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Professionalità docente e organizzazione del lavoro

Nel documento Idee per la formazione degli insegnanti (pagine 28-31)

È importante configurare un’idea di professionista che opera in una Isti-tuzione e che in un progetto collegiale è in grado di utilizzare il sapere disci-plinare per la formazione culturale ai diversi livelli di scolarizzazione; la pro-fessionalità insegnante si costruisce allora all’incrocio di grandi aree di com-petenza: padronanza della cultura disciplinare e della cultura relativa alla sua valenza formativa, essere in grado di operare sulla definizione e sulla attua-zione del curricolo, collocando il proprio intervento sia a livello di coerenza verticale (progressività) che a livello di coerenza orizzontale (unitarietà), es-sere in grado di gestire le relazioni interpersonali che caratterizzano i processi di insegnamento/apprendimento in situazione collettiva, essere in grado di co-struire il proprio percorso di lavoro all’interno di team (dipartimenti e organi di programmazione)

La professionalità insegnante va pensata in riferimento alla scuola che orienta/centra l’autonomia sul miglioramento del curricolo (autonomia e curri-colo sono le due parole che mi pare meglio rappresentano il “che fare” di que-sta fase). Allora la miniera in cui cercare spunti sulla p.i. è il DPR 275/99 e il D.I. 234/2000.

Non è marginale considerare che lo sviluppo della professionalità insegnan-te è strettameninsegnan-te legato allo sviluppo del Collegio dei docenti.

È fondamentale che la riorganizzazione delle unità scolastiche sviluppi e valorizzi la professionalità insegnante rafforzando alcune caratteristiche fonda-mentali indispensabili per sorreggere la trasformazione della scuola dai tre ai diciotto anni:

• la centralità nel processo di insegnamento-apprendimento;

• il passaggio da una prevalenza dell’aspetto trasmissivo a quello di media-zione culturale;

• l’emergere di nuove responsabilità, funzioni e compiti;

• il bisogno di conciliare, non al ribasso, l’autonomia culturale professionale del singolo insegnante con la collegialità e la cooperazione che sono pre-supposti per corrispondere a bisogni formativi più complessi e caratteristici della scuola di qualità per tutti.

In tale processo la “responsabilizzazione individuale” è l’elemento determi-nante nel guidare il ridisegno dell’organizzazione delle scuole: ogni “potere”

deve risultare da una “responsabilità” e ogni responsabilità deve essere costrui-ta su una “competenza professionale”.

La valorizzazione della professionalità degli insegnanti deve

comprende-re allora proprio lo sviluppo di competenze e di comprende-responsabilità corrispondenti all’insegnamento/apprendimento accanto a quelle legate alla funzione direttiva e a quella amministrativa. Il problema però non è di equilibrare i poteri del di-rigente e degli insegnanti; il problema è di garantire che al centro del rinnova-mento ci sia il migliorarinnova-mento della qualità dell’insegnarinnova-mento/apprendirinnova-mento;

è dall’insegnamento/apprendimento che si deve partire per costruire e valutare la rete organizzativa e i meccanismi di governo dell’intero sistema altrimenti si torna all’autoreferenzialità.

Il profilo professionale del dirigente scolastico è quello di “garante del pro-getto d’Istituto”, responsabile della “gestione delle risorse finanziarie e strumen-tali e dei risultati del servizio”. Ma il ruolo di dirigente non comprende maggio-ri competenze in maggio-rifemaggio-rimento alla funzione dell’insegnare, mentre comprende certamente alte competenze nel governo dell’intero sistema dell’unità scola-stica e soprattutto nella valorizzazione delle competenze degli insegnanti nel costruire e nel governare il progetto/processo di insegnamento-apprendimento.

La competenza e la conseguente responsabilità relativamente all’insegna-mento/apprendimento deve essere assunta dalla professionalità insegnante inte-sa come risultato di aspetti connessi alla progettazione, all’organizzazione delle attività e al loro governo sia a livello individuale che collegiale. È qui il nodo: la responsabilità del dirigente scolastico deve coesistere con altre responsabilità;

sarebbe un disastro se gli insegnanti fossero ricacciati nel lavoro individuale, nelle aule e nell’anonimato dell’assemblea del collegio. Si deve accettare che il rapporto tra dirigente e insegnante è tra due competenze e quindi tra due livelli di responsabilità; si deve accettare che la scuola con autonomia è un sistema complesso nel quale la responsabilità dell’insegnante non è di livello inferiore.

L’insegnante non agisce “su delega”. Il progetto e il governo dell’intervento didattico (anche a livello del progetto complessivo) possono solo essere svolti dagli insegnanti. Non si può separare una fase generale in capo al solo dirigente e una attuativa o settoriale da delegare agli insegnanti.

