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Il clima e gli eventi atmosferici sono elementi in cui già ci siamo imbattuti lar- gamente nella trattazione degli elementi naturali delle relazioni di viaggio. Da essi dipendono infatti molte questioni riguardanti la flora e la fauna delle re- gioni esplorate. Nonostante ciò, vale la pena soffermarsi brevemente su questo tema specifico, sia per rimarcarne l’importanza in maniera indipendente dalle altre topiche, sia per riportarne alcuni aspetti che sono sfuggiti fin’ora a questa analisi.

Al giorno d’oggi ci pare cosa ovvia il fatto che spingendosi sempre più ver- so l’Equatore il clima divenga sempre più caldo e le ore di luce aumentino man mano, fino a diventare equivalenti in corrispondenza della linea equinoziale. Al tempo delle prime esplorazioni invece, tutto ciò non era così scontato. Rispetto a questi temi il riferimento di questi navigatori era la teoria della zona torrida della Terra, secondo cui la fascia centrale del pianeta era arsa dai raggi del sole e disabitata. È vero che questa teoria intuiva bene l’effettivo funzionamento delle dinamiche di irraggiamento solare, ma lo faceva in maniera grossolana. Per i marinai del Principe Enrico infatti, la zona torrida cominciava con il Capo Boja- dor, a Sud del quale tutto era bruciato. Come abbiamo già rilevato, quei marinai stessi scoprirono che questa divisione non era proprio così netta. Così, circa vent’anni dopo il superamento del capo Bojador, Ca Damosto si preoccupava di registrare il carattere progressivo delle variazioni nel clima.

In questo paexe è sempre mai caldo grando, e quanto è più in là verso ostro, è molto mazor caldo; e per comparation, de zenar non fa tanto fredo in questa region, che più non ne faza in april in queste nostre parte. (Alvise Ca Damosto, Navigazioni Atlantiche, p. 46)

Abbiamo già visto come in svariati punti della sua relazione il veneziano attribuisse al sempre maggior caldo l’assenza di quelle che lui chiamava “bestie quadrupede”. I grandi caldi, vengono anche indicati dal navigatore come causa frequente di morte degli uomini, anche i quelli che vivono stabilmente in questi luoghi.

E nel dito paexe non hano bestie quadrupede, ché tute moreno; non hano bestie da cavalchar né da somezar, perché non pono viver. E anchòra molti di sopraditi Arabi e Azanegi se amalano nel dito luogo e altri moreno, e questo per la gran calura.

(Alvise Ca Damosto, Navigazioni Atlantiche, p. 46)

Perciò con il termine “bestie quadrupede”, Ca Damosto intende animali da lavoro. Vi sono altri esempi di queste considerazioni che abbiamo già incontrato,

sopratutto sopra l’assenza del cavallo. Ma l’attenzione del navigatore riguarda anche altri tipi di animali che secondo il veneziano non esistono in quelle terre a causa del clima.

Non se trova altri animali da mestier, salvo cha buoi, vache e cavre; pegore non gie nasce, e non poderia vivier per el grande caldo: perché la pegora si è animal che ama la terra de agiero temperado, e più preso vivono ne la terra freda che ne la terra calda;

(Alvise Ca Damosto, Navigazioni Atlantiche, p. 64)

In realtà, da quanto ci dice Raymond Mauny, le pecore vivono benissimo in Africa Occidentale, anche se si tratta di una razza particolare (Ovis longipes) che non ha lana364. Quando poi il veneziano si riferisce alla mancanza delle piante ritenute da noi fondamentali - i cereali e la vite – ritorna sulla questione del clima caldo con maggiori particolari.

E questo perché el paixe è tanto caldo né non gie piove i nove mesi de l’ano; zoè dal mese de octubro per fina tuto zugno non piove, e per questo calor grande nol ge puol nascer formento.

(Alvise Ca Damosto, Navigazioni Atlantiche, p. 64)

Nella seconda navigazione Ca Damosto sembra rendersi meglio conto del funzionamento delle stagioni in queste aree e del fatto che vi sia una stagione secca, effettivamente molto calda, e una stagione delle piogge, che identifica con il nostro inverno.

Questo paexe è sempre caldo tuto el tempo de l’ano. L’è vero che ’l fa varietade, e quella chiamano inverno: perché comezando el mese de luio fina per tuto otobro el piove squasi ogni zorno continuamente su l’ora de mezo dì, in questo modo: che ’l se leva algune nembaice continuamente de sovra terra, tra grego e levante o da levante e sirocho, con gran toni, lampi o fulgori; e cossì piove una grandinissima aqua. [. . . ] Dechiarando che ho intesso che in questo paexe, fra terra, per la gran calidità de l’aiere, l’acqua che piove sì è calda.

