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Conoscere Porta Ticinese Gasparini Eleonora

4.1. Vetrine, oggetti sociali

Le vetrine sono nate con il commercio moderno, per rafforzare l’attività di promozi- one della merce; ben presto le vetrine sono diventate “segno dei tempi”: un segno molto evidente, dato che la loro presenza ha ridisegnato l’aspetto della città. Basti pensare alle gallerie, ai passages, ai boulevard: tutti elementi urbani che senza le ve- trine non avrebbero avuto senso di esistere.

Da oggetti utili al lavoro, le vetrine si sono trasformate in oggetti sociali, apportando trasformazioni notevoli nella vita quotidiana. Innanzitutto, le vetrine hanno fatto ve- nir meno il rapporto tra cliente e venditore che diventa una figura superflua. Le relazi- oni che “spersonalizzano” come conseguenza della “spersonalizzazione” provocata dalle vetrine.

In secondo luogo, le vetrine hanno assunto il ruolo di “palcoscenici” del consumo, creando visioni così forti da dare inizio alla civiltà dell’immagine e dell’ostentazione. La loro influenza è così forte da avere invaso ogni aspetto della vita, che è diventata “spettacolarizzata” sempre più, in seguito a una “vetrinizzazione sociale” che ci ha portati a cambiare la percezione del nostro corpo, della nostra vita privata e delle nostre città.

Vita e mondo diventano merce esposta che lascia l’uomo sempre più solo e alienato, di fronte alla merce in vendita (Francesco Mangiapane 2008).

4.2 Le vetrine e la disposizione dei passanti

Partendo dalla parola “vetrina” possiamo innanzitutto capire che il termine riman- da al materiale di cui sono fatte queste ultime, ossia il vetro. Differentemente da un muro, che separa degli spazi e agisce come frontiera, un elemento in vetro lascia pas- sare i raggi solari ma ripara dagli agenti atmosferici, permette di essere in comunicazi- one visiva con quello che ci circonda ma non ci permette di esserne in contatto fisico. È un processo di interdizione selettiva, che può innescare nell’osservatore sentimenti di promessa, minaccia, persuasione o dissuasione in relazione al valore o disvalore che si attribuisce all’oggetto in vetrina.

Di fronte alla vetrina di un orefice che mostra un gioiello desiderato, si possono in- nescare sentimenti che “promettono” che la congiunzione visiva con il gioiello diven- terà anche fisica; possono anche innescarsi sentimenti di dissuasione dall’acquisto, nel caso di un costo troppo elevato.

La vetrina può essere considerata come spazio che agisce e quindi si può dire che anche lo spazio è un linguaggio.

Ogni azione che scaturisce dalla vetrina (promessa o minaccia) ha un impatto sociale. Partendo dalla disposizione passionale dei passanti con l’ambiente che li circonda, Jean-Marie Floch (1990, pp. 59-88) li ha classificati in sonnambuli, viaggiatori che non sono sensibili all’ambiente circostante e preferiscono continuare il percorso; esplora- tori, che investono il loro tempo ad indagare lo spazio che attraversano; bighelloni, che si lasciano catturare dagli elementi attrattivi dell’ambiente; professionisti, che in- dividuano ogni scorciatoia che riduca al minimo il numero di elementi di discontinuità.

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4.3 Classificazione e conseguenze

Ad essere classificabili però non sono solamente osservatori o osservati, ma le ve- trine stesse. Seguendo Claude Zilbeberg, sappiamo che soglia e limite sono in rap- porto logico tra loro, infatti è possibile graduare una soglia fino a farla diventare un limite e viceversa.

Le vetrine non sono altro che dispositivi in cui questi concetti sono ampiamente utiliz- zati, in quanto sono luoghi che mediano l’interno con l’esterno, che legano il negozio alla strada cui appartiene.

Ci sono quindi negozi che cercano di ridurre la demarcazione tra interno ed esterno il più possibile, facendo funzionare la vetrina (o l’intero negozio) come soglia, mentre altri (come le banche) sottolineano questa demarcazione fino a farla diventare un limite.

In generale possiamo dire che il rapporto soglia-limite varia in funzione della valoriz- zazione profonda del negozio: a seconda che si voglia evidenziare l’accessibilità o l’esclusività si propenderà alle soglie o ai limiti (Zilbeberg 1993).

