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Circolazione del materiale probatorio dall’indagine penale al procedimento amministrativo d

6. Riflessi dell’emersione di indizi di reato nell’indagine amministrativa

6.3. Circolazione del materiale probatorio dall’indagine penale al procedimento amministrativo d

Gli artt. 33, D.P.R. 600/1973 e 63, D.P.R. 633/1972 rappresentano il “raccordo

istruttorio” tra procedimento penale e procedimento tributario277 prevedendo il possibile

travaso di elementi istruttori dal primo al secondo.

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Secondo alcuni giudici di merito tale disposizione che si riferisce all’ipotesi di rilascio del pvc a seguito di accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività deve applicarsi anche per le verifiche a tavolino. Ossia, detto in altri termini, deve essere sempre confezionato un p.v.c. alla fine di ogni verifica per consentire al contribuente di instaurare il contraddittorio pre-processuale (C. T. Reg. di Firenze, 1469/2014; la Corte Cassazione ritiene invece che solo in caso di accessi ispezioni e di verifica sia necessario concludere la verifica con un pvc; Corte Cass., 20770 dell’11 settembre 2013).

276

Corte Cass., Sez. Trib., n. 3142, 14 febbraio 2014. 277

Così C. CONSOLO, Legittima acquisizione delle risultanze di una istruttoria penale, in Rass. trib., 1987, pag. 289. L’autore, invero, definiva gli artt. 33, D.P.R. 600/1973 raccordo istruttorio e l’art. 12, L. 516/1982 raccordo decisorio.

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Tali norme dalla loro introduzione hanno subito una notevole evoluzione.

Nella versione originaria in vigore dal gennaio del 1974, gli artt. 33 e 63 prevedevano in modo generico che la G.d.f. collaborasse con gli uffici delle imposte al fine di reperire gli elementi utili ai fini dell’accertamento delle imposte dirette e dell’imposta sul valore aggiunto.

Con il D.P.R. 15 luglio 1982, n. 463 cadde il vincolo del segreto istruttorio correlato alle indagini penali che si estendeva sino al momento del deposito degli atti al termine dell’istruzione ai sensi dell’art. 372 c.p.p. 1930 ed i suddetti articoli disposero che la G.d.f. “previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria in relazione alle norme che disciplinano il

segreto istruttorio, utilizza e trasmette agli uffici delle imposte i documenti, dati e notizie acquisiti nei confronti dell’imputato, nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria e valutaria”.

Con l’art. 5, c. 14-15, L. 5 Luglio 1991, n. 197 (c.d. normativa anti-riciclaggio), la G.d.f. poté utilizzare anche i documenti, i dati e le notizie riferiti o ottenuti dalle altre Forze

di polizia, nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria anche al di fuori dei casi di cui all’art.

35, D.P.R. 600/1973 e art. 51 bis D.P.R. 633/1972.

La L. 30 Dicembre 1991, n. 413 ha eliminato i riferimenti agli artt. 35 e 51 bis ed ha eliminato il termine “istruttorio” adeguando così la norma al nuovo c.p.p.

Nella versione attuale delle due norme disposta dall’art. 23, L. n. 74/2000 esse sono state riformulate nel senso che, la G.d.F. previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria, che

può essere concessa anche in deroga all’art. 329 c.p.p., utilizza e trasmette agli uffici delle imposte documenti, dati e notizie acquisiti, direttamente o riferiti ed ottenuti dalle altre forze di polizia nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria.

La disposizione, dunque, assegna all’Autorità Giudiziaria il potere di concedere alla G.d.f. l’autorizzazione a trasmettere gli atti delle indagini penali all’Agenzia delle Entrate. In particolare, l’autorità giudiziaria valuta discrezionalmente in modo contrapposto le esigenze dell’indagine che spingono verso il mantenimento del segreto istruttorio con le esigenze dell’accertamento278.

Ciò detto, la norma si presenta lacunosa.

Premesso che ragionevolezza vuole che gli atti trasmissibili riguardino anche quelli redatti direttamente dal Pubblico ministero ed gli atti di fonte giudiziaria (per es. verbali di dichiarazioni rese davanti al giudice o al p.m.)279, non è indicata la conseguenza della

278

E. MUSCO, Processo penale e accertamento tributario, in Arch. Nuova proc. Pen., 2012, pag. 589. 279

Secondo parte della dottrina sarebbe irragionevole che gli atti delle forze di polizia potessero essere trasmessi solamente mediante iniziativa della G.d.f. (E. MUSCO, Processo penale e accertamento tributario, in Arch. Nuova proc. Pen., 2012, pag. 589).

