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con il diritto dell’Unione europea

SALVATORE D’ACUNTO (*)

1. Il «framework» istituzionale dell’Unione economica e mo-

netaria: la cornice teorica. – Il complesso di regole che fa da

quadro di riferimento per le politiche macroeconomiche in Eu- ropa è in larga misura “figlio” di un indirizzo teorico che, a vo- lerlo racchiudere in una etichetta, potrebbe essere definito “approccio della neutralità della moneta”: secondo questo ap-

proccio, le variazioni della massa monetaria in circolazione pro-

ducono effetti solo temporanei sulle variabili reali (livello di at- tività economica, tasso di disoccupazione, distribuzione del reddito tra le categorie sociali), ma nel lungo periodo le reazio- ni spontanee degli operatori economici inducono modificazioni del livello dei prezzi dei beni di segno e dimensioni tali da neu- tralizzare gli effetti reali. Le implicazioni di policy di questa vi- sione del funzionamento del sistema economico possono essere schematicamente sintetizzate nei seguenti punti:

(i) è opportuno che le autorità preposte al controllo della quantità di moneta rinuncino alla (velleitaria) ambizione di condizionare le variabili reali e concentrino la loro attenzione

sull’obiettivo della stabilità dei prezzi;

(ii) per poter condurre la politica monetaria verso il perse- guimento dell’obiettivo della stabilità dei prezzi libere da con- dizionamenti di sorta, è opportuno che le autorità preposte al controllo della quantità di moneta siano formalmente svincola- te da ogni altro tipo di responsabilità istituzionale;

(iii) più in particolare, è opportuno che le autorità moneta- rie non abbiano alcun obbligo di assecondare le politiche fiscali dei governi (“divorzio” tra autorità fiscali e monetarie), né re- sponsabilità di fronte ad eventuali rischi di insolvenza di istitu- zioni sovrane (“no bail-out”);

(iv) per evitare che le autorità monetarie debbano, loro malgrado, confrontarsi con alternative drammatiche, è in ogni caso opportuno disegnare e implementare procedure capillari e rigorose di controllo sullo “stato di salute” delle finanze pub- bliche.

La sezione del Trattato sul funzionamento dell’Unione eu- ropea (TFUE) che definisce ambiti di azione, prerogative e re- sponsabilità dei principali attori istituzionali in seno all’UEM (Unione economica e monetaria) rivela in maniera assai eviden- te questa “paternità” teorica: l’art. 127 TFUE accoglie infatti l’idea della dedizione esclusiva dell’autorità monetaria all’obiettivo della stabilità dei prezzi, mentre gli articoli 123, 125, 126 e 130 TFUE mettono il banchiere centrale nelle con- dizioni ideali per realizzarlo, blindandolo dalle eventuali pres- sioni degli organismi espressione della sovranità popolare me- diante il riconoscimento di uno status di sostanziale irresponsa- bilità nei loro confronti (art. 130), vietandogli il finanziamento dell’attività di spesa dei governi dei Paesi membri (art. 123) e, infine, predisponendo un complesso meccanismo di controllo sullo stato di salute delle loro finanze (art. 126, recentemente rafforzato dal c.d. Fiscal Compact).

Mentre una larghissima maggioranza degli studiosi valuta l’approccio alla politica economica sintetizzato nei principi (i)- (iv) come il più adeguato ad un mondo caratterizzato da merca- ti “efficienti”, il consenso sull’adeguatezza di quel “modello” ad uno scenario caratterizzato da ipotesi meno ottimistiche sul funzionamento dei mercati è decisamente più limitato. Nume- rosi e prestigiosi ambienti accademici condividono infatti l’idea che, in presenza di incompleta utilizzazione delle risorse pro- duttive, di segmentazione dei mercati o di imperfezioni infor- mative, la moneta smetta di essere “neutrale” e possa, al con- trario, esercitare effetti rilevanti sulle variabili di natura reale. In tutte queste ipotesi, gli impulsi monetari tenderanno a tra- smettersi solo parzialmente sui prezzi e a dar vita pertanto a modificazioni del livello di attività produttiva e/o della distri- buzione del reddito tra le diverse categorie di operatori.

Alla luce di queste considerazioni, alcuni dei principi- cardine dell’architettura normativa dell’UEM appaiono poco adatti a fronteggiare fasi recessive generalizzate o anche shock “locali” suscettibili di dar luogo a squilibri commerciali interni all’Unione di dimensione sostanziale: infatti, sotto queste ipote- si, da un lato l’idea che l’autorità monetaria debba dedicarsi in via esclusiva all’obiettivo della stabilità dei prezzi perde la sua apparenza di generale buon senso e potrebbe in molti casi rive- larsi come un’opzione sostanzialmente “masochista”; dall’altro, la drastica separazione di responsabilità (e la conseguente as- senza di coordinamento) tra autorità monetarie e fiscali (e tra autorità fiscali di diversi Paesi membri) potrebbe rischiare di determinare incentivi strategici di natura perversa sul compor- tamento dei diversi attori istituzionali coinvolti, finendo quindi per accentuare dinamiche di segno negativo delle principali va- riabili macroeconomiche.

