3. LE PRINCIPALI CORRENTI DI PENSIERO CHE CONFLUISCONO NELL’AMBITO DELLA RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA
5.3. CITTADINANZA D’IMPRESA
Friederick (1978) propone una definizione di CSR diversa e più articolata rispetto a quella proposta da Davis, che enfatizzava
61 I dirigenti ed i dipendenti sono tenuti a prendere decisioni di business sulla base di criteri ulteriori rispetto a quelli che erano tradizionalmente addestrati ad aspettarsi.
l’importanza delle aspettative della comunità nella quale l’impresa è inserita e il conseguente ruolo sociale nell’aumentarne il benessere (Chirieleison, 2004: 86).
Con tale approccio si va progressivamente a definire una responsabilità sociale dell’impresa che non considera solamente le obbligazioni economiche e legali, nonostante non siano ancora ben delineati i contenuti concreti.
McGuire (1963) è il primo a parlare di corporate citizenship
interest in politics, in the welfare of the community, in education, in the “happiness” of its employees, and, in fact, in the whole social world about it. Therefore, business must act justly as a proper citizen should62 (McGuire, 1963: 144).
Sulla base di tale approccio, la sfera d’influenza dell’impresa va oltre i diretti partecipanti al sistema aziendale, ma si allarga verso l’intera comunità, la cui funzione si estende da creatrice di valore economico a creatrice di un più ampio valore sociale e pubblico, in cui sono ricompresi e si combinano secondo difficili equilibri, aspetti economici, sociali ed ambientali che assicurano la sopravvivenza dell’impresa stessa nel lungo periodo (Sciarelli, 1998: 103).
Questo orientamento ha visto incrementare gli studi accademici a partire dalla fine degli anni ‘90 e nei primi anni del ventunesimo secolo (Andriof e McIntosh, 2001), e come evidenziato da alcuni autori, la corporate citizenship
started to compete and replace the other concept (CSR) in the realms of management theory and practice63 (Valor, 2005: 191-2).
Ma è in particolare negli ultimi anni che è divenuto sempre più importante, per effetto di una serie di fattori riconducibili alla crisi del sistema del welfare, al fenomeno della globalizzazione e della deregolamentazione ad esso correlato, che hanno aiutato a rafforzare alcune imprese multinazionali fino all’ottenimento di un potere economico e sociale maggiore dispetto ad interi paesi (Garriga e Melé 2004: 56-57).
Tutto questo, global corporate e citizenship, ha portato alla “Global Corporate Citizenship” – the Leadership Challenge for CEOs and Boards, una dichiarazione
62 Interesse per la politica, per il benessere della comunità, nella formazione, nella "felicità" dei suoi dipendenti, e, in effetti, nel mondo sociale in generale. Pertanto, le imprese devono agire in modo giusto, come un vero e proprio cittadino dovrebbe fare
firmata dalle 34 maggiori multinazionali durante il World Economic Forum a New York nel January 2002.
Quest’approccio si fonda sull’analogia con il concetto di cittadinanza (Valor 2005) che si concentra sui diritti e sulle responsabilità di tutti i membri della comunità, che sono tra loro interconnessi e dipendenti l'uno dall'altro (Waddell, 2000).
Il concetto di cittadinanza traslato sull’impresa, con gli obblighi ed i diritti correlati, è circoscritto alle attività economiche poste in essere dall’impresa in una determinata comunità sociale e politica. Così intesa l’idea di cittadinanza ha lo scopo di enfatizzare l’obbligo dell’impresa di sostenere e cooperare con le autorità per il benessere generale e la giustizia sociale (Freeman e Werhane 2005: 563).
Non vi è ancora univoca accettazione circa la definizione di corporate citizenship, anche se è possibile individuare un filone comune relativo alla responsabilità verso la comunità locale in cui si opera e l’attenzione verso le questioni ambientali (Garriga e Melé 2004).
In un recente lavoro, Matten et all. (2003) segnalano l’esistenza di tre visioni di "cittadinanza d'impresa": una visione limitata, una visione equivalente alla CSR ed una visione ampia.
La prima definizione convenzionale di corporate citizenship definita “limitated
view of CC”, definisce il fenomeno come attività di beneficienza e filantropia in genere,
intrapresa dall’impresa all’interno della comunità locale. Si fa riferimento a quello che Caroll (1991) etichetta come responsabilità filantropica, ovvero responsabilità assunta dall’impresa, non attesa ma gradita dalla società. La letteratura manageriale e strategica ha visto accrescere gli studi sulla filantropia d’impresa, che giustifica gli investimenti discrezionali in ambito sociale con un aumento performance aziendali. In tal senso, Porter e Kramer (2007, 2011) evidenziano la trasformazione della CSR in ‘creazione del valore condiviso’ (CVC. Matten e Crane (2003) ritengono tale definizione non bisognosa di una espressione differente rispetto a quella di corporate social responsibility.
