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Kuwait durante il conflitto del Golfo

CAPITOLO 3 IL CNN EFFECT COME LE IMMAGINI TELEVISIVE HANNO CAMBIATO LA PERCEZIONE DELLA

3.3 Il CNN Effect e la percezione dei leader politic

La testimonianza diretta dei leader politici sui fattori che hanno maggiore peso sulle loro decisioni fornisce un utile banco di prova per comprovare gli effetti della televisione globale. Nel maggio 1993, l'allora ambasciatore USA all'ONU, Madeleine Albright, fu la prima personalità politica a parlare esplicitamente di

CNN Effect:

“If you were to search for one term that best describes the challenge confronting the new era, it is 'collective security'. Every day we witness this challenge of collective security on television - some call it the CNN effect – and hear of it on the broadcasts of National Public Radio. Aggression and atrocities are beamed into our living rooms and cars with astonishing immediacy. No civilized human being can learn of these horrid acts occurring on a daily basis and stand aloof from them”171.

171 Madeline Albright, “Building a Collective Security System,” discorso tenuto alla

sottocommissione su Europa e Medio Oriente, Organizzazioni Internazionali e Diritti Umani del Comitato per gli Affari Esteri del Congresso, 3 maggio 1993. Versione online consultabile

Un'ulteriore conferma arriva dalle parole dell'ex segretario di Stato Lawrence Eagleburger. Anche lui nell'individuare i fattori che hanno contribuito ad un cambiamento delle politiche estere ha sottolineato l'importanza del CNN Effect:

“The public hears of an event now in real time, before the State Department has had time to think about it. Consequently, we find ourselves reacting before we’ve had time to think. This is now the way we determine foreign policy—it’s driven more by the daily events reported on TV than it used to be”172.

Percezioni queste rafforzate da un altro ex segretario di Stato, James Baker, che nelle sue memorie scrisse:

“The terrible tragedy of Tiananmen was a classic demonstration of a powerful new phenomenon: the ability of the global communications revolution to drive policy. Since then in Iraq, Bosnia, Somalia, Rwanda, and Chechnya, among others, the real-time coverage of conflict by the electronic media has served to create a powerful new imperative for prompt action that was not present in less frenetic time”173.

Bisogna quindi elaborare le strategie in quello che l’ex Segretario di Stato James Baker ha definito real time mode, ovvero una politica in diretta, che elabora le sue mosse mentre le immagini scorrono in tv e corrono – in anni più recenti - sulla rete. Baker ha ulteriormente elaborato queste sue riflessioni nel corso di un'intervista con il giornalista Marvin Kalb, affermando come “il CNN Effect abbia rivoluzionato il modo in cui i politici debbano svolgere il proprio ruolo, in particolare nell'arena della politica estera”174. L'ex Segretario Generale delle Nazioni Unite Boutros Boutros - Ghali si è spinto ancora oltre dichiarando come la “CNN sia il sedicesimo membro del Security Council”175.

La Somalia, citata da Baker nel suo ragionamento, è un esempio da approfondire perché divenuto nelle ricostruzioni storiche paradigma esemplificativo dell'effetto di pronta reazione dei leader alle immagini trasmesse in televisione. Ad appena un 172 David Pearce, Wary Partners: Diplomats and the Media, 1995

173J ames Baker III, The Politics of Diplomacy,1995, p. 103.

174 Citazione tratta da: Marvin Kalb, Report First, Check Later, Interview with James A. Baker III,

Vol. 1 , 1996

175 Citazione tratta da: Larry Minear, Colin Scott, and Thomas G. Weiss, The New Media, Civil War,

anno dalla Guerra del Golfo gli Stati Uniti decisero di intervenire in risposta all'emergenza umanitaria che si venne a profilare per gli effetti della guerra civile in corso nel paese. Anche qui un peso specifico ebbe il ruolo della CNN, che diffuse in diretta e in tutto il mondo le immagini della popolazione somala allo stremo. Gli Stati Uniti intervennero in Somalia nel 1992 ma nell'ottobre del 1993 cambiò tutto: le immagini di un soldato americano ucciso e trascinato per le strade di Mogadiscio fecero rapidamente il giro del mondo. Rievocarono i fantasmi e gli orrori del Vietnam e costrinsero il presidente Clinton a ritirare le truppe dalla Somalia. Una dichiarazione del 1996 di John Shattuck, assistente del segretario di Stato Madeline Albright ai tempi dell’amministrazione Clinton, ci rivela come i media portarono dapprima gli Usa in Somalia e poi fuori dal conflitto. Un effetto definito letteralmente push and pull:

“The media got us into Somalia and then got us out” 176.

