A livello di fonti costituzionali vigenti nei paesi retti da forme di Stato democratico- sociale è possibile individuare almeno cinque sistemi diversi di procedure e di strumenti per la gestione istituzionale delle situazioni di emergenza: 1) il sistema britannico in cui sono previsti contemporaneamente tre strumenti: oltre all’istituto dell’applicazione della martial law da parte della Corona in caso di guerra, il Governo può derogare a norme legislative in altre situazioni di emergenza e in tali casi il Parlamento può coprirne la responsabilità per gli atti governativi tramite l’approvazione di un Act of Indennity, resta ferma la possibilità per il Parlamento di approvare leggi che conferiscano poteri eccezionali al Governo durante lo stato di guerra e situazioni di emergenza; 2) il sistema statunitense è quello in cui in caso di guerra o di ribellione armata, accanto alla martial law sono consentite deroghe al alcuni diritti
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costituzionali e si prevedono un sostanziale bilanciamento- controllo parlamentare dei poteri presidenziali in materia di difesa e un ruolo di controllo della Corte Suprema sulla costituzionalità delle misure adottate; 3) il sistema in vigore nella maggior parte degli Stati democratici, quello nel quale la Costituzione prevede norme che consentono, in determinate circostanze, ad organi costituzionali l’instaurazione di veri e propri “stati di eccezione” durante i quali si permette a determinati organi costituzionali di derogare o sospendere, in tutto o in parte, le norme costituzionali ordinarie. Tra le numerose varianti presenti ricordiamo la Francia; 4) il sistema in vigore in alcuni Stati democratici, tra i quali l’Italia, in cui lo stato di emergenza non è disciplinato a livello costituzionale perciò non si consentono deroghe o sospensioni di norme costituzionali in situazioni di emergenza se non durante lo stato di guerra; 5) il sistema in vigore in Irlanda e in Canada dove la Costituzione consente che, in presenza di situazioni emergenziali che pongano in pericolo la sicurezza nazionale, una legge approvata dal Parlamento faccia una scelta, o prevedere ragionevoli limiti ad alcuni diritti costituzionalmente garantiti oppure prevedere deroghe esplicite o sospensioni ad una parte della carta costituzionale con la contestuale sospensione del controllo di costituzionalità su quella legge costituzionale45.
Analizziamo in particolare il sistema statunitense, quello francese ed infine quello italiano.
Nel sistema statunitense in caso di guerra o di ribellione armata, accanto all’applicazione della martial law sono consentite limitate deroghe ad alcuni diritti costituzionalmente garantiti e si prevede un bilanciamento- controllo parlamentare dei poteri presidenziali in materia di difesa e un ruolo di controllo da parte della Corte Suprema della costituzionalità delle misure adottate. La Costituzione americana conferisce al
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Congresso il potere di dichiarare guerra e di provvedere alla convocazione delle forze armate per attuare le leggi federali, reprimere le insurrezioni e respingere le invasioni, il Congresso stesso può decidere, grazie alla potestà legislativa e di bilancio, di creare e mantenere un esercito e stabilire nuove regole per le forze armate. Può essere sospeso l’habeas corpus quando lo esiga la sicurezza pubblica in caso di rivolta o di invasione e può essere prevista la privazione di alcune garanzie processuali per i reati compiuti dai membri dalle forze armate durante il servizio attivo prestato in tempo di guerra o di pericolo pubblico. Per quanto riguarda la sospensione dell’habeas corpus si deve trattare, innanzitutto, di sospensioni previste in via ordinaria dalla legge a tutela dell’inviolabilità della libertà personale garantito dal sistema costituzionale, con particolare riguardo al nucleo essenziale e storico della riserva di giurisdizione. I carcerieri hanno l’obbligo di condurre di fronte ad un giudice ogni persona detenuta per fargli esaminare se il provvedimento restrittivo della libertà personale sia stato emanato in conformità con le norme del due process of law e, in caso contrario, per consentirgli di ordinarne l’immediata scarcerazione.