(Alvise Ca Damosto, Navigazioni Atlantiche, p. 87)

Con l’andar del tempo la conoscenza del funzionamento del clima in quelle aree si fece sempre più raffinata. Già nella Navigazione da Lisbona all’isola di San Tomé, vi è un capitolo dedicato esclusivamente alla descrizione delle stagio- ni e dei venti, con le differenze che intercorrono tra questi e quelli delle regioni

temperate (Navigazione da Lisbona a San Tomé, pp. 584-585). La cosiddetta “in- versione delle stagioni”365fu uno degli aspetti e dei fenomeni che più colpirono i marinai dell’Età delle Esplorazioni Geografiche, sopratutto per le differenze che comportava rispetto alla teoria della zona torrida. Purtroppo, in questo lavoro è stato possibile analizzare questo aspetto solo in parte. Nonostante questo fe- nomeno abbia inizio in corrispondenza del tropico del Cancro, l’area geografica presa in considerazione da questo lavoro, e le relazioni portate come fonti, non comprendono l’emisfero australe. Lo studio delle relazioni riguardanti tutta la costa africana rivelerebbero meglio la progressiva scoperta di questo fenomeno e le considerazioni dell’epoca su di esso.

Abbiamo già visto come nel codice di Valentim Fernandes vi sia un riferi- mento alle Trovoadas Secas che talvolta trasportano le locuste e stormi di uccelli che in certi casi vengono spinti in mare. L’informatore descrive così questo fenomeno, le tempeste di sabbia, di cui in Europa si doveva sapere ben poco.

Trouadas secas ha neste deserto que vem de pedras e vento e area a mais fea cousa do mundo que parece que arde o mar e a terra em lingoas de fogo / E causa segundo os terretorios e os baueyros do çeo que pareçem verdes amarelhos vermelhos azuis etc. E esto tudo dura h ˜u a hora ou duas/ 366 (Cepta e sua Costa, in: Códice Valentim Fernandes, p. 54)

Duarte Pacheco Pereira invece, ci ha lasciato una accurata descrizione dei periodi climatici della regione tra il fiume Senegal e l’arcipelago di Capo Verde.

No mês de Agosto, Setembro e Outubro, nesta terra entra grande força de vento de trovoada por então ser aqui natural inverno, compre que estem bem amarradas. [. . . ] E estas ilhas são estériles porque são vizinhas ao Trópico de Câncer, e tem muito pouco arvoredo por causa de nelas não chover mais dos ditos três meses.367

(Duarte Pacheco Pereira, Esmeraldo de Situ Orbis, p. 102)

Sempre riguardo le isole di Capo Verde nella Navigazione da Lisbona all’isola di San Tomé l’isola di Santiago è descritta diversamente, sia nell’aspetto che nel clima.

365Con “inversione delle stagioni” si indica il fatto che a causa dell’inclinazione dell’asse terre-

stre quando un emisfero è più soggetto all’irraggiamento diretto dei raggi del sole e si trova in estate, l’altro è al contrario meno esposto e si trova in inverno.

366Ci sono tempeste secche che vengono in questi deserti di pietre vento e sabbia e sono la cosa più

brutta del mondo che pare che il mare e la terra ardano di lingue di fuoco / E a seconda dei territori e dei [baueyros] del cielo appaiono verdi, gialli, rossi, azzurri, etc. E tutto questo dura un’ora o due.

367Nei mesi di Agosto, Settembre e Ottobre, in questa terra c’è grande forza di vento di tempeste

perché qui in quel periodo è inverno, controllate di essere ben ancorati. [. . . ] E queste isole sono sterili perché vicine al Tropico del Cancro, e hanno molo pochi alberi a causa del fatto che in esse non piove più che nei sopraddetti mesi.

Questa isola è molto montagnosa, e ha molti luoghi asperi e nudi d’ogni sorte d’alberi, ma le valli sono molto coltivate. Quando il sol entra in Can- cro, ch’è nel mese di giugno, vi piove quasi di continuo, e gli Portoghesi chiaman la luna de las aguas.

