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Conoscere Porta Ticinese Gasparini Eleonora

5.1 Spazio e tempo

Spazio e tempo hanno sempre costituito le fondamenta del pensiero filosofi-co; le loro concezioni sono nate correlate, perché hanno avuto un ruolo fon-damentale nel- lo sviluppo della conoscenza e perché dal modo in cui li pen-siamo dipende la messa in relazione dei concetti che ci permettono di ri-spondere e comprendere l’esperienza fisica nello spazio.

Nell’antica Grecia lo spazio è concepito come un contenitore vuoto che va riempito con gli elementi materiali e culturali del tempo, in un rapporto che evidenzia la forza del tempo sullo spazio.

La relazione dinamica tra spazio e tempo presuppone instabilità, pluralità e indetermi- nazione. Come rappresentazioni, lo spazio e il tempo sono spazia-lità e temporalità, corrispondono alle manifestazioni del tempo e dello spa-zio, intesi come linguaggi che le rendono comprensibili sul piano culturale (D’Alessio Ferrara 2008).

5.2 Spazialità, visualità, comunicabilità

Le categorie per lo studio dello spazio sono spazialità, visualità e comunicabilità. I processi che rivelano spazialità distinte sono la proporzione, la costruzione e la ripro- duzione.

Lo spazio è determinato dalle spazialità che lo rappresentano e che possono essere percepite attraverso mezzi di visualità e comunicazione diverse. Spazialità, visualità e comunicabilità sono interdipendenti e in relazione tra loro.

Nel Rinascimento lo spazio è rappresentato attraverso la prospettiva, che attra- verso l’unico punto di vista impedisce all’osservatore di rendersi conto della sua po- sizione spaziale. La spazialità è un effetto della prospettiva, che basa la visualizzazi- one sull’armonia dello spazio. Si ha così la centralità della figura umana e la spazialità proporzionale.

Nel passaggio al manierismo e al barocco la centralità è sostituita dalla frontalità che decentra il punto di vista dell’osservatore e obbliga a incorporare volume e luce. La luce ridisegna lo spazio, creando una visualità che può nascondere o rivelare luoghi. Irrompono gli oggetti che agiscono come strumenti di mediazione e riconfigurano la spazialità.

Nel XIX secolo si ha l’esplosione della spazialità; si ha l’aumento della popolazione che frammenta gli spazi e che porta alla reinvenzione del tessuto urbano.

Si supera il modello rinascimentale che si basa sull’uomo e si arriva a uno spazio che deve essere costruito e riprodotto indefinitamente.

Lo spazio e la sua rappresentazione è segnata dall’indeterminazione, la spazialità in- globa la visualità (D’Alessio Ferrara 2008).

5.3 Città cosmopolite, metropoli, megalopoli

Vie, viali, passages, boulevard, piazze: tutti spazi fissi che formano la città cosmo- polita e che ne esaltano i segni.

La città cosmopolita è innanzitutto luogo del consumo. I suoi spazi fissi sono centri di grandi e medie dimensioni come le gallerie e i passages, in cui risplendono le vetrine. La struttura di queste città è caratterizzata dalla visualità: la norma è vestirsi, uscire,

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esibirsi secondo le leggi della moda che è la conseguenza di questa città, ma allo stesso rappresenta il prestigio stesso della città.

Se in Europa i passages sono vissuti come centri in miniatura, nel resto del mondo, in città come San Paolo, lo stesso ruolo è svolto dalle piazze e dai giardini.

Nel primi secoli del XX secolo San Paolo è diventata una città urbano-industriale e si è cercato di definire la nuova struttura dal tessuto urbano. Il flusso di piazze, giardini e gallerie favorisce il confronto faccia a faccia con il quale gli individui si confrontano e si riconoscono nella collettività.

Con l’aumento della produzione industriale però, si ha avuto anche un incremento dei fenomeni migratori. Molti europei e asiatici si spostarono a San Paolo, che crebbe vertiginosamente e cominciò ad espandersi oltre i suoi confini.

Da città cosmopolita si è passati alla metropoli: la città si industrializzò e si è trovata sovrastata da fabbriche e macerie dei vecchi edifici. Sono questi i primi segni della post-industrializzazione, che porteranno al degrado e all’abbandono di molte aree cittadine.

L’espansione della città la divide e crea centralità autonome: gli edifici delle grandi imprese si trovano accanto alle favelas e alle dimore improvvisate.

San Paolo si sviluppa grazie alle tecnologie, si definisce continuamente, diminuiscono le differenze sociali ma pubblico e privato rimangono comunque separati.

La televisione e lo spettacolo riducono il flusso della comunicazione in frammen- ti, frantumano la percezione fisica del luogo e ne celebrano l’immaterialità. Non c’è più il rapporto faccia a faccia che caratterizzava la città cosmopolita, sostituito dall’interazione corpo a corpo.

Lo sviluppo tecnologico ha portato anche al rafforzamento del mercato economico. La città diventa visibile nella rete e la rivoluzione informatica coinvolge tutte le classi sociali. Anche se le classi più basse rappresentano la maggioranza della massa con- sumatrice, la città rimane comunque divisa sul piano economico e culturale. La mag- gior parte della popolazione vive nelle periferie, con l’esigenza di cambiare e ricostru- ire gli spazi della vita quotidiana.

La megalopoli è interattiva, si diffondono i media meccanici ed elettronici e migliorano l’informazione e la comunicazione e diventano incentivo per l’azione. L’informazione collega le varie parti della città e permette al singolo di agire nel nome della collet- tività.

San Paolo è una città in connessione, con all’interno molte divisioni, in cui le persone si muovono per reagire a riappropriarsi dei luoghi costruiti nel tempo (D’Alessio Fer- rara 2008).

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Il lettering è ovunque intorno a noi: iscrizioni, nomi sugli edifici, segnali direzionali e insegne che caratterizzano l’ambiente urbano ed extraurbano. Il lettering posizionato nei luoghi pub- blici ci aiuta a navigare nella città e fuori dalla città ma nello stesso tempo, regala un senso di appartenenza al luogo cui si riferiscono. In questo capitolo trattiamo la creazione e la funzi- one di segnali e insegne, concentrandoci sulle scelte intenzionali più che sulle soluzioni casu- ali o temporanee, così da creare un ponte fatto di riferimenti sul quale ci siamo appoggiate durante la formulazione dell’ipotesi di progetto su Porta Ticinese. (Baines & Dixon 2002)

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