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Da status soggettivo sintomo di maggiore colpevolezza o pericolosità a strumento di politica criminale di controllo sociale e sicurezza: la riforma italiana del 2005 e quella

IL RUOLO DELLA RECIDIVA NELLA DETERMINAZIONE DELLA RISPOSTA SANZIONATORIA

1. La recidiva come circostanza aggravante del disvalore del reato nel sistema italiano.

1.2. Da status soggettivo sintomo di maggiore colpevolezza o pericolosità a strumento di politica criminale di controllo sociale e sicurezza: la riforma italiana del 2005 e quella

spagnola del 2003.

La stessa logica di prevenzione generale e di contenimento del maggior allarme sociale suscitato dalla delinquenza persistente, che ha ispirato la riforma italiana della legge c.d. ex Cirielli del 2005, si è registrata anche nella recente riforma penale adottata in Spagna nel 2003, con la quale vi è stata una parziale inversione di rotta rispetto alle scelte liberali effettuate con il codice del 1995.

Dopo che, nel 1983 è stata soppressa la recidiva reiterata, il codice penale del 1995 aveva eliminato anche la recidiva generica: a norma dell’art. 22, comma 8 c.p., infatti, la circostanza della reincidencia può aversi soltanto quando, dopo una prima condanna definitiva per delitto, «venga commesso un delitto compreso nello stesso titolo del codice, sempre che sia della stessa natura». Inoltre, la norma citata esclude che si tenga conto dei precedenti penali che sono stati o dovrebbero essere cancellati: e la cancellazione dei precedenti, alla luce dell'art. 136 c.p., avviene (o può avvenire) al massimo - quando sia stata inflitta una "pena

grave" - dopo che siano decorsi cinque anni dall'estinzione della pena, senza che siano stati commessi nuovi delitti412.

Anche in Spagna, però, sebbene il codice penale sia entrato in vigore solo nel 1995, la disciplina e il ruolo della recidiva nel trattamento sanzionatorio sono nuovamente mutati, al mutare del governo in carica e delle nuove ideologie politico-criminali413

. Così nel 2003, con la Legge Organica del 29 settembre, sono stati reintrodotti due strumenti repressivi, che sembravano ormai abrogati definitivamente dalla LO n. 8 del 1983: la recidiva reiterata (multirreincidencia) e la conversione delle “contravvenzioni” (faltas) in delitti414

. La legge del 2003, d’altronde, come si legge nell’Esposizione dei motivi, aveva l’obiettivo di introdurre delle misure per contrastare la delinquenza abituale per i delitti comuni, al fine di assicurare una maggiore sicurezza nelle città, di scoraggiare la violenza domestica e di assicurare una maggiore integrazione degli immigrati.

Nell’art. 66, comma 5 c.p. è perciò oggi prevista una recidiva reiterata specifica e discrezionale415

, che consente al giudice di fissare la pena al livello maggiore previsto per il reato considerato, nel caso questo sia stato commesso da un recidivo reiterato, condannato per

412

Per un commento all’art. 22, comma 8 c.p. cfr. PRATS CANUT J.M., sub art. 22, in QUINTERO OLIVARES G. (director), Commentarios al Nuevo Còdigo penal, Aranzadi, Pampelune, 4ª edictiòn, 2005, p. 267 ss., che sottolinea come anche nella letteratura spagnola non sia possibile rintracciare un fondamento politico-criminale sufficientemente chiaro per questa circostanza aggravante, essendo la dottrina spagnola altrettanto divisa, come in Italia, tra coloro i quali sostengono la maggiore pericolosità di questi autori, e coloro i quali invece ne avvertono la maggiore colpevolezza.

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Per un’analisi approfondita di questa riforma, del suo iter parlamentare e delle opzioni politico- criminali che si possono apprestare per offrire una risposta punitiva efficace contro la recidiva , diverse dall’aumento di pena, si veda, nella letteratura spagnola, AGUADO LÓPEZ S., La multirreincidencia y la conversión de faltas en delito: problemas costitucionales y alternativas político-criminales , Iustel, 2008, passim.

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Negli artt. 147.1. (lesioni), 234 (furto) e 244.1 (sottrazione di veicoli a motore), è stabilito che le pene previste per questi delitti si applicheranno anche a chi abbia commesso nell’arco di un anno quattro volte azioni che costituiscono faltas, che verrano così automaticamente convertiti in delitti. Queste previsioni, così come la circostanza aggravante della multirreincidenci a, secondo AGUADO LÓPEZ S., La multirreincidencia y la conversión de faltas en delito, cit, pongono notevoli problemi di costituzionalità sotto il profilo del principio di proporzionalità, colpevolezza, eguaglianza e presunzione di innocenza.

