CAPITOLO II – WHISTLEBLOWING: SVILUPPO DELLA
11. Normativa sovranazionale
Disciplinare l’istituto del whistleblowing non è affatto agevole, questo perché è necessario un bilanciamento tra gli interessi in gioco: da un lato evitare di ledere della reputazione dei soggetti segnalati e quindi agire contro eventuali accuse infondate e meramente “vendicative”, dall’altro l’interesse all’emersione di illeciti negli enti pubblici e privati che, tra l’altro, comporta necessariamente l’utilizzo di formule comprensibili per il potenziale whistleblower.
Questa difficoltà diviene ancora più evidente dal momento in cui,
dei 35 Paesi membri dell’OCSE163
, solamente 13 hanno adottato una normativa specifica e comprensiva dedicata al whistleblower e, tra questi, la disciplina risulta fortemente eterogenea, infatti non più della metà degli Stati ha deciso di garantire una completa formula di segretezza al segnalante e solamente il 30% ha introdotto forme di incentivazione morali o economiche per quest’ultimo164
.
Dal punto di vista della normativa sovranazionale, è possibile sostenere che, mentre rispetto alla corruzione nel suo complesso si è verificato una vera e propria reazione dinamica, la stessa cosa non è avvenuta per quanto riguarda la tutela specifica del segnalante.
162 Sulla base del medesimo ragionamento il nostro ordinamento ad oggi accetta l’agente sotto
copertura, ma esclude lo strumento dell’agente provocatore, Cass. Pen., Sez. V, 21 maggio 2018, n. 35792, in Dir e giust., CXXXIII, 2018, p. 7.
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www.oecd.org
164 Per un più puntuale approfondimento si rinvia a L. VALLI, L’esperienza dei paesi OCSE, in R.
CANTONE, N. PARISI, L. VALLI, A. CORRADO, M. G. GRECO (a cura di), L’Italia investe
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All’evolversi del fenomeno corruttivo è corrisposta, infatti, soprattutto a partire dagli anni novanta, una forte risposta da parte della comunità internazionale165.
Si sono susseguite nel tempo Convenzioni con l’obiettivo di tutelare gli interessi finanziari delle stesse organizzazioni internazionali, in particolare la Convenzione di Bruxelles sulla lotta alla frode all’interno della Comunità Europea166
e la Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali167.
Ulteriori Convenzioni sono state elaborate poi al fine di realizzare un’armonica disciplina di contrasto alla corruzione tramite strategie tanto di prevenzione, quanto di repressione, nello specifico: Convenzione penale168 e civile169del Consiglio d’Europa, Convenzione ONU di Palermo contro la criminalità organizzata transnazionale170 e di Merida contro la corruzione171.
Non è possibile affermare che lo stesso tipo di attenzione sia stata riservata al tema del whistleblowing, rispetto a cui, invece, è riscontrabile la presenza di due sole disposizioni.
165 Cfr. F. CINGARI, Possibilità e limiti del diritto penale nel contrasto alla corruzione, cit. pp.
24-25.
166 26 luglio 1995, con annesso Protocollo di Dublino, 27 settembre 1996, aventi ad oggetto la
tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, con l’obiettivo di combattere la corruzione da parte di funzionari comunitari o agenti degli Stati membri. Ratificata dall’Italia tramite l. 29 settembre 2000, n. 300.
167 Parigi, 17 dicembre 1997. Ratificata dall’Italia tramite l. 29 settembre 2000, n. 300. 168 Strasburgo, 27 gennaio 1999. Ratificata dall’Italia tramite l. 28 giugno 2012, n. 110. 169 Strasburgo, 4 novembre 1999. Ratificata dall’Italia tramite l. 28 giugno 2012, n. 112. 170
Sottoscritta tra il 12 e il 15 dicembre 2000. Ratificata dall’Italia tramite l. 16 marzo 2006, n. 146.
171 Adottata 31 ottobre 2003, entrata in vigore a livello internazionale il 14 dicembre 2005.
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Una la troviamo nella Convenzione civile sulla corruzione, in particolare l’art. 9 – tutela dei dipendenti: “Ciascuna Parte prevede nel suo diritto interno un'adeguata tutela contro qualsiasi sanzione ingiustificata nei confronti di dipendenti i quali, in buona fede e sulla base di ragionevoli sospetti, denunciano fatti di corruzione alle persone o autorità responsabili”.
