CAPITOLO IV – ULTERIORI STRUMENTI FINALIZZAT
5. Codici di comportamento
La l. 190/2012 è intervenuta anche sui codici di comportamento con l’obbiettivo di rendere il principio dell’etica pubblica, in cui rientra anche la prevenzione della corruzione, il più concreto possibile332, la legge ha ordinato quindi al Governo l’adozione di un apposito codice che disciplinasse il comportamento dei pubblici dipendenti333.
Suddetto Codice è stato adottato tramite il d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, che ha abrogato il precedente del 2000334, e all’interno del quale sono stati disciplinati “doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità
e buona condotta” che gli stessi i pubblici dipendenti335 sono tenuti a
rispettare e gli eventuali atteggiamenti contrari saranno fonte di responsabilità disciplinare336.
Si parla di “doveri minimi” in quanto il Codice rappresenta la base di un sistema strutturato su due livelli, saranno poi infatti le singole amministrazioni ad elaborare ed adottare specifici codici di comportamento, sviluppando i precetti forniti dal Codice nazionale.
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V. D. ANDRACCHIO, Il divieto di pantouflage: una misura di prevenzione della corruzione
nella pubblica amministrazione, in Giustamm., IX, 2016, a cui si rinvia anche per un più puntuale
approfondimento sull’argomento.
332 V. E. D’ALTERIO, I codici di comportamento e la responsabilità disciplinare (art. 1, commi
44, 45 e 48), op. cit., pp. 221-223.
333 Art. 1, comma 44: “Il Governo definisce un codice di comportamento dei dipendenti
delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico”.
334 Approvato con decreto del Ministro per la funzione pubblica il 28 novembre 2000.
335 Il Codice trova applicazione nelle pubbliche amministrazioni così come definite dall’art. 1,
comma 2, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, magistratura ed Avvocatura dello Stato hanno invece l’obbligo di redigere un proprio codice etico, ma la novità consiste nel coinvolgimento dei dirigenti amministrativi e collaboratori e consulenti.
336 Art. 1, comma 1 art 13 per quanto riguarda la responsabilità disciplinare, d.P.R. 16 aprile 2013,
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Il legislatore delegato ha ritenuto di poter garantire l’etica pubblica focalizzandosi su due argomenti: rapporto del pubblico dipendente con la società civile e il conflitto di interessi.
Le disposizioni dedicate al primo tema hanno come fil rouge la tutela del buon andamento e dell’immagine dell’amministrazione, risultano però, a mio avviso, abbastanza peculiari in quanto, tra gli altri, vengono elencati una serie di comportamenti che il pubblico funzionario è tenuto a rispettare, questi però dovrebbero già far parte della coscienza civile, innanzitutto di ciascun cittadino, ed in particolare per chi presta un servizio della collettività, ne vengono riportati alcuni a titolo esemplificativo: “nei rapporti privati […] il dipendente non sfrutta, né menziona la posizione che ricopre nell’amministrazione per ottenere utilità che non gli spettino”, “il dipendente […] non ritarda né adotta comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il compimento di attività o l’adozione di decisioni di propria spettanza”, “il dipendente utilizza i mezzi di trasporto dell’amministrazione a sua disposizione soltanto per lo svolgimento dei compiti d’ufficio”, “il dipendente […] opera con spirito di servizio, correttezza, cortesia e disponibilità […], non rifiuta
prestazioni a cui sia tenuto con motivazioni generiche” e così via337.
Fa riflettere, quindi, la necessità di dover sottolineare l’erroneità o correttezza di determinati di comportamenti, poiché ciò testimonia ulteriormente lo scarso senso civico che ha reso necessaria la riforma tout court.
337 Le disposizioni a cui viene fatto riferimento sono gli articoli 10, 11, 12 del d.P.R. 16 aprile
146 5.1. Conflitto di interessi
Un tema particolarmente approfondito all’interno del Codice è quello del conflitto di interessi, il quale ha un legame profondo con l’imparzialità ed infatti viene definito come: “condizione che si verifica quando risulta, anche potenzialmente, compromessa
l’imparzialità richiesta al dipendente di una pubblica
amministrazione che, nell’esercizio del potere decisionale, può interporre interessi personali o professionali in conflitto con interessi
pubblici”338.
Scongiurare il conflitto di interessi significa garantire l’imparzialità del pubblico funzionario e di conseguenza prevenire eventuali fenomeni corruttivi in quanto saranno potenzialmente assenti interessi privati da sovrapporre e quelli pubblici339.
Il Codice adotta la linea di pensiero secondo cui il conflitto di interessi possa essere contrastato tramite i rimedi della rimozione, neutralizzazione ed evidenziazione340.