Anche nell’ordinamento statunitense, a parte i poteri di guerra di cui dispone il Presidente anche in qualità di comandante supremo delle forze armate, se, quando e fino a quando il Congresso glielo consente, nei casi di altre emergenze si applicano eventuali leggi abilitanti l’uso di strumenti derogatori delle leggi vigenti.
Nella prassi i Presidenti hanno usato in modo minore i poteri speciali presidenziali stabiliti dalle due leggi generali in deroga ad altre leggi allorché sia necessario provvedere a determinate situazioni emergenziali accertate col concorso del Congresso, il controllo del quale è penetrante, ciò spiega perché tali leggi sono state applicate in poco più di cinque occasioni, senza che il Congresso ponesse fine all’emergenza dichiarata.
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Il National Emergency Act del 1976 impone al Presidente di dichiarare formalmente l’esistenza di un’emergenza nazionale, specificando quale sia il fatto inusuale e straordinario ed anche di quale autorità intenda fare uso. L’atto obbliga il Presidente a convocare le due Camere entro sei mesi dalla dichiarazione per valutare la sussistenza dello stato di emergenza e in caso di conclusione dev’essere approvata una joint
resolution.
L’International Emergency Power Act del 1977 conferisce al Presidente il potere di adottare misure eccezionali in una crisi internazionale, compreso il blocco dei fondi e dei beni di persone o gruppi, ma subordina tale potere di dichiarare un’emergenza nazionale alla previa consultazione del Congresso e all’obbligo di presentare ad esso un rapporto ogni sei mesi.
Il 14 settembre 2001, in seguito agli attentati terroristici dell’11 settembre a New York e Washington, il Congresso autorizzò, con una
joint resolution, il Presidente Bush ad usare tutte le misure necessarie ed appropriate contro i responsabili degli atti terroristici, contro quegli Stati, organizzazioni o individuano che organizzano, supportano o aiutano i responsabili degli attentati terroristici, allo scopo di prevenire futuri atti di terrorismo internazionale contro gli Stati Uniti. In quella data Bush annuncia la “Global War on Terrorism” come unica soluzione adatta a combattere a combattere il terrorismo internazionale. La guerra torna ad essere lo strumento più idoneo per ricostituire “l’ordine” internazionale; per gli Stati Uniti diventa una forma di difesa preventiva utilizzata per debellare il fenomeno terroristico.
Sempre il 14 settembre il Congresso approva il Patriot Act contenente misure che prevedono l’incremento dei poteri investigativi e l’ampliamento delle limitazioni alla libertà personale delle persone sospettate di appartenere ad organizzazioni terroristiche. Dal punto di vista del contenuto l’atto contiene norme eterogenee che possono essere
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raggruppate in dieci sections. Le prime due sono volte a fornire maggiore incisività all’azione degli organi inquirenti nel recupero di prove di reato nei settori della comunicazione via cavo e via etere; la terza modifica le leggi relative al riciclaggio monetario, con particolare riguardo alle attività internazionali; la quarta modifica la legislazione relativa all’immigrazione al fine di prevenire che terroristi stranieri possano penetrare negli Usa; la quinta e la settima provvedono a facilitare la lotta al terrorismo; la sesta interviene in favore delle vittime degli atti di terrorismo, delle loro famiglie e dei soccorritori; l’ottava crea nuove fattispecie di reato o aumenta le pene esistenti per quanto riguarda il settore degli atti di terrorismo; la nona è dedicata a rafforzare l’azione di intelligence della CIA e la decima ad interventi vari.
Alcune norme meritano di essere segnalate: la legge permette all’ FBI di chiedere una sola autorizzazione per eseguire intercettazioni telefoniche su diversi apparecchi appartenenti alla stessa persona, e in generale, diminuisce le garanzie di tutela della privacy, perché la polizia può effettuare intercettazioni anche in segreto a carico di soggetti per i quali non sussiste nemmeno il sospetto di svolgimento di attività criminosa. Si consente poi alle forze di polizia, con la clausola dell’Immigration and Nationality Act, di tenere in stato di fermo i cittadini stranieri per un periodo massimo di sette giorni senza che sia necessaria la formulazione nei loro confronti di capi d’accusa o senza che il fermo sia convalidato dall’autorità giudiziaria, ciò è possibile quando ricorrono ragionevoli motivi per presumere che il soggetto fermato abbia rapporti con organizzazioni terroristiche. Di conseguenza tutti gli individui identificati come “suspected terrorist” sono potenzialmente soggetti a detenzione. Il Patriot Act conferisce all’autorità dell’immigrazione e alla polizia di frontiera la facoltà di arrestare e trattenere gli immigrati per un “reasonable period of time”. In terzo luogo, sono ampliate le fattispecie in cui il soggetto può essere accusato di attività legate al terrorismo o che possono arrecare danno
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alla sicurezza nazionale. Infine, si elimina la prescrizione per i reati terroristici più gravi.
