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LA DISCREZIONALITÁ GIUDIZIALE TRA CORNICI EDITTALI, CIRCOSTANZE E FUNZIONI DELLA PENA

2. b) La perenne ricerca della proporzione della misura legale della pena al disvalore dell’illecito: il ruolo ipertrofico delle circostanze del reato.

2.1. Il controverso ruolo delle circostanze nel sistema commisurativo: analisi funzionale dei diversi tipi di circostanze del reato.

2.1.3. Le circostanze attenuanti generiche e il criterio prasseologico dell’equità.

Un ruolo del tutto particolare ricoprono, invece, nel nostro ordinamento le circostanze attenuanti generiche195 (art. 62 bis c.p.), che non può essere assimilato a quello delle circostanze attenuanti comuni in genere, delle quali condividono solo la disciplina, e dunque l’effetto frazionario sulla pena base di diminuzione di un terzo, potendosi classificare, sotto questo profilo, come circostanze attenuanti ad effetto comune.

L’istituto delle circostanze attenuanti generiche, già previsto dall’art. 59 del Codice Zanardelli, abolito dalla codificazione fascista del 1930, fu introdotto dal legislatore del 1944196 con lo scopo di mitigare l’eccessiva severità delle sanzioni stabilite dal codice Rocco, consentendo al giudice di prendere in considerazione, in senso favorevole al reo, situazioni e circostanze particolari, diverse dalle attenuanti comuni197.

disciplina della prescrizione, che esclude appunto solo quelle “ad effetto comune”, e quelle attenuanti ad effetto speciale (od autonomo e indipendente), che sarebbero perciò in tal modo, a nostro avviso, assorbite anch’esse nella commisurazione giudiziale, ins ieme a tutte le altre ad effetto comune.

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Cfr. DE VERO G., op. cit., p. 121; e STILE A.M., Il giudizio di prevalenza, cit., p. 54 s.

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Comunemente definite così dalla dottrina e dalla giurisprudenza già prima della formale inserzione legislativa di questa locuzione nella rubrica dell’art. 62-bis c.p., ad opera della l. 251 del 2005. Da notare infatti che prima questo articolo non era affatto rubricato.

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Dall’art. 2 del D.L.vo Lgt. 14 settembre 1944, n. 288.

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Diffusamente sull’istituto in esame si veda MELCHIONDA A., Le circostanze del reato. Origine, sviluppo e prospettive di una controversa categoria penalistica, Cedam, 2000, p. 660 ss.; BRICOLA F., La discrezionalità nel diritto penale. Nozione e aspetti costituzionali, cit. , passim; MASSA M., Le attenuanti generiche, Jovene, 1959.

Nella prassi applicativa, però, tale istituto si era tradotto in un vero e proprio strumento di indulgenza nelle mani dei giudici198, che si trovavano così ad esercitare un potere discrezionale eccessivo ed incontrollato, attuando, come è stato efficacemente affermato, una vera «politica penale giudiziale»199, con le conseguenze che ciò comportava in termini di divergenza tra pena minacciata, e pena inflitta. L’effetto che generalmente il loro diffuso riconoscimento comportava, infatti, non incideva solo sulla diminuzione dei minimi edittali, effettivamente sproporzionati ed eccessivamente rigorosi, bensì attraverso il bilanciamento con eventuali aggravanti, finanche quelle ad effetto speciale o indipendenti, finivano per diminuire la complessiva risposta legale al reato, annullando l’effetto delle aggravanti eventualemente concorrenti.