(Navigazione da Lisbona all’isola di San Tomé, p. 571)

Se il paesaggio poteva nel frattempo essere cambiato per l’intervento del- l’uomo, le considerazioni sul clima rimangono differenti. Secondo lo studioso Arlindo Caldeira si tratta di un errore dell’anonimo pilota portoghese che avreb- be anticipato il periodo di maggiore piovosità nelle isole. Ancora oggi infatti i mesi più piovosi sono quelli tra Agosto e Ottobre368.

Un’altra questione curiosa riguardante il clima delle regioni tropicali è la credenza che in quelle acque non vi siano mai tempeste.

In questo parizzo che è fra il tropico e la detta linea [equinoziale] non han- no mai fortuna, perché ordinariamente fra li tropici non si sente fortuna. (Navigazione da Lisbona all’isola di San Tomé, p. 571)

Intendendo per “fortuna” il fortunale, cioè la tempesta, il pilota anonimo ri- porta una credenza che sembra avesse una vasta diffusione. Anche nella lettera di Zenobio Acciaioli c’è un breve riferimento a questo tema: “Il mare loro è senza tempesta continuam(en)te.” (Lettera di Zenobio Acciaioli, p. 14). Lo studioso Ar- lindo Caldeira spiega nelle sue note all’opera che effettivamente l’area tropicale non è frequentemente battuta da tempeste, ma che una generalizzazione del ge- nere è fondamentalmente “abusiva”369. La studiosa Elena Carnemolla invece ha

proposto una brillante interpretazione. I riferimenti all’assenza delle tempeste sarebbero un riflesso di quel fenomeno che è chiamato “calma tropicale”370. Si tratta di una zona di calma che si presenta nelle regioni situate nella fascia di alta pressione in prossimità dei tropici. In particolar modo, le zone di calma tro- picale si manifestano sugli oceani, nell’Atlantico nelle zone di alta pressione che separano gli alisei dai venti occidentali. Essendo determinate da condizioni di alta pressione atmosferica, le calme tropicali sono caratterizzate dall’assenza di vento o da venti molto deboli, dalla presenza degli anticicloni, dal tempo sereno e secco. Si tratta di un fenomeno irregolare e discontinuo che può presentarsi all’improvviso e stazionare in una regione per molti giorni o settimane. Per que- sto motivo la calma tropicale era considerata una seria minaccia ai tempi della

368Arlindo Manuel Caldeira, Viagens de um Piloto Português do Século XVI à Costa de África

e a São Tomé, Commissão Nacional para as Comemorações dos Descobrimentos Portugueses, Lisboa, 2000, nota n. 43, p. 90.

369Arlindo Manuel Caldeira, op. cit., nota n. 86, p. 100.

370Stefania Elena Carnemolla, Fonti Italiane dei Secoli XV-XVII sull’Espansione Portoghese, ETS,

navigazione a vela. Il vento poteva mancare improvvisamente per molti giorni, lasciando un veliero alla deriva nel mezzo dell’oceano con il rischio di esaurire le riserve di acqua. Del resto la presenza di tempeste in questi mari è registrata nelle altre relazioni. Basti pensare che la spedizione di Ca Damosto approdò alle isole di Capo Verde a causa di una tempesta che aveva spinto le navi a prendere il largo.

Ultimate pervegnessemo al Cavo Biancho, e avendo vista de esso cavo se largassemo um pocho in mar; e la note seguente ne fazea un temporal de garbin con vento favorevolo, deché, per non tornar indredo tegnissimo le volta de ponente e maistro.

(Alvise Ca Damosto, Navigazioni Atlantiche, p. 92)

Per quanto riguarda le coste della Sierra Leone invece Duarte Pacheco Pe- reira lascia un preciso avvertimento e invita i navigatori ad aspettarsi violente tempeste, dando indicazioni su come comportarsi.

E o piloto que nesta terra for, deve ser avisado que tenha boa vela em seu navio, porque aqui entram muito grandes trovoadas com grande força de vento, e o remédio disto é amainar até que a trovoada passe.371

(Duarte Pacheco Pereira, Esmeraldo de Situ Orbis, p. 120)

Proprio riguardo alla Sierra Leone, vi è in alcune relazioni, la descrizione del motivo per cui a questo luogo venne dato il nome che il paese ancora oggi porta. Serra Leoa in portoghese, o Sierra Liona in italiano, fu dato in primo luogo per la presenza di una catena montuosa che impressionò i navigatori del tempo per la sua vicinanza alla costa372. Da qui la prima parte del nome, Sierra. Quanto

alla seconda parte vi è discordanza tra le fonti. Duarte Pacheco Pereira prende a cuore la questione e spiega nella sua opera che il navigatore Pedro da Sintra, il primo a giungere a quella costa, gli avrebbe confidato personalmente il motivo per cui fu battezzata in quel modo.

