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Conoscere Porta Ticinese Gasparini Eleonora

1.1 Linguaggio degli spazi

Per potersi orientare nel territorio, l’uomo è sempre partito da se stesso: ha prima acquisito confidenza col suo corpo e ha definito la propria posizione nello spazio. Solo dopo questo processo ha cominciato a “semiotizzare” il territorio in cui vive, imponendogli un nome e costruendo elementi artificiali che diventano segni.

Dando un nome a ciò che ci circonda, descriviamo oggetti e luoghi che acquistano esistenza ed escono dall’anonimato. Il linguaggio quindi rende possibile la semantiz- zazione e la semiotizzazione dello spazio, che permette di esprimere anche le differ- enti relazioni spaziali e temporali.

Costruendo entità fisiche sul territorio e nominandolo, l’uomo lo personalizza, crea confini esterni e interni e luoghi; il territorio diventa quindi espressione dell’identità di una comunità e dei suoi valori.

Ma per definire gli spazi l’uomo deve appunto partire da se stesso, dalla sua posizione e dal suo corpo. Solo in questo modo può cominciare a costruire spazi, che acquistano senso solo la relazione reciproca con il soggetto. Lo spazio quindi si percepisce e di conseguenza si agisce; può diventare un testo che è un agglomerato di cose ed esseri che assumono ruoli attanziali.

Tutti gli elementi del testo spaziale sono la relazione reciproca e costituiscono una sola forma sociale.

Gli oggetti rivestono allora un ruolo attanziale, come in una narrazione, e arrivano a sostituire alcuni compiti dell’uomo (come l’ascensore che sale al posto nostro). Non solo gli oggetti possono svolgere ruoli attanziali: anche i luoghi possono farlo. Lo spazio può essere un Destinante o un Destinatario, un Adiuvante come una porta ap- erta o un Opponente come un muro che ci blocca il cammino. (cfr. Eleonora Fiorani, 2006).

1.2 Gli spazi della città e la società

Si è detto in precedenza che l’uomo personalizza il territorio costruendo elementi artificiali e nominandolo, usando il linguaggio. È attraverso di esso che si possono esprimere relazioni spaziali e temporali e ci si orienta.

Oggi la metropoli trova rappresentazione nel linguaggio, diventa un corpo semiotico, sempre più invasa dalla moltiplicazione di linguaggi verbali, visivi e sonori che ne ren- dono difficile la decifrazione.

La metropoli è diventata una stratificazioni di stili, di elementi storici, di comunità dif- ferenti che vi abitano. È diventata un corpo discontinuo, in cui i non luoghi o luoghi anonimi crescono e a cui bisogna prestare attenzione perché protagonisti di processi di “risignificazione”.

Nella città contemporanea le forme sociali abitano nelle forme fisiche; sono in relazi- one reciproca, in cui è la dinamica della città che tende ad adeguare spazi e società. L’architettura stessa della città articola la popolazione e le sue attività; queste arti- colazioni mutano nel tempo e fanno mutare anche la geografia metropolitana. Nonostante questo, però, le attività non si spostano e rimangono separate in deter- minati luoghi e la permeabilità sociale non aumenta. Per poter spiegare questa dis- tribuzione delle città, alcune ricerche hanno fatto ricorso a modelli economici e gravi- tazionali che non riescono però a dare un’immagine reale della città.

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Questi modelli ritraggono la metropoli come un centro polarizzante e denso; la città contemporanea invece va considerata come un insieme di microrealtà differenti, et- erogenee spazialmente e socialmente, un universo di periferie senza centro.

La città non è più solo un luogo in cui si concentrano funzioni e forme, ma in cui c’è il tessuto dei rapporti sociali; la città è diventata una struttura comunicativa, con una strutturazione a strati della popolazione e del territorio.

Per questi motivi, i vari gruppi sociali che si insediano sul territorio hanno trasformato la metropoli in un’entità che sfugge alle forme classiche degli insediamenti (lineare come la strada, a grappolo come i rioni). Diventa sempre più difficile identificarsi e si creano problemi di integrazione sociale: negli spazi urbani si possono trovare forme di esclusione o inclusione che regolano contributi esterni che marcano, rinnovano o alterano la composizione di un gruppo sociale.

Nel suo processo di crescita, la città si costruisce partendo da se stessa; quando le forme vecchie perdono senso, sono sostituite da quelle nuove, che ne sono co- munque influenzate.

Analizzando la forma della città si cerca, però, di afferrare i princìpi generatori che possono funzionare da princìpi regolatori nella crescita della città (linee di sviluppo, soglie di crescita) (cfr. Pierre Pellegrino, Emmanuelle P. Jeannaret, 2006).

1.3 Analisi di modelli urbanistici

La grande domanda che ci si pone oggi sulle grandi città contemporanee è su quali forme agire per controllare la crescita urbana e risolvere i problemi dell’agglomerazione. Al- cuni modelli urbani sono stati analizzati e ognuno offre un nuovo schema sociale ed economico; traccia una geografia dei confini e delle reti che sono in relazione con la geografia della costruzione.

