“L’INDAGINE SUI CONSUMI DELLE FAMIGLIE”
2.10. I valori assunti dall’indice NIC negli anni 2008-2013
2.10.13. Classificazione COICOP/NIC “Istruzione”
Il tasso di crescita tendenziale medio negli anni 2008-2012 per il capitolo analizzato risulta essere pari a +2,34%. Nell’epoca temporale sopracitata si assiste a una stabilizzazione delle dinamiche con valori oscillanti tra +2,25% e +2,31%, ad esclusione dell’anno 2010 in cui si manifesta un outlier (+2,52%), dovuto essenzialmente ai forti tagli del finanziamento pubblico all’istruzione universitaria che gode di notevole importanza all’interno del paniere. Complessivamente, però, i rialzi maggiori si verificano per l’istruzione primaria (mediamente +5,14%), seguita dalla scuola per l’infanzia (+3,34%). Analizzando la voce “istruzione universitaria” i dati Miur stimano che dal 2004 al 2012 le rette abbiano subito una rapida accelerazione (sia per università private che pubbliche mediamente del +38,30%). A questo proposito bisogna citare il ruolo assolto dal FFO404, ovvero il corretto funzionamento e svolgimento dei compiti e delle mansioni affidate all’Università. Il primo taglio viene approvato dal Governo Prodi nell’anno 2008. Esso, però, viene controbilanciato dalla costituzione di un fondo di 550 milioni di euro per sopperire tale perdita. A partire dall’annata seguente, invece, i decrementi non vengono compensati. Nel 2010 si raggiunge l’apice del costo delle rette universitarie, dato che si manifesta la riduzione più consistente: circa 657 milioni di euro405. Infatti, le famiglie italiane devono sostenere un esborso monetario aggiuntivo di circa l’8,70%. Considerando in questo periodo temporale i dati provenienti dalle singole regioni si osserva che i maggiori innalzamenti si evidenziano nell’Università di Catania (+51%), di Ferrara (+42%) e all’Università Federico II di Napoli (+39,60%). Al contrario, ribassi si sottolineano nelle città di Potenza (-22%), all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli (-18,80%) e a quella di Palermo (-10%)406. Bisogna, però, precisare che l’ordinamento universitario stabilisce che l’ammontare delle relative rette non deve oltrepassare il 20% della quota di finanziamento ottenuta dallo Stato. Ciò non viene rispettato nella maggior parte dei casi. Anche nel 2011 si segnalano aumenti delle tasse universitarie, ma in misura inferiore rispetto all’anno antecedente. Alcuni dati interessanti li riporta il Rapporto Federconsumatori dell’anno 2011 inerente tale
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Con tale sigla si intende il Fondo per il Finanziamento Ordinario delle Università.
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Si precisa che nel 2010 l’ammontare complessivo delle rette universitarie versate dagli studenti è pari a 2 miliardi e 3 milioni di euro e che la cifra del FFO destinata dallo Stato è pari a 6,9 milioni di euro [fonte: http://www.universita.it/aumento-rette-universita-2010].
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tematica. Si evidenzia che le facoltà scientifiche risentono maggiormente di questi effetti rispetto a quelle umanistiche (si parla di un aumento tendenziale oscillante tra il +2,50% e il +8,50%)407. Inoltre, a livello territoriale, gli studenti frequentanti le università dell’area Nord sostengono maggiori spese rispetto a quelli dell’area Sud e Isole (mediamente +28,30%)408. Il trend prosegue anche nel 2012 e nei primi mesi del 2013. A fronte di questi rincari gli atenei assegnano le borse per favorire il diritto allo studio in base alla condizione economica dello studente e al merito. Si stima che negli anni della crisi sussista una brusca caduta delle somme erogate pari a 100 milioni di euro409. Nell’anno accademico 2011/2012 le cifre si attestano a 3.177€, con un picco in Emilia Romagna (3.639€)410. Gli studenti vincitori risultano essere circa 1,8 milioni, concentrati soprattutto nell’area Sud e Isole411 e ciò accresce ulteriormente il divario di cui si è accennato in precedenza.
Per l’istruzione universitaria privata valgono la medesima disamina. Si cita l’esempio dell’Università Bocconi in cui le rette si attestano nell’anno 2008 a 10.000€ per la laurea magistrale e a valori compresi nell’intervallo 4.000€-10.000€ per quella triennale412. Anche per frequentare l’Università Luiss le cifre sono notevoli: mediamente dai 6.000€ ai 7.500€413.
Se si esamina la voce “asili nido comunali” si nota che nel 2008 la spesa delle famiglie è aumentata mediamente del 5%, visto l’incremento delle rette disomogeneo da comune
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Si cita a titolo esemplificativo le rette universitarie pagate dagli studenti nel 2011 di una facoltà di lingue e letteratura straniera e di una scientifica nella città di Bologna: nel primo caso esse ammontano a 1.417€, mentre nel secondo a 2.000€. Non bisogna dimenticare, poi, di sommare a queste cifre le tasse regionali che in Emilia Romagna, nel periodo temporale considerato, sono pari a 349,65€ [fonte: http://www.federconsumatori.it].