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illegittima trasmissione degli stessi (per es. in violazione del segreto investigativo o in base ad una autorizzazione non motivata).

A tale proposito, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che in assenza dell’autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria280 o in caso di mancata allegazione281 della stessa all’atto impositivo, il giudice tributario può comunque utilizzare i dati e i documenti provenienti dall’ambito penale282: l’art. 329 c.p.p., che disciplina il segreto istruttorio, e l’art. 191 c.p.p., che fulmina con l’inutilizzabilità il materiale probatorio

illecitamente raccolto, hanno rilevanza esclusiva nel procedimento penale283.

In altre parole, siccome l’autorizzazione ex art. 33, D.P.R. 600/1973 è posta a tutela esclusiva delle indagini penali e del segreto istruttorio la sua mancanza è irrilevante ai fini dell’efficacia probatoria del materiale trasmesso nel procedimento amministrativo di accertamento284.

Al contempo, precisa la Corte di Cassazione, la trasmigrazione del materiale probatorio in assenza di autorizzazione e la mancata allegazione della stessa all’atto impugnato non violano l’art. 24 Cost. in quanto il contribuente può sempre svolgere le proprie difese di merito nel giudizio tributario285. Inoltre, il diritto di difesa è garantito dal fatto che le prove raccolte nel processo penale non hanno automaticamente lo stesso

valore probatorio che hanno nel processo penale286.

Più precisamente, le sommarie informazioni testimoniali raccolte dalla G.d.f. nel corso del procedimento penale possono trovare ingresso nel procedimento tributario con il valore probatorio degli elementi indiziari e in quanto tali sono liberamente valutabili dal

280

Corte Cass., 16 marzo 2001, n. 3852 Confermata dalla Corte Cass., 18 giugno 2008, n. 16431, Corte Cass., 3 settembre 2008, n. 22173, Corte Cass., 10 luglio 2012, n. 11607. È stato altresì affermato che l’autorizzazione rilasciata dal GIP invece che dal PM non comporta alcuna inutilizzabilità in sede tributaria (C. T. Reg. di Roma, 16 novembre 2006, n. 128).

281 Corte Cass., Sez. Trib., 10 luglio 2012, n. 11607; Idem, 7 aprile 2008, n. 8859 con commento di IORIO, La mancanza

di autorizzazione dell’Autorità giudiziaria non inficia l’avviso di accertamento, in Il Fisco, 2008, pag. 3145 e ss.

282

Contra Cass. 8 novembre 1997, n. 11036 per la quale in caso di illegittima trasmissione si ha l’inutilizzabilità del materiale probatorio.

Secondo Musco tale orientamento sarebbe corretto in quanto la deroga al segreto è funzionale esclusivamente alla salvaguardia del processo penale e non si rifletterebbe su quello tributario; inoltre, sempre secondo Musco l’effetto dell’inutilizzabilità delle prove irritualmente scaturite è previsto dall’art. 191 c.p.p. che ha rilevanza esclusiva in sede penale e non può trovare applicazione senza una disposizione specifica (E. MUSCO, Processo penale e accertamento tributario, in Arch. Nuova proc. Pen., 2012, pag. 590).

283

Si veda sul punto, Corte Cass., Sez. Trib., 5 luglio 2011, n. 9100, Corte Cass., Sez. Trib., 25 maggio 2011 n. 7146 (assenza di limitazione soggettiva nell’utilizzo delle indagini penali); Corte Cass., Sez. Trib., 15 aprile 2011, nn. 8604, 8607, Corte Cass., Sez. Trib., 2 aprile 2007, n. 8181 (la carenza dell’autorizzazione alla trasmissione dei dati non incide sulla legittimità degli atti tributari); Corte Cass., Sez. Trib., 10 luglio 2012, n. 11607.

Di segno opposto E. FORTUNA, I poteri istruttori delle commissioni tributarie, Riv. Dir. Trib., 2001, pag. 156 per il quale in caso di carenza o di dinego di autorizzazione al trasferimento degli elementi probatori essi sono inutilizzabili. 284

Corte Cass., Sez. Trib., 2 aprile 2007, n. 8181. 285

Corte Cass., Sez. Trib., 3 settembre 2008, n. 22176.