5.1.1. Rimozione del conflitto
Il rimedio sicuramente più efficace consiste nel rimuovere ex ante la causa del conflitto d’interessi.
Questo tipo di soluzione trova sviluppo nell’art. 4, all’interno del quale il Codice vieta categoricamente al pubblico dipendente di offrire, accettare o richiedere, per sé o terzi, regali o altre utilità, pena
338 ANAC, parere 18/02/2015, n. AG/08/2015/AC, p. 4, www.anticorruzione.it 339
Fermo restando la presenza dell’art. 8 rubricato “Prevenzione della corruzione” e all’interno del quale è previsto che il dipendente rispetti le prescrizioni del piano per la prevenzione della corruzione, collabori con il responsabile della prevenzione e segnali eventuali situazioni di illecito.
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la loro messa a disposizione nei confronti dell’Amministrazione per la restituzione o devoluzione con fini istituzionali; viene prevista addirittura l’impossibilità di accettare collaborazioni con privati che, nei due anni precedenti, abbiano avuto interessi economici rilevanti rispetto a decisioni o attività poste in essere dall’ufficio di appartenenza341.
Si ritiene necessario, in questa sede, porre l’attenzione sull’interesse che il legislatore ha maturato nel contrastare anche le apparenti e potenziali situazioni di conflitto, senza andare ad approfondire l’effettivo e reale contrasto, risulta quindi evidente la volontà di scongiurare lo spettro di una considerazione negativa della pubblica amministrazione da parte della società civile a causa di mere apparenze. Approccio sicuramente coerente rispetto al sentimento che ha mosso la normativa, ossia combattere la maladministration342.
5.1.2. Neutralizzazione del conflitto
Può avvenire che la causa del conflitto di interessi si manifesti, a quel punto la soluzione consiste nel neutralizzare il conflitto tramite l’astensione da parte del soggetto coinvolto.
Diviene possibile concepire la rilevanza di questo rimedio nel momento in cui già la l. 190/2012 aveva previsto che, nel caso specifico del procedimento amministrativo, tanto il responsabile quanto i titolari degli uffici a cui spettano decisioni chiave, dovranno astenersi in caso di conflitto di interessi, anche potenziale, con obbligo
341 Ulteriori strumenti che possono essere utilizzati a questo fine, disciplinati però extra codicem,
sono l’inconferibilità e soprattutto l’incompatibilità, in quanto pone l’interessato davanti ad una scelta. Per un approfondimento su tali meccanismi si rinvia al precedente paragrafo 4.
342 V. E. CARLONI, Il nuovo Codice di comportamento ed il rafforzamento dell’imparzialità dei
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di segnalazione343. Questa disposizione deve essere letta
congiuntamente alle più generiche previsioni contenute negli articoli 6, comma 2 e 7 del Codice, all’interno dei quali viene fatto obbligo al dipendente di astenersi dal decidere o svolgere attività tutte le volte in cui l’oggettività ed imparzialità del suo agire potrebbero essere messi in discussione, ferma la decisione finale del responsabile dell’ufficio di appartenenza del funzionario coinvolto.
L’astensione rappresenta una valida soluzione intermedia perché, se da un lato tollera la presenza di interessi in conflitto, e di conseguenza non potrà mai essere considerata un rimedio efficace come la rimozione, dall’altro rappresenta un modo efficace per bloccare la situazione emorragica evitando che, anche solo potenziali realtà di contrasto, acquisiscano concretezza.
5.1.3. Evidenziazione del conflitto
L’ultimo baluardo posto dal Codice come riparo da un’effettiva situazione di conflitto, consiste nel rendere note tutte le potenziali situazioni che possono configurare un reale conflitto d’interessi.
Il dipendente, infatti, dovrà comunicare al responsabile del proprio ufficio di appartenenza il coinvolgimento in associazioni od organizzazioni, esclusi partiti politici e sindacati, che in qualche modo possano turbare lo svolgimento delle proprie funzioni, avrà l’obbligo, altresì, di rendere noto al dirigente dell’ufficio tutte le collaborazioni che egli ha tenuto con soggetti privati nell’ultimo triennio, precisando se siano ancora in corso e se coinvolgano in qualche modo l’attività amministrativa da lui svolta. Lo stesso dirigente deve informare
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l’amministrazione di potenziali situazioni di conflitto di interessi, con particolare riferimento alle partecipazioni azionarie, interessi finanziari, attività politiche, professionali o economiche344.
Questo rimedio può essere sicuramente considerato il più blando tra i tre analizzati, ma presenta comunque un’efficacia rilevante, in quanto, l’evidenziazione richiede la più completa trasparenza da parte del pubblico dipendente rispetto a tutto ciò che può comportare una potenziale interferenza con i doveri d’ufficio, il quale auto-escluderà la possibilità di decidere o agire in tutti questi casi.