Un interessante analisi ex post degli eventi l'ha fornita nel 1993 il diplomatico di lungo corso George Kennan nel corso di un'intervista con il giornalista di punta della CBS Dan Rather. Kennan raccontò che il 9 dicembre 1992 – giorno in cui i marines americani sbarcarono in Somalia – scrisse sul suo diario personale che era una data che segnava “un terribile errore della politica americana” accettata dal pubblico americano e dal Congresso a causa dell'incessante copertura televisiva177:

“There can be no question that the reason for this acceptance lies primarily with the exposure of the Somalia situation by the American media, above all television. The reaction would have been unthinkable without this exposure. The reaction was an emotional one, occasioned by the sight of the suffering of the starving people in question”178.

Insomma, da queste dichiarazioni sembrerebbe che sia la televisione a determinare cosa si eleva al rango di crisi internazionale e cosa no. Le parole che in questo senso hanno fatto più rumore in assoluto nella storia recente sono state pronunciate il 17 luglio del 1995 dal presidente Bill Clinton, in risposta alla pressione mediatica per un intervento degli Stati Uniti in Bosnia:

176 John Shattuck, From Massacres to Genocide: The Media, Public Policy and Humanitarian

Crises, 1996, p. 174.

177 Ricostruzione tratta da: George Kennan, At a Century’s Ending: Reflections, 1982–1995 , 1996,

pp. 294–297.

“We have a war by CNN. Our position is unsustainable, it’s killing the U.S. position of strength in the world”179.

Altri esponenti delle istituzioni americane hanno fornito una visione più complessa degli effetti della copertura globale delle notizie. La testimonianza del generale Colin Powell è l'esempio più lampante di un approccio critico alla questione:

“Live television coverage does not change the policy, but it does create the environment in which the policy is made”180.

Anthony Lake, studioso e primo Consigliere di Sicurezza Nazionale del presidente Clinton, ha riconosciuto che la pressione dell'opinione pubblica, guidata dalle immagini televisive, ha sempre svolto un ruolo importante nel processo decisionale in materia di risoluzione di crisi umanitarie, ma ha aggiunto anche che altri fattori - come il costo e la fattibilità - erano variabili altrettanto importanti181.

Robert MacNeil – giornalista di lungo corso e analista politico - nei suoi studi ha riassunto entrambe le posizioni aggiungendo un'altra variabile decisiva, la leadership:

“If a leader can define the national interest clearly, television—however lurid, responsible or irresponsible—will not drive foreign policy. When he fails to do so, it may”182.

Parole che trovano riscontro in una dichiarazione del generale Colin Powell, convinto che la costruzione di una politica forte e decisa che spieghi il senso delle immagini televisive:

“They’re (the American people) prepared to take casualties. And even if they see them on live television it will make them madder. Even if they see them on live television, as long as they believe it’s for a solid purpose and for a cause that is understandable and for a cause that has something to do with an interest of ours. They will not understand it, if it can’t be explained, which is the point I have made consistently over the years. If you can’t explain it

179 Bob Woodward, The Choice, 1996, p. 261.

180 Citazione tratta da: Timothy J. McNulty, Television’s Impact on Executive Decisionmaking

and Diplomacy, 1993, p. 80.

181 Ricostruzione tratta da: James Hoge, Jr., Media Pervasiveness, Foreign Affairs, Vol. 73, Luglio-

Agosto 1994, p. 139.

to the parents who are sending their kids, you’d better think twice about it”183.