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Correttivo all’attuale sistema ipertrofico delle circostanze del reato in senso tecnico: eliminazione (o quantomeno riduzione) dei minimi edittali con conseguente abolizione

LA DISCREZIONALITÁ GIUDIZIALE TRA CORNICI EDITTALI, CIRCOSTANZE E FUNZIONI DELLA PENA

2. b) La perenne ricerca della proporzione della misura legale della pena al disvalore dell’illecito: il ruolo ipertrofico delle circostanze del reato.

2.3. Correttivo all’attuale sistema ipertrofico delle circostanze del reato in senso tecnico: eliminazione (o quantomeno riduzione) dei minimi edittali con conseguente abolizione

delle circostanze attenuanti e del giudizio di bilanciamento.

In controtendenza rispetto alla crescente prassi legislativa volta ad identificare nel generico aumento delle pene edittali, nell’introduzione di circostanze aggravanti, anche comuni, e nella contestuale introduzione di “automatismi” commisurativi, tesi a restringere la discrezionalità del giudice, la sola reazione politico-criminale possibile ad ogni situazione contingente di mutato allarme sociale271

; da tempo la dottrina più avveduta ha suggerito di diminuire i minimi di pena, soprattutto nell’ambito di un quadro di ristrutturazione totale del sistema sanzionatorio, che debba comunque necessariamente partire dalla rivisitazione delle cornici edittali in senso maggiormente proporzionato272

.

270

Con riferimento alle prime ordinanze di rimessione di alcuni giudici di merito (vedi in particolare, le due ordinanze del Trib. Ravenna, 12 gennaio 2006, rispettivamente in Dir. giust., 2006, p. 57; www.dirittoegiustizia.it, quotidiano on line del 28 gennaio 2006), MELCHIONDA A. (ult. op. cit., p. 218) ha, infatti, affermato che: «qualora invece si ritenga che, (…) la recidiva possa legittimamente essere fonte di un inasprimento sanzionatorio, la compatibilità ai principi costituzionali dell’attuale disciplina dell’art. 69, comma 4 c.p., potrà e dovrà essere messa in discussione solo se tale effetto verrà collegato ad un regime di rigida obbligatorietà conseguente al riscontro dei soli presupposti formali della recidiva reiterata». Sulla reale natura discrezionale della recidiva reiterata “comune”, così come interpretata in senso costituzionalmente conforme si rinvia al secondo capitolo § 1.

271

Ci si riferisce in particolare alla legge 251/2005 (c.d. ex-Cirielli), al c.d. Decreto Sicurezza D.L. n. 92 del 2008, convertito con la legge 24 luglio 2008, n. 125, contenente misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, che da ultimo oltre ad aver introdotto una serie di disposizioni intese a rafforzare l’apparato sanzionatorio dedicato ai reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, nonché alle contravvenzioni previste dal codice della strada per la guida in stato di ebbrezza o di alterazione per l’assunzione di stupefacenti o psicotrope; ha inserito una nuova circostanza aggravante comune all’art. 61, 11) bis c.p..

272

Cfr. FERRAJOLI L., Diritto e ragione - Teoria del garantismo penale, Laterza, 1989, rist. 2004, p. 397; DONINI M., Alla ricerca di un disegno. Scritti sulle riforme penali in Italia, Cedam, 2003, p. 282 ss.; STILE A. M., Introduzione, in La riforma della parte generale del codice penale. La posizione della dottrina sul progetto Grosso, Jovene, 2003, p. XXV, che hanno indicato l’opportunità di diminuire i

Lungi dal fornire risposte adeguate al problema dell’insicurezza pubblica e dell’incertezza della pena, la tendenza legislativa volta all’incremento sanzionatorio, a ben vedere, non assicura una maggiore effettività della pena273

, offrendo una risposta solo simbolica e, spesso, proprio perché frutto di scelte condizionate dall’emotività del momento, rappresenta la causa principale della sempre maggiore disomogeneità di fondo del sistema globale delle comminatorie edittali, spingendo lo stesso potere giudiziario, come si è visto, a un ruolo “supplente” di adeguamento in concreto delle scelte politico criminali effettuate dal legislatore sulla pena in astratto274

.