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giudice287, ma da sole non possono costituire il fondamento della decisione e, in ogni caso,

il giudice tributario deve indicare le ragioni di inattendibilità di tali dichiarazioni288.

La documentazione bancaria acquisita in sede penale può essere utilizzata ai fini della presunzione di cui all’art. 31 D.P.R. 600/1973289.

La c.t.u. del processo penale non può essere utilizzata dal contribuente per

confutare l’esito dell’accertamento290, ma, se verte nei medesimi fatti, può essere

utilizzata nel processo tributario291 ai fini della decisione.

Le dichiarazioni dell’imputato in sede penale sono dichiarazioni confessorie liberamente valutabili dal giudice ex art. 116 c.p.c. e idonee a costituire (anche

esclusivamente) prove della fondatezza dell’accertamento292.

In merito alle intercettazioni di comunicazioni o conversazioni telefoniche o tra presenti, la Corte di Cassazione, ritiene che le intercettazioni legittimamente acquisite possano essere utilizzate quale elemento indiziario nel processo tributario in quanto l’art.

270 c.p.p.293, secondo cui le intercettazioni non possono essere ammesse in altri

287

Corte Cass., Sez. Trib., 27 marzo 2013, n. 7707, n. 2916, 7 febbraio 2013. 288

Corte Cass., Sez. Trib., 11 giugno 2003, n. 9320. 289 Corte Cost., 26 febbraio 2002, n. 33.

290

Nella sentenza, 11 marzo 2011, n. 10036, la Corte di Cassazione, Sez. Trib., cassa con rinvio ad altra sezione della Commissione Regionale, affermando che la ratio decidendi della sentenza impugnata che aveva considerato decisiva per la vittoria del contribuente avverso le presunzioni bancarie ex art. 32, D.P.R. 600/1973 la consulenza tecnica disposta in sede penale che dimostrava l’assenza di alcun arricchimento da parte del contribuente, non è conforme alla dimostrazione da parte del destinatario dell’atto impugnato che le entrate e le uscite hanno concorso alla determinazione del reddito imponibile “tanto più ove si consideri la differente finalità del giudizio penale e l’eterogeneità del relativo regime della prova”.

291

Corte Cass., Sez. Trib., 6 febbraio 2009, n. 2904 in G.T. Riv. Giur. Trib., 2009, pag. 607 con nota di MAGNONE CAVATORTA, Osservazioni circa l’utilizzazione, con valore di prova, dinnanzi alla ctr, della relazione di consulenza tecnica redatta in un processo diverso. La sentenza cassa con rinvio ad altra sezione della C.T. Regionale disponendo che rientra nella discrezionalità del giudice “utilizzare (o meno) anche una perizia raccolta in un diverso giudizio fra le stesse o altre parti in virtù del principio dell’unita della giurisdizione. (…) non è invece consentito al giudice del merito denegare l’ammissione della produzione di una relazione peritale, soltanto perché la relativa perizia sia stata disposta ed espletata in un altro giudizio”. Infine, il giudice tributario “può utilizzare anche prove raccolte in un diverso giudizio fra le stesse o anche altre parti, come qualsiasi altra produzione delle parti stesse, al fine di trame non solo semplici indizi o elementi di convincimento, ma anche di attribuire loro valore di prova esclusiva, il che vale anche per una perizia svolta in sede penale o una consulenza tecnica svolta in altre sedi civili. (cass. n. 8585/99, cass. n. 2839/97), tanto più se essa sia stata predisposta in relazione ad un giudizio avente ad oggetto una situazione di fatto rilevante in entrambi i processi”.

292

Corte Cass., Sez. Trib., 24 ottobre 2005, n. 20601. 293

L’art. 266 c.p. consente le intercettazioni nei procedimenti relativi a specifici delitti (tra cui non figurano quello tributari) e, in generale, nei procedimento relativi a delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni.

