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CLAUDIO PALUMBO

Nel documento What about the german prisoner? (pagine 76-78)

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Parma

PREMESSA

I

l tema delle “competenze trasversali” è stato in- trodotto nel dibattito italiano grazie al contributo dell’ISFOL, che già dalla prima metà degli anni 90 ha promosso la riflessione su questo concetto (cfr. i diversi numeri annuali dell’Osservatorio Isfol). Le attuali evoluzioni del mondo del lavoro impongono sempre più di cambiare mansione, o addirittura professio- ne, diverse volte nel corso della vita. La formazione, oltre a preparare l’individuo ad un lavoro definito, deve munirlo di competenze generali, suscettibili di essere utilizzate in situa- zioni professionali variabili e imprevedibili.

Alle competenze specialistiche si sostituiscono sempre più le “competenze multiple”, che possono considerarsi la prima forma di “trasversalità”: si tratta di trovare le competenze comuni a molte professioni, tali da far sì che la loro acquisi- zione in una di queste permetta il trasferimento in altre pro- fessioni.

Le competenze trasversali consentono di mettere in atto comportamenti al di là della professionalità specifica; molte di esse possono essere utilizzate in differenti ambiti, trasfe- rite da una professione all’altra, da un contesto di studio ad uno lavorativo, da una situazione all’altra (Rey, 2003).

Tali competenze si articolano in due dimensioni:

- dimensione work based: competenze trasversali correlate a compiti ed attività lavorative che risultano simili in diversi settori/contesti; per l’individuo è necessario acquisirle per- ché sono “diffuse” e quindi utili nella prospettiva dell’inseri- mento o dello sviluppo professionale;

- dimensione worker based: competenze trasversali con- nesse alle “strategie operatorie” del soggetto ed al suo “modo di essere” nel realizzare l’attività lavorativa; in questa acce- zione, possono essere definite personal requirements e sono riferite al soggetto piuttosto che al lavoro.

L’esempio dell’“iceberg” suggerisce la differenza tra le dimensioni ora accennate: possiamo immaginare nella parte

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Di conseguenza, ciò che risulta necessario non è l’aumento del tempo scolastico, dei contenuti e delle discipline; è im- portante invece rendersi conto di ciò che si è in grado di fare e collegarlo a ciò che si sa.

Il concetto di edu- cazione che scaturisce dalla Raccomandazio- ne Europea del 2006 risponde a esigenze di integrazione sociale e produttiva piuttosto che a obiettivi di autonomo sviluppo umano, dal mo- mento che nel testo si so- stiene che l’istruzione ha “un duplice ruolo, sociale ed economico”. La strategia delle competenze comporta una ricaduta sui modelli pedagogici e didattici che va oltre le intenzioni dei legislatori europei, in quanto sposta l’attenzione dalla quantità di nozioni acquisite alla qualità della loro assimilazione ed elaborazione. Sem- bra inoltre positivo che le competenze chiave individuate (tra le quali: “imparare ad imparare”, “competenze sociali e civiche”, “senso di iniziativa e di imprenditorialità”) non abbiano tra loro nessuna gerarchia e risultino tutte ugualmen- te importanti e interrelate, lasciando in qualche modo aperta la porta a possibili integrazioni. Il carattere trasversale delle competenze chiave le rende essenziali, esse forniscono valo- re aggiunto all’occupazione e alla coesione sociale.

(Consiglio dell’Unione Europea, “Istruzione & Forma-

zione 2010”. L’urgenza delle riforme per la riuscita della strategia di Lisbona. Relazione intermedia comune del Con- siglio e della Commissione sull’attuazione del programma di lavoro dettagliato concernente il seguito dato agli obiettivi dei sistemi di istruzione e di formazione in Europa, Bruxelles

2004, pp. 5-25. Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competen- ze chiave per l’apprendimento permanente (2006/962/CE) “Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea” 30.12.2006, L. 394/10-18).

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Progetto Excelsior (2012). Il lavoro dopo gli studi. Roma, Unioncamere.

Rey, B. (2003). Ripensare le competenze trasversali. Mi- lano, Franco Angeli.

continuo mutamento. La “capacità di la- vorare in autonomia”, indicata come “molto importante” nel 46% delle assunzioni, risulta piuttosto diffusa e con intensità decrescente dai livelli di istruzio- ne più elevati a quelli meno elevati. Seguono nell’ordine le competen- ze riguardanti l’ “abilità nel gestire i rapporti con i clienti” (42% delle as- sunzioni), l’ “abilità di problem solving” (41%), la capacità “comunicati- va scritta e orale” (37%). L’indagine richiedeva

alle imprese di indicare l’importanza di queste competen- ze trasversali insieme a quelle più specifiche connesse alla professione per cui si è segnalata la necessità di assunzione. Pertanto tali competenze trasversali sono richieste in aggiun- ta a quelle tecniche legate al mestiere, evidentemente non ritenute sufficienti per un corretto passaggio dal mondo della formazione a quello del lavoro. Inoltre, nella maggior parte dei casi, gli imprenditori hanno fatto prevalere posizioni che attribuiscono pari peso ai due tipi di competenze.

È interessante ancora constatare che coloro i quali ritengo- no le competenze specifiche della professione più importanti di quelle trasversali sono meno (12%) di chi si pone in una posizione contraria (14%); in questi ultimi casi, l’impresa sarebbe verosimilmente disposta ad accettare una persona meno qualificata nelle competenze specifiche, al cospetto di elevate capacità di team working, adattamento, autonomia, ecc.

L’ATTENZIONE IN EUROPA

Il 18 dicembre 2006 viene adottata dal Parlamento Euro- peo e dal Consiglio d’Europa la Raccomandazione “relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente”: è un documento importante che costituisce un punto di arrivo del lavoro svolto a partire dal Consiglio Europeo di Lisbona del 2000; è inoltre un punto di partenza per quanto riguarda la successiva definizione e applicazione del quadro di riferi- mento nei diversi sistemi nazionali.

Le competenze chiave individuate da questa Raccoman- dazione stanno ad indicare l’importanza di collegare le atti- vità formative scolastiche con gli apprendimenti successivi, con le esperienze esterne alla scuola, con il mondo del la- voro e delle professioni, con un progetto di vita personale e professionale aperto. Esse scaturiscono dalla constatazione che la scuola sta trasmettendo forme di conoscenza che non sono più adatte ai bisogni della maggioranza delle persone.

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Nel documento What about the german prisoner? (pagine 76-78)