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La seconda fase della crisi nel Golfo analizza la copertura delle vent

settimane che intercorrono tra l'ottobre del 1990 e la fine del conflitto. Nel corso della prima metà di questa seconda fase, da metà ottobre a fine dicembre del 1990, il supporto pubblico nei confronti del presidente George H. Bush è tornato ai livelli pre-invasione. Durante queste dieci settimane le Nazioni Unite fecero passare tre risoluzioni dove si faceva esplicita richiesta a Saddam Hussein di ritirare le truppe dal Kuwait, di rilasciare gli ostaggi trattenuti in Iraq e Kuwait, e nella terza risoluzione, la 678 del 29 novembre del 1990 era inserita una clausola particolare. Quest'ultima risoluzione, la dodicesima dall'invasione del Kuwait, autorizzava infatti gli stati membri ad utilizzare tutti i mezzi necessari per ripristinare la pace internazionale e la sicurezza nell'area58.

Durante questi mesi ci furono le elezioni di mid-term, le audizioni in Congresso sull'operato nel Golfo e la decisione del presidente l'8 novembre del 1990 di raddoppiare la presenza di truppe americane nel Golfo, fino a 400.000 uomini pronti ad intervenire dall'Arabia Saudita59.

E il 6 dicembre del 1990 segnò la data in cui Saddam Hussein rilasciò gli ostaggi stranieri trattenuti in Iraq e in Kuwait.

In queste 10 settimane dense di avvenimenti molto diversi tra loro, l'opinione pubblica americana si confrontò con notizie contrastanti. La notizia del rilascio degli ostaggi, ad esempio, fu interpretata dai media americani come una vittoria dell'amministrazione Bush. Di contro, la sconfitta dei repubblicani alle elezioni di metà mandato venne accolta con preoccupazione dai media conservatori.

La seconda metà di questa fase di studio, comincia nel gennaio 1991. Il notevole picco di consenso raggiunto da George H. Bush nella retorica del “handling of his

job as a president” venne accompagnato da altri eventi. Il 9 gennaio del 1991

cominciarono gli incontri tra i rispettivi ministri di Iraq e Stati Uniti per trovare una soluzione diplomatica alla crisi nel Golfo. Il 10 gennaio del 1991 cominciò una due giorni di audizioni in Congresso sulla eventuale concessione al presidente Bush dell'autorità di procedere con l'uso della forza militare in Iraq. Il 12 gennaio, il Congresso diede il suo via libera sulla questione. Il 15 gennaio, il presidente Bush diede il suo ordine di intervenire militarmente in Iraq allo scadere dell'ultimatum (alla mezzanotte di quel giorno) imposto dalla risoluzione 660 delle Nazioni Unite.

58 http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/12/01/la-risoluzione-678-sull-uso-

della-forza.html

Il 16 gennaio, partì quindi l'operazione Desert Storm, e il 28 febbraio l'Iraq annunciò il “cessate il fuoco”.

Durante le ultime dieci settimane della crisi nel golfo, le notizie dall'Iraq hanno dominato le dinamiche di consenso per il presidente. Il grafico60 propone un confronto tra due diversi trend, uno sul consenso del presidente Bush e l'altro sull'attenzione della stampa alla crisi del Golfo durante le trenta settimane di crisi, dal 2 agosto del 1990 e il 12 marzo 1991.

Questi due trend ci mostrano come nelle dieci settimane successive all'invasione del Kuwait, la copertura degli eventi e il supporto al presidente sono su due tracce differenti, anche perché misurate in differenti unità di misura, ma strettamente correlate tra loro. Le due tracce si intersecano i primi di gennaio del 1991. Dopo una flessione abbastanza netta dell'attenzione della stampa – per i problemi legati all'economia interna – dal dicembre del 1990 le notizie dal Golfo tornarono a dominare la scena mediatica, e continueranno a farlo fino alla fine del conflitto. Dati che trovano ulteriore riscontro dalle rivelazioni di LaMay61: tra il dicembre del 1990 e il marzo del 1991, i notiziari televisivi hanno dedicato 2.658 minuti alla crisi del Golfo; nello stesso periodo la storia con il secondo più alto volume di copertura giornalistica è stata la situazione politica in Unione Sovietica, con 56 minuti di notizie. La crisi nel Golfo ha concentrato l'83 per cento dell'intero palinsesto delle news tra il dicembre del 1990 e il marzo 1991. Durante questo periodo di tempo, come spiega Richard A. Brody in un suo saggio, cresceva il supporto per il

60 Executive Trend Watch's National Media index pubblicato nel 1991 dalla Conference on Issues

and Media

presidente George H. Bush:

“Support for Bush grew for the simple reason that the policies succeeded quickly and without great cost. The war lasted only forty-five days, U.S. Encountered very little resistance from Iraqi air forces on air defenses, and the ground war, when it came, ended in one hundred hours with the Iraqi withdrawal from Kuwait”62.

