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Capitolo II. Le strutture di governo

2. Il vicario

La figura che costituì senza dubbio alcuno il princi- pale collaboratore vescovile èquella del vicario, una figu- ra che solo in tempi recenti ha suscitato un rinnovato in- teresse anche se, ancora una volta, gli studi hanno privi- legiato il secolo XV25, e ciò nonostante il rilievo di tale figura risalti anche per i secoli precedenti26.

Le fonti disponibili consentono d’appurare l’esistenza di un vicario del vescovo Enrico sin

24 Sul ruolo dei penitenzieri pontifici sia qui sufficiente rinviare a

P. Levillain, Penitenziere apostolico, in Dizionario storico del papato cit., p. 1128.

25 Per un’informazione generale risulta ancora utile l’opera di E.

Fournier, L’origine du vicaire général et des autres membres de la curie diocésaine, Paris, 1940. Si vedano inoltre R. Brentano, Vescovi e vicari generali nel basso medioevo, in Vescovi e diocesi cit., I, pp. 547-567; G. De Sandre Gasparini, Vescovi e vicari nelle visite pasto- rali del Tre Quattrocento veneto, in Vescovi e diocesi cit., I, pp. 569- 600; M.C. Rossi, Vescovi nel basso medioevo (1274-1378). Problemi, studi, prospettive, in Il difficile mestiere di vescovo cit., pp. 217-254: 228; Ead., Gli ‘uomini’ del vescovo cit., pp. 38-53.

26 Si veda ad esempio, il caso di Bologna, dove un vicario è atte-

stato dal principio del Duecento: A. Vasina, Chiesa e comunità dei fe- deli nella diocesi di Bologna dal XII al XV secolo, in Storia della Chiesa di Bologna, a cura di P. Prodi e L. Paolini, Bologna, 1997, p. 127.

dall’inizio del suo episcopato. Infatti, già nel 1192 si tro- va documentato il vicarius episcopi Andrea da Vicenza giurisperito, membro di un collegio arbitrale chiamato a dirimere una lite che opponeva il comune di Mantova al monastero di Sant’Andrea27. Egli non fu il solo vicario del presule. Qualche decennio dopo, durante un periodo di assenza dell’ordinario diocesano, ne sono attivi, con- temporaneamente, tre. Sono, infatti, il priore di San Mar- co Girardo28 e l’arciprete della cattedrale Pellizzario29 ad essere chiamati, nel 1219, ad intervenire nelle vesti di vi- cari vescovili nell’ambito di una vertenza giudiziaria30. Del terzo, Rotondellus, sappiamo solo che in quel mede- simo anno diede il suo assenso una investitura concessa dal villico del vescovo31.

Sembra lecito dire, quindi, che quantomeno dalla fi- ne del secolo XII i vicari entrarono a far parte dell’entorurage vescovile. La loro presenza e la loro a- zione si riscontra però solo nei momenti di assenza dell’ordinario; così infatti avvenne nel 1219: i vicari, dunque, svolgevano una funzione di supplenza. Va anche posto nel giusto risalto che ve ne poteva essere più d’uno nello stesso tempo, circostanza che lascerebbe intendere che ad ognuno di essi fossero attribuite competenze di- verse, come risulta accadere nei decenni immediatamente successivi. È opportuno sottolineare che la loro presenza rinvia all’esistenza di un apparato di ‘curia’ non privo di una sua propria strutturazione. Di tale embrione di orga- nizzazione ‘burocratica’ parrebbe essere spia anche la presenza di un famulus che funge da nuncius del vica- rio32.

27 Un breve profilo è stato tracciato in Gardoni, ‘Episcopus et

potestas’ cit., p. 396.

28 Si veda Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., p. 397. 29 Si veda Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., p. 398. 30 L’archivio capitolare, n. LII, 1219 settembre 29 e ottobre 4. 31 Si veda Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., p. 399. 32 Si veda Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., p. 397.

