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I cinque punti del Crespi

Nel documento Idee per la formazione degli insegnanti (pagine 53-57)

prolegomeni tra istituzione e sapere

2. I cinque punti del Crespi

Come esplicitato in apertura, questo contributo si propone di descrivere i cinque punti che caratterizzano la Ricerca-Formazione elaborata dal Crespi, in-quadrandoli all’interno degli orizzonti condivisi tra ricercatrici e ricercatori che

aderiscono al Centro, a prescindere dalle diverse scelte metodologiche e dalle diverse traiettorie individuali e di scuola. Presieduto da Ira Vannini, il Crespi1 nasce all’interno del Dipartimento di Scienze dell’educazione “G.M. Bertin”

(Università di Bologna) e si pone l’obiettivo di collegare tra loro molteplici li-nee di ricerca sulla professionalità docente. La consapevolezza della sfida che la formazione docenti rappresenta per la ricerca educativa accomuna ricercatri-ci e ricercatori concordanti nell’individuare nella Ricerca-Formazione un modo di fare ricerca empirica avvalendosi di metodologie differenziate e proponen-dosi di promuovere la professionalità docente attraverso la costruzione di per-corsi comuni di ricerca, in un quadro di collaborazione tra scuola e università.

Il gruppo crespino individua cinque punti qualificanti la Ricerca-Formazione (Vannini, 2018):

1. una esplicitazione chiara della finalità della ricerca in termini di crescita e sviluppo della professionalità degli insegnanti direttamente coinvolti e un’at-tenzione a documentare e analizzare le ricadute in termini di cambiamento;

2. la creazione di un gruppo di Ricerca-Formazione di cui facciano parte ricercatore/i e insegnanti, nel quale vengano chiariti i diversi ruoli dei par-tecipanti e in cui vengano negoziati e chiariti obiettivi e oggetti, scelte valo-riali e metodologiche della Ricerca-Formazione;

3. la centratura sulle specificità dei contesti – istituzionali e non – in cui si svol-ge la Ricerca-Formazione, che si concretizza in tutte le fasi della ricerca at-traverso un’analisi dei vincoli e delle risorse in essi presenti;

4. un confronto continuo e sistematico fra i partecipanti alla ricerca sulla docu-mentazione dei risultati e dei processi messi in atto nei contesti scolastici e in quelli della formazione;

5. l’attenzione alla effettiva ricaduta degli esiti nella scuola, sia per l’innova-zione educativa e didattica, sia per la formal’innova-zione degli insegnanti.

Il primo punto, l’esplicitazione chiara della finalità della ricerca in termini di crescita e sviluppo della professionalità degli insegnanti direttamente coin-volti e un’attenzione a documentare e analizzare le ricadute in termini di cam-biamento, si focalizza sull’avvio della Ricerca-Formazione. Tale avvio prevede la delineazione di una discrepanza autenticamente percepita come problema.

Come rilevato nel volume crespino sulla Ricerca-Formazione (Asquini, 2018), il protagonismo dei contesti nella genesi o nella scelta dell’oggetto di indagi-ne fonda epistemologicamente (Nigris, 2018), operativamente e politicamen-te (Vannini & Balduzzi, 2018) la Ricerca-Formazione. L’obiettivo di incidere

1. centri.unibo.it/crespi/it/centro.

sulla professionalità docente è perseguito partendo da problemi autenticamente percepiti da chi insegna, nella consapevolezza che, come ricercatori e formato-ri, non risolviamo i problemi dei contesti (Losito, 2018) né possiamo imporli, ma se come pedagogisti non siamo in grado di ipotizzare percorsi di soluzione di quei problemi che prevedano la partecipazione attiva di chi educa, con rela-tiva acquisizione di autonomia, allora dobbiamo interrogarci sul perché della pedagogia. Va segnalato che con la spinta normativa della formazione obbliga-toria in servizio aumentano le occasioni di formazione, ma aumentano anche richieste non autentiche, estrinsecamente motivate.

Il secondo punto è relativo alla creazione di un gruppo di Ricerca-Formazione di cui facciano parte ricercatore/i e insegnanti, nel quale vengano chiariti i di-versi ruoli dei partecipanti e in cui vengano negoziati e chiariti obiettivi e og-getti, scelte valoriali e metodologiche della Ricerca-Formazione. Qui conver-gono due esigenze, una politica e l’altra scientifica, chiaramente interconnesse.

Per usare le parole di Vannini, la ricerca si apre alla negoziazione. Si tratta di una dimensione politica, che comprende uno sguardo radicale, non solo perché è chiamata a promuovere emancipazione, ma perché la inserisce in una dimen-sione di gruppo, socio-costruttivistica (Balduzzi & Lazzari, 2018) e, dal punto di vista della ricerca valutativa, di quarta generazione (Bondioli & Savio, 2018).

Questa dimensione viene garantita da una chiara definizione dei rispettivi ruoli.

