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La definizione di terrorismo

La parola “terrorismo” è tra le più usate ed abusate nel linguaggio politico degli ultimi decenni; nonostante ciò risulta difficile darne una definizione fissa.

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A livello internazionale il terrorismo è stato oggetto di dibattito e regolazione sin dalla prima metà del Novecento. Tuttavia, solamente dal secondo dopoguerra sono state adottate dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) varie convenzioni volte a criminalizzarne specifiche manifestazioni, come la presa di ostaggi e i reati contro le persone internazionalmente protette.

Secondo l’Oxford Dictionary il terrorismo è “l’arte di chi procura terrore per ragioni politiche”, mentre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha aderito, con la risoluzione n. 1624/2005, alla definizione data negli ambienti accademici in base alla quale il terrorismo consiste in atti internazionali di violenza contro civili al fine di diffondere la paura tra la popolazione per scopi politici, ideologici, religiosi.

Dal punto di vista etimologico la parola terrorismo deriva dal latino

terror, lo spavento che deriva da una catastrofe naturale16: la peculiarità

delle catastrofi naturali è l’impossibilità di sapere chi saranno le vittime, è possibile prendere precauzioni e successivamente prendere decisioni che riducano l’impatto degli effetti sulle vittime, ma non è possibile conoscere previamente chi saranno gli obiettivi.

In origine il termine stava a designare l’atto del tremare. In seguito, la parola assume il significato di “stato emotivo di estrema paura”. Ma è solo nel corso della rivoluzione francese che essa va assumendo significato per la storia in generale e per la politica. Secondo alcuni storici l'espressione viene introdotta nel lessico politico da Jean-Lambert Tallien e "Gracco" Babeuf, entrambi protagonisti della Rivoluzione, che per primi parlano di terrorisme e terroristes indicando esplicitamente "la volontà di ispirare il terrore". In un arco di più di duemila anni di storia si possono annoverare centinaia di formazioni o gruppi terroristici di vario genere e che, con varie modalità e motivazioni,

16 G.L. CONTI, Lotta al terrorismo e patrimonio costituzionale comune, p.13,

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hanno caratterizzato questo fenomeno in quasi tutti gli angoli del mondo.

Il terrorismo caratterizzato dagli attentati fa la sua “comparsa” nella seconda metà del diciannovesimo secolo con le attività dei gruppi nazionalisti radicali irlandesi per assistere poi ai primi attentati anarchici in Francia, Italia, Spagna e Stati Uniti17. Per tutti questi fenomeni si

credeva che l’azione fosse limitata ai confini di uno Stato, in quanto chi agiva era solitamente spinto da motivazioni collegate alla volontà di affermare un nuovo ordine sovvertendo quello esistente, con il passare del tempo il fenomeno è mutato e si parla sempre più di terrorismo internazionale; questa nuova dimensione si fa partire dal 1972 quando il gruppo terroristico palestinese “Settembre nero” attaccò la delegazione israeliana alle Olimpiadi di Monaco. Negli anni settanta si afferma quindi il terrorismo di matrice mediorientale, ma rimane diffuso anche quello nazionalista e separatista di diverse organizzazioni quali l’ETA in Spagna, l’IRA in Irlanda e le Brigate Rosse in Italia.

La costante delle diverse forme di terrorismo è la componente di impossibilità di prevedere le vittime designate, lo Stato soccombe e il cittadino si sente privo di difese di fronte ad un rischio grave ed imminente. La paura di “essere i prossimi” rende tutti uguali, non esistono soggetti privilegiati.

Per comprendere la natura delle sensazioni che evoca il terrorismo possiamo richiamare il cosiddetto terror cimbricus18, ci riferiamo ad un

episodio che risale alla Repubblica romana alla fine del II secolo a.C., i cimbri erano una popolazione di origine germanica che riuscì a penetrare le difese romane e giungere nei pressi dell’urbe. Pareva che i cimbri sacrificassero i prigionieri agli dei con modi cruenti e violenti.

17 P. IACOVELLI, Terrorismo nella storia, origini ed evoluzione, in Cercasi un fine, www.cercasiunfine.it, settembre 2015

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La paura causata dal timore di questa eventualità spinse Roma a reagire con un colpo di stato: Mario, il più abile dei generali, fu eletto console, nonostante fosse ineleggibile e gli furono consegnati tutti i poteri necessari per esercitare un controllo totale sull’esercito e sulla popolazione civile. Nel terror cimbricus ci sono tutti gli elementi che ritroviamo oggi nel terrorismo: la minaccia di una catastrofe causata da altri individui di cui non si sa quasi nulla le cui proporzioni potrebbero essere state ingigantite sia dai politici che dai media, ma che in concreto rappresenta un pericolo per la sopravvivenza dei valori di quella comunità finanche della democrazia stessa.