Per arginare appunto questa prassi giudiziaria200, il legislatore della novella del 2005, nel perseguire il suo duplice intento, da un lato, di restringere complessivamente il potere discrezionale dei giudici nella commisurazione della pena, e dall’altro, di rendere più effettiva e rigorosa la respressione dei rei recidivi reiterati, con l’art. 1 della legge 251/2005 ha introdotto un nuovo comma nell’art. 62-bis201, in cui si prevede in collegamento con il

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Secondo una maggioritaria linea di tendenza, l’introduzione delle circostanze attenuanti generiche nel sistema del codice Rocco perseguirebbe infatti una funzione “mitigatrice” (Cass., sez. III, 25 gennaio 2000, Rigamonti, in CED n. 216572). Per una descrizione efficace della reale funzione delle c.d. attenuanti generiche, cfr. PULITANÒ D., Diritto penale, cit., p. 436-437: «Come e più di altri istituti affidati alla discrezionalità del giudice, l’istituto delle attenuanti ge neriche funziona come strumento di ritenuta equità (o di minore iniquità) del caso concreto, al prezzo di introdurre un alto grado di indeterminatezza, difficilmente compatibile col principio di legalità. Da decenni serve a mitigare il rigore punitivo del codice Rocco (e anche della successiva legislazione di parte speciale) in sede di politica penale giudiziaria».

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Per la distinzione tra la nozione di «politica penale giudiziaria» e quella di «discrezionalità giudiziale» in senso tecnico, v. STILE A.M., Discrezionalità e politica penale giudiziaria, in St. Urb., 1976-77, p. 279.

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Così si legge nella relazione all’originario progetto di legge n. 2055 del 2001, che in realtà prevedeva una limitazione alla stessa operatività delle attenuanti generiche molto più estesa: l’applicazione delle attenuanti generiche veniva vietava con riferimento a tutti i casi di recidiva e a vari altri gravi tipologie di delitti non colposi. Per l’esame dell’evoluzione parlamentare che ha subito la riforma dell’art. 62-bis, cfr. Melchionda, Modifiche in materia di circostanze, in Aa.V.v., Le innovazioni al sistema penale apportate dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, op. cit., p. 183 e ss.

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Al comma 2 dell’art. 62-bis, si prevede: ‹‹Ai fini dell’applicazione del primo comma non si tiene conto dei criteri di cui all’art. 133, primo comma, numero 3, e secondo comma, nei casi previsti dall’art. 99, quarto comma, in relazione ai delitti previsti dall’art. 407 comma due lettera a) del codice di procedura penale, nel caso in cui siano puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni››.

riconoscimento dello status di recidivo reiterato un’ulteriore restrizione della discrezionalità giudiziale in sede di commisurazione della pena in senso lato.

Il giudice, infatti, ai sensi del nuovo comma 2, nell’effettuare il tipico giudizio relativo alla concedibilità (rectius riconoscimento) delle generiche ad un soggetto dichiarato recidivo reiterato ex art. 99, comma 4, del cp, ritenuto colpevole di uno dei gravi reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a) c.p.p., qualora questi siano puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni, non dovrà tener conto dei criteri di cui all'articolo 133, comma 1, numero 3, e comma 2, del c.p.: ossia di quelli relativi, rispettivamente, alla «intensità del dolo» e alla «capacità a delinquere del reo», con esclusione del criterio che si riferisce al «grado della colpa», che, all'evidenza, di per sé non può rilevare, visto che la recidiva, come si è già detto, è ora applicabile solo per i « delitti non colposi».

Tale innovazione è stata perciò chiaramente ispirata dalla necessità di porre un freno alla intollerabile prassi giudiziale di concedere automaticamente le attenuanti generiche sulla base di un mero “giudizio di fatto”202, non controllabile pertanto neanche in sede di legittimità, soprattutto in relazione a “gravi fenomeni di criminalità”.

La disposizione del nuovo comma 2 dell’art. 62-bis c.p. esprime perciò il chiaro intento di porre un limite agli spazi di discrezionalità tradizionalmente riservati al giudice nel riconoscimento delle c.d. attenuanti generiche in sede di commisurazione della pena in senso lato203. Questo però non si traduce in un generalizzato divieto di applicazione delle attenuanti generiche per i soggetti recidivi. Affinché operi tale limitazione, infatti, la norma impone degl i stringenti presupposti sia di carattere oggettivo che soggettivo.