Un possibile correttivo all’ipertrofia delle circostanze aggravanti, e alla tendenza ad incrementare i vincoli alla discrezionalità giudiziale, potrebbe consistere, a nostro avviso, invece proprio nell’eliminazione (o almeno nella notevole riduzione) dei limiti minimi edittali275, nonostante ciò si ponga in netta antitesi rispetto a quella ideologia dominante, fino minimi edittali, ovvero di eliminarli del tutto, in vista soprattutto di una migliore considerazione dell’autore del reato per la finalità di risocializzazione cui dovrebbe tendere la pena.

273

Secondo le risultanze di indagini scientifiche ampiamente accreditate, infatti, il livello di e ffettività del diritto penale non coincide affatto con il grado di severità sanzionatoria delle singole disposizioni incriminatrici, che, al contrario, proprio per il loro eminente carattere simbolico, scontano una sostanziale disapplicazione pratica. Essenziale in proposito ancora il contributo di PALIERO C.E., Il principio di effettività del diritto penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1990, p. 471 ss.; ID., Metodologia de lege ferenda: per una riforma non improbabile del sistema sanzionatorio, in Riv. dir. proc. pen., 1992, p. 543 ss.; in parte poi ripreso nel recente contributo PALIERO C. E., Economia della pena (un work in progress), in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, p. 1336 ss. Così anche DELLA BELLA A., Il ruolo dell’affidamento in prova nella crisi di certezza e di effettività della pena, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, p. 1493; MANTOVANI F., Il vero “diritto penale minimo”: la riduzione della criminalità?, in Silète poenologi in munere alieno!: teoria della pena e scienza penalistica, oggi, a cura Pavarini M., Monduzzi, 2006, p. 43 ss.

274

«Sul versante delle pene - la spada della giustizia - il sistema mostra il suo volto oscuro, meno razionale e meno razionalizzabile. “Bisogni di sicurezza”, resi acuti dall’esplodere (o dalla mera percezione soggettiva) di questa o quest'altra emergenza criminale, troppo facilmente si traducono in bisogni di punizione, istintivi o sollecitati. In Italia, riforme “di parte speciale” nate sotto il segno dell'allarme sociale, e dell'esibizione di rigore di fronte a fenomeni criminali allarmanti, hanno ulteriormente accentuato la già draconiana severità del codice. In riforme (settoriali) di parte generale e del sistema penitenziario hanno invece prevalso istanze di umanizzazione e di prevenzione speciale. Gli esiti complessivi sono quanto mai ambigui: la "politica penale" appare contraddittoria, e non riesce a definire equilibri e criteri idonei. Il sistema sanzionatorio si rivela, allo stesso tempo, ineffettivo e di estrema severità», cfr. PULITANÒ D., La riforma del codice penale: un cammino possibile?, in La riforma del codie penale. La parte generale, Atti del Convegno di Pavia 10-12 maggio 2001, a cura di de Maglie C. e Seminara S., Giuffrè, 2002, p. 251; nello stesso senso cfr, anche, di recente CORBETTA S., Restituire credibilità all’apparato repressivo: se non ora, quando?, in Corr. mer., 2008, p. 269 ss. FLORA G., Verso un diritto penale del tipo d’autore?, in Riv. it. dir. proc. pen., 2008, p. 559 ss.

275

Da notare che tale soluzione tecnica è stata adottata anche nel c.d. «Corpus juris 2000», che costituisce un modello di Codice penale e di procedura penale, elaborato da un gruppo di esperti,

a pochi anni fa, in tutta la dottrina italiana, per la quale, al contrario, lo spazio tra le cornici edittali (il c.d. Spielraum nella dottrina tedesca), nel quale il giudice può, o meglio deve, operare, dovrebbe essere il più contenuto possibile onde evitare il rischio di un’eccessiva disparità di trattamento, dovuta all’ampia possibilità di scelta tra i livelli sanzionatori, affidata così al libero arbitrio dei singoli giudici, con la conseguenza inevitabile di vedere condannati due soggetti per il medesimo delitto, commesso in analoghe circostanze, a diverse sanzioni, o comunque per una durata assai differente.

