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La Cina delle dinastie imperial

2.3 Cina: uno sguardo alla storia delle riforme politiche

2.3.1 La Cina delle dinastie imperial

Sarebbe molto limitativo parlare della Cina di oggi e dei sui articolati processi di riforma senza analizzare la sua storia passata. La società cinese rappresenta una delle più antiche civiltà del mondo e quello che si è verificato durante l’evoluzione storica della Cina è fondamentale per capire i tratti peculiari della sua situazione attuale. Senza un adeguato riferimento alla storia, tra l’altro, non si possono neanche cogliere le ragioni da cui hanno preso le riforme economiche. In breve, la secolare storia di questo paese definito i contorni della sua civiltà; tali valori sono capisaldi della cultura di questo paese.

I periodi dinastici scandiscono i grandi periodi della storia della Cina. Il primo periodo decisivo per tutto lo sviluppo seguente della cultura cinese è stato quello della dinastia Zhou (1045-221 a.C.) e soprattutto gli oltre trecento anni chiamati “delle Primavere e Autunni”293 (770-481 a.C.); nel 551 a.C. si colloca la nascita di Confucio, il cui insegnamento ha avuto e continua ad grande risonanza nella cultura cinese. Ciò che è estremamente importate notare è che alcuni principi fondamentali dell’insegnamento di Confucio, come il valore dato all’apprendimento e all’educazione, al rispetto degli impegni nelle relazioni interpersonali e sociali, il grande rilievo dato all’impegno di governo come dedizione non agli interessi personali, ma al bene della società nel suo complesso, sono stati essenziali nel promuovere il processo di sviluppo dell’economia cinese durante la storia. Il sistema culturale radicato negli insegnamenti del confucianesimo è anche importante per rendersi conto della leggerezza con la quale si afferma che la Cina ha intrapreso la via di un capitalismo smoderato fondato sul dominio del capitalismo. Nella cultura cinese, come sostenuto da Confucio, l’individualismo non è visto come una virtù, e deve sempre essere coniugato con la responsabilità sociale. Questo può almeno parzialmente spiegare perché la Cina di oggi tragga più ispirazione dal modello di economia di mercato sociale di tipo europeo, piuttosto che dal modello prevalentemente orientato al mercato di tipo americano. Evidentemente, come spesso avviene per i sistemi morali che ispirano le masse, succede poi che nella pratica questi non vengono applicati in modo coerente e fedele ai principi originari. Ecco perché nella Cina di oggi si può notare uno sviluppo di modelli individualistici nelle scelte di consumo, e un’attenzione agli

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interessi personali e familiari piuttosto che al bene comune nei comportamenti dei funzionari pubblici e dei politici. Ciò che è necessario tenere presente è che il sistema di valori etici che ruotano attorno al confucianesimo ha una radice così profonda da essere tornato a farsi sentire dopo il periodo maoista e da essere considerato oggi come base culturale delle trasformazioni economiche e sociali. Alla fine degli ultimi duecento anni della dinastia Zhou, scanditi da conflitti tra i governatori delle varie regioni per conquistarsi il predominio sull’impero, e per questo definiti dagli storici il periodo degli “Stati combattenti”294, si è imposto il regno di Qin, il cui sovrano ha unificato il paese proclamandosi primo imperatore di una nuova era. Per quanto il primo imperatore fosse un autocrate che non sopportava dissensi, è con lui che ha avuto inizio l’unificazione culturale del nuovo impero. Dopo la sua morte è salita al potere la dinastia Han. Il periodo di quattrocento anni della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.) è stato di sostanziale importanza nella storia cinese: durante questa dinastia, si sono sviluppate le più solide istituzioni statali. Durante la dinastia Han la dominanza del confucianesimo sulle altre scuole filosofiche è stata riconosciuta in modo ufficiale; il confucianesimo è diventato da allora il cuore pulsante della cultura cinese. In quanto all’economia, il periodo di questa dinastia è rilevante poiché ci sono testimonianze che in quel periodo erano già presenti in Cina le relazioni caratterizzanti un’economia di mercato.