Dal punto di vista oggettivo, il delitto oggetto del giudizio, nel quale si stia valutando il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche a favore del soggetto dichiarato recidivo

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Tanto che l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, di fatto, era considerata come «un vero e proprio diritto del reo». Così si legge nella relazione all’originari o progetto di legge n. 2055 del 2001, che in realtà prevedeva una limitazione alla stessa operatività delle attenuanti generiche molto più estesa: l’applicazione delle attenuanti generiche veniva vietava con riferimento a tutti i casi di recidiva e a vari altri gravi tipologie di delitti non colposi. Per l’esame dell’evoluzione parlamentare che ha subito la riforma dell’art. 62-bis, cfr. MELCHIONDA A., Modifiche in materia di circostanze, in Aa.V.v., Le innovazioni al sistema penale apportate dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, a cura di Giunta F., p. 183 e ss.

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Per la distinzione tra commisurazione della pena in senso stretto e commisurazione in senso lato cfr. ROMANO M. –GRASSO G:, sub art. 132, in Commentario sistematico al codice penale, II, cit., p. 320 s..

reiterato, deve necessariamente rientrare tra quelli elencati all’art. 407, co. 2 let. a) c.p.p.204. Ma non basta. Il novero dei delitti previsti dall’elenco cui si fa riferimento risulta ancora più circoscritto dall’ulteriore presupposto che il delitto sub judice preveda come pena minima la reclusione non inferiore a cinque anni205.

La dottrina è unanime nel criticare la scelta del legislatore di aver fatto riferimento per relationem alla lista di reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a) c.p.p., predisposta per uno scopo affatto diverso. Essa contiene, infatti, categorie di reati per i quali è concesso che la fase delle indagini preliminari possa prolungarsi fino a due anni, in considerazione non tanto della gravità dei fatti di reato sui quali si indaga, ma della complessità investigativa e della ipotizzabile difficoltà di reperimento delle fonti di prova. Appare pertanto irrazionale collegare il limite introdotto al riconoscimento delle attenuanti generiche a tale articolo del codice di procedura penale206. Inoltre, la categoria di reati richiamata appare, inoltre, disomogenea, essendo esclusi dalla lista reati di pari, se non maggiore, allarme sociale e gravità.

Quindi, se da un lato, è apparso positivo il fatto di aver ancorato tale restrizione anche ad un profilo di gravità oggettiva del fatto commesso, emendando l’originaria previsione che, nell’ottica di una cieca repressione, negava ogni possibilità di riconoscimento delle circostanze generiche per il soggetto recidivo tout court, solo su di una base soggettiva; dall’altro, rimane comunque discriminatorio aver creato, per certi reati, “tipologie di rei”, a quali verrà comminata una pena, che — tenendo conto del già elevato minimo edittale e della

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La dottrina sembra in prevalenza convinta che si debba trattare del delitto di cui in concreto si stia giudicando, cfr. MELCHIONDA A., Le modifiche in materia di circostanze, in A.a.V.v., Le innovazioni al sistema penale, cit., p. 186.

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Si noti ad esempio che rimarranno fuori dall’ambito di applicazione della fattispecie: la rapina aggravata, ex art. 628, co. 3 c.p., e l’associazione per delinquere ex art. 416, commi 1 e 3 c.p. Il legislatore, però, resosi conto che tra i delitti per i quali poteva operare la limitazione di cui all’art. 62- bis, co. 2 c.p., non sarebbe rientrato l’art. 416 -bis, ha provveduto contestualmente ad aumentare le pene da questo previste. L’art. 1, co. 2 della l. 251 del 2005, ha infatti previsto: «All’articolo 416 -bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: «da tre a sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «da cinque a dieci anni»; b) al secondo comma, le parole: «quattro» e «nove» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «sette» e «dodici»; c) al quarto comma, le parole: «quattro» e «dieci» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «sette» e «quindici» e le parole: «cinque» e «quindici» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «dieci» e «ventiquattro»».