La necessità di difendere i diritti, la democrazia e i valori di questa ha bisogno di poteri eccezionali, poteri tipici delle emergenze. Ecco che il terrorismo diventa il presupposto per l’adozione di norme speciali ed istituti di carattere emergenziale.

Nel quadro della lotta al terrorismo quindi si evidenziano due necessità: da una parte c’è l’esigenza di difendere la democrazia dalla minaccia di chi vuole diffondere un sentimento di paura incontrollabile nelle masse fino alla loro resa incondizionata e dall’altra parte, e forse ancora di più, vi è la necessità di sorvegliare l’esercizio di poteri eccezionali da parte di coloro che dovrebbero difendere la democrazia19. Da questo punto di

vista nella lotta al terrorismo c’è sia la necessità di fornire le istituzioni di strumenti adeguati a controllare e prevenire l’azione di chi compie atti terroristici sia la necessità di sorvegliare i soggetti che vengono investiti di poteri eccezionali.

Questa duplice necessità risulta evidente leggendo i trattati in materia di terrorismo. I trattati che si occupano di lotta al terrorismo sono sedici, e in tutti si cerca di descrivere analiticamente le fattispecie criminali che questi intendono perseguire. I trattati individuano delle fattispecie,

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descrivendole con estrema attenzione, impegnando gli Stati contraenti a perseguirle penalmente. Una descrizione scrupolosa degli illeciti persegue due obiettivi: il primo è quello di oggettivare il disvalore degli illeciti così da renderlo condivisibile dal maggior numero di Stati, il secondo è quello di impedire alle istituzioni di usare gli strumenti di lotta contro il terrorismo per modificare le attribuzioni di potere; il rischio è di far ricadere sotto la categoria di atti terroristici ogni comportamento ritenuto ostile.

Gli studiosi del fenomeno ritengono che all’interno del fenomeno del terrorismo ci siano alcuni elementi costanti: la politicità del fenomeno e il ricorso sistematico alla violenza organizzata. Il terrorismo può essere considerato un fenomeno politico alla base del quale vi è sempre una motivazione di carattere ideologico, è caratterizzato da una condotta violenta tale da indurre paura nella popolazione e sfiducia nelle istituzioni; gli individui si sentono vulnerabili e privi di protezione. L’esperto americano Rohan Gunaratna20 suddivide il terrorismo in tre

categorie:

- Ideologico, persegue l’obiettivo di un cambiamento radicale o parziale del sistema economico o politico del paese. Questo può essere di destra o di sinistra. Quello di destra è stato spesso coinvolto nell’organizzazione di azioni il cui obiettivo era produrre un panico generico delegittimando la democrazia e favorendo l’affermazione di regimi totalitari, ne è un esempio Ordine Nuovo in Italia. Quello di sinistra ha colpito quelli che sono considerati i “nemici del popolo” o comunque parti del cosiddetto sistema capitalistico.

20 Dalle dichiarazioni di Rohan Gunaratna, 9 luglio 2003 alla Commissione Nazionale

sugli attacchi terroristici agli Stati Uniti d’America in F. CAPPÈ, F. MARELLI, A. ZAPPALÀ, La minaccia del terrorismo e le risposte dell’antiterrorismo, p. 158, FrancoAngeli, 2006

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- Etno- nazionalista, persegue obiettivi separatisti o di liberazione nazionale richiamandosi a identità etniche. Ne costituiscono un esempio l’IRA e l’ETA.

- Politico- religioso. Quest’ultimo al momento presenta il più alto grado di minaccia.

Il terrorismo religioso presenta diverse caratteristiche: i membri dell’organizzazione terroristica hanno un’errata concezione del proprio ruolo e della propria identità, si sentono dei combattenti prescelti per una missione divina, si richiamano ad antenati ed antichità, ritenendo di dover portare avanti una tradizione o “ricostruire” una società tradizionale e il più fedele possibile ai precetti della religione, quest’ultimo aspetto si manifesta con l’uso di un linguaggio metaforico ispirato ai testi sacri di quella religione.