Il Presidente G. W. Bush emana anche il Presidential Military Order sulla detenzione, il trattamento e il reclutamento di sospetti terroristi, con questo atto si autorizza a detenere individui sospettati di terrorismo senza tener conto delle garanzie giudiziarie ordinarie. L’Order è un provvedimento emergenziale proveniente dall’esecutivo sulla base del quale è consentita la detenzione a tempo indeterminato di cittadini stranieri, accusati di terrorismo internazionale, con l’attribuzione all’esecutivo della facoltà di decidere indipendentemente dalle pronunce dei tribunali. I sospettati sono definiti “enemy aliens” e sono destinatari di misure straordinarie, sottratti all’applicazione degli strumenti di tutela giurisdizionale garantiti ai cittadini statunitensi.
Si prevede a) la detenzione in un luogo scelto dal segretario della Difesa dentro o fuori il territorio statunitense (come è stata la base di Guantanamo), con garanzia di trattamento umanitario, con esclusione di ogni discriminazione basata su razza, colore, religione, sesso, status, censo ed altri criteri simili, è riconosciuta la libertà di culto in conformità con le restrizioni previste dalla detenzione; b) il giudizio dinanzi a tribunali militari per i crimini commessi e l’eventuale disposizione di pene previste dalla legge applicabile, comprese il carcere e la pena di morte, le pene possono essere irrogate se si raggiunge il consenso di un terzo della commissione giudicante. È esclusa la possibilità di ricorrere agli altri tribunali degli Stati Uniti, di altro Stato, o Internazionale, perché la sentenza può essere revocata soltanto dal Presidente degli Stati Uniti o dal segretario alla Difesa se questi lo ritengono opportuno. Il sistema francese si inserisce nella famiglia di sistemi costituzionali nei quali si prevede di disciplinare con legge ogni tipo di evento emergenziale e nei quali le norme costituzionali consentono la deroga di specifiche norme costituzionali o addirittura la sospensione totale o
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parziale della Costituzione o l’introduzione più o meno limitata nel tempo di stati di eccezione rispetto alle norme costituzionali ordinarie. Proprio la Francia è uno dei pochi Stati democratici europei in cui si sono avuti casi di applicazione concreta delle norme costituzionali che consentono l’uso di poteri eccezionali in caso di emergenza.
Sono previsti tre regimi eccezionali: 1) i poteri eccezionali decisi dal Presidente della Repubblica; 2) lo stato d’assedio deciso dal Governo per un tempo limitato prorogabile dal Parlamento; 3) lo stato d’emergenza previsto da una legge precedente all’entrata in vigore della Costituzione della V Repubblica, ma poi rilegittimata dal legislatore e dal Conseil constitutionnel46.
Il primo strumento è conferito direttamente all’auto attivazione di poteri eccezionali e derogatori da parte del Capo dello Stato senza che sia previsto alcun limite sostanziale. L’art. 16 della Costituzione francese prevede che al Presidente della Repubblica, senza necessità di controfirma governativa e con il parere consultivo del Conseil constitutionnel (pubblicato) e con pareri consultivi (non pubblici) del Primo ministro e dei Presidenti delle Camere, spetta l’attivazione di poteri diretti alla protezione delle istituzioni. I presupposti per l’attivazione sono la sussistenza di una minaccia che riguardi le istituzioni della Repubblica o l’indipendenza della nazione o l’integrità del territorio o l’esecuzione di obblighi internazionali; in secondo luogo occorre che la minaccia sia grave ed immediata, infine occorre che vi sia l’interruzione del funzionamento regolare dei poteri pubblici costituzionali, escludendo i poteri pubblici locali o amministrativi. Tali presupposti sono sia alternativi che cumulativi.
