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Le collaborazioni per attività di ricerca per le quali è prevista una specifica disciplina a

CAPITOLO VII – L’attività di ricerca senza vincolo di subordinazione: lavoro autonomo;

3. La disciplina applicabile alle collaborazioni coordinate e continuative Le collaborazion

3.1 Le collaborazioni per attività di ricerca per le quali è prevista una specifica disciplina a

L’art. 2, comma 2, lett. a) del d.lgs. n. 81 del 2015 dispone che la disciplina di cui al comma l non trovi applicazione con riferimento alle collaborazioni per le quali si introduca, mediante accordi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, apposita disciplina in merito al trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore.

Nel settore della ricerca deve menzionarsi l’accordo del 30 dicembre 2015 per i Collaboratori di enti di ricerca privati, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) di diritto privato e strutture sanitarie private che svolgono attività di ricerca

(438) In tema cfr. R.VOZA, La modifica dell’art. 409, n. 3, c.p.c., nel disegno di legge sul lavoro autonomo, in «WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT» – 318/2017, secondo l’A. «che la norma possa invogliare a far sottoscrivere ai collaboratori (fittizi) clausola di co-determinazione delle modalità di coordinamento (allo scopo di evitare l’applicazione della disciplina della subordinazione) è senz’altro verosimile, ma che questo basti ad impedire la corretta qualificazione giudiziale del singolo rapporto in caso di contenzioso mi sentirei di escluderlo. Infatti, l’indicazione bilaterale della modalità di coordinamento attiene alla fase genetica del negozio, ossia alla manifestazione della cosiddetta volontà cartolare, la quale non dovrà essere contraddetta dal concreto svolgimento del rapporto, proprio in nome della logica protettiva insita nell’art. 2, d.lgs. n. 81/2015» (p. 11). (439) A. PERULLI, Il Jobs Act del lavoro autonomo e agile: come cambiano i concetti di subordinazione e

autonomia nel diritto del lavoro, in «WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT» – 341/2017, cit. p. 18.

(440) M. MARAZZA, Collaborazioni organizzate e subordinazione: il problema del limite (qualitativo) di

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(441). L’accordo risponde – secondo quanto affermato nelle premesse - all'«esigenza di dotare gli enti di diritto privato che svolgono attività di ricerca, di uno strumento agile che garantisca piena efficienza ed efficacia di alcuni processi lavorativi, tutelando i diritti dei Collaboratori il cui apporto è, a più livelli, fondamentale nella crescita».

Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ai sensi dell’art. 4 dell’accordo, deve essere stipulato in forma scritta e includere una serie di indicazioni, tra le quali: l'individuazione delle prestazioni richieste ed il luogo dell'adempimento; la durata della collaborazione e l'eventuale termine inderogabile, con l'individuazione delle forme e modalità di coordinamento con il Committente; le modalità di cessazione o recesso del rapporto.

Il diritto di svolgere autonomamente l’attività di ricerca può dirsi garantito dall’espresso riconoscimento al collaboratore della facoltà di «gestire unilateralmente e discrezionalmente determinare, senza necessità di preventiva autorizzazione o successiva giustificazione, la prestazione da eseguire e la collocazione temporale della stessa» (art. 6). Ciò, peraltro, nei limiti «delle esigenze organizzative, ivi incluse le eventuali richieste dell'ente finanziatore della ricerca o le necessità legate alla natura ed alle finalità delle prestazioni dedotte in contratto» (art. 6), nonché delle «indicazioni di carattere tecnico-scientifico del referente» (art. 5). Un ampio margine di autonomia nella gestione delle attività di ricerca sembra potersi desumere anche dall’insieme di compiti che l’art. 12 riconduce alla figura del «collaboratore per le attività di ricerca»: predisporre progetti di ricerca o collaborare alla loro predisposizione; redigere studi, programmi, progetti, comunicati; svolgere le necessarie attività di supporto e supervisione dei partner di progetto; curare e mantenere i rapporti con i docenti e i ricercatori di riferimento; assicurare una sistematica diffusione delle informazioni in suo possesso (442).