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Cfr. così, per tutti, ROSI E., Effetti della recidiva reiterata, in Nuove norme su prescrizione del reato e recidiva, analisi della legge 5 dicembre 2005 n. 251 (ex cirielli), a cura di Scalfati, Cedam, 2006, p. 5 ss.

improbabilità del riconoscimento delle generiche — risulterà certamente sproporzionata rispetto a quella possibile in riferimento ad altri reati che, pur gravi, non siano inclusi nello stesso elenco. Per questi ultimi, infatti, il giudice potrà ancora considerare le circostanze attenuanti generiche su base soggettiva, anche se l’imputato verrà considerato recidivo, scendendo in tal modo al di sotto del minimo edittale.

Per quanto riguarda, invece, il presupposto soggettivo, si deve rilevare che i destinatari di tale restrizione sembrano coincidere con coloro ai quali, obbligatoriamente, il giudice dovrà, nel giudizio in corso, riconoscere la recidiva reiterata di cui all’art. 99, commi 4 e 5 c.p. Se infatti l’art. 62-bis, co. 2 c.p. non ha fatto esplicito riferimento al comma quinto dell’art. 99, ma piuttosto al quarto, si spiega con il fatto che il regime previsto dal comma 5, discende automaticamente dal solo integrarsi del presupposto oggettivo del tipo di delitto commesso dal recidivo. Per tale ragione, si deve ritenere che la norma di cui all’art. 62-bis, co. 2 c.p., troverà applicazione solo nei confronti di quei soggetti che, già dichiarati recidivi in una precedente pronuncia e avendo commesso un delitto previsto nell’elenco di cui all’art. 407, co 2 let. a), purchè punito con pena edittale minima di almeno 5 anni, dovranno essere “obbligatoriamente” dichiarati recidivi reiterati dal giudice di cognizione ai sensi del combinato disposto dei commi 4 e 5 c.p.. I destinatari di tale disciplina, pertanto, oltre a dover subire un rigido aumento della metà o di due terzi della pena, non potranno neanche vedersi riconoscere le attenuanti generiche, sulla base dei criteri “soggettivi” di cui all’art. 133, co. 1, n. 3) e co. 2 c.p.207.

Tale disposizione, a ben vedere, non preclude del tutto il riconoscimento delle attenuanti generiche nei confronti dei soggetti definibili come “super-recidivi”, ma dispone solamente una limitazione al tradizionale potere discrezionale, riconosciuto al giudice ex art. 132 e 133 c.p., di concederle per ragioni “soggettive”, che possono trovare fondamento cioè in una minore intensità del dolo ovvero in uno o più criteri dettati dall’art. 133 comma 2 c.p., per l’apprezzamento della capacità a delinquere208.

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Difforme l’interpretazione di Melchionda, Le modifiche in materia di circostanze, cit., p. 198, secondo il quale i destinatari sarebbero coloro che saranno discrezionalmente riconosciuti dal giudice recidivi reiterati, in base al solo comma 4 dell’art. 99 c.p., non scorgendo evide ntemente alcun legame con il comma quinto dell’art. 99 c.p.

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E dunque, i “motivi”, il “carattere del reo”, i “precedenti penali o giudiziari”, la “condotta antecedente, contemporanea o susseguente al reato”, la “vita del reo” e le sue “condizioni di vita, individuale, familiare e sociale”. Sul potere discrezionale del giudice nella commisurazione della pena,

I parametri fattuali previsti dall’art. 133 c.p. che non potranno mai essere alla base della motivazione di riconoscimento delle attenuanti generiche a favore di tali recidivi riguardano due criteri soggettivi: da un lato, con riguardo all’ “intensità del dolo”, si fa riferimento alla tipica ipotesi di “volontà colpevole attenuata”, ossia alla forma del dolo eventuale (o “dolo indiretto”), dall’altro, invece, più genericamente, ci si riferisce a tutti i criteri fattuali che possano in qualche modo afferire alla c.d. capacità a delinquere del recidivo.

