DISPONIBILITÀ.
La distinzione tra disponibilità e distribuibilità delle riserve permette di distinguere i vincoli posti dalla legge all’utilizzo delle riserve. Norme civilistiche e norme fiscali possono rispondere a finalità differenti in tema di utilizzo delle poste del netto. Per stabilire ciò occorre tuttavia analizzarle distintamente e individuare i punti di contatto e quelli di separazione.
I vari elementi del patrimonio netto (capitale, riserve e utili) trovano una precisa disciplina nel codice civile tendente a dare risposta a determinate esigenze proprie del diritto commerciale. Sono disciplinati tre profili principali delle poste del netto: la modificabilità della disciplina, ossia l’assoggettabilità delle riserve alla disciplina del capitale e viceversa; la distribuibilità ai soci; l’utilizzabilità a copertura di perdite.
7.1 Segue: LA DISPONIBILITÀ DELLE RISERVE
In ambito civilistico, la disponibilità attiene all’attitudine di una riserva (o di un fondo) a cambiare regime giuridico, ossia ad essere imputata al capitale sociale (art. 2442 c.c.) - sebbene si possa porre il problema inverso della trasformazione in riserva del capitale sociale - o ad essere trasformata in un tipo diverso di riserva.
Secondo alcuni l’imputabilità di una riserva al capitale sociale dipenderebbe dalla natura della riserva stessa secondo altri dai vincoli di destinazioni (legali o convenzionali) su di essa gravanti143. Secondo quest’ultima teoria la classificazione delle riserve in legali, statutarie o facoltative (che sono riserve di utili secondo il criterio dell’origine) non implica automaticamente la classificazione delle riserve come disponibili o indisponibili, dovendosi questa distinzione effettuare in modo autonomo
dalla prima con riguardo alla loro specifica e concreta destinazione. Indagando di volta in volta in ordine alle eventuali disposizioni legislative, alle clausole statutarie e alla delibera assembleare di costituzione, è possibile stabilire la disponibilità o meno di una riserva o di un fondo per l’imputazione a capitale.
Non sarebbe disponibile, pertanto, la riserva legale, in virtù dell’art. 2430 c.c.; indisponibili sarebbero le riserve statutarie aventi specifica destinazione (diversa dall’imputazione a capitale, come, ad esempio, la copertura di perdite). Solo una delibera dell’assemblea straordinaria potrebbe modificare questa destinazione e renderle disponibili. Tuttavia, l’indisponibilità della riserva legale per l’imputazione a capitale, benché unanimemente riconosciuta, non trova una sua precisa ratio, se si considera che, nonostante la funzione di “cuscinetto di protezione” del capitale sociale, l’eventuale imputazione a capitale anziché danneggiare i creditori sociali li tutelerebbe maggiormente, in quanto creerebbe un vincolo di indisponibilità maggiore su questa quota ideale del netto per effetto dell’assoggettamento alla stessa disciplina del capitale sociale. In più l’imputazione implicherebbe la necessità di ricostituire la riserva legale e per un importo superiore al precedente in rapporto al nuovo capitale sociale144.
Secondo un’autorevole parere, l’indisponibilità della riserva legale per l’aumento del capitale sarebbe frutto di un retaggio storico di origine fiscale che riteneva l’imputazione a capitale delle riserve equivalente ad una distribuzione seguita da un nuovo conferimento145.
Per quanto riguarda le riserve statutarie, è stato osservato che l’indisponibilità legata alla destinazione impressa nello statuto non ne impedirebbe l’imputabilità a capitale: infatti la delibera di aumento gratuito del capitale implica il mutamento di destinazione della riserva statutaria perché trattandosi di una delibera di grado superiore a quella costitutiva della riserva stessa ben può cambiarne la destinazione. Il contenuto della delibera non sarebbe di modifica della clausola statutaria, in quanto per il futuro la riserva continuerebbe a dovere essere costituita nei modi indicati nella clausola; sarebbe solo mutamento di destinazione della riserva già costituita146. Analogamente, la riserva per rinnovamento impianti e macchinari può considerarsi imputabile al capitale, dal
144 Colombo G.E., Il bilancio e le operazioni sul capitale, op. cit.
145 Costa C., L’imputabilità a capitale della riserva legale, in Riserve e fondi nel bilancio di esercizio, op. cit.
momento che la delibera dell’assemblea straordinaria che decide l’aumento del capitale ne può mutare la destinazione.