Ma questa visione, forse eccessivamente legata ad un retaggio illuministico, preoccupata soprattutto di contenere eventuali abusi del potere giudiziario, sembra, in realtà, trascurare due aspetti fondamentali del procedimento di determinazione concreta della pena: la valutazione dell’autore e della sua personalità, che evidentemente non sarà mai identica ad un altro caso, seppur simile dal punto di vista oggettivo della gravità dell’offesa e della modalità

nell’ambito di uno studio promosso ad iniziativa della Commissione Europea, nella prospettiva della creazione di un diritto penale minimo europeo a tutela degli interessi finanziari della Comunità, alla luce degli esiti di un’amplissima ricerca comparativa, e pertanto particolarmente significativo, in quanto costituisce la sintesi delle esperienze dei diversi ordinamenti anche in materia di sanzioni. In questo, infatti, sia per le persone fisiche che per gli enti, si prevedono delle pene e misure accessorie, il cui importo o limite quantitativo è fissato solo nel massimo. Cfr., per una traduzione in lingua italiana dell’ultima versione dell’articolato, GRASSO G.- SICURELLA R. (a cura di), Il Corpus juris 2000: un modello di tutela penale dei beni giuridici comunitari, Giuffrè, 2003, p. 360 s. (cfr art. 14 in particolare). E’interessante inoltre leggere, tra i principi tradizionali, con i quali inizia il Corpus Juris il “Principio di proporzione delle pene”: «Le sanzioni penali irrogate per i reati previsti agli artt. 1-8 del Corpus Juris devono essere proporzionate, da un lato, alla gravità del fatto di reato, valutata con riferimento al bene giuridico tutelato ed al danno prodotto o all’esposizione a pericolo accertata; dall’altro, alla colpevolezza dell’agente ed alle circostanze relati ve alla sua persona».

dell’azione276; e la possibile esiguità del fatto in concreto, come ultimo stadio nella graduale scala di gravità dell’illecito277.

Come sottolineato di recente, del resto, la “cornice edittale” (der Strafrahmen) non costituisce un’entità ineliminabile del sistema penale tout court, in quanto la sua esistenza dipende da una scelta di tecnica legislativa, operata nell’ambito di un determinato ordinamento politico, giuridico e storico278.

Il fatto dunque che tradizionalmente il nostro sistema sanzionatorio, per la definizione in astratto della risposta punitiva, abbia generalmente fatto ricorso ai limiti massimi e minimi di pena, senza altro tipo di sperimentazioni, e senza che, salvo rare eccezioni, questa tecnica sia stata posta in discussione, appare forse più il frutto di una storica carenza, nel panorama

276

Cfr. in termini analoghi STILE A. M., Introduzione, op. cit., p. XXIV s., ove afferma che «arginare la discrezionalità è certamente necessario, ed oggi imprescindibile, ma ciò può avvenire con diverse modalità: restringerne gli spazi o incrementarne il vincolo alla legge e così la controllabilità. La prima possibilità, che si traduce innanzitutto nel ravvicinamento dei limiti edittali, porta inevitabilimente a trascurare proprio la persona (e la personalità) dell’autore a beneficio di esigenze generalpreventive. Opportunamente, a questo riguardo, il dibattito sulla riforma ha proposto con maggiore consapevolezza il quesito di quanto gli spazi edittali debbano lasciare anche alla valutazione del grado della colpevolezza ovvero alla considerazione del livello di socializzazione del reo. (...) I limiti edittali ravvicinati, d’altro canto, impongono inevitabilmente l’ingresso di un sistema di circostanze fondato sul catalogo di quelle comuni, con conseguente giudizio di prevalenza o equiva lenza: una sorta di ritorno all’originario codice Rocco, sia pure in un quadro di riferimento diverso quanto alle pene previste. Ma ciò non porta a quella semplificazione del sistema di commisurazione da tutti auspicato in vista di una individualizzazione seria, per la quale l’unica prospettiva è quella del processo bifasico».

277

Sulla possibilità di graduare la risposta punitiva attraverso l’utilizzo di sanzioni alternative al carcere, in una scala di afflittività proporzionata alle diverse misure della gra vità dell’illecito, cfr. § 1.3. di questo capitolo.