Il giudice potrà dunque solo ricorrere ai parametri oggettivi di valutazione della «gravità del reato», deducibili pertanto «dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell’azione», ovvero «dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato».

Tutto ciò avrà degli indubbi riflessi sull’obbligo di motivazione posto in capo al giudice ex art. 132, co. 1 c.p., nel caso in cui decida di riconoscere le “generiche” in capo al c.d. super-recidivo. Il giudice infatti sarà obbligato a specificare con ancor maggiore precisione descrittiva il suo percorso motivazionale in tal senso, con ampliate possibilità dunque di un sindacato di legittimità, non solo per difetto di motivazione ex art. 606, co. 1, let. e) c.p.p, bensì anche per inosservanza od erronea applicazione della legge penale ex art. 606, co. 1, let. a) c.p.p.209 Anche se è forse più probabile pensare che tale maggiore aggravio in capo ai giudici, in concreto si tradurrà solo in una «sistematica non applicazione dell’art. 62- bis c.p.»210, in caso di recidivi reiterati colpevoli dei reati già citati.

Si è, inoltre, giustamente notato che, limitando il potere discrezionale del giudice nella concessione delle “generiche” alla sola considerazione dei criteri commisurativi di natura oggettiva, ex art. 133, co. 1 c.p., si introduce di fatto una sorta di presunzione legale iuris et de iure di elevata “intensità del dolo” e di sicura “capacità a delinquere” in capo ai soggetti “super-recidivi”, ovvero quei recidivi dichiarati reiterati perchè colpevoli dei gravi delitti indicati per relationem nel co. 2 dell’at. 62-bis c.p..

cfr. DOLCINI E., voce Potere discrezionale del giudice, cit., p. 744; ID., L'art. 133 c. p. al vaglio del movimento internazionale di riforma, in Evoluzione del diritto e della procedura penale 1945-1990. Studi in onore di G. Vassalli, Giuffrè, 1991, p. 241; STILE A. M., La commisurazione della pena nel contesto attuale del sistema sanzionatorio. Aspetti problematici, ivi, p. 287 ss.

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Cfr. AMATO G., Il recidivo va a caccia di generiche, in Guida dir., Dossier n. 1, 2006, p. 56.

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Nei loro confronti, infatti, il giudice non ha margini di manovra per apprezzare in concreto gli aspetti soggettivi del loro agire, rappresentati dall’intensità dell’elemento psicologico e dalla attitudine a delinquere nel futuro, in quanto il legislatore ha già effettuato tale valutazione, presuntivamente, sulla sola base della tipologia del delitto sub judice e della ricaduta nel reato, senza però che vi sia alcun collegamento con la tipologia dei delitti per i quali il colpevole sia stato già dichiarato recidivo in passato. Tale scelta legislativa è apparsa pertanto a molti Autori affetta da una intrinseca irragionevolezza, sotto il profilo dei princi pi generali in materia di responsabilità penale e pertanto incostituzionale211.

Con riferimento ai limitati casi individuati dalla norma, la dichiarazione di recidiva reiterata avrà duplici effetti dal punto di vista della commisurazione extraedittale della pena: da un lato, limiterà il giudice in sede di riconoscimento delle attenuanti generiche, e dall’altro, in sede di loro bilanciamento con la stessa recidiva, che non potrà mai ai sensi dell’ult. comma dell’art. 69 essere considerata sub-valente rispetto alle ritenute attenuanti concorrenti.