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Il costo della retta universitaria dipende anche dalla condizione economica dello studente. L’ISEE (Indicatore situazione economica equivalente) individua cinque fasce di reddito in ordine crescente: la prima comprende l’intervallo fino a 6.000€, la seconda fino a 10.000€, la terza fino a 20.000€, la quarta fino a 30.000€ e l’ultima contempla un reddito maggiore di 30.000€. Il Rapporto Federconsumatori sottolinea che nel 2011, se si considera l’ultima fascia (studenti con un reddito elevato), l’area geografica Nord Italia sostiene un costo delle rette universitarie superiore del 60% rispetto a quello del Sud. Lo stesso fenomeno si verifica con la prima fascia. Secondo tale indagine gli atenei che richiedono maggiori sacrifici economici sono quello di Parma (+103% rispetto al dato nazionale), Verona e Milano. Guardando la classifica dal basso si trovano l’Università Aldo Moro di Bari (290€) e quella del Salento (317€). Il costo sostenuto dalle famiglie dipende, inoltre, anche dal prezzo degli affitti delle case. Alcune cifre ribadiscono tale dicotomia: il prezzo di una stanza singola a Milano si attesta intorno ai 650-700€ al mese, mentre a Cosenza l’apice si raggiunge con un valore di 250€ [fonte: Ibidem].
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Fonte: http://www.studenti.it/inchieste/aumenti-tasse-universitarie
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Naturalmente gli studenti fuori sede percepiscono una somma più elevata che nell’anno in questione ammonta mediamente a 4.701€ [fonte: http://www.federconsumatori.it].
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Nella regione Sicilia si raggiunge il punto di massimo con 20.701 vincitori [fonte: Ibidem].
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Fonte: http://www.ilmessagero.it/indagine-rette-universita-private-2008.html
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a comune e fortemente dipendente dal reddito percepito414. Si registrano 151 mila bambini iscritti, con un esborso monetario medio pro-capite a carico dei nuclei familiari di 1.578€, per una cifra complessiva annua di 8.615€ pro-capite. La spesa gravante sui comuni ammonta a 7.037€, mentre i contributi erogati a favore delle strutture private per 25 mila bambini iscritti sono pari a 2.185€415. Questo trend prosegue anche negli anni successivi, in particolare nel 2010 si raggiunge l’apice con una variazione tendenziale media annua del 3,83%. Si denota un incremento del valore delle rette per le famiglie (+5,10%) corrispondente a una spesa media per nucleo familiare di 1.672€, per una somma complessiva annua di 8.782€416. Le strutture private ricevono un ammontare medio pari a 2.407€ per 44 mila bambini417. A livello territoriale la regione più conveniente risulta essere la Calabria (la retta mensile ammonta a 110€), mentre quelle che richiedono maggiori sforzi economici sono Valla d’Aosta (405€) e Lombardia (400€). Per quanto concerne i singoli comuni si sottolineano incrementi di prezzo maggiore nelle città di Lecco, Belluno, Bergamo e Mantova, mentre aumenti più contenuti si evidenziano a Catanzaro, Vibo Valentia e Reggio Calabria418.
Anche per la scuola per l’infanzia si registrano rialzi costanti, in quanto si passa da una variazione tendenziale media annua del 2,93% nel 2008 ad un dato del 3,46% nel 2012. L’apice si raggiunge nell’anno 2010 con una cifra del +3,83%. L’Osservatorio periodico sulla fiscalità locale redatto dalla Uil evidenzia che mediamente negli anni della crisi la retta per la frequentazione ammonta a 324€ mensili e pesa per il 10% sul reddito familiare. Il tasso di penetrazione si avvicina al 100% (è pari a 98%) sull’intero territorio italiano. Le famiglie residenti nelle città di Bolzano, Aosta, Torino, Potenza e Firenze devono sostenere maggiori sacrifici economici per iscrivere i propri figli (rispettivamente 478€, 459€, 453€, 418e e 412€)419.
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Si rammenta che la retta viene definita al 75% in base al calcolo dell’ISEE, al 20% in base al reddito percepito e al 5% per una quota fissa. Le famiglie rientranti nella prima fascia potrebbero anche astenersi dal pagamento se sussistono le condizioni [fonte: http://www.linkiesta.it].
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Nel 2008 l’ammontare complessivo delle uscite monetarie sostenute dai vari comuni singolarmente o in forma associata per gli asili nido sono pari a 1 miliardo 118 milioni di euro, mentre le rette versate dalle famiglie italiane assommano a 244 milioni di euro [fonte: http://www3.istat.it].
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Nel periodo temporale analizzato la spesa sostenuta dai comuni subisce un’accelerazione pari al 4,50% [fonte: Ibidem].
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Nel 2010 il finanziamento attuato dai comuni ammonta a 1 miliardo 227 milioni di euro, mentre le rette versate dai nuclei familiari sono pari a 275 milioni di euro [fonte: Ibidem].