278

Vedi PONGILUPPI C., Le cornici edittali al banco di prova di un sistema sanzionatorio differenziato , cit., p. 954 (nt. 15), ove riporta il pensiero di DREHER E., Über Strafrahmen, in Festschrift für Hans- Juergen Bruns zum 70. Geburtstag, hrsg. von Frisch W., Heymann, 1978, p. 141, che afferma: «Strafrahmen sind kein Essentiale jeden Strafrechts, sondern ein rechtshistorisches Phänomen». E’ inoltre significativa, ai nostri fini, la presa di posizione dell’A. sull’inammissibilità di pene non determinate in astratto, come starebbe a dimostrare l’esempio del sistema del diritto penale nazionalsocialista, dove la pena applicabile per la singola fattispecie tipica poteva variare da una multa di tre marchi alla pena di morte, rendendosi così l'esistenza stessa delle cornici edittali affatto illusoria , considerata l'estrema disomogeneità di esperienza, cultura, e mentalità dei giudici e la pressoché completa assenza di mezzi di impugnazione delle sentenze di condanna. Tuttavia, l’A. non esclude la possibilità che si adotti una simile soluzione tecnica, poiché — come sottolineato da PONGILUPPI C., op. cit., loc. cit. — osserva «come soltanto uno Stato fondato su concezioni fondamentali omogenee, che disponga di giudici intelligenti ed esperti, e di adeguati mezzi di impugnazione contro decisioni contrarie ai principi basilari della commisurazione, potrebbe ''permettersi'' cornici edittali ampie, che evidentemente rappresentano nell'ottica dell'A. strumento prezioso quanto delicato e pericoloso». Condizioni, aggiungiamo noi, che dovrebbero in realtà sussistere in ciascun moderno stato di diritto. Cfr. DREHER E., Über die gerechte Strafe, cit., 76,

scientifico (solo) italiano, di una vera e propria elaborazione teorica sulle cornici edittali279, che una precisa e ponderata presa di posizione tecnico-normativa.

Il risultato più interessante che, a nostro avviso, potrebbe trarsi comminando solo i limiti massimi di pena, consisterebbe poi nell’eliminazione della categoria delle circostanze attenuanti, che rientrerebbero nella commisurazione giudiziale — come alcuni interpreti tra l’altro già ritengono che avvenga nell’attuale sistema280 — con la conseguente possibilità di

279

Così DONINI M., Il volto attuale dell’illecito penale, cit., p. 228, sebbene dia atto di alcuni studi che costituiscono un importante contributo per una sua realizzazione futura, analizzando i nessi tra fattispecie, commisuraizone della pena e concorso di reati. Tra questi perciò cita, PADOVANI T., La

disintegrazione attuale del sistema sanzionatorio, cit., p. 419 ss.; MELCHIONDA A., Le circostanze del

reato, cit., p. 330 ss., 394 ss.; PREZIOSI S., La fattispecie qualificata, cit., pp. 142-220 (cap. VI); BRICOLA F., La discrezionalità nel diritto penale. Nozione e aspetti costituzionali, cit., p. 157 ss., 190- 201; STILE A. M., Il giudizio di prevalenza o di equivalenza, cit., p. 54 ss., 80 ss. Una riflessione critica sulla carenza di approfondimenti scientifici sul problema delle cornici edittali è svolta da PADOVANI T., op. cit., p. 437: l'A. sottolinea come l'interesse della dottrina in materia sia «per lo più circoscritto alla mera rilevanza dogmatica che la cornice di pena presenta, soprattutto in riferimento alla sua commisurazione concreta». Severo su questo stesso aspetto anche FERRAJOLI L., Diritto e Ragione, teoria del garantismo penale, cit., p. 396, ove osserva come il problema della comminatoria edittale, «dopo aver impegnato e appassionato il dibattito illuministico, sembra scomparso dall’orizzonte teorico della cultura penalistica, a conferma del suo atteggiamento acriticamente contemplativo nei riguardi del diritto vigente». Particolarmente ricca, invece, è in proposito la letteratura tedesca, dove, non solo il riferimento alla funzione delle cornici edittali gode di un ampio spazio nelle riflessioni sulla commisurazione della pena (Strafzumessung), soprattutto se paragonato ai paralleli studi italiani, ma esistono alcuni lavori anche espressamente e specificamente dedicati all’argomento: tra i più recenti si vedano GÖTTING B., Gesetzliche Strafrahmen und Strafzumessungspraxis: eine empirische

Untersuchung anhand der Strafverfolgungsstatistik für die Jahre 1987 bis 1991, Lang, 1997; SCHOTT

T., Gesetzliche Strafrahmen und ihre tatrichterliche Handhabung: eine empirische Untersuchung zu Gesetzessystematik und Rechtstatsächlichkeit bei ausgewählten Deliktsbereichen , Nomos Verl.-Ges., 2004. I contributi classici sull’argomento, ma ancora fondamentali, sono di BRUNS H.J.,

Grundprobleme des Strafzumessungsrechts, in ZStW, 1982, p. 111 ss; ID., Das Recht der

Strafzumessung, 2. Aufl., Carl Heymmans V., 1985; DREHER E., Über die gerechte Strafe.