Un ruolo essenziale nello sviluppo economico è stato giocato dalla dinastia Song (960-1126). In questi anni il centro dell’economia cinese si è spostato verso il sud del paese, con un notevole sviluppo dell’agricoltura. Sostanzialmente, la civiltà cinese è migrata in questo periodo dal bacino del Fiume Giallo a quello dell’altro grande fiume, lo Yangzi. Lo spostamento è stato anche spinto dalle calamità che avevano colpito i territori bagnati dal Fiume Giallo. Gli imperatori della dinastia Song hanno realizzato ingenti opere mirate a recuperare il più possibile terre per la coltivazione, sottraendole al mare, distruggendo le foreste e terrazzando le colline. In aggiunta, è stato realizzato un efficiente sistema di irrigazione capace di sfruttare i grandi fiumi del sud. Il grande sviluppo agricolo fu favorito dalla diversificazione delle culture: tè, cotone, grano e soprattutto riso. L’imperatore Song Zhenzong (998-1022), del resto, aveva importato dal Vietnam un tipo di riso a raccolta accelerata e resistente alla siccità. Si potevano così avere più di due raccolti all’anno. L’aumento della produttività della terra attraeva forza lavoro, permetteva che una maggiore produzione fosse allocata nel mercato e consentiva anche che una parte della popolazione si

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potesse dedicare ad attività manifatturiere, come la filatura e la tessitura. La popolazione aumentava perché aveva a sua disposizione cibo e vestiario, quindi godeva di un buon livello di vita.

I metodi di coltivazione erano ad elevata intensità di lavoro e si basavano sulle unità familiari, raggruppate in clan. Le attività manifatturiere venivano ugualmente svolte da piccole imprese familiari e questo faceva sì che ci fosse una specializzazione nelle diverse produzioni. Per esempio, nella lavorazione della seta ad ogni fase corrispondeva una specifica impresa familiare. Questo caratteristico metodo di organizzare la produzione è significativo per comprendere il successo delle prime riforme dopo il periodo maoista, che riguardano soprattutto l’agricoltura, e hanno fatto leva proprio sul recupero dell’iniziativa imprenditoriale delle unità familiari nelle piccole attività artigianali e manifatturiere. Andava diffondendosi in Cina una visione sinocentrica della centralità dell’impero che etichettava come “barbari”295 tutti gli individui che popolavano il resto del mondo. Il nome stesso del paese lascia trasparire questa convinzione dei cinesi di rappresentare il centro del mondo: Cina si dice ancora oggi Zhongguo, parola costituita dall’insieme di “zhong” (centro) e “guo” (stato).296Questa idea era presente soprattutto nella burocrazia imperiale, un’istituzione che ha avuto sempre un ruolo significativo nel governo dell’impero; ciò spiega la propensione che è sempre stata propria della Cina verso un modello di economia in cui l’attività mercantile e gli scambi sono sempre stati direzionati e controllati dalla presenza pubblica. Per tutto il periodo imperiale l’amministrazione pubblica è stata affidata ad una burocrazia potente, cresciuta secondo il pensiero confuciano, che era lo strumento per imporre l’ordine politico e sociale in uno stato unitario, ma complicato da gestire, anche vista la sua enorme estensione territoriale. La burocrazia ha consolidato gradualmente una posizione autonoma e dominante rispetto alla classe militare. Costituiva una cerchia esclusiva alla quale si aveva accesso tramite un esame che doveva dimostrare la conoscenza dei classici della cultura cinese. Questo modello è resistito alla caduta dell’impero ed è stato adottato nuovamente nel periodo delle riforme economiche. L’ideologia della burocrazia proveniva dalle prescrizioni del confucianesimo e presupponeva “nobiltà d’animo, virtù civica, senso del bene comune e disciplina sociale”297. Chi apparteneva alla burocrazia doveva conformarsi a queste virtù per ottenere la fiducia dei

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Ibid., pag.17.

296Ibid. 297

cittadini, i quali potevano rivolgersi alla burocrazia anche per risolvere le loro controversie legali. La borghesia urbana includeva gli imprenditori nelle attività manifatturiere, i commercianti, i banchieri ed era organizzata in associazioni di categoria e corporazioni; queste ultime mostravano nei confronti della burocrazia un atteggiamento di rispetto. Tuttavia, spesso la burocrazia non si comportava secondo i dettami morali di Confucio. Ciò ha avuto ripercussioni negative per lo sviluppo dell’attività imprenditoriale, che veniva limitata dalle rendite che la burocrazia riusciva ad ottenere a proprio vantaggio. Un altro aspetto, questo, che è presente anche nella Cina del periodo delle riforme postmaoiste e che rappresenta uno dei maggiori problemi anche nella realtà di oggi.