Più precisamente, le intercettazioni sono uno strumento di ricerca della prova nei reati tributari di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2); dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3); emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8); sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte nell’ipotesi aggravata (art. 11). Sono, invece, escluse per i reati di infedele e omessa dichiarazione artt. 4 e 5), occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10), omesso versamento di ritenute certificate e di Iva (artt. 10-bis e 10-ter), indebite compensazioni (art. 10-quater) e sottrazione fraudolenta

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procedimenti, concerne solo i processi penali diversi da quello all'interno del quale sono state disposte. In altre parole, tale limite all’utilizzo delle intercettazioni non opera con riferimento a diversi procedimenti rientranti in altre giurisdizioni, come quella tributaria294. A parziale mitigazione di tale principio, per la Suprema Corte non sono utilizzabili le intercettazioni illegittimamente poste in essere ai sensi dell’art. 271 c.p.p. ossia per mancata osservanza delle disposizioni di cui all’art. 268 c.p.p.295. Inoltre, le intercettazioni hanno valore indiziario e cioè la Commissione tributaria non è legittimata a decidere sulla base delle sole intercettazioni illegittimamente disposte296.

Specificamente, con riferimento all’utilizzo dei verbali delle intercettazioni telefoniche presenti nel giudizio penale, il fatto che il difensore tributario non abbia partecipato alla formazione della prova non incide sul diritto di difesa in ambito processual tributario in quanto tali verbali hanno un minor valore probatorio rispetto a quello riconosciutogli nel processo penale297.

Le tesi dei giudici di legittimità appaiono invero poco meditate sia con riferimento alle conseguenze della trasmissione del materiale probatorio in assenza dell’autorizzazione sia con riferimento alla circolazione probatoria dal processo penale a quello tributario.

Quanto alla necessità dell’autorizzazione ex art. 329 c.p.p., a mio avviso, la legittima trasmissione degli atti inserendosi nel procedimento amministrativo di accertamento diviene un presupposto dell’atto impugnato.

Inoltre, l’art. 191 c.p.p. che fulmina di inutilizzabilità l’acquisizione di prove “in

violazione dei divieti stabiliti dalla legge” sembra potersi applicare anche al procedimento

tributario298 in virtù del richiamo di cui all’art. 70, D.P.R. 600/1973.

nell’ipotesi base (su tali aspetti, si veda A. IORIO-S. MECCA, Utilizzo delle intercettazioni nei procedimenti per reati tributari, in il fisco, 23 giugno 2014, pag. 2472).

In realtà, la Corte di Cassazione ritiene utilizzabili ai fini penale le intercettazioni relative al reato di dichiarazione infedele laddove siano disposte nel collegato procedimento penale per associazione per delinquere che coinvolge i trasgressori (Corte Cass., Sez. III pen., 19 maggio 2014, n. 20504).

Sul punto si veda A. MARCHESELLI, La circolazione dei materiali istruttori dal procedimento penale a quello tributario, in Rass. Trib., 2009, pag. 83; ID, Utilizzabilità dell’interrogatorio e delle intercettazioni penali in sede tributaria, in Corr. Trib., 2014, pag. 422.

294

Corte Cass., 23 febbraio 2010, n. 4306, Corte Cass., 7 febbraio 2013, n. 2916. 295

Corte Cass., Sez. Un., 9 aprile 2010, n. 13426. 296

Corte Cass., Sez. trib., 7 febbraio 2013, n. 2816. 297

Corte Cass., Sez. Trib., n. 2916 del 7 febbraio 2013.

298 E. MUSCO, Processo penale e accertamento tributario, in Arch. Nuova proc. Pen., 2012, pag. 590; E. FORTUNA, I

poteri istruttori della Commissione Tributaria, in Riv. Dir. Trib., 2001, pag. 1056, CORSO, Il segreto sulle indagini preliminari e la trasmissione degli atti senza l’autorizzazione del p.m., in Corr. Trib., 2008, pag. 296, S. CAPOLUPO, Attività di polizia giudiziaria ed accertamento tributario, in Rass. Trib., 2002, pag. 991; . Contra F. GALLO, La rilevanza ai fini fiscali degli elementi acquisiti in sede penale, in Boll. Trib., 2009, pag. 1077 e ss.

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Con riferimento alla circolazione delle prove nulla queastio in merito alla c.t.u. (o meglio, agli allegati alla stessa) ed in merito ai conti correnti bancari acquisiti durante l’indagine penale.

Viceversa, l’introduzione senza limiti delle sommarie informazioni testimoniali e dell’imputato e dei verbali delle intercettazioni, lascia perplessi.

Stante il divieto di prova testimoniale, come potrebbe il ricorrente incidere sulla valutazione da parte del giudice tributario circa la prova dell’evasione inserita nelle intercettazioni299 o nelle sommarie informazioni rilasciate dall’imputato o da terzi?