Theoretische Untersuchung für die deutsche strafrechtliche Praxis, Heidelberg, 1947; ID., Über

Strafrahmen, in Festschrift für Hans-Jürgen-Bruns, Köln-Berlin-Bonn-München, 1978, 141 ss.; HASSEMER W., Die rechtstheoretische Bedeutung des gesetzlichen Strafrahmens. Bemerkungen zu Radbruchs Lehre von den Ordnungsbegriffen, in Gedächtnisschrift für Gustav Radbruch: 21.11.1878 -

23.11.1949, hrsg. von Kaufmann A., Vandenhoeck & Ruprecht, 1968, p. 281 ss.; MONTENBRUCK A.,

Strafrahmen und Strafzumessung, Dunker & Humblot, 1983; ZIPF H., Die Strafzumessung. Eine

systemathische Darstellung für Strafrechtspraxis und Ausbildung, Müller, 1977; ALBRECHT H.J.,

Strafzumessung bei schwerer Kriminalität, Duncker & Humblot, 1994; FREUND G., Straftatbestand und Rechtsfolgebestimmung. Zur Bedeutung der gesetzlichen Regelungstechnik und der „harmonisierten“ Strafrahmen für die Strafzumessung, in Goltdammer's Archiv für Strafrecht, 1999, p. 509 ss.

280

Cfr., per quanto concerne le circostanze ad efficacia comune, DE VERO G., Circostanze del reato e commisurazione della pena, cit., p. 119 e passim.

abolire anche il giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p., istituto, come si è visto, tanto contrastato e problematico.

Da diverso tempo, d’altronde, una parte avveduta della dottrina, tenendo conto degli effetti deleteri che, più in generale, l’attuale normativa in materia di circostanze riverbera sulla tenuta di un sistema penale, già in crisi per una molteplicità di concause, ha rilevato come, in un’ottica de iure condendo, sia preferibile, in luogo di continui interventi di natura settoriale e frammentaria (come ad esempio è avvenuto per la disciplina delle circostanze attenuanti generiche), un più deciso intervento “abolizionista” volto ad eliminare definitivamente l’istituto delle “circostanze proprie” del reato281. A parere di Giuliano Vassalli, a ben vedere, «le circostanze attenuanti ed aggravanti come istituto fondamentale del codice non [dovrebbero] esistere e soprattutto non [dovrebbero] essere ammesse ad operare sull’intero sistema»282. In particolare, secondo questo orientamento, da un lato, si dovrebbero commutare le circostanze “proprie” ad efficacia comune, ossia quelle ad efficacia meramente frazionaria, in circostanze “improprie”, come criteri qualificati di commisurazione intraedittale della pena, come in realtà già in nuce contenuti in quelli più ampi previsti nell’art. 133 c.p. Dall’altro, si dovrebbero trasformare le circostanze aggravanti ad efficacia speciale, ovvero quelle c.d. indipendenti ed autonome, in veri e propri titoli di reato differenziati. Il legislatore, quindi, dovrebbe operare su due piani distinti, ma tra loro complementari: sotto un primo profilo, dovrebbe degradare le circostanze in senso tecnico a meri criteri nominati di commisurazione giudiziale della pena, con efficacia rigorosamente intraedittale, sulla falsariga delle Strafzumessungsgründe del §46 StGB283; sotto altro profilo, dovrebbe considerare sempre (anziché circostanze ad efficacia speciale) elementi costitutivi di autonome norme