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A titolo informativo si registra un tasso di penetrazione degli asili nido nel territorio pari al 60% nell’area Nord, al 27% nel Centro e al 13% nel Sud e nelle Isole. In questo caso ci si affida soprattutto a strutture private [fonte: http://www.linkiesta.it].
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Come si è già ribadito precedentemente, gli incrementi maggiori all’interno del capitolo analizzato si verificano per l’istruzione primaria e secondaria. Negli anni della crisi, infatti, sono cresciuti specialmente i prezzi dei libri e dei vocabolari, ma anche quello di zaini, quaderni, astucci e così via420. Secondo un report di Altroconsumo, nell’anno scolastico 2012-2013, il costo subisce un’impennata del +5%421. Bisogna, inoltre, rammentare anche il costo di iscrizione. Generalmente in virtù dell’obbligo scolastico innalzato fino all’età di 16 anni, si deve sostenere un esborso monetario solamente in quarta e quinta superiore. La legge stabilisce che l’ammontare si suddivida tra “tributi
d’iscrizione (mediamente 6,04€), di frequenza (15,13€), d’esame (12,09€) e di diploma (15,13€)”422. Alcuni istituti richiedono, però, il versamento del cosiddetto “contributo
scolastico” per il corretto svolgimento dell’attività didattica che mediamente dal 2008
al 2012 subisce un rialzo di 100€. Nelle scuole private si registrano a carico delle famiglie rette più consistenti: nel periodo temporale considerato per gli istituti cattolici si parla di cifre oscillanti tra 2.500€ e 3.500€, mentre nelle scuole laiche la somma raggiunge quota 6.000€423. Proprio in quest’ultima tipologia di istituti si osservano un aumento del numero di iscritti mediamente del 10%, mentre nelle scuole statali si assiste ad una logica di stabilizzazione. Questa peculiarità si nota specialmente nell’istruzione secondaria di primo e di secondo grado424. Tale trend ha ripercussione sulle rette delle prime scuole, visto che i genitori sono disposti a pagare una cifra più alta per fornire ai propri figli un ottimo livello di educazione, nonché servizi aggiuntivi come il servizio di accoglienza e il tempo pieno, soluzione che viene vista in modo positivo quando entrambi svolgono un’attività professionale. Ulteriori fattori che influenzano la scelta sono i tagli attuati dallo Stato alla scuola pubblica, le classi affollate e lo scarso tempo dedicato da parte degli insegnanti agli alunni disabili.
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Naturalmente ciò dipende anche dall’istituto e dalla classe frequentata, nonché dall’area geografica in cui si risiede.
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Nel canale di distribuzione della GDO, nel periodo considerato, la spesa media sostenuta dalle famiglie italiane ammonta a 106€ cadauna per i prodotti aventi un marchio noto, mentre nei negozi tradizionali si parla di una cifra pari a 137€ [fonte: http://www.altroconsumo.it].
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Fonte: http://www.linkiesta.it
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Fonte: Ibidem.
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Si forniscono alcuni dati a riguardo. Nell’istruzione primaria si rileva un aumento del numero di alunni iscritti alla scuola statale pari all’1,80%, mentre nelle scuole private il valore si attesta a +8%. Incrementi più accentuati si osservano nelle scuole secondarie di primo grado: nella prima tipologia sopracitata la cifra in aggiunta è pari a +1,10%; al contrario nella seconda risulta essere del +12,30%. Analoga tendenza si evidenzia nelle scuole secondarie superiori, in cui le percentuali ammontano rispettivamente a +0,20% e +7,30% [fonte: http://statistica.miur.it].
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A livello di macroregioni si evidenzia che mediamente negli anni della crisi il Nord- Ovest, il Centro e le Isole manifestano dati tendenziali annui inferiori a quelli nazionali425. Per il Nord-Est e il Sud si verifica il fenomeno opposto, ad eccezione dell’anno 2012 per la seconda area territoriale citata. Anche le informazioni provenienti dai singoli comuni confermano le considerazioni effettuate a livello nazionale. Infatti, a Lecco, nel mese di novembre del 2009, si segnala il notevole incremento della voce
“istruzione secondaria” (+7,60%), in modo particolare con riferimento alle scuole
private. Inoltre, si evidenzia una variazione in diminuzione per la scuola di lingue (-2,10%), complice un’azione di marketing finalizzata a festeggiare l’anniversario di fondazione della scuola426. Anche a Bologna, nel 2010, i maggiori rialzi si contemplano per la voce precedentemente citata (+5,30%) e successivamente si nota l’istruzione primaria (+4,20%) e la scuola per l’infanzia (+3,60%)427. A Roma, invece, a ottobre dell’anno 2012, al vertice della classifica staziona la scuola per l’infanzia e l’istruzione primaria (entrambe +4,10%) seguite dai corsi di istruzione e formazione (+2%) e dall’istruzione universitaria (+1%)428.