Dopo solo tre anni, da questa modifica all’art. 62 bis c.p., il legislatore pone di nuovo mano alla disciplina di questo istituto, con la l. 24 luglio 2008, n. 125, con la quale ha convertito il D.L. n. 92 del 2008, contenente misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, introducendo al terzo comma dell’art. 62-bis cod. pen. il divieto di concedere le attenuanti generiche se la relativa decisione deve fondarsi esclusivamente sulla condizione di incensuratezza dell’imputato.

Evidente dunque la ratio che anima la nuova modifica disposizione: la forte volontà del Parlamento di rivendicare l’esclusiva competenza nel valutare la rispondenza degli strumenti sanzionatori all’interesse della collettività, competenza asseritamente usurpata da quelle prassi giudiziarie.

Rivendicazione che si è tradotta nella compressione degli spazi di discrezionalità del giudice nella determinazione della pena che la riforma del 1974 gli aveva attribuito.

In quest’ottica la disposizione di nuovo conio rappresenta l’ideale prosecuzione di quella operazione accentuatamente rigoristica iniziata con le modifiche apportate proprio dalla legge n. 251 del 2005 al secondo comma dell’art. 62-bis cod. pen. e all’art. 69 cod. pen. (per cui è stato inibito nel giudizio di bilanciamento tra circostanze la possibilità di dichiarare le

211

FIANDACA G.-MUSCO M., op. cit., p. 444; PADOVANI T., Una novella piena di contraddizioni, cit., p. 33.; AMATO G., op. cit., p. 56.

attenuanti prevalenti sulle aggravanti sempre nel caso in cui l’imputato sia recidivo reiterato, di cui si discorrerà nel prossimo paragrafo ).

Peraltro, mentre gli interventi operati nel 2005 sul versante dell’attenuazione dei trattamenti sanzionatori edittali erano agganciati all’obiettiva maggiore pericolosità espressa dal recidivo (ed all’implicito fallimento del percorso rieducativo somministratogli con le precedenti condanne), il nuovo innesto rivela esclusivamente la volontà di comprimere, per l’appunto, la discrezionalità del giudice nella determinazione della pena da irrogare in concreto.

La novella non intende riportare il codice del 1930 alla sua originaria configurazione – che per l’appunto, come visto, non contemplava le attenuanti generiche, - ma certo vuole ridimensionare in maniera significativa l’ambito di applicazione dell’art. 62-bis c.p. dal momento che l’incensuratezza dell’imputato costituisce nella prassi giudiziaria dominante il principale motivo cui è ancorata la concessione della diminuzione di pena ad esso connessa.

E’ evidente dunque che mentre le circostanze attenuanti comuni (o speciali) avevano il chiaro intento di imbrigliare il potere giudiziale nella determinazione della pena in concreto, fissando ex ante gli elementi di cui il giudice doveva tener conto nella commisurazione della pena in senso lato212, le circostanze attenuanti c.d. generiche svolgevano una funzione esattamente opposta, con il chiaro problema di inefficienza e incertezza sulla pena che ne è derivato: da un lato, si diceva al giudice di tener conto di questi elementi, ma nel contempo, nell’impossibilità di tipizzarli tutti in astratto, gli si consentiva di tenere conto di altri indefiniti e indefinibili elementi di fatto (pertanto non sindacabili in sede di legittimità)213. Ne’ tale problematica sembra comunque essersi risolta con la novella del 2008, che contribuirà a

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«Il codice Rocco è in effetti dominato dall’ossessione di vincolare il quantum della punibilità ad un’imponente serie casistica di elementi definiti nel loro significato e nella loro portata, la cui funzione preminente consiste nel riguadagnare al primato della legge il maggior spazio possibile compreso tra l’astrattezza della norma e la poliedrica multiformità del fatto di vita, nonchè nell’accentuare le capacità respressivedella norma incriminatrice», cfr. PADOVANI T., voce Circostanze del reato, in Dig. disc. pen., vol. II, 1988, p. 199.

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La stessa Corte di Cassazione, nel dissipare i sospetti di illegittimità costituzionale della norma in

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