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Conoscere Porta Ticinese Gasparini Eleonora

3.1. Terrains Vague

Coniando il termine Terrains Vague (terreni vaghi, vuoti), Ignasi De Solà-Morales è in- teressato alle “forme di assenza” delle metropoli contemporanee. Questo interesse si focalizza su aree abbandonate, su edifici o spazi in disuso o improduttivi, terreni in- colti spesso indefiniti e senza limiti specifici. Assistiamo sempre più frequentemente a interventi di “recupero” urbano, che cercano di riscattare vecchie zone e di restitu- irle ai cittadini, che cercano di abbellire i centri storici ma che molto di rado centrano un obiettivo qualitativamente sufficiente e che sono fatti principalmente per motivi economici.

Riguardo a queste prassi, molti hanno manifestato la loro contrarietà, perché soffo- cherebbero il fascino di queste zone residuali; Solà-Morales insiste nel loro valore di spazi improduttivi o in stato di rovina, sottolineando l’inutilità di una loro trasformazi- one in spazi ricostruiti. Solo in questo modo questi strani posti possono manifestarsi come spazi di libertà che sono un’alternativa alla realtà lucrativa della città contem- poranea: rappresentano una realtà anonima.

Molti artisti si cimentano in azioni su questi territori, come Stalker che agisce a diretto contatto con queste zone dell’abbandono; li esplora e li descrive come “luoghi po- tenziali di sperimentazione dove il cittadino ha modo di esercitare un ruolo attivo” (Stalker 1997, p. 185).

Per molti però questi territori sono solo zone da bonificare, senza nessuna potenzi- alità; bisogna rovesciare il punto di vista e vederli come spazi vuoti, come il rovescio della città. Devono essere considerati come l’alternativa alla metropoli, che i cittadini percepiscono come il riflesso della loro insicurezza (sono fuori dallo spazio urbano e quindi fuori controllo) e dell’attesa del futuro e dell’altro.

I Terrains Vague sono quindi “vuoti urbani”, quasi dei negativi della città, pieni di trac- ce di quello che è stato che possono diventare altro e riempirsi di altre risorse. Possono essere riempiti di nuovo senso, scatenano la voglia di essere risemantizzati, di essere dotati di sensi che saranno sempre pronti a cambiare.

Per questi spazi si evidenziano allora due possibili destini: o la totale mancanza di azione, che li lascerebbe intatti, o una serie di interventi di breve durata che si strati- ficherebbero gli uni sugli altri, lasciando il calco di ciò che è stato (Valentina Ciuffi 2008).

3.2 Classificazione dei Terrains Vague

Approfondendo il discorso dei Terrains Vague, possiamo introdurre una classificazi- one di questi spazi, che può essere così articolata:

1- Diffuso: spazi con carattere di estensione, senza una circoscrizione ben defini- ta (terreni incolti, parchi industriali, …);

2- Interstiziale: quando i confini sono ben definiti e c’è un carattere residuale rispetto ad elementi architettonici o urbani “pieni” (isole spartitraffico);

3- Nucleare: quando c’è un elemento centrale marcato e di una dimensione con- centrata (fabbrica o casa abbandonata);

4- Connettore: quando il terreno funge da percorso e collega due o più spazi (sottocavalcavia).

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A questa classificazione va aggiunta la categoria dell’accessibilità dei Terrain Vague: non sempre questa caratteristica è intrinsecamente presente in questi spazi e può essere legata a limiti più o meno presenti sulla zona (fili spinati, recinzioni, sbarre, cartelli, …).

Può essere introdotta anche un’altra classificazione, più legata ai comportamenti dei soggetti rispetto agli ambienti, che è quella di Edward T. Hall.

Hall individua tre differenti aspetti dello spazio, legati ai soggetti:

1. Spazi preordinati: sono quelli, ad esempio, dei nostri edifici, della disposizione delle stanze, quelli che seguono schemi stabiliti dalla cultura e che sono lo “stampo” in cui si riversa e si modella gran parte del nostro comportamento;

2. Spazi semideterminati: sono componenti come mobili d’arredo che, configu- rati in modi diversi, determinano una diversa percezione e fruizione;

3. Spazi informali: rappresentano le varie distanze che vengono mantenute nei rapporti tra le persone.

Se si intersecano tutte le variabili, si possono fare alcuni esempi: prendiamo uno spazio interstiziale e preordinato, come l’isola tra le diramazioni della tangenziale. Molto spesso si tratta di aree verdi con alberi disposti secondo una disposizione geo- metrica, con l’erba tagliata che sottolinea il disegno complessivo e può far cogliere una dimensione nucleica e concentrata.