S’è appena detto che, quantunque dalle fonti non emerga in modo esplicito, la presenza di più vicari opera- tivi in uno stesso momento potrebbe rimandare a una ri- partizione dei compiti fra essi. Tale osservazione trova conferma prendendo in considerazione i vicari attivi per Pellizzario, il quale provvide a nominare vicari distinti per l’amministrazione in temporalibus e in spiritualibus. Infatti nel luglio del 123033, con il consenso dei canonici della cattedrale, il vescovo, in procinto di recarsi presso la curia pontificia, nominò Giovanni Gonzaga preposito della cattedrale di Mantova, suo vicario in spiritualibus34. Nello stesso giorno, ma con un atto distinto dal preceden- te35, il presule costituì suo vicario in temporalibus Rai- mondo de Agalono36. Entrambi furono autorizzati ad e- sercitare le funzioni vicariali sino al ritorno del vescovo: usque ad suam reversionem. Gli atti di nomina consento- no anche di conoscere nello specifico le loro mansioni: al preposito Giovanni spetterà far fronte ad ogni incomben- za e ad ogni procedura giudiziaria attinenti allo spirituale, ed in modo specifico l’esame di una vertenza riguardante le decime della pieve di Campitello e quella che si agita- va fra il clero di San Pietro di Porto; a Raimondo invece competeranno tutti i negotia attinenti alla sfera della am- ministrazione del temporale ivi compresa la facoltà di concedere nuove investiture. Ebbene, la documentazione in registro del vescovo si interrompe dopo quelle nomine, e il vescovo non appare essere più in città sino all’ottobre successivo. Tuttavia non sono pervenuti atti che permet- tano di vedere i due vicari nell’esercizio delle loro fun- zioni in supplenza del presule, se non un unico ed incom- pleto documento – tanto che non è possibile comprender- ne la natura – rogato in curia episcopatus, nel quale agi- sce Raimondo37.

33 ASDMn, MV, Registro 2, 16v, <1230> luglio 23. 34 Si veda Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., p. 401. 35 ASDMn, MV, Registro 2, 16v, <1230 luglio 23>. 36 Si veda Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., pp. 402-403. 37 ASDMn, MV, Registro 2, 17v, <1230> agosto 10.

Appare dunque confermato che i vicari svolgevano le loro funzioni in assenza del vescovo: la loro, lo riba- diamo, era una funzione di supplenza. Va anche richia- mata l’attenzione sulla circostanza della attenzione ripo- sta dal presule nello scegliere uomini ritenuti particolar- mente idonei, capaci e preparati a svolgere ‘l’ufficio’ vi- cariale. Non pare un caso che il vescovo abbia voluto at- tribuire l’amministrazione del ‘temporale’ ad un laico, e per di più giudice, e quella dello ‘spirituale’ a degli ec- clesiastici38.

La scelta di avvalersi di vicari con competenze di- versificate in ambito temporale e spirituale fu assunta an- che dal successore di Pellizario, Guidotto da Correggio, per il quale abbiamo raccolto informazioni relative a sei diversi vicari. Allorché nel dicembre del 1231 il presule si accingeva a recarsi a Ravenna presso la curia imperia- le, prima di allontanarsi dalla sua sede, il vescovo prov- vide a nominare il canonico Filippo39 ed i giudice Manto- vano de Gaymario40 suoi vicari in omnibus negotiis in temporalibus, specificando che ad essi competerà la no- mina di tutti i magistrati nei comuni soggetti all’autorità dell’episcopio, e l’esame di tutte le cause civili che po- tranno insorgere fra i chierici e fra i laici41. Nello stesso giorno ma con un apposito atto però, il vescovo scelse quali suoi vicari in temporalibus il priore di San Marco42, il magister Tommaso43 e il canonico Iacopo44: essi do- vranno occuparsi delle cause attinenti allo spirituale e po- tranno comminare la scomunica. Anche in questo caso la nomina dei vicari si rese necessaria per garantire un ordi-

38 Cfr. Rossi, Gli ‘uomini’ del vescovo cit., p. 99.

39 Se ne veda il profilo tracciato in Gardoni, ‘Episcopus et pote-

stas’ cit., p. 409.

40 Se ne veda il profilo tracciato in Gardoni, ‘Episcopus et pote-

stas’ cit., pp. 412-413.

41 ASDMn, MV, Registro 2, c. 56v, <1231 dicembre 13>. 42 Si veda Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., p. 405. 43 Si veda Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., p. 416. 44 Si veda Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., p. 412.

nato governo della diocesi in assenza del presule. Rispet- to a quanto abbiamo visto accadere in precedenza, però, con Guidotto il numero dei vicari è più consistente: due per l’ambito temporale e ben tre per quello spirituale atti- vi contemporaneamente. Tutto ciò parrebbe doversi in- terpretare quale segnale della volontà del vescovo di assi- curare l’ordinaria amministrazione della diocesi, ma an- che della complessità che tale amministrazione aveva o- ramai raggiunto. Il da Correggio nel corso del suo epi- scopato si avvalse poi di un altro vicario. Si tratta di un personaggio sul quale nelle prossime pagine ritorneremo più volte, una figura chiave della Chiesa mantovana nei decenni centrali del Duecento: il chierico vescovile Uber- to da Parma45. Ad Uberto il vescovo delegò la gestione del tribunale ecclesiastico, ma lo nominò anche suo vica- rius46. Uberto appare infatti agire con quel titolo nel gen- naio del 1233, quando l’ordinario aveva già assunto la carica di podestà della città. Ne consegue che la nomina a vicario di Uberto si rese necessaria con l’assunzione del vescovo del governo cittadino.