(441) Secondo il responsabile dell’ufficio giuslavoristico dell’ARIS, avv. Giovanni Costantino, la preoccupazione che ha spinto alla sigla dell’accordo era quella di «evitare che l’impossibilità di stipulare collaborazioni per il passaggio ad un rapporto dipendente subordinato, pregiudicasse ancora di più il progresso della ricerca scientifica in Italia» (l’intervista è consultabile su https://www.arisassociazione.it/ufficio-lavoro/456-accordo- nazionale-per-i-collaboratori-degli-istituti-di-ricerca-di-diritto-privato.html).

(442) Il successivo art. 13 dispone che il collaboratore per attività di ricerca, «in via esemplificativa e non esaustiva: l. programma e organizza il complesso di attività necessarie allo svolgimento delle prestazioni dedotte in contratto, nell'ambito dell'organizzazione complessiva; 2. cura il coordinamento dei progetti in corso di esecuzione; 3. redige studi, programmi, progetti, comunicati; 4. svolge le necessarie attività di supporto e supervisione dei partner di progetto nella gestione dei budget di competenza; 5. cura e mantiene i rapporti con i docenti e i ricercatori di riferimento; 6. collabora alla pianificazione di campagne di comunicazione, afferenti l'attività di ricerca; 7. svolge attività di tipo statistico o di gestione dei dati della ricerca».

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Il diritto di diffondere i risultati delle ricerche, quando non limitato da specifiche clausole del contratto individuale, deve ritenersi comunque soggetto a limiti in ragione dell’operare dei criteri di correttezza e buona fede, i quali comportano il rispetto delle esigenze di riservatezza del committente, nel cui interesse è prestata l’attività.

Per quanto concerne i diritti sui risultati delle ricerche, l’accordo si occupa sia delle pubblicazioni (e quindi dei diritti d’autore), sia delle invenzioni del collaboratore.

Nel primo caso viene operato un rinvio a quanto «previsto dall'articolo 12-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni». È inoltre garantito espressamente al ricercatore il diritto di essere riconosciuto autore ed è disposto che il «committente, salva diversa indicazione del contratto individuale, è titolare dei relativi diritti economici, che si intendono espressamente ceduti con la stipula del contratto di collaborazione».

In merito, invece, alla realizzazione di una «innovazione suscettibile di brevettazione da parte del Collaboratore nel corso dello svolgimento del rapporto», l’accordo si limita ad affermare che l’ipotesi «è disciplinata in conformità alla normativa vigente in materia». Non è chiaro se la normativa vigente debba ritenersi quella del lavoratore autonomo, oggi disciplinata dalla legge n. 81 del 2017, ovvero se la norma si riferisca, così come per il contratto a progetto, alla disciplina delle invenzioni del prestatore di lavoro subordinato di cui all’art. 64 del d.lgs. n. 30 del 2005.

Sembra preferibile la seconda tesi, considerando che anche la disciplina dell’estinzione del rapporto è parzialmente mutuata da quella del contratto a progetto. Il recesso, invero, è previsto nelle seguenti ipotesi: giusta causa, oggettiva inidoneità del Collaboratore che pregiudichi l'esecuzione del contratto e in caso di interruzione del finanziamento della ricerca, ove commissionata dall'esterno, o di sopravvenuta impossibilità di eseguire l'oggetto del contratto.

Il recesso del collaboratore può avvenire prima della scadenza del contratto nell’ipotesi di giusta causa, che viene identificata, «a titolo esemplificativo e non esaustivo», nel caso «di ritardi nella corresponsione del compenso per più di trenta giorni» o di «notevole inadempimento da parte del Committente di quanto previsto nel presente accordo nazionale o nel contratto individuale».

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4. Il diritto del ricercatore/prestatore d’opera di non subire ingerenze