Il deterioramento delle condizioni macroeconomiche in al- cuni Paesi membri dell’UEM ed il conseguente diffondersi sui mercati di aspettative di “sganciamento” di tali Paesi dalla mo-

neta unica, ha costretto pertanto la BCE a confrontarsi con un serio problema: come riportare ordine in uno scenario macroe- conomico “turbolento” muovendosi all’interno dei vincoli im- posti da un quadro normativo progettato per gestire scenari ca- ratterizzati, al contrario, da sostanziale stabilità. Più in partico- lare, di fronte al diffondersi nei mercati di forti dubbi circa la solvibilità di alcune istituzioni sovrane dei Paesi dell’UEM, la BCE ha dovuto interrogarsi sull’opportunità di progettare tec- niche di intervento sui mercati in grado di scongiurare il rischio che i titoli del debito di tali Paesi fossero travolti dagli attacchi speculativi, senza tuttavia imbattersi nei limiti normativi definiti

dal TFUE. La decisione del Governing Council del 6 settembre

2012 concernente le OMT (Outright Monetary Transactions) è uno dei risultati di questo sforzo di creatività: si tratta di opera- zioni di acquisto sul mercato secondario di titoli di debito emessi da istituzioni sovrane interessate dai programmi di sup- porto EFSF (European Financial Stability Facility) o ESM (Eu- ropean Stability Mechanism), e quindi condizionate all’impegno, da parte dell’istituzione destinataria dell’intervento, ad attuare un programma di aggiustamento macroeconomico definito d’intesa con il Consiglio europeo. La difficoltà di conciliare gli obiettivi sottesi a questa innovativa tecnica d’intervento con la visione ispiratrice del TFUE è tutta- via apparsa subito evidente, fornendo il pretesto ad un gruppo di deputati e professori tedeschi per un ricorso di conformità costituzionale presso la Corte costituzionale federale della Re- pubblica di Germania.

3. Obiettivi “espliciti” ed “impliciti” delle OMT. – La BCE, probabilmente proprio per renderla “digeribile” agli organi po- litici e giurisdizionali al cui vaglio sarebbe stata sottoposta, ha ovviamente raccontato questa storia in una salsa diversa. Nella ricostruzione fornitane nel comunicato stampa del 6 settembre 2012, le OMT vengono descritte come uno strumento finalizza-

to «at safeguarding an appropriate monetary policy transmis- sion and the singleness of the monetary policy». In parole più semplici, in un contesto caratterizzato da forti dubbi dei merca- ti sulla solvibilità di alcune istituzioni sovrane, i tassi d’interesse finiscono per incorporare il “rischio Paese”: ne risulta un ven- taglio di tassi fortemente differenziati su base nazionale. La po- litica monetaria, che agisce fondamentalmente attraverso gli stimoli trasmessi ai tassi d’interesse, rischia pertanto di esercita- re effetti sostanzialmente asimmetrici sui diversi Paesi membri dell’UEM. Nello scenario macroeconomico attuale, la politica monetaria può quindi concorrere efficacemente al consegui- mento dei suoi obiettivi istituzionali soltanto se la BCE inter- viene a correggere queste asimmetrie, contribuendo a realizzare condizioni sostanzialmente omogenee nell’intero mercato mo- netario dell’area euro. Alla luce di questa interpretazione, le OMT rappresenterebbero pertanto lo strumento elettivo di questo necessario processo di “fluidificazione” dei canali di tra- smissione della politica monetaria.

Vale la pena di osservare che questi due modi diversi di raccontare la raison d’être delle OMT non sono affatto con- traddittori. Infatti, l’acquisto di titoli di debito sovrano percepi- ti dagli operatori di mercato come molto rischiosi, tendendo ad attenuare gli spread rispetto ai tassi prevalenti sui titoli “sicuri”, dovrebbe permettere alla BCE di conseguire contestualmente entrambi gli obiettivi: da un lato, dare un po’ di respiro a Stati membri sull’orlo dell’insolvenza (in attesa che i piani di aggiu- stamento macroeconomico concordati nell’ambito dei pro- grammi EFSF/ESM comincino ad invertire la dinamica ten- denziale degli indicatori di finanza pubblica), e dall’altro realiz- zare l’ambiente più idoneo al corretto dispiegarsi degli effetti della politica monetaria mediante la “dis-ostruzione” del suo principale canale di trasmissione. Queste prime osservazioni sono molto rilevanti ai fini della valutazione di una delle que- stioni di merito sollevate dalla Corte costituzionale tedesca nel

giudizio di conformità costituzionale (la conformità del pro- gramma OMT all’art. 123 TFUE), in quanto chiariscono come il “fatto” oggetto del giudizio abbia natura estremamente sfug- gente e come il giudizio rischi pertanto di avere appigli abba- stanza fragili ad elementi di oggettività e di doversi basare sulla ricostruzione della finalità ispiratrice della decisione: insomma, su uno scivoloso “processo alle intenzioni” del banchiere cen- trale.