Nella seconda visione il CC è utilizzato come sinonimo di CSR, ciò giustificato ai fini di una contestualizzazione dell’impresa, vista come soggetto attivo nella vita sociale di una nazione.
La terza visione definita “extended theoretical conceptualization of CC”, implica una riconcettualizzazione delle relazioni tra imprese e società.
It is the meaning conveyed in citizenship that makes this term more desirable. It clarifies its content, because it is easy for companies to derive what society demands, from the shared portrayal of the “individual good citizen.” However, evidence shows that managers are still confused about what “corporate citizenship” means64 (Valor,
2005: 195).
In questa terza visione, gli autori legano il significato della corporate citizenship al concetto di cittadinanza nella tradizione liberale, ovvero un insieme di diritti individuali (Faulks, 2000:55-82). La liberal citizenship comprende tre diversi aspetti del diritto: i diritti civili, i diritti sociali ed i diritti politici (Marshall, 1965).
I diritti civili e sociali si basano sul ruolo dell’individuo nella società, contribuendo a proteggerne lo status (Eriksen e Weigård, 2000). I diritti civili definiscono la libertà degli individui contro l’ingerenza di terzi (il governo in particolare). I diritti sociali definiscono la libertà degli individui di partecipare alla società usufruendo dei servizi da essa forniti. I diritti politici definiscono la partecipazione dei singoli alla vita pubblica (diritto al voto; diritto di espressione; diritto di associazionismo).
La cittadinanza è, dunque, riferita all’individuo nella società. Nella prospettiva liberale gioca un ruolo predominante lo Stato-nazione quale unico garante dei diritti civili, sociali e politici.
The key actor here is the government, which on the one hand respects and grants the civil rights of the “citizens” and – generally by the institutions of the welfare state – cares for the fulfilment and protection of social rights65 (Matten e Crane, 2003:114).
La cittadinanza d’impresa individuerebbe non l’insieme di diritti e doveri di cui l’impresa gode al pari di qualsiasi individuo, ma il dovere dell’impresa di garantire
64 E 'il significato veicolato nella cittadinanza che rende questo termine più desiderabile. Chiarisce il suo contenuto, perché è facile per le aziende trarne ciò che la società richiede, dalla rappresentazione condivisa del "bene individuale del cittadino." Tuttavia, l'evidenza mostra che i manager sono ancora confusi su ciò che si intende per "cittadinanza d'impresa".
65 L'attore chiave qui è il governo, che da un lato rispetta e concede i diritti civili dei "cittadini" e - in generale da parte delle istituzioni del welfare state – si preoccupa per la realizzazione e la tutela dei diritti sociali.
alcuni dei diritti che lo Stato-nazione, a partire dagli anni ’80, a seguito del fallimento o riduzione dei sistemi di welfare state, non è più in grado di tutelare (Herts, 2001). Le imprese entrano nel circolo della cittadinanza
not because they have an entitlement to certain rights as a “real” citizen would, but as powerful public actors which have a responsibility to respect those “real” citizen’s rights in society66 (Matten e Crane, 2003: 115).
Tutto ciò spiega il sempre maggior impegno delle imprese in attività filantropiche e di responsabilità sociale che in passato i cittadini si aspettavano di ricevere solamente dallo Stato. Quando lo Stato-nazione ha iniziato a fallire nella “protezione della cittadinanza”, alcune hanno gradualmente sostituito l'istituzione più potente nel tradizionale concetto di cittadinanza, ovvero il governo.
Questa visione pone davanti ad una serie di problemi e contraddizioni che richiedono alcune precisazioni: (Matten e Crane, 2003; Scherer e Palazzo, 2008, 2011).
In primo luogo, l’impresa non può essere considerata alla pari dell’individuo cui si riferiscono i diritti garantiti dallo Stato, quindi non può essere considerata un cittadino, né si può parlare di diritto di cittadinanza per l’impresa; in tal senso, molti autori, data la diversità dei diritti dell’impresa rispetto a quelli di un cittadino "reale", sostengono che CC sia un "concetto di fantasia" (Windsor, 201: 66).
In secondo luogo, la relazione tra impresa e cittadinanza vede, da un lato, gli Stati liberali deregolamentare i propri sistemi istituzionali, impoverendo il ruolo di controparte garante dei diritti individuali dei cittadini, dall’altro, gli Stati delle nazioni in via di sviluppo non riuscire ancora a superare i gap istituzionali.
In terso luogo, la globalizzazione, decontestualizzando le interazioni sociali, ha minacciato l’idoneità degli stati ad essere garanti unici dei diritti di cittadinanza.
La corporate citizenship va, quindi assunta come il ruolo delle imprese nel governo dei diritti di cittadinanza. L’impresa diventa attore nella public policy quando fornisce servizi e beni sociali, promuove la tutela dei diritti civili e agevola o consente l’esercizio dei diritti civili (Matten e Crane, 2003).
66 Non perché hanno un diritto come dovrebbe avere un “reale” cittadino, ma come potenti attori pubblici che hanno la responsabilità di rispettare i diritti dei “reali” cittadini.