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Nella norma, infatti, nel rispetto del principio d’individualizzazione della pena, si usa il verbo podràn, e si dettano dei criteri che il giudice eventualmente può prendere in considerazione anche per negare la sussistenza di questa aggravante: “las condenas precedentes”, che dovranno comunque essere della medesima indole, oltre che essere previste nel medesimo titolo del c.p.; e la “ gravidad del nuevo delito cometido”. Così disegnata si tratta perciò di una circostanza discrezionale come quella della recidiva reiterata prevista nell’art. 99, comma 4 c.p. italiano.

almeno tre delitti compresi nel medesimo titolo del codice, e sempre che siano della stessa natura.

La reitroduzione della recidiva reiterata nell’ordinamento spagnolo, sebbene non preveda tutti gli effetti sanzionatori repressivi collegati invece nel nostro ordinameno all’art. 99, coma 4 c.p., sembra essere comunque ispirata dalla stessa logica e dalla convinzione, che l’unico strumento efficace per contrastare la criminalità abituale o professionale sia l’aggrvamento della pena prevista invece per il delinquente primario, con un approccio perciò sempre basato su una differenziazione della risposta punitiva in temrini quantitativi e non qualitativi, sebbene non vi siano riscontri positivi in termini di efficacia preventiva della delinquenza per tendenza a seguito dell’adozione di questa strategia.

Le politiche criminali perseguite sia in Spagna che in Italia negli ultimi anni contro la recidiva (ma l’osservazione può estendersi anche alla Francia, cfr. § 2.4, capitolo primo) sembrerebbero, perciò, a parere di parte della dottrina, dei tipici esempi di politica c.d. di “tolleranza zero”, o di “law & order”, consistente nella predisposizione di sistemi di controllo di fasce della popolazione ritenute pericolose, che sembra riproporre, seppure con tecniche diverse, le logiche della difesa sociale e della incapacitazione, a scapito del rispetto delle garanzie costituzionali416

.

In relazione a questa svolta repressiva nei confronti della criminalità recidiva si è infatti addirittura parlato di un “diritto penale del nemico”, di cui oggi tanto si discute a proposito dei limiti di legittimità delle strategie poste in essere contro i terroristi, trattati appunto come nemici politici, e che dunque, in tal caso, sarebbero invece individuati nei recidivi.

Tuttavia, noi riteniamo più corretta l’analisi di altra autorevole parte della dottrina, seppur al momento minoritaria, che, al contrario, sostiene che l’«asserito diritto penale del nemico» vada innanzitutto «depurato dalle ipotesi legislative, che non presentano alcuna “inimicizia”» proprio come il «diritto penale della recidiva e del connesso inasprimento sanzionatorio, i quali, pur se orientati all'autore, non reificano il recidivo a nemico meramente

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Sulla riforma italiana, cfr. in questo senso, tra gli altri, RESTA F., Nemici e criminali. Le logiche del controllo, in Ind. pen., 2006, p. 181 ss., in particolare p. 186, nt. 17. Per la riforma spagnola cfr. MUÑOZ CONDE F., Las reformas de la parte especial del derecho penal espagñol en el 2003: de la «tolerancia cero» al «derecho penal del enemigo», in Studi in onore di Giorgio Marinucci, a cura di Dolcini E. e Paliero E., v. II, Giuffrè, 2006, p. 2531 ss.; DÍEZ RIPOLLÉS J. L., The “law and order” approach in Spanish criminal justice policy, in Reidp, 2007.

neutralizzabile: a) perché, innanzitutto, la recidiva trova il suo pur discusso fondamento nella moderna funzione anche specialpreventiva della pena, vertendo oggi la discussione soprattutto se consentire aumenti di pena sovraedittali o mantenerli nei limiti edittali secondo il postulato della colpevolezza come limite superiore della pena; b) perché, in linea di principio, anche il recidivo gode delle garanzie sostanziali e giurisdizionali del non recidivo e la pena, pur se aumentata, presenta il carattere non meramente neutralizzatore, ma anche dialogico- risocializzativo della pena in genere; c) perché, pertanto, anche il diritto penale della recidiva, pur se orientato verso l'autore, non può dirsi perciò solo un diritto penale del nemico, salvo verificarne gli specifici contenuti nelle singole legislazioni nazionali (quali quelli della legge italiana del 2005, criticata specie per quanto riguarda particolarmente il severo trattamento per i recidivi reiterati, provvedendo però la prassi giudiziale, attraverso la consueta non contestazione della recidiva, a vanificarlo)»417

.

1.3. L’influenza delle leggi americane dei “three strikes and you are out” sui sistemi

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