4. I limiti del “mandato” della BCE: che cos’è la «politica

monetaria»? – Con la decisione del 14 Gennaio 2014, la Corte costituzionale tedesca (d’ora in poi anche «BVerfG»), rompen- do una consolidata prassi giurisprudenziale, ha rinviato la que- stione dinanzi alla Corte di giustizia. In tal modo essa ha chiari- to senza possibilità di equivoco che il quadro di riferimento normativo a cui la BCE deve ritenersi assoggettata è il TFUE. Si tratta, come molti commentatori hanno osservato, di una profonda novità nell’orientamento della Corte di Karlsruhe, che finora aveva sempre ritenuto le attività degli organi dell’Unione sottoposte alle regole dello Stato tedesco (sull’argomento v., oltre ai due interventi pubblicati supra, p. 99 ss. e p. 107 ss., qui e qui).

Tuttavia, sul piano del merito, il BVerfG ha condito l’istanza di rinvio con un esplicito scetticismo circa la compati- bilità del programma OMT con il diritto primario europeo. Il primo problema posto alla Corte di giustizia consiste nel chiari- re se la decisione della BCE concernente le OMT ricada o me- no nell’ambito del mandato del banchiere centrale, a cui gli ar- ticoli 119 e 127 TFUE (nonché lo Statuto del Sistema europeo delle Banche centrali) attribuiscono esclusivamente funzioni di politica monetaria, riservando invece agli Stati membri le com- petenze di politica economica.

In effetti, in assenza di una disposizione normativa che ne definisca con esattezza i contenuti, che cosa debba intendersi

per “politica monetaria” non è affatto una questione banale. Nella letteratura teorica appare pacifico che tale espressione identifichi una ampia varietà di modalità di intervento accomu- nate dal fatto di esplicarsi attraverso il condizionamento dei prezzi e dei volumi di attività scambiate sui mercati monetari e finanziari. Tuttavia, a giudicare dalla lettura del dispositivo, a giudizio del BVerfG, perché una tecnica di intervento possa le- gittimamente essere considerata rientrante nell’ambito della po- litica monetaria, occorre una condizione aggiuntiva: le opera- zioni di acquisto (o di vendita) non devono essere selettivamen- te indirizzate verso una categoria specifica di titoli definita in base all’identità dell’istituzione emittente. La politica moneta- ria, in altre parole, dovrebbe operare condizionando il livello

generale dei tassi d’interesse, ma non i differenziali tra i tassi dei

titoli emessi da diverse istituzioni sovrane. Se invece il banchie- re centrale concentra le operazioni di acquisto (o vendita) su un gruppo specifico di titoli di debito sovrano, egli finirebbe per alterare gli esiti del meccanismo di mercato, svolgendo de facto una funzione redistributiva tra contribuenti residenti in Paesi diversi dell’UEM che non dovrebbe competergli.

Si tratta di un rilievo non privo di qualche fondamento, non fosse altro perché evidenzia tutti i limiti dell’impianto di policy adottato dal TFUE. È senz’altro ragionevole che ad un organi- smo privo di legittimazione democratica non dovrebbero com- petere funzioni redistributive. Tuttavia, va osservato che il TFUE assegna al banchiere centrale il compito di stabilizzare il livello generale dei prezzi e, come si è chiarito qualche riga più in alto, il conseguimento di questo obiettivo è realizzabile senza effetti redistributivi soltanto in condizioni assai ipotetiche e non facilmente riscontrabili nel mondo reale. Più nello specifi- co, come opportunamente evidenziato dalla BCE nel corso del procedimento dinanzi al BVerfG, in presenza di diffusi dubbi sulla solvibilità di alcune istituzioni sovrane, e quindi di tassi d’interesse che incorporano la percezione del “rischio Paese”

da parte dei mercati, la politica monetaria può trasmettere gli impulsi desiderati sul livello dei prezzi solo se gli interventi hanno natura selettiva (e quindi se hanno effetti implicitamente redistributivi). Alla luce di tali considerazioni, nelle circostanze indicate, vietare alla BCE di praticare forme di intervento aven- ti effetti redistributivi significherebbe implicitamente vietarle di perseguire il proprio obiettivo istituzionale.

