che rinvia ad un contesto chiaramen- te ‘feudale’.

Un ruolo di non secondaria importanza dovette esse- re rivestito dal camerarius: qualifica che ricorre nel corso di tutti gli episcopati considerati. In analogia con quanto

63 Si veda per ora Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., pp. 339-

345.

64 Cfr. la tabella allegata.

65 Cfr. Rossi, Gli ‘uomini’ del vescovo cit., p. 67, ove si nota la

scarsa attestazione di servientes dei vescovi veronesi.

66 Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., pp. 438-439. 67 Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., p. 449.

sappiamo per la corte pontificia e cardinalizia68, anche al camerarius vescovile va con ogni probabilità attribuita l’amministrazione dei beni e delle finanze episcopali. Lo evince in maniera diretta dall’atto con il quale nel 1267 il vescovo Martino intervenne a difendere l’operato del suo camerarius, il notaio Aycardo, affermando che esso du- rante il suo mandato aveva provveduto a gestire in ma- niera corretta i negotia suoi e dell’episcopio ammini- strando onestamente la camera e la camerlengaria ve- scovili69. Al titolo di camerarius e camerlengus, usati come sinonimi, durante il governo di Iacopo e di Martino si affianca quello di caniparius. Tale mansione è rivesti- ta, in entrambe le occasioni in cui ricorre, da un religioso. Non siamo in grado di dire se esso implichi il funziona- mento di un ‘ufficio’ diverso da quello del camerario. Certo è che il camerarius svolgeva le sue mansioni in uno spazio specifico sposto all’interno del palazzo70. Oc- corre osservare, inoltre che non di rado l’’ufficio’ di ca- merario era affidato a uomini di fiducia del presule e non privi di un buon livello culturale: molti di essi risultano essere gratificati dal titolo di magistri71.

Un’altra tipologia di ‘ufficiali’ che svolgevano una analogo compito di raccordo fra ‘centro’ e ‘periferia’, è rappresentata dai ‘messi’: ministeriali e nunzi. Essi pote- vano essere al servizio sia dei vari funzionari vescovili sia dello stesso presule. La maggior parte delle attesta-

68 Si confrontino J. Favier, Camera apostolica, in Dizionario

storico del papato cit., pp. 217-221; O. Guyotjeannin, F. Jankowiak, Cameriere, in Dizionario storico del papato cit., pp. 222-223; O. Gu- yotjeannin, F.C. Uginet, Camerlengo. Medioevo, in Dizionario storico del papato cit., pp. 223-225; Paravicini Bagliani, Cardinali di curia cit., pp. 472-474.

69 ASDMn, MV, Registro 4, c. 35r, <1267 novembre 13>. 70 Si veda per ora Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., pp. 339-

345.

71 Il vescovo Iacopo ebbe, ad esempio, per suo camerarius il

magister Sette (Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., pp. 434-435), e il titolo di magister è attribuito anche ad Alberto camerarius di Martino (Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., pp. 440-441).

zioni li vede comunque agire nell’ambito del tribunale vescovile per conto del quale per lo più convocavano le parti in causa o comunicavano le decisioni assunte. Ad essi crediamo di poter assimilare il cursor72 attestato per la prima ed unica volta con il da Correggio.

Si è detto già che è solo con l’episcopato di Martino che si riscontra l’apparizione di un gruppo di uomini e- spressamente designati suoi familiares: ne abbiamo con- tati ben ventisette. Di essi alcuni sono chierici, uno è do- micellus episcopi, altri sono detti servientes. E familiaris del vescovo viene detto pure uno dei suoi cappellani. Ne conseguirebbe allora che il titolo di ‘famigliari’ veniva attribuito a chi con il vescovo aveva rapporti di maggior familiarità rispetto agli altri membri dell’entourage ve- scovile che familiares evidentemente non erano, nei quali dovremmo scorgere dei ‘funzionari’ della curia.

Da quanto detto si evince chiaramente come attorno ai vescovi mantovani ruotasse una équipe di collaboratori il cui assetto parrebbe aver raggiunto un certo grado di definizione sin dagli anni Trenta del secolo XIII, con la creazione al suo interno di ‘uffici’ e di ‘ufficiali’ distinti e specializzati, con competenze ed incarichi differenziati. Il costituirsi di tale apparato, un abbozzo di curia, va di cer- to rapportato al complessivo ‘burocratizzarsi’ della attivi- tà degli ordinari con la necessità di far fronte alle loro multiplices occupationes. Tuttavia, come si è sopra anti- cipato, per quanto non sia stato possibile riscontrare pri- ma dell’episcopato di Martino l’impiego del termine fa- milia per indicare il nucleo più ristretto degli ‘uomini’ del vescovo, alcune delle qualifiche adottate evidenziano come sin da quei decenni iniziali del secolo sussistesse all’interno del più ampio ed indistinto entourage, un ri- stretto numero di uomini legati da vincoli personali al ve- scovo: uomini che in molti casi provenivano dal luogo

72 Può essere utile il confronto con i cursores della curia pontifi-

cia : A. Paravicini Bagliani, Curia (XI-XIII secolo), in Dizionario sto- rico del papato cit., pp. 456-462, a p. 459.

d’origine del presule. Lo studio dei vescovi e del loro o- perato sembra quindi giovarsi della considerazione delle persone che li circondavano.

Questi nostri brevi accenni sulla ‘corte’ dei vescovi non sarebbero completi se non accennassimo al livello culturale dei collaboratori vescovili da noi individuati. V’è da sottolineare innanzitutto la presenza per nulla tra- scurabile di numerosi magistri. Tale titolo connota alcuni dei più importanti coadiutori vescovili, ovvero i vicari, come vedremo fra poco, i ‘tesorieri’, e i cappellani. Ma risalta soprattutto la presenza, consistente, di uomini di legge, ed in particolare di alcuni grandi giuristi dell’epoca. Ricordiamo, ad esempio, che durante il suo episcopato Guidotto da Correggio – che, come abbiamo visto, fu in contatto con il ben noto arcidiacono bologne- se Tancredi – poté avere al suo fianco, fra glia altri, il magister Bernardo da Parma73. Né si deve omettere di far cenno alla presenza nel palazzo vescovile di vari medi- ci74. Tuttavia, un profilo culturalmente alquanto elevato della ‘corte’ episcopale mantovana sembrerebbe ricono- scibile soprattutto con Martino da Parma. Infatti al suo seguito, oltre a diversi giudici, medici, e magistri, abbia- mo riscontrato la presenza di un decretorum doctor, di un professore di grammatica, di un magister scollarum.

73 Cfr. Gardoni, Vescovi-podestà cit., p. 100.

74 Per il rilievo dei medici nell’ambito delle ‘corti’ ecclesiastiche

può essere utile un confronto con quanto è stato osservato a proposito dei papi: Paravicini Bagliani, La vita quotidiana cit., pp. 165-170.

Tabella – Titoli e funzioni dei collaboratori vescovili