Si considerano disponibili per l’aumento del capitale sociale anche la riserva sovrapprezzo azioni e la riserva da rivalutazione monetaria (che secondo il criterio dell’origine sono considerate riserve di capitale). La legge infatti impone su tali riserve solo vincoli di distribuzione ai soci, il che non equivale a indisponibilità. In particolare, la disponibilità per l’aumento del capitale è espressamente prevista dalle leggi che regolano la rivalutazione monetaria, ciò in conformità con la funzione dei saldi attivi risultanti dalla rivalutazione, i quali, in quanto costituiscono la differenza attiva emersa dalla rivalutazione di componenti attivi del patrimonio e dei relativi ammortamenti iscritti al passivo, altro non rappresentano che un adeguamento monetario del netto patrimoniale. Tali saldi logicamente dovrebbero essere imputati al capitale; ecco perché la stessa disciplina di riferimento prevede che quando tale imputazione non avviene deve essere costituita una apposita riserva che non potrà essere distribuita ai soci (se non rispettando la procedura stabilita per la riduzione del capitale esuberante) ma che potrà sempre essere imputata a capitale147.
Natura analoga ad una riserva da rivalutazione viene riconosciuta alla riserva da fusione148 che si genera quando, incorporata una società partecipata, il valore proporzionale del patrimonio netto della partecipata incorporato sia superiore al valore della partecipazione nel bilancio della partecipante incorporante. Può, infatti, accadere che la somma algebrica dei valori attivi e passivi incorporati sia maggiore del valore della partecipazione annullata. Questa “plusvalenza” da fusione è indubbiamente sempre imputabile a capitale.
Per quanto riguarda il finanziamento soci, ferma restando la disponibilità per l’imputazione a capitale sociale, occorre distinguere il caso in cui si tratti di veri e propri conferimenti, e allora si avrà un aumento gratuito del capitale sociale, da quello in cui si tratti di prestiti, talché l’aumento dovrà considerarsi a pagamento e si realizzerà mediante compensazione tra credito di ciascun socio alla restituzione e debito da sottoscrizione dell’aumento. Nell’ipotesi di versamenti in “conto futuro aumento di
147 Sulla controversa natura dei saldi attivi di rivalutazione si veda paragrafo 6.1.
148
Superti Furga F., Riserve e fondi nel bilancio di esercizio. Aspetti economico-aziendali nella logica bel bilancio, in Riserve e fondi nel bilancio di esercizio, op. cit.
capitale”, il successivo aumento si dovrebbe considerare a pagamento, sebbene si tratti di un pagamento già effettuato.
Infine, i fondi del passivo, nella misura in cui si possono considerare, nella realtà, quote del patrimonio netto, ossia sicuramente eccedenti rispetto al rischio o alle svalutazioni da essi fronteggiati, possono reputarsi imputabili al capitale. L’assemblea che delibera l’aumento di capitale ne potrà accertare la natura e quindi l’imputabilità al capitale.
7.2 Segue: LA DISTRIBUIBILITÀ DELLE RISERVE
Diverso dal concetto di disponibilità è quello di distribuibilità delle poste del netto. In questo caso i vincoli imposti dalla legge civile attengono alla possibilità di attribuzione ai soci.
In base alla disciplina civilistica del netto, di regola sussiste la libertà della società di disporre, a favore dei soci, del proprio patrimonio. Solo norme di legge, o principi desumibili dalla funzione attribuita a un componente del netto da norme di legge, possono giustificare la non distribuibilità.
Quindi, non possono essere distribuiti il capitale minimo e la riserva legale corrispondente al capitale minimo perché rappresentano la garanzia dei creditori sociali. Anche nel caso di esuberanza del capitale per il conseguimento dell’oggetto sociale il rimborso del capitale in esubero ai soci è consentito se sussiste il consenso tacito dei creditori. E lo stesso vale per la riserva legale per la parte rapportata al capitale. Una volta ridotto il capitale per esuberanza è chiaro poi che la parte eccedente della riserva legale diviene liberamente distribuibile.
Anche le riserve da rivalutazione monetaria sono soggette ad un maggior vincolo a garanzia dei creditori, per cui possono essere distribuite ai soci solo con l’osservanza della procedura stabilita per la riduzione del capitale esuberante.
Le riserve statutarie possono essere distribuite alle condizioni previste dallo statuto: la decisione spetterà all’assemblea ordinaria o straordinaria a seconda della funzione assegnata alla riserva.
La riserva sovrapprezzo azioni può essere distribuita solo dopo che è stata completata la riserva legale. Nulla però vieterebbe di imputare questa riserva interamente a capitale come visto sopra.