Fin dal Rinascimento è stato posto il problema della città e della sua articolazione sul territorio.

- Per Alberti la città è una grande casa e la casa una piccola città; la città era quindi una struttura chiusa che chiude la campagna all’esterno.

- Palladio sosteneva che la città si fonda su assi che la aprono all’esterno e che la fondono con la campagna; l’edificio è il frammento che compone la città. La sostanza e la forma sono legate da gerarchie tra persone che si traducono in gerarchie tra spazi.

- Con lo sviluppo, la città va oltre la cinta e nasce il sobborgo; si cominciano a creare nuovi modelli.

Con lo sviluppo delle città si distruggono le fortificazioni e i confini e con l’aumento delle dimensioni della città, quest’ultima non può più essere vista come casa.

A questo si aggiunge il bisogno di case, che ne fa costruire molte tutte in serie. Per Le Corbusier alla base della progettazione della città c’è la classificazione. Le varie attività della città vengono suddivise per categorie e la città viene suddivisa in maglie e zone in cui risiedono le varie attività.

- Wright mette al centro l’uomo e la sua identità. Le attività si decentrano e si organizzano su una rete territoriale nazionale.

- Il centro è ovunque e ogni edificio è singolare (cfr. Pierre Pellegrino, Emma- nuelle P. Jeannaret, 2006).

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1.4 Semiotica degli spazi urbani

Nelle metropoli contemporanee possiamo trovare forme stabili che richiedono poche energie per essere mantenute e forme più vulnerabili, che richiedono un dispendio di energia che alla lunga porterà queste forme a sparire.

Questo equilibrio contraddittorio tra strutture di permanenza e strutture fragili è la caratteristica della nostra società, che è il prodotto di differenti tipi di gruppi sociali che plasmano forme spaziali a loro rappresentazione.

La semiotica dello spazio lavora su queste forme artificiali date alla realtà materiale che ci circonda.

Lavora su forme di localizzazione, di orientamento, di distribuzione, di inclusione ed esclusione che danno una misura ai fatti e ai gesti umani (ampiezza, distanza..). Come si può distinguere un oggetto urbano esistente e strutturato da uno giustap- posto?

Come si compongono, come si disfano uno dell’altro? Queste sono tutte questioni di cui si occupa la semiotica dello spazio.

Per rispondere a queste domande, la semiotica trova il significato di certi oggetti ur- bani nell’azione che li ha costruiti.

Siccome l’azione la possiamo ritrovare negli strumenti che si usano per costruire, la semiotica studierà questi strumenti che producono il nostro mondo artificiale ma do- tato di senso.

Per analizzare la generazione degli oggetti nella città e il loro rapporto reciproco oc- corre seguire tre passi:

1. Osservare la generazione dell’enunciato urbano: la città può essere parago- nata a un enunciato, le cui espansioni e contrazioni spaziali sono come le espansioni di una frase grammaticale; se si gioca con queste articolazioni, si può passare rapi- damente a una espansione della frase e arrivare a un discorso, paragonandolo così all’espansione urbana. Con quest’espansione le forme di base mutano e si gerarchiz- zano.

2. Città come oggetto di interpretazione: le forme urbane sono sempre enunciati che possono essere interpretati in serie; la città diventa quindi un testo che raccoglie i vari enunciati (le diverse forme urbane) e si possono distinguere diversi enunciati: l’enunciato di Stato e gli enunciati del fare (produrre Stati).

3. Città come attore dell’enunciato.

4. L’argomento della semiotica urbana è la creazione di uno spazio artificiale (la città) contrapposto a uno naturale dato. La città genera continuamente nuove strut- ture e testi che si basano su una “lingua” (cfr. Pierre Pellegrino, Emmanuelle P. Jean- naret, 2006).

1.5 Città frammentate

Cercando di dare un ritratto più completo possibile delle metropoli contemporanee si può dire che la città è sempre più il risultato di una stratificazione di costruzioni dei vari gruppi sociali che vi abitano.

La città è una struttura comunicativa e sociale, che tesse la rete di relazioni sociali, su

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varia scala, che la compongono e la formano.

La città postmoderna è quindi un collage di mondi differenti, di diversi linguaggi che convivono, che hanno le loro ragioni ma per cui non sempre è facile collaborare. Si crea lo scontro tra la città del passato che rifiuta il futuro e lotta per la tradizione e la città moderna e consumista.

In questo caos alcuni pezzi di città resistono e si assiste a una loro risignificazione: si tratta di quei non luoghi di cui la società si riappropria e li trasforma in spazi di identità collettiva e ricchezza comunitaria. Il locale diventa di nuovo lo spazio della socialità e dell’agire condiviso (cfr. Eleonora Fiorani, 2006).

1.6 La metropoli tecnologica

In questo processo di frammentazione e trasformazione della metropoli hanno dato il loro contributo anche i media. La città è diventata una metropoli informatica, che corre sulle reti, in cui mezzi materiali e immateriali si fondono. La città è una città-rete: senza centro, non si localizza in nessun punto dello spazio, è un agglomerazione dif- fusa di più unità urbane. Il corpo diffuso della collettività in movimento.