Quindi uno spazio che potrebbe essere uno spazio sociale nella dimensione urbana, ma è assolutamente definito in modo preordinato come spazio non accessibile, se non a poche persone per la manutenzione dello stesso.

L’unica attività possibile legata a queste zone è la visione di passaggio che ne abbi- amo in auto, ricavandone un sentimento “vago” (Tommaso Granelli 2008).

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3.3 Marciapiede: spazio-cerniera per la ricomposizione dello spazio urbano

Il marciapiede è un artefatto urbano che ha un senso e che ha inscritte in sé una serie di potenziali pratiche. I sensi di cui il marciapiede è investito sono numerosi: innanzi- tutto, serve per camminarci sopra e si distingue dalla pista ciclabile (per le biciclette) e dalla strada (auto, bus, … ).

Il marciapiede è quindi una porzione della sede stradale dedicata a uno specifico uti- lizzatore, che è il pedone.

Il marciapiede serve per camminare sicuri: è un luogo dedicato all’attività del cam- minare, ma è anche un luogo protetto, all’interno del quale si possono svolgere de- terminate azioni.

Vengono perciò realizzati dove si prevede che saranno più utili e utilizzati: maggior presenza di pedoni, necessità di separare e proteggere dal traffico.

Quali sono le altre attività che possono essere svolte sul marciapiede?

Il camminare, come già detto, in quanto il marciapiede appare come luogo eletto al movimento. Il movimento non è obbligato, può essere anche solo di attraversamento o di raggiungimento di un luogo; e qui si evidenzia un altro valore del marciapiede, che è quello di far accedere a un luogo.

Non è del tutto vero che il marciapiede è solo luogo di passaggi; su di esso è pos- sibile fare incontri e stazionare: aspettare o parlare con qualcuno, passeggiare per il piacere dell’azione o guardare chioschi o vetrine.

Tra le varie funzioni assunte dal marciapiede c’è anche quella di connessione e organ- izzazione di spazi tra loro disomogenei per natura e funzione (spazi pubblici, spazi privati o semi privati) che vengono organizzati in un percorso praticabile dal pedone. La funzione sociale del marciapiede emerge proprio per questo aspetto di riconnes- sione di spazi diversi tipologicamente, che lo eleva dal suo stato di spazio meramente

4. Terrain Vague interstiziale: un campo abbandonato, delimitato da pieni architettonici

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attraversabile.

Può essere definito come uno spazio-cerniera che “ricuce” gli spazi della città diffusa, che si è estesa e sviluppata a partire dal suo nucleo centrale e storico; strati sempre più recenti che hanno creato questa nuova città dilatata sul territorio, eterogenea per stili storici e funzioni e ricca di spazi interstiziali, residui, i cosiddetti terrain vague. Sono ambienti intermedi che non sono né urbani né rurali; in questi casi i marciapiedi possono essere una soluzione che ricompone la frammentazione territoriale, ren- dendo urbano quello che prima era un aggregato informe di edifici. Marciapiede che contribuisce a urbanizzare zone bianche, che riconnette edificazioni sparse, che crea percorsi praticabili dai pedoni e che agevola micro-spostamenti e passaggi.

Si creano così spazi transitori tra privato e pubblico e si crea un ambiente urbano con- tinuo, condiviso e regolarizzato che riconnette quello che lo sviluppo urbano aveva frammentato; si integrano i terrain vague o quantomeno li si isolano e delimitano, depotenziando la loro mancanza di senso (Paolo Bertetti 2008).

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Mi sono guardato nella vetrine di un negozio e ho nota-to che sono proprio appariscente per la strada.

Andy Warhol, 1994

Le vetrine caratterizzano le vie delle nostre città e attirano la nostra attenzione.

Nate con il commercio, ben presto hanno cambiato l’aspetto delle metropoli e sono diventate segni dei tempi.

Di fronte ad esse si sviluppano sentimenti differenti, in relazione al valore che attribuiamo alla merce.

In base a come ci si muove e si percepisce l’ambiente, si distinguono differenti tipi di osserva- tori, che definiscono anche diversi tipi di vetrine.

Oggetti sociali e semiotici che hanno spettacolarizzato la nostre vita, rendendola merce es- posta e alienando l’uomo, lasciandolo solo di fronte alla merce esposta.

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