1.5 Addomesticare una crisi: i Washington Newsbeats e i network

americani

La qualità della copertura giornalistica degli eventi è una variabile che dipende anche dalla scelta su dove piazzare i propri reporter per raccontare una crisi. In una notizia di politica estera, negli Stati Uniti ci sono quattro beats istituzionali che entrano in gioco: Casa Bianca, Dipartimento di Stato, Pentagono e Campidoglio.

 Casa Bianca. Il presidente degli Stati Uniti è il fulcro attorno a cui girano la maggior parte delle notizie politiche. Invece di considerare la presidenza una istituzione, i corrispondenti dalla Casa Bianca si concentrano sulla persona del presidente e sulle sue dichiarazioni, orientandole verso una strategia politica di mantenimento della leadership e del potere.

 Dipartimento di Stato. Al contrario della Casa Bianca, le notizie che arrivano dal Dipartimento di Stato sono orientate verso una formulazione della politica. In parte, questo aspetto riflette la centralità del linguaggio performativo nel processo decisionale di politica estera. Detto questo, qualsiasi parola attribuita ad un ufficiale del Dipartimento di Stato diventa automaticamente una notizia che traduce la politica che intende seguire il governo su un determinato tema.

 Pentagono. In ambito militare risulta più difficile standardizzare i processi di costruzione della notizia, in quanto è più difficile per un

62 Richard a.Brody,, Taken by Storm: The Media, Public Opinion, And U.S. Foreign Policy In The

giornalista trovare qualcuno che commenti pubblicamente una determinata questione, e ci si affida a fonti interne al Pentagono per costruire resoconti credibili di quanto discusso durante i briefieng a porte chiuse.

 Campidoglio. Il lavoro del corrispondente al Campidoglio è facilitato dai numeri, ci sono 535 fonti – ai vari livelli di competenza - da interpellare. Il focus qui è sul dibattito legislativo e i possibili effetti.63 La crisi nel Golfo, che nasce e si sviluppa in un contesto internazionale, viene così “addomesticata”, divenne notizia locale, raccontata da inviati a Washington o da giornalisti in studio. Le notizie sul Golfo arrivavano perlopiù dal golden triangle, ovvero dai collegamenti incrociati tra Casa Bianca, Pentagono e Dipartimento di Stato. In particolare, dei 141 servizi andati in onda tra agosto e settembre del 199064, il 22% cominciavano con un resoconto del corrispondente dalla Casa Bianca. Questo dato evidenzia come l'era televisiva abbia costruito canoni ben definiti di concentrazione del potere, privilegiando determinati luoghi e determinati personaggi, mitizzando la figura dell'uomo solo al comando. Le notizie, girando attorno al golden triangle, innescano un sistema in in cui manca la pluralità di informazione, in quanto sotto stretto controllo del presidente e dell'esecutivo che dirige. Un modello di giornalismo basato su una logica commerciale ma non per questo immune dalle ingerenze del mondo politico, in cui si innesca un sistema di diffusione delle notizie standardizzato e che si autoalimenta attraverso questi canali ufficiali. Un sistema che entrerà parzialmente in crisi con l'ingresso di una nuova variabile: la copertura in diretta degli eventi fornita dalla CNN andrà a rimodulare queste certezze sul controllo del flusso di informazioni da parte del governo degli Stati Uniti.

63 Ricostruzione tratta da W. Lance Bennett and David L. Paletz , Taken by Storm: The Media,

Public Opinion, And U.S. Foreign Policy In The Gulf War ,1994.

64 Dati Vanderbilt University. Archivio consultabile online su http://tvnews.vanderbilt.edu/?

1.6 Strategic Public Diplomacy: Il controllo delle immagini del