L’amico critico, pur conoscendo solo frammenti dell’esperienza dell’altro, ne condivide l’utopia che le dà senso (Losito, 2018), offrendo un punto di vista al-tro, altrettanto soggettivo ma distaccato quanto è possibile, che ricopre un ruolo chiaramente distinto: come ricercatori mediamo, promuoviamo il confronto, lo moderiamo, garantiamo rigore nella raccolta e nella documentazione che sup-porta la restituzione dei risultati e la riflessione su di essi.

Il secondo aspetto è relativo alla dimensione scientifica. Cosa guadagna la ricerca? Come ricorda Cardarello (2018), il vantaggio più significativo riguarda il repertorio di operazionalizzazioni entro i contesti educativi di modelli teorici, dispositivi, strumenti di ricerca. Un esempio lo fornisce il lavoro sulle rubriche valutative svolto da Capperucci (2018), nel quale indicatori e descrittori pren-dono forma e assumono significato grazie alla capacità dei docenti di ridefinirli a partire dalla prassi educativa. Nella mia esperienza di formatore, in una ricer-ca sull’autovalutazione (Corsini, 2010) è ricer-capitato che a correlazioni statistiricer-ca- statistica-mente non significative fosse attribuita piena significatività dai docenti, dato che certe misure sembravano concordare chiaramente con loro precise scelte didattiche e organizzative. A partire dalle considerazioni dei docenti, il gruppo di ricerca che coordinavo ha lavorato sulla sensibilità degli strumenti, amplian-do la gamma delle misure in gioco.

Il terzo punto è costituito dalla centratura sulle specificità dei contesti – isti-tuzionali e non – in cui si svolge la Ricerca-Formazione, che si concretizza in tutte le fasi della ricerca attraverso un’analisi dei vincoli e delle risorse in essi presenti. Si tratta di uno dei nodi più complessi (Asquini & Dodman, 2018): come identificare le forze che operano in una struttura al fine di faci-litare processi di cambiamento? Talvolta il bisogno di formazione è indotto dall’esterno: se non abbiamo alcuna possibilità di coinvolgere attivamente, an-che su input esterno, un gruppo di docenti a partire da problemi educativi real-mente percepiti come tali, sarà pressoché impossibile realizzare esperienze di Ricerca-Formazione. In questa fase è inoltre fondamentale sfruttare una attenta analisi del contesto per evitare di presentare dispositivi o strumenti nei termini di novità assolute. Personalmente, se sono chiamato a costruire unità di appren-dimento, chiedo quali attività didattiche pregresse possano essere considerate buone attività di partenza: questo processo offre maggiori possibilità a una tra-sformazione significativa. Sulla sostenibilità incidono negativamente discon-tinuità e precariato che, contrassegnando scuola e università, indeboliscono i gruppi, ostacolando la possibilità che certe prassi divengano cultura di scuola.

Il quarto punto prevede un confronto continuo e sistematico fra i parteci-panti alla ricerca sulla documentazione dei risultati e dei processi messi in atto nei contesti scolastici e in quelli della formazione. Questa è una delle azioni che definiscono il ruolo del ricercatore. Rendere sistematico il confronto signi-fica contribuire a sviluppare competenze metodologiche che renderanno auto-nomi i contesti. Ma significa anche saper suggerire gli strumenti adatti, senza usare il primo che capita. Se in una Ricerca-Formazione sul valore aggiunto (Castellana & Corsini, 2018) ci fossimo accontentati delle prove INVALSI per rilevare gli effetti della didattica della lettura messa in campo da un particolare gruppo di docenti, non avremmo documentato alcun effetto, perché tali pro-ve evidenziano minor varianza e ipersemplificano il costrutto di comprensione della lettura, ammassandolo dentro una non ben specificata macrocompetenza di italiano (ammesso e non concesso che una prova standardizzata possa valu-tare una competenza). Al contrario, il gruppo di ricerca ha proposto prove di comprensione della lettura più complete e valide rispetto a quelle nazionali, scelta che ha consentito di accertare l’efficacia dell’intervento svolto. Costrui-re, sceglieCostrui-re, validare strumenti e dispositivi sono processi consueti per chi fa ricerca, non necessariamente per chi insegna.

L’ultimo punto è relativo alla attenzione all’effettiva ricaduta degli esiti nella scuola, sia per l’innovazione educativa e didattica, sia per la formazio-ne degli insegnanti. Rendicontare non significa solo compilare un Rapporto di

Autovalutazione, ma dare ragione, ovvero mettere assieme i conti coi racconti.

Come evidenziato nel punto precedente, senza strumenti e dispositivi adatti si rischia di non far emergere quanto fatto o non fatto di buono, sottraendo fini e mezzi all’esame dell’esperienza. Se non diamo ragione dell’efficacia dell’inter-vento, quell’intervento non si sedimenta nella cultura di scuola.

Nel documento Idee per la formazione degli insegnanti (pagine 53-57)