Ana Claudia De Oliveira cerca di classificare le vetrine in base all’uso che fanno dello spazio, secondo un criterio sintattico. Distingue tra quattro tipi di dispositivi distinti di mediazione: la vetrina può essere un elemento di separazione, incrocio, annulla- mento, invasione dello spazio esterno.

Avremo la separazione quando la soglia della vetrina tenderà a trasformarsi in un lim- ite, distaccando nettamente interno ed esterno del punto vendita.

Si avrà incrocio quando la vetrina è concepita come luogo di dialogo tra gli spazi del negozio e gli spazi della strada, tornando al ruolo fondamentale di mediazione tra interno ed esterno al ruolo fondamentale di soglia.

L’annullamento si ha quando viene messa in crisi la separazione tra interno ed ester- no, in favore di uno dei due. Molto spesso i punti vendita tentano di annullare questa distinzione, cercando di sottolineare la continuità tra la strada che li ospita e annul- landosi come spazio privato.

L’invasione si ha quando i negozi si allargano e invadono la strada, varcando la soglia che li divide dall’esterno (De Oliveira 1997).

Passeggiando per Corso di Porta Ticinese a Milano possiamo notare che tutta la stra- da è caratterizzata dalla presenza di negozi di vario genere, essendo la zona molto vicina al centro della città.

La maggior parte delle vetrine presenta caratteri di separazione o incrocio, caratteriz- zando la strada in modo che i passanti si fermino a osservare e non si sentano esclusi dall’esperienza dello shopping.

Solo alcuni negozi mediano tra l’interno del negozio e l’esterno, cercando di connet- tere le due realtà.

Quasi tutti gli spazi commerciali mantengono però la separazione tra interno ed es- terno, rendendo evidente il limite rispetto alla soglia.

Osservando queste strade si può vedere chiaramente ciò che la De Oliveira avevano notato a Parigi in Rue de Montparnasse: le strade hanno una loro sintassi, un loro ritmo, che sono alla base di un senso comune della strada; i negozi infatti costruis- cono la loro identità anche a partire dalla loro posizione nella strada e nella relazione con gli altri punti vendita.

Questa relazione funzionerà come un vero e proprio linguaggio, in grado di parlare

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di altro da sé.

4.4 Estetica e funzionalità

La classificazione delle vetrine è una conseguenza del fatto che sono soprattutto strumenti di comunicazione visiva: la connessione visiva può avvenire entro un’area abbastanza ampia rispetto a quella fisica. La lastra di vetro segna la frontiera tra den- tro e fuori; è un oggetto semiotico che mette in relazione i soggetti e per questo non si può sapere il momento preciso in cui la vetrina comincerà a esercitare il suo potere sui passanti.

Quando però il contatto viene stabilito, bisognerà tenere conto del fatto che l’aspetto della vetrina è “puntuale”. La vetrina viene allestita per un apprendimento istanta- neo su tre livelli: sul tipo di negozio, sull’identità, su prodotti e marca specializzate. La vetrina viene inoltre progettata per essere guardata di sfuggita, magari tutti i giorni, ma sempre passando. A causa di questa caratteristica le vetrine si devono rinnovare continuamente per mantenere vivo il rapporto con la clientela.

Le vetrine sono anche elementi riflettenti: da una parte permettono la vista all’interno, dall’altra riflettono quello che sta loro di fronte.

Le vetrine a volte sono state rappresentate come luogo della “presa estetica”, dell’attimo che permette di posizionarsi in relazione al mondo. Ogni vetrinista mira a incantare il passante e a dargli una chiave di lettura su se stesso in relazione al mondo (Mangiapane 2008).

5.Negozi in Corso di Porta Ticinese a Milano, in cui il carattere della separazione è elemento fondamen- tale

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Spazio e tempo sono concetti basilari della filosofia. Sono elementi fondativi della nostra percezione del ambiente fisico; sono princìpi interdipendenti, in una relazione che ci fa capire quanto il tempo sia prevalente sullo spazio.

Nello scorrere del tempo infatti, lo spazio ha subìto e continua a subire trasformazioni che cambiano la realtà che ci circonda.

Spazio, spazialità e visualità si adattano l’un l’altra nel corso dei mutamenti: questi concetti che arrivano dal mondo dell’arte, possono essere applicati anche alla realtà che ci circonda, in particolare all’aspetto dello città moderne e contemporanee.

Come un riflesso della realtà che si è sempre più frammentata, anche le metropoli si sono disgregate, creando un rapporto tra spazio, spazialità e visualità sempre più complesso e concatenato.

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