Nella città-rete abbiamo più centri, una città orizzontale in cui troviamo i resti della città industriale che sfioriscono e si trasformano, a fianco delle nuove forme che non hanno nessun riferimento al locale.

La trasformazione riguarda anche gli spazi interni, quelli dell’intimità e non solo quelli pubblici. L’uso del web ha cambiato il nostro modo di pensare gli spazi; l’artificiale, infatti, tende ad avere superfici continue, interattive, rendendo la realtà globale e interattiva.

Si hanno edifici con facciate mutevoli, schermi cinematografici che cambiano fisio- nomia come si cambia il look. Gli edifici si fanno portatori del pensiero moderno, che ha fatto di trasparenza e traslucidità le sue parole chiave. Strutture in cui le funzioni si dispiegano e non ci sono segreti, spazi seduttivi che diventano effigi di una realtà sfaccettata.

Un esempio sono i Media Buildings, che comunicano informazioni a una società della comunicazione. Sono destinati a diffondersi in tutto il mondo; la presenza sempre più forte di schermi e immagini crea spazi senza storia e memoria, in cui texture e super- fici creano un’estetica dell’immateriale che lavora su interfacce.

Tutto è volto alla trasmissione di informazioni tramite immagini, che sono rapide ed economiche; il tempo reale è il principio guida della progettualità.

Anche il concetto “trovarsi in un luogo” con le nuove tecnologie ha cambiato senso e significato (cfr. Eleonora Fiorani, 2005).

1.7 I nuovi luoghi del consumo

Oggi la cultura dominante è quella del consumo: è presente dovunque sul territorio, ha conquistato tutti gli spazi pubblici e della metropoli che sono stati trasformati in centri commerciali a cielo aperto. Tutto ciò avviene perché le merci hanno bisogno di un surplus si immagine per essere visibili e di molti luoghi in cui essere presenti. I cen- tri commerciali attuali sono multifunzionali, fungono da villaggio globale e da realtà autosufficienti.

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sono luoghi di identità nomadi.

I nuovi centri commerciali danno forma ai desideri, entrano nei vissuti fabbricando storie da vivere, prestabilendo percorsi, elaborando un immaginario che anticipa le aspirazioni delle persone.

Anche l’attuale progettazione di parchi partecipa a questa realtà: sono i parchi a tema, che si presentano come spazi del sogno che non deve essere disturbato. Questi spazi ricreativi rappresentano una specie di zona incantata, dove il tempo normale della vita è sospeso. Hanno successo perché sono spazi di divertimento e di svago che distraggono dalla realtà, quasi fossero mondi paralleli.

Dunque, gli attuali luoghi del consumo che sono “non luoghi” non possono essere considerati senza identità o non comunitari. Non sono storici ma sono già entrati nella storia del consumo, degli stili di vita e dell’estetica dell’architettura e del design. Sono spazi di intrattenimento e simulazione, fuori dal tempo e dallo spazio metropolitano. I nuovi luoghi del consumo prendono a modello l’archetipo dei luoghi dello spetta- colo, in cui si concretizza il tempo della festa.

La città che più di tutte incarna questa visione della spettacolarità dei luoghi è Las Vegas: da qui è partito il Glitz, lo stile architettonico che dalle luminarie di Las Vegas è dilagato in America e oltre a partire dagli anni ottanta.

Tokio esibisce un processo di dis-identificazione e sradicamento rispetto alla propria storia e memoria in una specie di esodo o allontanamento.

La tendenza a costruire luoghi “finti” toglie loro il peso della storia, li sottrae al vis- suto e al quotidiano e ne fa una scenografia, trasformando gli abitanti in spettatori di emozioni ed eventi (cfr. Eleonora Fiorani, 2005).

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Una città è una grande comunità in cui la gente è solita-ria assieme. Herbert Prochnow

La metropoli contemporanea può essere anche definita una “nicchia urbana”: nicchia come gli habitat naturali di ogni specie vivente, che in quel dato ambiente trovano le condizioni ideali per vivere e riprodursi.

La città è dunque l’habitat “naturale” verso cui tutti gli uomini tendono, che hanno inventato e all’interno della quale continuano a esistere e svilupparsi.

Ma la città è rimasta immutata nel tempo e nello spazio?

Osservando la situazione delle metropoli odierne si possono osservare grandi mutamenti: non più città compatte ma frammentate sul territorio; non più funzioni concentrate ma dis- perse sul territorio in poli funzionali.

Le metropoli contemporanee hanno cercato di combattere i proprio difetti (gigantismo, ag- glomerazione) attingendo a forme del vivere quasi opposte: la comunità.

Ne risulta una metropoli diffusa, in cui la popolazione vive dispersa e che riallaccia relazioni affettive tipiche della comunità, pur condividendo esperienze metropolitane.

Una metropoli – comunità che cerca di cancellare o almeno mitigare i proprio difetti, fonden- dosi in un nuovo tipo di spazio urbano.

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