Inoltre, anche se fosse vero, come affermato dalla Corte di Cassazione, che da sole le intercettazioni telefoniche e le dichiarazioni di terzi nel loro contenuto testimoniale non possono fornire la prova del fatto, la loro massiccia produzione determina, nei fatti, una inaccettabile inversione dell’onere della prova: l’Agenzia delle entrate non dovrebbe più provare l’illecito tributario ed il ricorrente non potrebbe esperire la prova testimoniale ossia l’unico strumento di difesa300.

Infatti, ad avviso di chi scrive, non è sufficiente ai fini del diritto di difesa ex art. 24 Cost. introdurre dichiarazioni di terzi per controbattere le intercettazioni, ma occorre sentire i protagonisti dell’intercettazione nonché le spiegazioni delle loro conversazioni ed il giudice durante questo confronto deve avere un ruolo attivo per potersi realmente formare un convincimento.

Se queste considerazioni fossero errate, non si capisce perché nel processo penale si avverta la necessità di valutare l’attendibilità del contenuto delle intercettazioni nel contraddittorio tra le parti.

Peraltro, è paradossale che le intercettazioni non possano essere utilizzate per raccogliere prove a carico in merito al reato di infedele dichiarazione mentre possono essere utilizzate per la provare l’analogo illecito amministrativo: se le intercettazioni sono

299

S. ARMELLA-F. DI LUCIANO, L’utilizzo delle intercettazioni nel processo tributario e il delicato equilibrio con il diritto di difesa e il principio del giusto processo, in GT Riv. Giur. Trib., 2013, pag. 385.

300 La pronuncia, depositata il 23 novembre 2006, ricorso n. 73053/01, Pres. Costa, in "Rassegna Tributaria" n. 1/2007, pagg. 216 c.d. Jussila c. Finlandia. Il ricorrente lamentava che non era stato in grado di difendersi in modo adeguato perché il sistema tributario in vigore in Finlandia non prevedeva, di norma, un’udienza pubblica, e conseguentemente la possibilità di ricorrere alla prova testimoniale, unico mezzo, secondo il contribuente, che gli avrebbe consentito di controinterrogare i funzionari che avevano curato l'accertamento. La Corte, dopo aver affermato che il procedimento a cui era stato sottoposto il ricorrente si riferiva all’irrogazione di una sanzione amministrativa assimilabile, agli effetti dell'art. 6 della Convenzione europea per i diritti dell'Uomo, alla sanzione penale vera e propria, ha disposto che che l'assenza della pubblica udienza e la conseguente impossibilità di ricorrere alla prova testimoniale nel processo tributario sono da ritenersi compatibili con il principio dell'equo processo stabilito dalla Convenzione “solo se da tali divieti non deriva un grave pregiudizio della posizione processuale del ricorrente-contribuente sul piano probatorio, non altrimenti rimediabile”.

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utilizzabili nei processi penali funzionali all’accertamento di reati gravi perché devono poter fondare la pretesa del Fisco nel processo tributario301?

Infatti, come è stato spiegato dalla dottrina, la ratio della limitazione dell’uso delle intercettazioni non risiede sulla protezione del diritto di difesa paventato dalla Corte di

Cassazione302, ma nella possibilità di utilizzare uno strumento così invasivo solamente nel

caso in cui si tratti di reprimere i crimini più gravi.

Di conseguenza, il parametro non è il diritto di difesa ossia “cosa rischia la persona contro cui sui vogliono usare le intercettazioni, ma quale valore difendo usando le intercettazioni”.

In conclusione, appare evidente che, contrariamente a quanto l’art. 20, D.Lgs. 74/2000 sottintende, ossia autonoma valutazione del giudice, il suddetto orientamento della Corte di Cassazione rendono irrilevanti le norme che disciplinano i poteri istruttori

dell’Amministrazione finanziaria (D.P.R. 600/1973) che bilanciano l’interesse

“amministrativo” alla scoperta della verità con i diritti del contribuente in sede di verifica303. In altri termini, si mette in crisi il principio per il quale il processo tributario è un processo su prove tipiche, stabilite dalla legge e nel quale la prova dell’evasione deve essere fornita dall’Amministrazione finanziaria sulla base di tali tipiche regole.

6.4. Mancato rispetto delle garanzie del c.p.p. a tutela dell’indagato e