E muitos cuidam que este nome de Serra Leoa lhe foi posto por aqui haver leões, e isto é falso; porque Pero de Sintra (um cavaleiro do Infante D. Anrique, que, per seu mandado, esta terra descobriu), por ver ˜u a terra tão áspera e

371E il pilota che si trovi in questa terra, deve essere avvisato che abbia una buona vela sulla

sua nave, perché qui vi sono grandi tempeste con grande forza del vento, e il rimedio a questo è ammainare [la vela] finché la tempesta non passi.

372Si tratta delle montagne che si trovano sulla penisola dove oggi sorge la capitale del paese,

brava, lhe pôs nome Leoa, e não por outra causa. E isto se não deve duvidar, porque é verdade porque ele mo disse assi. 373

(Duarte Pacheco Pereira, Esmeraldo de Situ Orbis, p. 119)

Nella parte dell’opera di Ca Damosto, in cui è stato trascritto il viaggio di Pedro da Sintra stesso, si legge un’altra versione che fa discendere l’etimologia del nome a dei fenomeni atmosferici propri di questa costa e delle sue montagne.

Serra Liona. Et questo per il gran rumor che di continuo si sente per causa de tuoni che sono sempre in la cima ch’è circondata da nebbie.

(Pedro de Cintra, Navigazioni Atlantiche, p. 122)

Il motivo legato a questo fenomeno atmosferico è ripreso anche dal pilota anonimo nella Navigazione da Lisbona all’isola di San Tomé.

Drieto la costa, veggono una montagna altissima, detta Sierra Liona, la cima della quale è sempre occupata e circondata da una nebbia foltissima, che causa tuoni e saette di continuo: e si sente questo rumor causato in la sommità di detta montagna per 40 e 50 miglia in mare; né mai si disparse detta nebbia, ancor che ’l sole sia ardentissimo e vi passi perpendicular disopra.

(Navigazione da Lisbona all’isola di San Tomé, p. 575)

Lo studioso Arlindo Caldeira ha fatto notare che questa spiegazione legata ai fenomeni atmosferici che avvengono in cima a queste montagne é sicuramente un’aggiunta di Ramusio al testo del navigatore veneziano. Il passo in questione appare infatti solamente nella versione pubblicata da Ramusio a Venezia nel 1550 e non nelle altre. La spiegazione di Duarte Pacheco Pereira sarebbe dunque più credibile anche se la versione ramusiana, legata agli eventi atmosferici che avvengono in cima alle montagne, ha avuto più successo.

Infine val la pena di riportare un fenomeno molto curioso, descritto dal pilota anonimo della Navigazione da Lisbona all’isola di San Tomé. Il marinaio dice di aver assistito questo fenomeno in alcune isole tropicali.

Si ha veduto qualche anno, dapoi piovuto, la luna di notte far quella appa- renza della iris, la qual si chiama l’arco, sì come fa il sole il giorno: ma li colori che fa la luna sono come nebbie bianche.

(Navigazione da Lisbona all’isola di San Tomé, p. 576)

373E molti credono che questo nome di Sierra Leone gli fu posto perché qui c’erano leoni, e questo è

falso; perché Pedro de Sintra (un cavaliere dell’Infante D. Enrico, che, per suo mandato, scoprì questa terra), vedendo una terra tanto aspra e selvaggia, gli mise il nome Leone, e non per altra causa. E di questo non si deve dubitare, perché quest è la è verità e perché lui mi disse così.

L’arco íris in portoghese indica l’arcobaleno. Il marinaio sta quindi dicendo di averne visto uno prodotto non dai raggi del sole, ma da quelli della luna. L’ar- cobaleno lunare, a prima vista un prodotto della fantasia, è invece un fenomeno che avviene davvero, anche se molto raro per le condizioni particolari in cui si forma. Si può osservare sopratutto in luoghi particolari, in prossimità di alcune famose cascate come le cascate dello Yosemite negli Stati Uniti; le cascate Vitto- ria al confine fra lo Zambia e lo Zimbabwe o nell’isola Waimea dell’arcipelago delle Hawaii.

