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Generale e disciplinare: le due facce della professionalità didattica

Nel documento Idee per la formazione degli insegnanti (pagine 98-101)

criticità e proposte

9. Generale e disciplinare: le due facce della professionalità didattica

Berta Martini

L’idea di professionalità docente non ha potuto considerarsi scontata nean-che presso gli insegnanti. In Italia essa è stata oggetto di tre ricernean-che dell’Istituto IARD (Cavalli & Argentin, 2010) condotte rispettivamente nel 1990, nel 1999 e nel 2008. Le indagini proponevano di scegliere tra diverse interpretazioni che riflettevano, nella opinione degli intervistati, l’immagine ideale esplicita: inse-gnante come professionista che fornisce servizi basati su competenze specialisti-che; come semplice impiegato; come funzionario che svolge una funzione pub-blica sulla base delle proprie competenze; come persona che ha scelto di svol-gere una importante funzione sociale. La ricerca ipotizzava la contrapposizione fondamentale tra semplice impiegato e professionista e collocava in posizione intermedia l’immagine del funzionario e della persona che svolge un’importante funzione sociale. I risultati hanno fatto emergere un’oscillazione dei risultati nel tempo. Tra il 1990 e il 1999 la visione della figura ideale dell’insegnante come persona che ha scelto di svolgere un’importante funzione sociale veniva supe-rata nettamente da quella di professionista. Questo risultato veniva confermato nel 2003 dai risultati di un’altra ricerca rivolta ad un campione nazionale di in-segnanti che svolgeva anche compiti gestionali. Tuttavia, contrariamente all’i-potesi che si andasse affermando fra i docenti una visione più professionale del proprio ruolo, l’indagine del 2008 presenta una prevalenza dell’immagine ideale dell’insegnante come persona che svolge un’importante funzione sociale. In par-te, la successiva tendenza alla fiducia nel professionismo è interpretabile alla luce dell’introduzione, negli anni Novanta, della Autonomia scolastica e della forma-zione universitaria degli insegnanti attraverso l’istituforma-zione del corso di laurea abi-litante in Scienze della formazione primaria e del biennio di Specializzazione per l’insegnamento nella scuola secondaria. Viceversa, la mancata percezione di ri-conoscimento sociale che la formazione universitaria avrebbe dovuto garantire è probabilmente il fattore responsabile della tendenza a riaffermare con forza che l’insegnante svolge soprattutto un’importante funzione sociale. Percezione che, oggi, in permanenza di uno scarso riconoscimento sociale, ben si allinea con le emergenze sociali e educative cui la scuola e gli insegnanti sono posti di fronte.

In ambito pedagogico la professionalità dell’insegnante e il costrutto di svi-luppo professionale come crescita si sono collocati prevalentemente nel para-digma dello sviluppo delle competenze, sia per quanto riguarda la formazione iniziale, come acquisizione delle competenze di base, sia per quanto riguarda la formazione in servizio, come acquisizione della capacità di apprendere conti-nuamente, in linea con l’idea di formazione permanente.

Nell’ambito della formazione degli insegnanti la competenza viene assunta come chiave di volta dell’opzione tra percorsi formativi centrati sul rapporto

intensivo e critico con le discipline di insegnamento (che rispondono alla logi-ca della padronanza del sapere insegnato) e percorsi centrati sulle pratiche so-ciali (che rispondono alla logica della capacità di saper insegnare). Il costrutto di competenza ha permesso di superare questa dicotomia. Sebbene esso rinvii essenzialmente ad un sapere della pratica, e per elevati livelli di professiona-lità anche a un sapere pratico esperto, essa è sorretta da un sapere teorico che

“passa” nelle pratiche come attitudine a saper vedere e a saper agire nel conte-sto. Peraltro, questo modo di intendere la competenza la affranca dalla tenta-zione di concepirla semplicemente in chiave applicativa, come mera conoscen-za in uso, differenziandola, in questo modo, dalla performance: pur essendo la performance un possibile indizio “esterno” della competenza, quest’ultima si riferisce a ciò che la performance sottende, ossia alle conoscenze, alle abilità e alle disposizioni interne del soggetto. In effetti, una delle ragioni del succes-so di questo paradigma nell’ambito della formazione professionale degli in-segnanti, va ricercata proprio nel fatto che esso permette di trattare in termi-ni più pertinenti il problema, annoso, del rapporto tra conoscenza teorica e conoscenza pratica. Il costrutto di competenza si pone infatti oltre la dicotomia tra il sapere e un saper fare di tipo applicativo, assumendo lo status di cono-scenza nel quale si combinano conoscenze di tipo dichiarativo e procedurale con conoscenze di tipo condizionale, che determinano dove, quando, con quale pertinenza, attraverso quali adattamenti si esercita la propria professionalità, ossia in che modo si agisce.

Tale paradigma, seppur nella diversità degli approcci, ha permesso alla co-munità pedagogica, da una parte, di convergere verso una interpretazione del-la professionalità come caratteristica imprescindibile dell’essere insegnante;

dall’altra parte, di concentrare la riflessione sul profilo professionale dell’in-segnante. Frabboni (2002) articola le competenze degli insegnanti in quattro ambiti: la competenza disciplinare; la competenza didattica, declinata in dire-zione sia generale sia disciplinare; le competenze relazionali, comprendenti le dimensioni della comunicazione, della socializzazione e quella socioaffettiva;

e le competenze legate al saper essere.

Scurati (1997) riconduce la professionalità docente come caratterizzata da una tensione morale deontologica, una vocazionalità matura, che coniuga la propria funzione sociale con proprie aspirazioni personali; il possesso di conte-nuti validi e scientificamente fondati; il possesso di abilità tecnico-pratiche; la disponibilità alla formazione; la libertà e l’autonomia professionale.

Pellerey (2001) integra le competenze riconducibili a comportamenti osser-vabili con le disposizioni personali, spostando l’attenzione dal saper fare pro-fessionale al saper agire professionalmente.

Baldacci (2013) individua il profilo di un insegnante riflessivo dotato non solo di competenze disciplinari, ma anche professionali, declinate in prospet-tiva generale e disciplinare, e legate alla comprensione delle problematiche dell’insegnamento, alla consapevolezza critica delle metodologie di insegna-mento, nonché alle capacità relazionali per la gestione del gruppo classe e dei pari professionali.

Nel documento Idee per la formazione degli insegnanti (pagine 98-101)