La competenza che l’insegnante deve acquisire con la formazione si mani-festa nella responsabilità individuale nell’insegnamento e in quella collegiale nei consigli di classe, nei vari dipartimenti e nel collegio; ma perché sia com-petenza che diventa vera responsabilità deve assumere sempre la dimensione individuale, vale a dire una competenza che ciascuno deve acquisire e sentire propria. La responsabilità individuale è rappresentativa di quella collegiale. Se è nel collegio che sta la responsabilità del progetto didattico di una scuola, al-lora il coordinatore non può essere una emanazione della responsabilità del di-rigente bensì una figura scelta dal collegio al proprio interno e successivamente

“nominata” dal dirigente.

Può darsi che ne nasca una tensione tra responsabilità diverse ma

stretta-mente connesse: quella del preside e del suo staff, interno alla funzione dirigen-te, e dall’altra la “rete” di responsabilità sulla didattica che è interna alla funzio-ne insegnante. Ma sarà comunque un conflitto pubblico, trasparente e riferito a criteri di adeguatezza professionale, quindi utile per la scuola.

La formazione degli insegnanti deve essere mirata ad una professionalità che li faccia capaci di assumere la responsabilità che compete loro. La dere-sponsabilizzazione degli insegnanti che è in atto nella scuola è il più grave pericolo.

Strutturare una rete organizzativa di tipo professionale e riconoscere la re-sponsabilità del governo della didattica agli insegnanti (nel collegio dei docen-ti, nel consiglio di classe, nel dipartimento, nel centro di documentazione e di ricerca didattica, nel laboratorio territoriale, nell’attività tutorale, nel costruire la memoria della scuola ecc.) diventa uno strumento utile per:

• sostenere in modo reale e non volontaristico la dimensione collegiale del lavoro scolastico e del suo collegamento con le attività individuali, non se-parando lavoro nella classe e attività di ricerca, progetto, governo e valuta-zione, rendendo cioè “conveniente” professionalmente il lavoro collegiale;

• collegare l’incremento della professionalità degli insegnanti con il processo di miglioramento della qualità dell’istruzione;

• rendere possibile la valorizzazione della cultura e del ruolo degli insegnanti nel governo del progetto didattico complessivo delle unità scolastiche cen-trandoli sulla reale capacità professionale di assunzione di responsabilità.

Il modello di scuola da costruire è quello nel quale il dirigente sa assumere tutte le prerogative del proprio ruolo, ma non è dirigente non di “sottomessi” (ai quali concedere responsabilità di secondo livello e vigilate) bensì di una “orga-nizzazione di professionisti” in grado di assumersi responsabilità nel merito del proprio ruolo professionale. È una situazione che prevede alte professionalità in grado di corrispondere a nuove e importanti responsabilità formative della scuola e delle scuole.

Nel nostro Paese si sta tornando a parlare del problema della formazione dei docenti di scuola secondaria. Dopo che il ministro Bussetti ha cancellato qualsiasi percorso formativo organico indirizzato a questo scopo, si è compre-so che la compre-sola acquisizione di 24 crediti di Scienze dell’educazione rappresenta una misura del tutto insufficiente per garantire un solido profilo professiona-le all’insegnante. Quello di Bussetti, per altro, è soltanto l’ultimo episodio di una lunga e grave sottovalutazione di questo problema. La quale, a sua volta, è figlia di una scarsa comprensione della questione scolastica, del ruolo che la formazione gioca nella modernità avanzata. Ma anche di malintese concezio-ni dell’insegnamento, spesso visto come una mera trasmissione di un sapere da riprodurre, e quindi legato solo al possesso (non di rado modesto) di certi contenuti da parte del docente. Una concezione, cioè, che serba qualcosa del-la pedagogia gentiliana, ma smarrendone il quadro d’insieme entro cui le idee del filosofo di Castelvetrano acquistavano il loro senso. Per Gentile, infatti, la posta in gioco era quella della formazione della classe dirigente della nazione, e l’asse formativo era quello umanistico (filosofico, in particolare). Oggi, inve-ce, da un lato il riferimento dell’istruzione scolastica dovrebbe essere la Costi-tuzione, e quindi la formazione democratica di tutti i cittadini; dall’altro regna piuttosto la retorica del capitale umano, con la conseguente pressione affin-ché la scuola provveda a sfornare produttori equipaggiati di solide competenze tecnico-scientifiche. Nell’uno come nell’altro caso, sia rispetto alla cornice de-mocratica che a quella tecno-funzionalista, l’idea gentiliana dell’insegnamento e della perizia didattica come mera padronanza dei contenuti risulta del tutto fuori squadra, anacronistica

In ogni caso, come si diceva, la consapevolezza dell’inadeguatezza dello sta-to di cose lasciasta-to da Bussetti, ha riattivasta-to il dibattista-to sulla soluzione da dare a questo problema, con relative prese di posizione e produzione di documenti, tra i quali ve ne sono alcuni capaci di dare indicazioni concrete e lungimiranti (si

Nel documento Idee per la formazione degli insegnanti (pagine 28-31)