Il BVerfG, seguendo le argomentazioni dei ricorrenti, obietta che se interventi di tale natura fossero davvero impre- scindibili ai fini del conseguimento della stabilità dei prezzi, al- lora il banchiere centrale non dovrebbe in nessun modo ren- derli condizionali all’attuazione, da parte dell’istituzione sovra- na beneficiaria dell’intervento, dei piani di aggiustamento ma- croeconomico concordati nell’ambito dei programmi EFSF/ESM. Insomma, delle due l’una: o gli interventi selettivi sono necessari ai fini della stabilità dei prezzi, e allora andreb- bero eseguiti indipendentemente dall’implementazione di pro- grammi di aggiustamento macroeconomico; oppure tali inter- venti non rivestono carattere di necessità ai fini dell’obiettivo definito dall’art. 127 TFUE, e allora andrebbero evitati per le ragioni appena esposte. Tuttavia, questa obiezione sembra sot- tintendere un’interpretazione del ruolo della BCE eccessiva- mente rigida, spingendosi a disegnare una figura di banchiere centrale sostanzialmente indifferente al rischio dell’opportunismo fiscale dei Paesi membri finanziariamente sovraesposti. Interpretazione difficilmente condivisibile, soprat- tutto alla luce della circostanza che l’art. 123 TFUE assegna di fatto alla BCE un ruolo importante rispetto all’obiettivo di di- sincentivare comportamenti fiscali improntati al moral hazard.

5. Le OMT alla luce dell’art. 123 TFUE. – Le argomenta- zioni del BVerfG relative alla presunta violazione del “manda- to” da parte della BCE sembrano avvitarsi in un curioso corto circuito quando la corte tedesca contesta l’operato del banchie- re centrale sul piano della conformità all’art. 123 TFUE.

Ai fini di una corretta valutazione di questo aspetto della questione, è bene chiarire che tale disposizione, mentre vieta tassativamente alla banca centrale di finanziare gli Stati membri acquistando titoli pubblici direttamente dalle istituzioni emit- tenti, in base ad un’interpretazione largamente dominante la la- scia invece libera di effettuare operazioni di acquisto sul merca-

to secondario, a condizione che, come chiarito nel regolamento

del Consiglio n. 3603/93, tali operazioni «non vengano utilizza- te per eludere l’obiettivo dell’art. 123». Diventa pertanto cru- ciale, ai fini della soluzione della controversia, individuare qua- le sia l’obiettivo che il costituente di Maastricht si era proposto di conseguire attraverso tale disposizione. Al riguardo, l’interpretazione prevalente in letteratura è che l’art. 123 TFUE sia finalizzato ad incentivare gli Stati membri al rispetto della disciplina fiscale. La finalità della disposizione sarebbe quindi da considerarsi implicitamente elusa se dovessero riscontrarsi, nell’attività della BCE, comportamenti suscettibili di determi- nare un allontanamento degli Stati membri dai dettami del ri- gore fiscale.

Nel dispositivo del rinvio alla Corte di Lussemburgo, il BVerfG segue invece una diversa metodologia di valutazione: ricostruire l’intenzione del banchiere centrale attraverso ele- menti di natura indiziaria implicitamente inscritti nella tecnica operativa prescelta. Rispetto a tale operazione concettuale, ac- quistano pertanto rilievo aspetti quali la selettività degli acqui- sti, il “parallelismo” degli interventi rispetto ai programmi di assistenza finanziaria EFSF/ESM, l’espressa volontà della BCE di partecipare a programmi di ristrutturazione del debito delle istituzioni destinatarie degli interventi: agli occhi del Tribunale di Karlsruhe, tutti questi elementi rivelerebbero implicitamente l’intenzione del banchiere centrale di fornire agli Stati destina- tari mezzi finanziari a buon mercato che avrebbero altrimenti serie difficoltà a procurarsi.

Vale la pena di aggiungere che essa conduce a risultati quanto meno controintuitivi: l’elemento che ai nostri occhi più sembra rivelare la preoccupazione della BCE per la disciplina fiscale (il legame indissolubile tra le OMT e il rispetto dei programmi di risanamento fiscale da parte degli Stati destinatari) viene invece paradossalmente interpretato dalla Corte come indizio della vo- lontà di aggirare l’art. 123 TFUE. Dopo essersi implicitamente legata le mani, obbligandosi a non utilizzare le OMT come tec- nica di politica monetaria in assenza di precise garanzie sul ri- sanamento dei bilanci pubblici, appare abbastanza paradossale che la BCE si veda accusata di voler eludere la normativa sulla disciplina fiscale.

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Verso una codificazione europea