Sin qui, dunque, i vicari parrebbero aver svolto es- senzialmente funzioni di supplenza. Una situazione di- versa si scorge con gli episcopati successivi, giacché sia per Iacopo che per Martino è stato possibile riscontrare al loro fianco dei vicari che agivano anche in presenza dell’ordinario. Tali vicari, pertanto, agirono a supporto della ordinaria attività episcopale. Va precisato, tuttavia, che mai essi vengono definiti vicari generali, qualifica che nel periodo esaminato risulta del tutto assente.

Converrà a questo punto soffermarsi brevemente su di essi. Poco aver preso possesso della cattedra mantova- na, Iacopo da Castell’Arquato nominò suo vicario47 il chierico Uberto da Parma48. Orbene abbiamo poco sopra

45 Gardoni, Un ‘officiale’ episcopale cit., pp. 401-404. 46ASDMn, MV, Registro 2, c. 116v, 1233 gennaio 29.

47 ASDMn, MV, Registro 3, c. 1v, <1237> dicembre 4 (edito in

Appendice documentaria, n. 2).

visto che Uberto aveva agito anche come vicario di Gui- dotto da Correggio: pare dunque evidente il proposito di dare continuità alla amministrazione diocesana facendo affidamento su di un uomo di ‘curia’ di comprovata espe- rienza. Uberto stette al fianco del presule sino al 1241 occupandosi in prevalenza – lo si vedrà meglio in un pa- ragrafo successivo – del foro ecclesiastico. Dal 1247 lo stesso vescovo sarà affiancato da un altro vicario49, Ful- cone50. Quattro anni più tardi quell’incarico è ricoperto da Bonifacio di San Bonifacio, arciprete di Valeggio51, che sin dall’inizio del suo mandato si occupa della am- ministrazione della giustizia episcopale.52 Egli dovette mantenere l’incarico sino alla fine dell’episcopato di Ia- copo, che seguì poi a Roma come membro della familia cardinalizia.

Anche il vescovo Martino fu coadiuvato da un vica- rio sin dall’inizio del suo episcopato: infatti, dal giugno al dicembre del 1252 egli sarà costantemente53 affiancato dal magister cremonese Filippo, vicarius episcopi54. Nel

49 ASDMn, MV, Registro 9, c. 9r, <1247> gennaio 4; c. 9v, gen-

naio 14; c. 9v, <1247> gennaio 18; c. 11r, <1247> febbraio 19; c. 12r, <1247> marzo 3; c. 13v, <1247> aprile 12; c. 14r, <1247> aprile 25; c. 14r, <1247> maggio 1; c. 14r, <1247> maggio 3; c. 14r, <1247> maggio 6; c. 14v, <1247> maggio 20; c. 14v, <1247> maggio 22; c. 14v, <1247> maggio 24; c. 15r, <1247> maggio 27; c. 15r, <1247> giugno 8; c. 16v, <1247> agosto 17.

50 Se ne veda il profilo tracciato in Gardoni, ‘Episcopus et pote-

stas’ cit., pp. 422-423.

51 Se ne veda la relativa scheda in Gardoni, ‘Episcopus et pote-

stas’ cit., p. 420.

52 ASDMn, MV, Registro 9, c. 48r, <1251> gennaio 18.

53 ASDMn, MV, Registro 4, c. 1r, <1252> giugno 29; c. 2r,

<1252 luglio 27>; <1252> luglio 28, <1252> luglio 30; c. 2r, <1252> luglio 30, c. 2v, <1252> agosto 8; c. 2v, <1252> agosto 19; c. 2v, <1252> agosto 19; c. 3v, <1252> agosto 24; 3v, <1252> agosto 31; c. 4v, <1252> settembre 7; c. 5r, <1252> settembre 7; c. 5v, <1252> set- tembre 21; c. 5v, <1252> settembre 27; c. 6v, <1252> ottobre 10; c. 6v, <1252> ottobre 12; c. 11v, <1252> novembre 23; c. 11v, <1252> novembre 24.