Per quanto riguarda la qualificazione dell’atto previsto all’art. 16 il Consiglio di Stato ritiene che si tratti di un atto di governo non
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suscettibile di ricorso giurisdizionale al giudice amministrativo per eccesso di potere, mentre possono essere sottoposte al controllo giurisdizionale del giudice amministrativo le decisioni prese dal Presidente in applicazione della decisione di instaurazione dei poteri eccezionali limitatamente a quelle disposizioni che in periodo di normalità avrebbero un carattere regolamentare.
Il secondo strumento previsto per la gestione delle emergenze è lo stato di assedio. L’art. 36 della Costituzione conferisce al Consiglio dei ministri la facoltà di dichiarare l’instaurazione dello stato di assedio per non più di 12 giorni, salvo che la proroga sia autorizzata dal Parlamento. Lo stato di assedio può essere proclamato soltanto nei casi di pericolo imminente di un’invasione straniera o di un’insurrezione armata, durante tale stato sono trasferiti all’autorità militare soltanto i poteri conferiti all’autorità civile per il mantenimento dell’ordine pubblico, mentre le autorità civili continuano ad esercitare le altre attribuzioni. L’autorità militare dispone di rilevantissimi poteri limitativi o sospensivi delle libertà costituzionali: può fare perquisizioni di giorno e di notte, allontanare le persone condannate definitivamente per delitti e le persone non domiciliate nella zona sottoposta allo stato d’assedio, ordinare la consegna di armi e munizioni e procedere alla loro ricerca e confisca e vietare le pubblicazioni e le riunioni che siano ritenute di natura tale da minacciare l’ordine pubblico.
L’ultimo strumento è l’état d’urgence, istituto non previsto dalla Costituzione bensì in base alla legge n.55-385 del 3 aprile 1955, si tratta di una legge anteriore alla carta costituzionale che è stata più volte applicata. L’état d’urgence può essere dichiarato dal Governo su tutta o una parte del territorio francese quando sussista un pericolo derivante da gravi violazioni dell’ordine pubblico per un tempo massimo di dodici giorni prorogabili dal Parlamento con una legge che deve indicare la durata definitiva. A seguito della proclamazione dello stato d’urgenza le autorità governative possono imporre notevoli limiti all’esercizio delle
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libertà costituzionali. Il prefetto può vietare la circolazione delle persone e dei veicoli in determinati luoghi e in determinate ore da esso decise, può istituire zone di protezione o sicurezza in cui il soggiorno delle persone è regolamentato, può vietare il soggiorno in tutta o parte del dipartimento ad ogni persona che cerchi di ostacolare l’azione dei pubblici poteri. Il ministro dell’interno può ordinare la consegna delle armi da parte dei proprietari e l’assegnazione del soggiorno obbligato di qualsiasi persona che viva nell’area in cui esso è in vigore qualora la sua attività si riveli pericolosa per la sicurezza o per l’ordine pubblico. Il potenziale liberticida dello stato d’urgenza è lampante: la legge dà la facoltà al Governo di limitare o sopprimere le libertà di domicilio, di circolazione, di soggiorno, la libertà di comunicare riservatamente e la libertà di stampa; quest’ultima limitazione può mettere a rischio uno dei pilastri della democrazia, la libertà di critica.
L’état d’urgence è stato instaurato dal novembre 2005 al gennaio 2006 per contrastare i disordini nelle periferie delle città francesi compiuti in modo sistematico e non altrimenti reprimibili da parte di gruppi di cittadini francesi ed immigrati di seconda generazione che volevano protestare contro gli eccessi dei controlli della polizia e contro la loro esclusione sociale. È stato instaurato poi il 20 novembre 2015 dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre, è stato prorogato prima fino al 26 maggio, quindi fino al 26 luglio, in seguito agli attentati di Nizza e poi fino al 26 gennaio 2017.