281

In favore di una opzione “abolizionista” in materia di circostanze si è espresso chiaramente, MOCCIA S., Considerazioni sul sistema sanzionatorio nel progetto preliminare di un nuovo codice penale, in La riforma della parte generale del codice penale. La posizione della dottrina sul Progetto Grosso, a cura di Stile, Jovene, 2003, p. 471; osservazioni sostanzialmente analoghe so no formulate in una prospettiva de lege ferenda, da MANNA A., voce Circostanze, cit., p. 15; VALLINI A., voce

Circostanze, cit., p. 51. Propendono solo parzialmente per tale soluzione, DE VERO G., Circostanze del

reato e commisurazione della pena, cit., p. 231 e , FIANDACA G. - MUSCO E., Diritto penale. Parte

generale, cit., p. 375. Di diverso avviso è MELCHIONDA A., Le circostanze del reato, cit., p. 777.

282

VASSALLI G., Sulla disciplina delle circostanze del reato, in La riforma della parte generale del codice penale. La posizione della dottrina sul Progetto Grosso , cit., p. 401.

283

Per una completa indagine comparatistica in materia di circostanze seppure non più attuale, viste le modifiche che ha subito soprattutto il sistema spagnolo, si rinvia a MELCHIONDA A., Le circostanze del reato, cit., p. 315 ss.; con specifico riferimento al sistema penale tedesco cfr. PREZIOSI S., La fattispecie qualificata, cit., p. 59 ss.

incriminatrici (di norme, vale a dire, dotate di una propria ed adeguata forbice sanzionatoria), tutti quei requisiti ulteriori rispetto alla fattispecie base, in relazione ai quali si avverte l’esigenza di commisurare, già a livello normativo, una reazione punitiva differenziata in melius o in peius.

Le circostanze, in tal modo, a ben vedere, non scomparirebbero del tutto, determinando la irragionevole eliminazione della possibilità, costituzionalmente imposta dall’art. 27, comma 3, Cost., di individualizzare al meglio la risposta punitiva nei confronti dell'autore del reato, ma cambierebbero solamente natura giuridica. In ogni caso secondo il corretto avviso di questi Autori, una soluzione di questo genere (sebbene sia in fondo meno drastica di quanto possa sembrare prima facie), proprio per il suo “alto impatto” sul sistema penale, non potrebbe essere adottata isolatamente; ma dovrebbe, al contrario, essere varata all’interno di una organica e razionale riforma dell’intero apparato sanzionatorio. Essa, invero, come è stato ben rilevato, presupporrebbe, contestualmente, «un’accurata tipicizzazione delle fattispecie, una ragionevole definizione dei loro limiti edittali ed un funzionale meccanismo generale di commisurazione orientato a scopi e valori costituzionali»284. La sua attuazione, cioè, sarebbe possibile solo in combinato disposto con una ponderata e proporzionata (ri)calibratura delle cornici di pena dei singoli reati, vera causa, queste ultime, per il loro eccessivo rigore repressivo, della sopravvalutazione, nell’economia del sistema attuale, dell’istituto delle circostanze285.

A sostegno di questa opzione politico-criminale sono, peraltro, addotte molteplici e comprensibili ragioni. In primo luogo, si osserva che l’eliminazione delle circostanze, soprattutto quelle attenuanti, consentirebbe il recupero delle istanze di certezza della pena, la semplificazione del sistema sanzionatorio ormai “collassato”286 ed il rafforzamento della perduta funzione general-preventiva positiva delle norme incriminatrici. Oggi, difatti, come si è visto, a causa dell’efficacia extra-edittale delle circostanze, si assiste ad un fenomeno di palese “falsificazione” delle cornici edittali e, dunque, dei giudizi politico-criminali di

284

Così, MOCCIA S., Considerazioni sul sistema sanzionatorio, cit., p. 472.

285

Sul punto si rinvia, per tutti, a PREZIOSI S., La fattispecie qualificata, cit., p. 1 ss.

286

Ben evidenziato il patologico stato di "disintegrazione" e di perdita di effettività del nostro sistema sanzionatorio, PADOVANI T., La disintegrazione attuale del sistema sanzionatorio e le prospettive di

riforma: il problema della comminatoria edittale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1992, p. 423 ss.; GIUNTA

F., L'effettività della pena nell'epoca del dissolvimento sanzionatorio , ivi, 1998, p. 414 ss.; MARINUCCI G., Il sistema sanzionatorio tra collasso e prospettive di riforma, ivi, 2000, p. 160 ss.

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