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Filosofia e Scienza della Natura

Le relazioni analizzate in questo lavoro comprendono descrizioni e osservazioni da cui possiamo estrapolare informazioni riguardanti molti ambiti riguardanti non solo i caratteri della geografia fisica, ma anche importanti aspetti della cul- tura del tempo: l’arte nautica, le conoscenze astronomiche, la geografia umana. Sopratutto per quanto riguarda quest’ultima, le relazioni di viaggio dell’Età del- le Esplorazioni Geografiche hanno rappresentato un’importante opportunità di studio dei nuovi popoli incontrati, della rappresentazione che ne è stata fatta e del rapporto che ne nacque con la civiltà europea. Per gli speciali problemi che questi studi comportano è perciò necessario che vengano affrontati nel campo dell’antropologia culturale.

Nell’ambito di uno studio storico-geografico come questo, invece, abbiamo scelto di dedicarci allo studio degli elementi naturali. Questo tema sembrerebbe a prima vista secondario in confronto alla portata dei cambiamenti culturali av- venuti intorno alla scoperta di una parte dell’umanità con cui mai si era venuti a contatto, e alla luce di tutte le problematiche cosmografiche e religiose che ne derivarono. In effetti, la Natura rappresenta lo sfondo su cui le vicende delle esplorazioni si svolsero. Ma è proprio per questo che il modo in cui questo sfon- do fu pensato e descritto è molto importante. Innanzitutto, il paesaggio naturale è il primo elemento che i navigatori si trovarono di fronte nelle loro esplorazio- ni, il primo aspetto descrivibile dei nuovi mondi che incontravano. Come scrive lo studioso portoghese Fernando Cristovão: “uma tradição quase congénita sem- pre associou a descriçnao à narração, e nela a circustância, natural ou social, teve sempre lugar.”374.

Si trattava poi di un elemento preso in grande considerazione dai destina- tari di questi scritti. Abbiamo visto che questi furono in grande parte intellet- tuali umanisti di tutta Europa, ed è una aspetto che approfondiremo tra poco. Un chiaro esempio di questo interesse è rappresentato dall’intervista in forma di questionario che l’editore Valentim Fernades presentò al marinaio Gonçalo Pires. Il questionario contiene delle domande che mirano alla conoscenza di ca- ratteristiche specifiche dell’Isola di San Tomé. Come abbiamo già detto questo luogo esula sia geograficamente che cronologicamente dai limiti del nostro la- voro, ma ciò che è interessante di questo passo è la tipologia di domande che l’editore pose al marinaio.

374Una tradizione quasi congenita sempre associò la descrizione alla narrazione, e in essa la

circostanza, naturale o sociale, ebbe sempre luogo.

Fernando Cristovão, “A Literatura de Viagens e a História Natural”, in: (coordinação de) Fer- nando Cristovão, Condicionantes Culturais da Literatura de Viagens. Estudos e Bibliografia, «Al- medina», Centro de Literatura de Expressão Portuguesa da Universidade de Lisboa, L3. FCT, Coimbra, 2002, cit., p. 185.

Quanto tem em longura E quanto el largura / e quantas legoas pode auer em çerco

Quantos moradores podem auer em a ylha dos degradados e quantos dos nom degradados

Os ryos da ylha como se chamam e quantos som as montanhas quantas som e como se chamam

Em que cabo da ylha estam as mais das pouorações a principal onde se ao norde e sul e de quantos vezinhos

Ho capitam como se chama ao presente e se a capitania tem perpetua e ho que tem de renda e como apanha sua renda e onde / E a sua morada quejanda he e que guardas dos degradados tem /

Alimarias se som differeciados dos nossos

Aruores de sua altura e gordura e das suas fruitas e folhas se dizem com alg ˜uas das nossas

Eruas quejandas e a que aproueytam Dos lagartos grandes

Dos aues e como as tomam //375

(Fol. 342 v.◦, Códice Valentim Fernandes, pp. 161-162)

Su undici domande, la prima e la terza riguardano strettamente la descrizio- ne fisica dell’isola, le sue dimensioni, l’idrografia e l’orografia. La seconda e la quarta riguardano i suoi abitanti e i centri urbani. La quinta è rivolta a conoscere l’amministrazione civile e militare. Poi, tutte le successive domande riguardano elementi naturali quali: animali, specialmente i pesci; alberi e vegetazione in ge- nerale e i loro impieghi; notizie particolari sui coccodrilli376; infine sugli uccelli e il modo di catturarli. Il questionario è un efficace riassunto degli elementi na-