La Convenzione, quindi, richiede una tutela incondizionata del segnalante, nel modo in cui ritengono più consono gli Stati coinvolti e non distinguendo tra settore pubblico e privato. Risulta abbastanza chiaro, inoltre, il bilanciamento tra l’esigenza di tutelare il
whistleblower e la necessaria presenza di presupposti, quali la buona
fede e i ragionevoli sospetti, escludendo i casi di “malicious report”.
Il tema del whistleblowing è trattato anche dalle Nazioni Unite, infatti lo troviamo nella Convenzione di Merida contro la corruzione, in particolare l’art. 33 – protezione delle persone che comunicano informazioni: “Ciascuno Stato Parte esamina la possibilità di incorporare nel proprio sistema giuridico le misure appropriate per proteggere da qualsiasi trattamento ingiustificato ogni persona che segnali alle autorità indipendenti, in buona fede e sulla base di ragionevoli sospetti, qualsiasi fatto concernente i reati stabiliti dalla presente Convenzione”.
L’approccio della Convenzione ONU risulta parzialmente diverso da quello del Consiglio d’Europa, perché non è previsto nessun obbligo per i Paesi membri, se non quello di prendere in considerazione la possibilità di introdurre uno strumento di tutela,
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ribadendo però la necessaria presenza di buona fede e ragionevoli sospetti, quindi riconducendosi all’art. 9 della Convenzione civile172
. La stessa l. 6 novembre 2012, n. 190 è il frutto di un lungo iter parlamentare proprio al fine di rispettare gli impegni internazionali, soprattutto la Convenzione ONU di Merida e la Convenzione civile, ma anche penale, sulla corruzione del Consiglio d’Europa.
11.1. Proposta di direttiva
Un passo avanti è riscontrabile nella proposta, avanzata dalla Commissione Europea, di una direttiva in difesa dei whistleblowers, presentata il 23 aprile scorso173.
Nello specifico, il testo prevede all’art. 4 che le società private, con oltre cinquanta dipendenti, oppure un fatturato superiore ai dieci milioni di euro, e le amministrazioni pubbliche, nelle città con più di dieci mila abitanti, dovranno garantire meccanismi di segnalazione assicurando riservatezza, feedback e strumenti per evitare ritorsioni.
Sia per l’ambito pubblico che privato, la Commissione propone agli art. 5 ss. un canale interno per la segnalazione, a cui farà seguito la comunicazione alle autorità competenti ed eventualmente, in casi estremi, l’utilizzo dei media come canale di segnalazione esterno.
Dal lato del segnalante il testo contempla la possibilità di una consulenza gratuita ed, inoltre, specifica la necessità di mezzi di ricorso adeguati, esenzione da ogni forma di responsabilità per il
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Cfr. F. GANDINI, La protezione dei whistleblowers, op. cit., pp. 167-173.
173 European Commission, Proposal for a directive of the European Parliament and of the Council
on the protection of persons reporting on breaches of Union law, 2018/0106, 23 aprile 2018, www.ec.europa.eu .
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whistleblower ed obbligo di risposta da parte degli enti, pubblici o privati, ai denuncianti entro tre mesi dalla segnalazione.
Dal punto di vista dell’accusato, questo sarà garantito dalla presunzione di innocenza, diritto di difesa, ad un giusto processo e al rimedio effettivo, in caso di errore, art. 16 e 17.
L’art. 1 elenca i settori che, in particolare, verranno coinvolti: appalti pubblici, servizi finanziari, finanziamento del terrorismo, sicurezza dell’alimentazione, sicurezza dei trasporti, protezione ambientale, concorrenza, protezione dei consumatori, sicurezza nucleare e fisco societario. Interessante è notare, anche, il riferimento ad livello minimo di tutela al di sotto del quale non sarà possibile scendere.
Siamo davanti ad una mera proposta, il testo per avere un’adozione definitiva dovrà passare prima da una negoziazione sia in seno al Parlamento Europeo che al Consiglio dell’Unione Europea, però rappresenta comunque un buon punto di partenza.
“La proposta della Commissione Europea è molto ambiziosa e lascia agli Stati la possibilità di introdurre delle tutele anche ulteriori,
a beneficio dei whistleblowers”174.
Possiamo affermare che stiamo assistendo ad una vera e propria presa di coscienza a livello comunitario e l’obbiettivo da raggiungere è rappresentato da una normativa che preveda un minimo di tutela per i whistleblowers di tutti paesi dell’UE.
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