54 Se ne veda il profilo delineato in Gardoni, ‘Episcopus et pote-

luglio di quell’anno agisce il magister Alberto55, che con la carica di vicarius et procurator episcopi entra in pos- sesso di un terreno56. Non è possibile stabilire se ai due vicari, che appaiono essere attivi nello stesso periodo, siano stati assegnati settori diversi del governo, né è pos- sibile dire sino a quando ricoprirono quella funzione. Se l’identificazione da noi proposta del magister Alberto con l’omonimo camerarius del vescovo fosse corretta, si potrebbe essere indotti a sospettare che egli si sia limitato a rappresentare il vescovo nel disbrigo di singoli ‘affari’, come lascerebbe intendere anche il titolo di procurator accostato a quello di vicario. Maggiori informazioni di- sponiamo in merito a Delacorra del quale si è potuto rico- struire la carriera ecclesiastica svoltasi nell’abito della Chiesa locale. Egli, che dalla fine degli anni Trenta fu chierico della chiesa di Santa Maria de Aquadrucio, ini- ziò a frequentare con assiduità il palazzo vescovile sin dagli ultimi anni di episcopato di Iacopo con il quale non mancò di collaborare57. I suoi rapporti con l’episcopio proseguirono anche allorché alla sede mantovana venne promosso Martino da Parma, del quale divenne, per l’appunto, vicario: Delacorra, infatti, è qualificato vica- rius episcopi nel 125758, nel 125859 e nel 126360. La do- cumentazione non permette di appurare se egli sia stato vicario vescovile con continuità dal 1257 al 1263, ma se così fosse, avrebbe rivestito quella funzione per sette an- ni.

55 Se ne veda il profilo in Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit.,

pp. 440-441.

56 ASDMn, MV, Registro 4, c. 2r, <1252 luglio 28>; c. 2r,

<1252> luglio 28.

57 Si veda Gardoni, ‘Episcopus et potestas’ cit., p. 445.

58 ASDMn, MV, Registro 4, c. 24r, <1257> marzo 9; c. 28r,

<1257> settembre 4; L’archivio capitolare, n. CXL, 1257 gennaio 30: «Delacorra vicarius predicti domini episcopi».

59 ASDMn, MV, Registro 4, c. 28r, <1258> settembre 4. 60 L’archivio capitolare, n. CLXI, 1263 ottobre 13: fra i testi il

primo ad essere elencato è il magister pre Delacora rector della chiesa di Santa Maria «de Aquadruce et vicarius dicti domini Martini».

Sulla scorta di quanto detto, pur nella frammentarietà delle informazioni disponibili, sembra possibile tentare di delineare a grandi linee l’evoluzione del ruolo dei vicari dei vescovi mantovani dalla fine del secolo XII alla metà del successivo. Mentre in un primo periodo, che possia- mo collocare nei decenni posti a cavallo fra i due secoli, il vicario risulta essere un funzionario chiamato a suppli- re il vescovo solo allorché quest’ultimo si allontanava dalla sua sede, dagli anni Quaranta il vicario affianca il vescovo: egli non agisce più solo quando l’ordinario non c’è. Non solo. La distinzione fra vicari in temporalibus e vicari in spiritualibus parrebbe essere stata vigente solo in un periodo delimitato: durante gli episcopati di Pelliz- zario e di Guidotto, ovvero sino alla fine degli anni Tren- ta del Duecento. Con quest’ultimo presule, si è potuto os- servare un incremento numerico di tali funzionari che non trova alcun altro riscontro: egli infatti ne ebbe tre per l’ambito spirituale e due per quello temporale, attivi si- multaneamente. Tale situazione è indubbiamente indica- tiva della il grado di complessià che già a quell’epoca l’amministrazione diocesana doveva aver raggiunto. Per quanto attiene alla consistenza numerica dei vicari attivi per ogni presule è appena il caso di osservare che tanto per Iacopo quanto per Martino ne risultano attestati tre. Va rimarcato che essi ricoprirono quell’‘ufficio’ in pre- senza del vescovo, al fianco del quale sono documentati con la qualifica di vicarii episcopi. Poco sappiamo – la documentazione è avara di notizie in proposito – delle lo- ro competenze. È possibile però dire che in presenza del vescovo essi parrebbero essersi occupati in prevalenza della amministrazione della giustizia ecclesiastica, che tutti funsero da giudici del tribunale vescovile.