Alcuni vincoli civilistici alla distribuzione di riserve sono poi dettati in relazione all’impiego di determinati criteri di valutazione delle attività di bilancio, nel rispetto del principio di prudenza. Ad esempio, i costi di impianto e ampliamento, di ricerca e sviluppo, di pubblicità e propaganda, possono essere capitalizzati (ossia iscritti tra le attività) e ammortizzati entro cinque anni; tuttavia, fino a che l’ammortamento non è completato possono essere distribuiti utili solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei costi non ammortizzati. Il che equivale a rendere indistribuibili le riserve di utili corrispondenti all’ammontare dei costi capitalizzati e quindi sottratti alla formazione del risultato di esercizio (art. 2424 n. 5, c.c.). Analogamente, nel caso in cui si applichi il metodo del patrimonio netto per la valutazione delle partecipazioni sociali, ai sensi dell’art. 2424 n. 4, c.c., il valore corrispondente al componente positivo di reddito rilevato nel conto economico per effetto dell’applicazione di tale criterio di valutazione deve essere accantonato in una riserva non distribuibile. Ciò perché la società partecipante rileva nel proprio bilancio l’incremento di valore della partecipazione detenuta corrispondente agli utili non distribuiti dalla partecipata.
Ciò detto, può sembrare singolare che, in presenza di utile distribuibile, l’assemblea deliberi di accantonarlo a riserva e nello stesso tempo di distribuire riserve già esistenti nel netto patrimoniale. In effetti, questo fenomeno potrebbe avere una giustificazione fiscale, in ragione del diverso regime tributario cui sono sottoposte le varie riserve in caso di distribuzione149.
Come visto sopra, sebbene la distribuzione di riserve non sia tecnicamente distribuzione di un dividendo, si rende tuttavia applicabile la disciplina del dividendo150 di cui al 2433 c.c.. Anche in ordine al momento in cui può deliberarsi la distribuzione di riserve, il fatto che sia ammissibile una delibera di distribuzione apposita diversa e successiva da quella di cui al 2433 (che riguarda la distribuzione dei dividendi in sede di approvazione del bilancio), non vuol dire che la distribuzione di riserve non sia distribuzione di dividendi, ma significa soltanto che - considerato che anche tra la data di chiusura dell’esercizio e quella di approvazione del bilancio intercorre un certo lasso di tempo in cui la situazione può modificarsi e di ciò deve essere riferito all’assemblea solo se si
149
Si veda infra, paragrafo 10.
tratta di fatti sopravvenuti che la modificano in peius - non è necessario che ci sia contemporaneamente alla distribuzione la verifica della sussistenza delle riserve che si intende distribuire: basta che ci sia stata la delibera di approvazione del bilancio da cui quelle riserve risultano e che nel frattempo non siano sopravvenute perdite capaci di intaccare le riserve che si intende distribuire151.
7.3 Segue: L’UTILIZZABILITÀ DELLE RISERVE A COPERTURA DELLE PERDITE
Costituendo parte del netto patrimoniale, le riserve sono destinate ad essere intaccate da tutti gli eventi che comportino una diminuzione del patrimonio sociale, quindi dalle perdite. Il decremento dell’attivo o l’incremento del passivo sono fatti che l’assemblea potrà solo constatare; ne deriva che la riduzione del netto sarà automatica e non dipenderà da alcuna decisione dell’assemblea.
Il problema è capire quale parte del netto viene intaccata per prima.
A causa del diverso regime vincolistico di ciascuna riserva, che ne condiziona la libera distribuibilità ai soci, il principio di tutela dei creditori impone che siano assorbite per prime le riserve non vincolate (riserve facoltative e in genere distribuibili). In caso contrario si lascerebbero sussistere strati del netto di cui i soci potrebbero liberamente disporre. Poi potranno considerarsi assorbite, nell’ordine, le riserve statutaria, quelle di rivalutazione monetaria, la riserva legale e infine il capitale. In presenza di versamenti in conto capitale, problematico si presenta il caso in cui uno solo dei soci abbia effettuato il versamento: infatti, ciononostante, la corrispondente posta iscritta nel netto ha natura di riserva (di capitale) ed è perciò esposta alle perdite prima del capitale. Invece, dovrebbe essere assorbita per ultima proprio perché proviene da un solo socio.
8. IL CONCETTO DI RISERVE E FONDI DISPONIBILI NEL DIRITTO